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INTRODUZIONE
La Sicilia perla nei secoli per abbondanza e bellezza, un’isola conosciuta al
mondo, per le bontà dei suoi prodotti, per la maestosità dei suoi paesaggi naturali,
per la sontuosità delle strutture architettoniche e la ricchezza del patrimonio
culturale. Nota soprattutto per essere stata corridoio di passaggio di diverse
dominazioni e civiltà che ne hanno segnato sia l’aspetto morfologico che naturale.
Popoli, mercanti, viaggiatori, eserciti, delle diverse culture e nazionalità, chiunque
sia passato su questa isola, a voce unanime, essi attestano la sua grande importanza,
e lodano le appagate condizioni di vita. Capitale di questa terra così feconda è
Palermo la bella e immensa città, definita la più valsa ed eccelsa metropoli del
mondo, ornata da tante eleganze che ne diventò sede reale. Ricca di palazzi, chiese
che un tempo furono moschee, mercati, giardini, e fiumi chi la percorre si dice ne
rimane inebriato. I registi di questa grande opera, che fece di Palermo la capitale
della Sicilia, nonché capitale araba al centro del mediterraneo, furono i musulmani.
La Palermo araba attraversa con loro due secoli di storia, la città mutò tantissimo in
questo lungo lasso di tempo, come mai prima di allora. Più che di una sola “Palermo
araba”, dovremmo parlare di varie “Palermo arabe”, in riferimento alle partizioni
cronologiche della storia politica. All’inizio i musulmani trovarono una città
d’origine antica come tante, non particolarmente grande né importante, conquistata
relativamente tardi dall’islām, che pero radunava in sé varie contingenze favorevoli.
Un ottimo porto, un immediato fertile terreno agricolo, ricchezza d’acque, mura
possenti, la vicinanza tra Africa e il dār al ḥarb, la terra della guerra, cioè la stessa
Sicilia ancora controllata da Bisanzio, e vicino anche la grande terra, l’Italia dei
rūm, contro le quali condurre continue spedizioni e tornare carichi di bottino e
schiavi. Al principio una retrovia di guerra, ma di una guerra di conquista quasi
sempre vittoriosa sia per mare che per terra. La prima Balarm islamica d’età
aghlibita cresce quasi sicuramente su quest’onda, nulla o quasi sappiamo delle
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modalità di insediamento dei nuovi arrivati nella città fantasma, dopo un anno
d’assedio. Balarm diviene poi la capitale nei primi tempi, fino ai kalbiti, assumendo
il ruolo di “capoluogo” di una provincia indipendente dall’Ifrῑqiyya e in seguito
dall’Egitto. Residenza prima di un sāḥib o di un wālῑ, e poi di un amῑr o meglio
ʽamil. Palermo venne vista da subito un centro strategicamente rilevante per
l’arruolamento di uomini, e di conseguenza una organizzazione dell’esercito, delle
flotte da guerra, città di comando e di amministrazione, con la possibilità di istituire
una moschea congregazionale per la preghiera del venerdì e per il sermone. In essa
venne proclamata la legittimità del potere, e di conseguenza la fedeltà da esso.
Divenne inoltre centro di divisione del bottino, di traffici, di commerci, in altre
parole una vera e propria città-mercato. La madῑna Balarm divenne la madῑna
Ṣiqilliyya, la città per eccellenza dell’isola, di gran lunga la più importante e la più
popolata.
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La Balarm murata catturata ai bizantini, al cui centro saranno la grande
moschea, il sūq e il palazzo del governo, dovette diventare in un tempo
imprecisabile, troppo piccola per una popolazione in continua crescita proveniente
dai quattro angoli del mondo islamico e principalmente dalla vicina Ifrῑqiyya. Per
tanto in questa tesi si analizzeranno proprio i processi e le modalità di sviluppo e
crescita di questa città, destinata a divenire una metropoli etnica, con l’allargamento
del tessuto urbano, mediante la creazione di una seconda cittadella. Mentre si
connettevano i quartieri e i vicoli attraverso strade principali e secondarie, si
attribuiva ad ogni via, fiume, quartiere o borgo un toponimo arabo, istituendo così
sempre di più quell’anima araba che perdurerà nei secoli. Per comprendere l’origine
della nascita e dello sviluppo di questo dār all’islam, stanziato nel cuor del
mediterraneo, è necessario segnare le tappe storiche più salienti che l’anno visto
coinvolto.
Il primo capitolo affronta in linee generali due secoli di pagina di storia, della
dominazione musulmana in Sicilia. Per conoscere l’identità di una patria, qualcuno
ci insegna che è necessario studiare sia l’aspetto geografico, che quello storico, non
si può fare storia senza fare geografia. Pertanto il primo paragrafo delinea dapprima
un percorso geografico delle città siciliane più importanti, attraverso la descrizione
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Ferdinando Maurici, Palermo Normanna, Vicende urbanistiche d’una città imperiale, (1072-
1194), Palermo, Edizioni d’arte Kalós, 2016, pp.35.
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di geografi arabi, per poi analizzare storicamente tutte le fasi di conquista con gli
esponenti musulmani di spicco, che più di altri hanno segnato la storia della Sicilia
musulmana. Quindi si parte con la prima spedizione partita nel 827 fino al XII
secolo, cui vide protagoniste tre diverse dinastie. Attuata la conquista si gettarono
le basi per l’organizzazione amministrativa di un così grande impero.
Parallelamente tutto questo avveniva con un riordino dell’equilibrio del vicino
continente africano che in quel momento viveva un periodo di disordini. Si
raccontano quindi le vicende dei vari governatori più importanti tra aghlibiti,
fatimiti e kalbiti. Alcuni hanno apportato splendide campagne militari che
permettevano di assicurarsi in poco tempo l’isola, altri invece si sono resi
responsabili di scenari di sangue sul campo, contro i bizantini e di sconfitte tali da
richiamare aiuti al califfato africano. Un’epoca del tutto diversa fu con l’arrivo dei
fatimiti, dove i suoi esponenti furono felicemente accolti dagli abitanti, questo è
infatti considerato il momento più prosperoso per l’isola, ed è infatti in questo
periodo che si fonda la nuova cittadella di Palermo accanto a quella antica. Ma le
avversità erano dietro l’angolo, i kalbiti i nuovi “amministratori” dell’isola istituiti
dai fatimiti, non ebbero sempre un trascorso eccellente, disordini, fragilità di
gestione e ribellioni interne, tutto questo spianò la strada ai Normanni, i quali giunti
sull’isola, stipularono addirittura un patto con l’ultimo grande arabo di Palermo. Gli
scandinavi iniziarono con la liberazione di Messina e Rametta, dall’onda saracena
e di conseguenza occuparono tutta l’isola, e naturalmente anche Palermo. I Kalbiti
sono comunque argomento portante del secondo paragrafo, poiché è a loro che si
deve la massima fioritura della città. Processo che partì con il primo di essi al Ḥasan.
In questa parte si analizza meglio la storia di questa dinastia, la loro origine, la loro
provenienza e le loro ideologie a partire dal loro insediamento in Ifrῑqiya. Il loro
operato si mostrò da subito diverso rispetto ai suoi predecessori, stabilendo man
mano un governo indipendente dal califfato fatimide, tanto che con loro prende
avvio un principio ereditario. Fu soprattutto Ḥasan che si rese partecipe di grandi
operazioni, dal riassestamento dell’ordine cittadino, a organizzazioni di natura
amministrativa e fiscale senza dimenticare le vincenti campagne militari. Dopo di
lui le altre successioni passano in rassegna, con il figlio Aḥmad noto per una non
serena collaborazione con il califfo di allora Muʽizz. Al Qasim passato soprattutto
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alle cronache per la sua difesa di Messina e Rametta. Giaʾfar caro a noi per aver
realizzato il noto castello di Maredolce, seppur il suo governo fosse appunto
dedicato alla realizzazione di edifici di delizie, che a campagne di conquista. Il
favorito dei nobili di Palermo Aḫal nonché fratello di Giaʾfar, e infine l’ultimo
kalbite, fino al completo declino della dinastia.
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Il secondo capitolo è il cuore di questa tesi, l’analisi della Palermo araba. Con
una presentazione delle vicende topografiche della città. Qui si indaga la
costituzione dei quartieri antichi, dei due centri più importanti quello antico e quello
moderno, e delle vie principali. In particolare si va ad analizzare l’origine
etimologica dei termini arabi, con le quali venivano denominate più parti di città, i
mercati, e i sobborghi. Le quattro porte che circondavano la nuova cittadella, e le
nove porte invece che circondavano le mura, tutte arrecanti un nome arabo derivato,
con un proprio profondo significato, legato o al luogo circostante o alla
caratteristica del soggetto in esame. Dunque toponimi arabi ovunque, in tutto ciò
che caratterizzava Palermo, oggi purtroppo perduti. Persino in fiumi e sorgenti
troviamo termini arabi, a comprovare se ci siano ancora dubbi sull’ esistenza
dell’anima araba della città. Si passa poi all’analisi dei più maestosi palazzi, il primo
fra tutti la moschea divenuta poi la Cattedrale, il Palazzo Reale, La Galka, la chiesa
dell’Ammiraglio, il castello di Maredolce, con la storia della loro costruzioni e delle
loro funzioni, riproponendo alcuni passi di scrittori arabi siculi nonché
dell’immagine che loro danno alla città. Si nominano le qanāt, di ingegno arabo, la
maestranza araba architettonica, i giardini e i palazzi del piacere, gli antichi porti,
la rivalutazione della conca d’oro, con quell’impianto agricolo che ne ha permesso
l’affermazione di una ottima realtà di produzione terriera, oltre che per aver
ulteriormente esteso i confini di una città che andava sempre più in espansione.
Tutti caratteri quindi che permettono di rintracciare testimonianze della storia araba,
del suo passaggio, e che ci permette di considerare Palermo a pieno titolo una
medina araba.
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Michele Amari, Storia dei musulmani di Sicilia, vol 1, Firenze, Felice le Monner, 1854, pp. 40-
52.
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Il secondo paragrafo del secondo capitolo, è un approfondimento, un’analisi
vera è propria delle vicende topografiche, che hanno trasformato la citta di realtà
punica, da Paleapolis a Neapolis. Studio dimostrato anche attraverso mappe
topografiche della città, in cui si analizzano le differenziazioni delle strade, su dove
vertesse la strada principale, lo sviluppo delle mura con cui si cerca di individuare
la loro precisa collocazione attraverso i resti, e si delineano anche le collocazioni
delle nove porte. Spazio si dà spazio all’analisi dell’abitazione tipica araba, che
ritroveremo anche in periodo normanno. Un approfondimento che riguarda anche
lo stile architettonico e archeologico di chiese e palazzi, con i loro ornamenti e
decorazioni, uno stile che ne attesta la simbiosi con altre moschee o palazzi di
Spagna ed Egitto.
Il terzo capitolo riguarda l’arrivo dei Normanni sull’Isola e di conseguenza
sulla città di Palermo, ma non è un tentativo di tracciarne la loro storia militare e
politica, bensì dimostrare le poche innovazioni e i pochi accorgimenti che gli
scandinavi hanno apportato in città. Trovando di fronte una realtà già ben definita,
i normanni si sono limitati ad estendere alcune parti di palazzi a riassegnare il culto
cristiano, abbattendone le moschee, e si evidenzia il loro carattere imitativo nei
confronti delle eccellenti maestranze arabe. Per questo si pone in luce il loro
carattere “distruttivo” rispetto a quello di “riformatore” che hanno compiuto gli
arabi. Da qui si apre un dibattito, teso a definire perché e quali siano le motivazioni
del fatto, che la Sicilia segnata da queste vicende, non abbia un degno patrimonio
storiografico teso a raccontare la storia della dominazione araba. Ne deriva quindi
che quando si parla di storia della Sicilia si usa sempre l’artifizio arabo-normanno,
come se le sue vicende storiografiche non possano essere separabili, riducendo i
due secoli di storia. Si dimostra così la scarsezza di materiale storiografico
rinvenuto, dimostrando il fatto che se oggi abbiamo fonti che ci permettono di
raccontare della nascita di un’isola araba del Mediterraneo e delle sue città, è grazie
ad alcuni, ma non tanti autori siculi, che si occuparono di materie arabo-islamiche.
Patrimonio letterario più cospicuo è invece stato redatto dagli autori musulmani,
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che ne individuano nella presa della Sicilia, un atto vincente nella storia dell’islam,
lodando le innovazioni su ogni campo.
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Il secondo paragrafo del terzo capitolo e ultimo di questa tesi, ci proietta nel
periodo attuale con il riconoscimento di Palermo a patrimonio dell’umanità, per
quel sito arabo-normanno, con una lente d’ingrandimento su ciò che stabilisce
l’Unesco, su cosa si intenda per “patrimonio immateriale” definendo una
responsabilità della tutela e della salvaguardia dei suoi abitanti. Si integra il tutto
con la realizzazione di due cartografie della città. La prima mostra il percorso arabo
normanno con i suoi monumenti, la seconda invece pone in contrasto i tre siti non
aggiunti al percorso ossia, il Castello a mare, il Castello di Maredolce e il Castello
della Cuba. Tracciando le motivazioni che hanno portato alla loro esclusione.
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Antonino Pellitteri, Sicilia e Islam, Tracciati oltre la Storia, Milano, Franco Angeli, 2016, p.57.
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I CAPITOLO
La conquista islamica della Sicilia
1.1 Linee generali
Ṣiqilliyya
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ovvero Sicilia è l'arabizzazione del termine greco dell'isola
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, ed è
una ğazīra, ma cosa significa per gli arabi il termine ğazīra. Nei testi antichi i
geografi arabi verificano, studiano, vedono e viaggiano, quando esplorano un nuovo
territorio non si limitano soltanto a scrivere le carte. La Sicilia era nota presso questi
popoli come ʼistiʽamar che in epoca moderna significa “colonialismo”, invece in
epoca abbaside tale termine significava “colonizzata” e cioè ricca di abitanti, di
risorse, di lavoro e per questo definita ʼamῑra min ’al ğallu, la più eccellente tra le
isole. Come riporta Ibn Ḥawqal
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l’isola è:
“lunga sette giorni di cammino, marḥal e larga quattro irta di rocche
e castelli, abitata e coltivata per ogni luogo” (Ibn Ḥawqal:1873).
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Dalla radice araba s.q.l. saqil “lucente”, “levigato” per il lessicografo Ibn Manẓūr (1233-1311) al
saql significa l’idea di lucentezza e splendore.
Antonino Pellitteri, Sicilia e Islam, op.cit. p.53
5
Dal greco sikelìa, o meglio dal nome del popolo che abitava l’isola, i siculi in greco Sikeloi,
originari del centro Italia. Un secondo significato è quello che hanno dato alcuni filologi arabi del
XIII secolo, ossia il termine sembra derivare dalla radice indo-germanica sik che significa
“ingrossamento”, “crescita”, in greco è stata usata per interpretare certi frutti che crescono
rapidamente come il fico (sikè) o zucca (sikùs), da qui “terra della fecondità e della fertilità. Dal
periodo bizantino si credette che il termine Sicilia derivasse dall’unione delle due piante presenti
sull’isola (sikè ed elaia) ossia il fico e l’ulivo.
Santi Correnti, Breve storia della Sicilia dalle origini ai giorni nostri, Roma, Tascabili
Economici Newton, 1994, p.12.
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Viaggiatore e geografo arabo Ibn Ḥawqal è nato a Baghdad. Viaggiò per circa trent’anni con lo
scopo di studiare gli uomini e i paesi. Visitò la maggioranza dei paesi musulmani, dall’India alle
coste del nord ‘Africa. Egli ideò una geografia derivante in parte da altri scritti e in parte su taccuini
dei suoi viaggi in cui si analizzano affari pubblici, ordini amministrativi, usi e costumi di un popolo.
Michele Amari, Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II, op.cit. p.295.
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Non solo Ibn Ḥawqal tra gli arabi si è dedicato a redigere la descrizione di
questa terra di paradiso al centro del mediterraneo. Anche al Idrῑsῑ, geografo arabo,
la percorre in lungo e in largo offrendoci in uno dei suoi testi una degna descrizione
delle città siciliane più caratteristiche. La prima ad essere citata è Balarm, Palermo,
la metropoli del mediterraneo densa di fascino e di storia, qui gli arabi ne hanno
fatto una capitale araba, punto di contatto tra gli omayyadi di Spagna e gli ʽaġlibiti
e successivamente i fatimiti d’Ifriqiya. Ad una giornata di cammino Termini,
conosciuta come la rocca di Ṯirmah, annoverata tra le più belle delle rocche per la
vastità della sua pianura e resti di antiche costruzioni, tra cui l’anfiteatro. Tra le altre
città più importanti che trovano interesse nei nuovi dominatori, Milāṣ (Milazzo)
definita forte rocca, paese nobile ed elegante, esportatore di lino di ottima qualità,
meta di viaggiatori sia via mare che via terra. Ricca di colture, acqua e tonnare.
Spostandoci sempre più ad est troviamo Massῑnῑ (Messina), tra le più prospere delle
città, qui si radunavano grandi navi e viaggiatori provenienti sia dalle terre dei rūm,
che da quelle dei musulmani. Anch’essa densa di giardini, frutteti, e mercati. Le
montagne circostanti sono dotate di miniere di ferro. Ṭabarmῑn, l’odierna Taormina
con uno dei suoi più celebri castelli, i suoi mulini e giardini, il teatro greco e il
monte Tūr celebre per i suoi pellegrinaggi e i suoi miracoli. Qaṭaniah o balad al fil
“la città dell’elefante” ovvero Catania dotata di splendidi palazzi, moschee, nonché
ricca di mercanzie. L’elefante è un talismano di pietra, il quale anticamente stava
sulla cima di un alto edificio. Procedendo verso sud ci si imbatte in Saraqūsah
(Siracusa), anch’essa rinomata fortezza dotata di due porti è descritta come una
delle città più abbienti sia per la densità di popolazione che per la ricchezza.
Anch’essa dotata di mercati, caravanserragli, terme e palazzi, nonché di giardini e
frutteti. Raġūṣ (Ragusa) circondata da fiumi, riviere e ricche pianure interessanti
per la coltivazione. Lungo la costa e precisamente verso ovest si trova Kerkent
(Agrigento), antica fortezza molto difendevole, pare che i suoi palazzi superassero
in altezza tutti quelli presenti sull’isola, possiede orti e giardini e poi Mazara città
elegante, con mura alte e forti, dotata di splendidi palazzi, il suo distretto abbraccia
molti casali e masserie.
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Itrābinis ossia Trapani circondata dal mare con il suo porto
tranquillo, città rinomata per la grande produzione di pesce, e accanto ad essa il
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Umberto Rizzitano, Idῑsῑ, Il libro di Ruggero, Palermo, S.F. Flaccovio Editore,1966, pp 32-49