Partendo quindi da alcune considerazioni sullo sviluppo territoriale e sul relativo
scenario italiano, l’elaborato muove verso la proposta della valorizzazione del
turismo culturale attraverso lo strumento del network tra attori turistici,
supportandone le motivazioni.
Ci si focalizza in seguito, in un’ottica di programmazione territoriale, su una
particolare tipologia di destinazione turistico - culturale, descrivendone le
peculiarità e proponendo un esempio concreto come caso di studio. Questa parte
del lavoro, che ha lo scopo di apportare un’evidenza empirica alla tesi proposta, si
focalizzerà quindi sul caso della provincia di Sondrio, evidenziando dapprima le
specificità del turismo della zona, osservando sia la composizione della domanda
che quella dell’offerta ed analizzando in seguito le ricadute economiche ottenibili
grazie alla valorizzazione dei siti culturali presenti sul territorio.
2
1 L’economia italiana e le direttrici di sviluppo territoriale
In questo capitolo verrà introdotto il tema dello sviluppo territoriale,
evidenziandone le evoluzioni al fine di capire quali sono state le direttrici di
sviluppo del nostro paese e quali siano le nuove richieste che il mercato fa
all’imprenditoria italiana. A tale scopo si analizzeranno in un primo momento la
definizione di sviluppo territoriale e i suoi contenuti (§ 1.1), passando poi a chiarire
quali sono i soggetti preposti a tale funzione e come essi operano ( § 1.2) e
prendendo infine in considerazione come le direttrici di sviluppo territoriale si siano
modificate negli ultimi anni (§ 1.3)
1.1 Definizione di sviluppo territoriale: dallo sviluppo economico allo
sviluppo del capitale sociale territoriale
Molti sono gli organismi che, ai vari livelli, si sono occupati e si occupano di
sviluppo territoriale. Partendo dall’affermazione della necessità dell’intervento dello
stato in economia nata all’inizio del ‘900 con J. M. Keynes fino ad oggi, periodo in
cui, come vedremo oltre, lo stato sta diminuendo via via il suo intervento per
lasciare spazio all’iniziativa dei privati, ci si è occupati, con lo scopo di migliorare il
benessere della popolazione, di sviluppo; ma cosa significa sviluppare un
territorio?
La risposta, apparentemente semplice, implica una serie di variabili e di valori che,
nel decidere le politiche da adottare, non possono certo essere trascurati.
In passato frequentemente lo sviluppo territoriale era direttamente collegato alla
crescita dell’economia locale. Sviluppare un territorio non significa però soltanto
assicurarne la crescita economica, ma significa soprattutto accrescere, in termini
più ampi, il benessere della comunità che vi risiede. Da una prima definizione di
sviluppo territoriale strettamente riconducibile allo sviluppo economico del
territorio, la letteratura si è quindi mossa verso un concetto più ampio di sviluppo
sostenibile. Tale concetto, implicando una visione più ampia di sviluppo
riconducibile al miglioramento della qualità della vita dei residenti, implica una
modifica negli obiettivi e negli strumenti utilizzabili. In tal senso assumono
rilevanza una serie di fattori sociali e culturali che, strettamente interrelati con il
3
territorio, formano la base necessaria alla creazione di un tessuto di conoscenze e
competenze che stimolano l’imprenditorialità locale e la sua crescita economica.
Tale insieme di fattori, assimilabile al concetto di capitale sociale territoriale,
assume quindi primaria importanza in termini di programmazione e sviluppo di un
territorio in quanto fattore necessario al fine di innescare un motore di crescita
endogeno rispetto al sistema economico
1
.
In questa sede si prende quindi in considerazione lo sviluppo non come sinonimo
di crescita economica ma come potenziamento del capitale sociale territoriale,
credendo che la crescita economica sia in primo luogo conseguenza e non causa
della crescita sociale e culturale di un territorio. Queste due dimensioni,
alimentandosi a vicenda, costituiscono il ciclo di sviluppo, così come mostrato
nella fig.1.
Sviluppo del capitale sociale
territoriale
Sviluppo economico
Figura 1 - Ciclo di sviluppo
L’alimentazione dello sviluppo così inteso richiede quindi una serie di politiche da
implementare non strettamente correlate alla crescita dei soli investimenti in un
determinato settore ma anche del know how collegato ad esso ed alla sua
integrazione con il territorio. Ciò si rende necessario ai fini dell’implementazione di
politiche efficienti, a basso costo per il sistema, che riescano ad assolvere al ruolo
di predisporre il contesto in cui le singole aziende nascano e si sviluppino
producendo così crescita economica che andrà ad alimentare nuovamente lo
1
L’idea centrale di capitale sociale, secondo Robert Putnam, è il valore legato al network e alle norme di
reciprocità ad esso associate. Tali regole e relazioni hanno valore per la gente che vive al loro interno o che
ha creato con esse in qualche istanza una connessione. Tale tessuto sociale implica dimostrabili esternalità
che hanno a loro volta implicazioni economiche e sociali. Putnam ha infatti dimostrato, indicizzando il capitale
sociale di vari territori americani e, mettendolo in relazione con altri fattori sociali tipici della vita americana, ha
individuato una relazione direttamente proporzionale tra aumento del capitale sociale e livello di benessere
sociale, livello di scolarizzazione, qualità economica e civile.
4
sviluppo del capitale sociale territoriale, aumentando, per esempio, il livello di
istruzione.
1.2 Gli organi preposti allo sviluppo del territorio e le loro funzioni
In Italia gli organismi che si occupano di sviluppo territoriale e le funzioni ad essi
adibite sono profondamente cambiati nel tempo.
Il primo soggetto che si fece carico della promozione dello sviluppo territoriale fu lo
Stato; esso ebbe un ruolo centrale nel dopoguerra, periodo in cui fece importanti
investimenti per il rinnovo del paese e contribuì, attraverso numerose aziende di
proprietà pubblica, alla riconversione industriale del paese.
Il forte interventismo dello Stato cedette poi il passo ad una più ampia
partecipazione dei privati a partire dagli anni ’70 quando i livelli altissimi della
spesa provocarono l’inizio della crisi del welfare state e l’avvio delle
privatizzazioni. Tra le varie funzioni rimaste in capo allo Stato alcune di esse negli
ultimi anni, ed in particolare dal 1997, con la legge Bassanini, sono state in parte
trasferite, secondo il principio della sussidiarietà verticale, alle amministrazioni
locali con lo scopo di rendere più efficiente la scelta delle politiche da
implementare in ragione della vicinanza tra le suddette amministrazioni ed il
cittadino. In quest’ottica, oltre alle politiche di livello nazionale e regionale, sempre
più importanti divengono le politiche di sviluppo locale, implementate e favorite da
soggetti istituzionali vicini alla comunità di riferimento. Il ruolo che oggi
l’amministrazione provinciale riveste, in concertazione con la rispettiva Regione, è
quindi quello di indirizzare e decidere quali direttrici di sviluppo favorire. Nel fare
questo solitamente essa persegue diversi obiettivi, riconducibili a:
9 equilibrio e coesione sociale
9 sostenibilità ambientale
9 competitività
Nell’ambito di questi indirizzi di fondo, che, in quanto molto generali, risultano
essere riconducibili a tutte le amministrazioni pubbliche, vi sono poi da scegliere
una serie di obiettivi più specifici in relazione alle peculiarità locali. Nel fare questo,
il primo passo da compiere al fine di realizzare una giusta scelta e quindi
un’efficace programmazione, è quello di osservare la realtà territoriale. Prendendo
le sue decisioni in relazione al settore o ai settori da favorire perché ritenuti
5
trainanti per l’economia locale, l’amministrazione pubblica deve guardare sia alle
conoscenze, competenze ed attitudini dei residenti che potremmo ricondurre alla
cosiddetta “vocazione del territorio”, sia al contesto competitivo in cui quest’ultimo
è inserito.
All’interno dei paletti posti in termini di definizione degli obiettivi da raggiungere si
inserisce poi un altro principio sviluppato negli ultimi anni che riveste sempre più
importanza per il soggetto pubblico: il principio di sussidiarietà orizzontale. Tale
principio afferma e promuove l’intervento del cittadino a vari livelli nel campo degli
interessi pubblici, generali, lasciando in capo alla Pubblica Amministrazione il
ruolo di coordinatore e di sussidiante. Sempre più spazio è lasciato quindi
all’iniziativa del soggetto privato che richiede, anche in materia di sviluppo
territoriale, aiuto alla parte pubblica soltanto nel caso in cui egli non riesca, per
mancanza di risorse o di competenze, ad assolvere alle funzioni di crescita. In tale
ottica la sussidiarietà orizzontale si configura come lo svolgimento di funzioni di
interesse generale da parte di diversi soggetti, pubblici e privati, allo stesso livello
per il raggiungimento del bene comune. Si concorre quindi con ruoli differenti ma
profondamente connessi ed interdipendenti che hanno la necessità di essere
coordinati e controllati da un organo superiore, allo scopo di raggiungere
efficientemente l’obiettivo.
La costellazione degli attori che si occupano di sviluppo territoriale si suddivide
quindi oggi in due categorie, quella pubblica e quella privata: la prima avente un
ruolo di indirizzo ma soprattutto di creazione di un contesto favorevole
all’innescarsi dell’iniziativa della seconda parte, quella privata, che si rende
sempre più consapevole ed attiva.
1.3 L’Italia e le sue direttrici di sviluppo
Oltre ad aver subito profondi cambiamenti per quanto riguarda i soggetti che si
occupano di sviluppo territoriale, le politiche di sviluppo in Italia hanno subito nel
tempo un profondo cambiamento anche in relazione ai settori di riferimento. Dalla
situazione in cui versava il paese nel dopoguerra, con il sud ancora trainato da
un’economia prevalentemente agricola e il nord che stentava a decollare dal punto
6
di vista industriale, il paese si è mosso verso un’era post industriale in cui il settore
trainante è quello dei servizi.
Osservando in modo più puntuale le recenti evoluzioni economiche prendendo a
riferimento come variabile significativa la ripartizione degli occupati per settore in
Italia dal 1957 ad oggi
2
emergono alcune considerazioni.
0%
20%
40%
60%
80%
100%
1
9
5
7
1
9
6
5
1
9
7
3
1
9
8
0
1
9
9
2
2
0
0
3
anni
Occupati per settore dal 1957 al 2005
Agr i co l tu ra Indus tria Servizi
Nell’evoluzione di tali valori si legge la storia economica recente del nostro paese.
Il dato che vediamo in corrispondenza del 1957 ci mostra un’economia in cui
l’agricoltura non meccanizzata riveste ancora un ruolo importante per
l’occupazione italiana, proporzionalmente simile agli apporti degli altri due settori. I
forti investimenti tecnologici dello stato portano alla modifica di tale dato che andò
via via diminuendo a causa dell’aumento della produttività del settore industriale e
di quello dei servizi. Tale diminuzione fu compensata nel primo periodo da una
maggiore crescita degli occupati in ambito industriale a cui corrisponde un
incremento più modesto nel terzo settore e, in un secondo momento, in particolare
a seguito della crisi degli anni ’70, da un rapido incremento del settore dei servizi.
Grafico 1- Occupati per settore dal 1957 al 2005
Guardando globalmente all’evoluzione della ripartizione degli occupati tra
agricoltura, industria e servizi ci si accorge di come si siano modificati nel tempo i
2
Fonte: H. VAN DER WEE – L’economia mondiale tra crisi e benessere, p. 141 per i dati dal 1957 al 1980 e
rielaborazione dati ISTAT per i dati dal 1992 al 2003
7
settori trainanti dell’economia nazionale. Se nel primo dopoguerra i tre settori
concorrevano alla pari nell’occupare la popolazione attiva oggi, in Italia come in
tutti i paesi post-industrializzati, il settore che assume maggior rilevanza in termini
di fatturato ed in termini di numero di addetti, circa il 65% secondo dati ISTAT
3
, è
quello dei servizi. Le congiunture economiche degli ultimi anni hanno ulteriormente
indebolito il settore agricolo e quello industriale, soggetti, seppur protetti da alcune
politiche governative, alla concorrenza sempre più pressante dei paesi in via di
sviluppo. Questi ultimi, tramite l’offerta di manodopera a basso costo e
l’immissione di prodotti molto concorrenziali in termini di prezzo sui mercati
nazionali, hanno rappresentato fino ad ora un problema e non una potenzialità da
sfruttare per molti imprenditori italiani.
I cambiamenti macroeconomici fin qui descritti, che negli ultimi 50 anni hanno
investito la nostra economia, sono il risultato e nel contempo la causa di una serie
di evoluzioni avvenute a livello di singolo territorio. Le province italiane hanno
reagito ad una serie di impulsi provenienti dal mercato portando la nazione, in un
primo momento a far esplodere il boom economico degli anni ’60 ed in seguito a
sviluppare il comparto dei servizi. Nel fare questo le amministrazioni pubbliche,
come loro compito, hanno favorito e alimentato i trend di sviluppo dei vari territori,
modificando nel tempo le relative politiche da implementare al fine di favorire
determinati comparti.
Oggi l’economia italiana, pur mostrando recentemente alcuni segnali di crescita,
richiede un sostegno ed incentivi allo sviluppo. Ci si domanda a questo punto quali
siano le scelte che l’amministrazione pubblica, come attore principale e promotrice
dello sviluppo territoriale, debba prendere. Al di là delle riforme strutturali di cui il
paese ha bisogno, come dovrebbero affrontare lo sviluppo territoriale gli enti locali
ed in particolar modo le province? Quali sono i settori da incentivare vista la
congiuntura economica?
Come già detto ogni scelta di sviluppo è strettamente interconnessa con le
specificità del territorio e con il contesto in cui esso è immerso ed è naturalmente
impossibile dare una soluzione univoca. In questa sede si proverà tuttavia a
3
Pubblicazione ISTAT – L’Italia in cifre 2005
8
dimostrare che una via di crescita può essere, in determinati casi, la promozione,
nell’ambito del settore dei servizi, del turismo culturale.
Seppur rimane infatti vitale l’importanza di saper rivitalizzare il settore agricolo e
quello industriale attuando un riposizionamento competitivo, facendo importanti
investimenti in ricerca ed innovazione, interessante sarebbe puntare sul settore
che, viste le peculiarità specifiche di un paese che si trova in un periodo post
industriale, riveste una grande importanza per lo sviluppo economico italiano. In
tal senso risulta quindi importante trovare una chiave di differenziazione per la
nostra economia che non può che basarsi sulle risorse e competenze presenti sul
territorio.
9