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(UNHCR) ed indica questa agenzia come organizzazione internazionale
preposta alla tutela dei rifugiati
2
.
All’Alto Commissariato questo lavoro è dedicato.
La prima parte riguarderà gli aspetti generali. Sarà descritto il processo
storico che ha portato alla costituzione dell’UNHCR, ponendo particolare
attenzione sulle ripercussioni che le pressioni politiche generate dalla
Guerra fredda hanno prodotto sull’assetto istituzionale.
Sarà poi analizzato in dettaglio lo Statuto dell’Alto Commissariato,
sottolineando il suo carattere universale ed apolitico e tracciando
l’evoluzione conosciuta dal suo operato in seguito all’istituzione
dell’ExCom ed all’estensione sostanziale del suo mandato.
Sarà poi illustrato il sistema di finanziamento, basato quasi totalmente sui
contributi volontari degli Stati, ponendo un accento particolare sulle
difficoltà che sorgono a causa del ritardo con cui vengono assolte le
promesse di versamento e sul fenomeno del c.d. nazionalismo umanitario,
dovuto alla presenza sempre più imponente di organizzazioni non
governative bisognose anch’esse di risorse.
Saranno delineati anche i rapporti, istituzionali o solo collaborativi, tra le
Nazioni Unite e l’Alto Commissariato e tra questo e le altre agenzie
umanitarie che operano a tutela dei rifugiati, non mancando di descrivere
2
L’art. 35 della Convenzione impegna gli Stati parte alla cooperazione con l’Alto
Commissariato.
L’art. 1 let. D esclude addirittura l’applicazione della Convenzione per coloro che
beneficiano di protezione o assistenza da parte di organi o agenzie delle Nazioni Unite
diverse dall’Alto Commissariato per i rifugiati.
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gli attriti che sorgono, prevalentemente, a causa della diversa struttura
istituzionale e finanziaria delle organizzazioni.
La seconda parte del lavoro sarà dedicata ai beneficiari dell’attività
dell’UNHCR.
Conviene subito accennare che l’Alto Commissariato non tutela soltanto i
rifugiati, ma estende la sua attività anche ad altre persone che non rientrano
nelle sue competenze statutarie.
Le crisi umanitarie che si sono succedute nel corso degli anni, infatti,
hanno spinto le Nazioni Unite a richiedere con sempre maggiore frequenza
l’intervento dell’UNHCR anche in situazioni nelle quali non sarebbe stato
tenuto ad intervenire.
Giuridicamente, questo è reso possibile dalla previsione dell’art. 9 dello
Statuto dell’Alto Commissariato, che costituisce una sorta di grimaldello
per l’estensione di fatto del mandato dell’organizzazione, formalmente mai
rinegoziato.
La regolarità delle richieste di intervento ha fatto sorgere una specie di
consuetudine in virtù della quale si ritiene ormai che l’Alto Commissariato
possa agire, al verificarsi di determinate condizioni, non solo a favore dei
rifugiati (e dei rimpatriati), ma anche a tutela degli sfollati, degli apolidi e
dei richiedenti asilo.
Ad ognuna di queste “categorie” sarà dedicata una sezione, in cui si
descriverà la tutela giuridica della quale potranno beneficiare gli
appartenenti, i processi in virtù dei quali l’Alto Commissariato è legittimato
ad intervenire e l’attività da questo svolta in loro favore.
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PARTE PRIMA
L’UNHCR IN GENERALE
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CAPITOLO 1: EVOLUZIONE
STORICA
1.1. I precursori dell’UNHCR: Nansen e McDonald
I primi tentativi di trattare la questione dei rifugiati come un problema
collettivo della comunità internazionale piuttosto che come un problema
dei singoli stati ospitanti risalgono al primo dopoguerra, quando il
disfacimento degli imperi centrali, con il susseguente affermarsi di nuove
entità statali portò alla denazionalizzazione di intere popolazioni ritenute
incompatibili con il nuovo ordine basato sulla omogeneità etnica o, nel
caso dell'Unione Sovietica, sociale.
Lo sforzo internazionale di assistere i rifugiati ebbe avvio nell’agosto del
1921, quando il Comitato internazionale della Croce Rossa chiese alla
Società delle Nazioni di soccorrere oltre un milione di russi, costretti
all’esodo a causa della guerra civile e della carestia.
La S.d.N. accolse l’appello nominando Fridtjof Nansen, famoso esploratore
polare norvegese, “Alto Commissario per conto della Società delle Nazioni
per il problema dei rifugiati russi in Europa”
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Nansen si assunse il duplice compito di definire lo status giuridico dei
rifugiati russi e di organizzare il loro inserimento lavorativo nei paesi
ospitanti, oppure il loro rimpatrio.
A tal fine costituì l’Ufficio dell’Alto Commissario a Ginevra, al quale
collaboravano anche rappresentanti locali nei paesi ospitanti.
Per definire il primo aspetto del suo mandato, Nansen convocò una
conferenza internazionale che portò alla previsione di documenti di viaggio
e d’identità per i rifugiati, noti come “passaporti Nansen”.
Inoltre incentivò l’adozione di ulteriori misure giuridiche che, insieme agli
atti della Conferenza, costituiranno la base delle due Convenzioni del 1933
e del 1951 in materia di rifugiati, tuttora in vigore.
Per ciò che riguarda il secondo punto del suo mandato, Nansen collaborò
intensamente con l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, aiutando più
di 60mila rifugiati a trovare un’occupazione.
La crisi greco-turca del 1922 gli diede modo di formulare un principio
cardine che regola ancora oggi l’attività dell’UNHCR: la neutralità delle
organizzazioni umanitarie rispetto alle questioni politiche. Nansen, infatti,
benché attribuisse le responsabilità della guerra alla Turchia, distribuì aiuti
ad entrambe le parti ed incontrò rappresentanti sia greci sia turchi.
La sua attività fu premiata con il premio Nobel per la pace nel 1922.
Dopo la sua morte, avvenuta nel 1930, gli successe il professore e
giornalista americano James McDonald, che fu nominato dalla S.d.N. “Alto
Commissario per i rifugiati (ebrei e altri) provenienti dalla Germania”.
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Ciò che McDonald si trovò ad affrontare riguardava, da un lato, le
persecuzioni razziali naziste e, dall’altro, le restrizioni all’immigrazione
adottate dalla comunità internazionale in risposta all’esodo previsto.
Nei due anni di mandato, McDonald contribuì a sistemare più di 80mila
ebrei in Palestina ed in altre parti del mondo.
Nel 1935 si dimise dal suo incarico per protesta nei confronti della politica
di appeasement sostenuta dalla comunità internazionale anche in seguito
all’emanazione delle leggi di Norimberga facendosi, così, sostenitore di un
intervento diretto e risoluto nei confronti della Germania a favore della
tutela dei diritti umani, sostenendo che questi dovessero prevalere dinanzi
alle logiche diplomatiche, quando fossero così bistrattati dalle politiche di
uno Stato. La posizione di McDonald implicava, quindi, una certa
valutazione delle responsabilità politiche dell’esodo contrastando, così, con
l’assoluta apoliticità dell’azione umanitaria sostenuta da Nansen.
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1.2. L’UNRRA e l’IRO
Nel novembre del 1943, a guerra ancora in corso, gli Alleati crearono
l’Amministrazione delle Nazioni Unite per i soccorsi e la ricostruzione
(UNRRA).
Questa aveva il compito precipuo di collaborare ai soccorsi e di provvedere
alla ricostruzione delle regioni devastate.
Non aveva un mandato specifico per la tutela dei rifugiati, ma assisteva
tutti coloro che durante la guerra erano stati costretti ad abbandonare le
proprie case.
Tra il 1944 e il 1945, l’Unrra operò prevalentemente nelle regioni
dell’Europa occidentale controllate dagli Stati Uniti e dagli Inglesi, dato il
veto posto dall’Unione Sovietica di operare nei territori sotto il suo
controllo per timore che l’organizzazione si potesse trasformare nel cavallo
di Troia del capitalismo.
Appena terminata la guerra, la situazione assunse proporzioni immense.
Nel maggio del 1945 si valutava in 40milioni il numero degli esuli in
Europa, senza contare i tedeschi fuggiti davanti all’avanzata dell’Armata
Rossa, ad est, e nella stessa Germania gli stranieri costretti ai lavori forzati.
A questo computo bisognava aggiungere 3milioni di persone appartenenti
alle venti nazionalità fatte deportare da Stalin tra il 1936 e il 1952, tra le
quali i Tedeschi del Volga, i Ceceni, ed i Tartari di Crimea. Ancora,
bisogna tenere in considerazione un milione di russi, bielorussi, ucraini,
polacchi e baltici che fuggirono dall’Urss ai primi sentori di un nuovo
totalitarismo.
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Anche la guerra civile in Grecia produsse migliaia di rifugiati, così come
altri conflitti minori in Europa sudorientale.
Fra maggio e settembre del 1945, l’UNRRA collaborò al rimpatrio di circa
7milioni di profughi. Ma cominciarono subito a manifestarsi le prime
lacune del sistema.
Il personale dell’UNRRA era comprensibilmente insufficiente ed
impreparato per gestire una mole di lavoro di tali proporzioni: così come i
militari, che per i primi tempi furono incaricati di coadiuvare l’attività
dell’organizzazione.
La situazione venne ulteriormente aggravata dal problema dei rimpatri
forzati. In questo periodo due milioni di esuli furono rimpatriati contro la
loro volontà.
Questi erano perlopiù cittadini sovietici e dell’Europa Orientale che
avrebbero desiderato non ritornare in paesi governati ora da regimi
totalitari.
La questione dei rimpatri forzati fu oggetto di un aspro dibattito che tenne
banco nei primi anni del dopoguerra. Da una parte, i paesi dell’Europa
orientale e l’Urss pressavano per subordinare l’assistenza ai rifugiati al loro
ritorno in patria. Dall’altra, i paesi dell’Europa occidentale ribadivano
l’esigenza che gli esuli fossero liberi di valutare il loro rimpatrio, senza che
ciò pregiudicasse il diritto all’assistenza.
In quest’ottica, gli Stati Uniti, che alimentavano il 70% del bilancio
dell’UNRRA e buona parte del suo personale, denunciarono la politica dei
rimpatri forzati adottata dall’organizzazione e i suoi programmi volti alla
ricostruzione e alla ripresa dei paesi dell’Europa orientale, affermando che
ciò servisse solo a favorire il blocco sovietico.
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Rifiutò quindi di prorogarne il mandato oltre il 1947.
Così, nel luglio di quell’anno l’UNRRA fu sostituita dall’Organizzazione
Internazionale per i Rifugiati (IRO), destinata ad operare come agenzia
specializzata non permanente delle neonate Nazioni Unite. Obiettivo
primario dell’organizzazione era quello di “incoraggiare e assistere il
sollecito ritorno dei rifugiati nel paese in cui questi avevano la cittadinanza,
o in quello in cui risiedevano abitualmente”
3
.
La costituzione della nuova agenzia veniva incontro alle istanze degli
Alleati occidentali e degli USA in particolare, visto che il suo Statuto
implicava un radicale cambio di indirizzo: da una politica di rimpatrio,
favorita dal blocco orientale, si passava ad una politica di reinsediamento,
più favorevole agli occidentali.
La risoluzione dell’Assemblea generale istitutiva dell’IRO sanciva, infatti,
che “nessun rifugiato o esule che formuli valide obiezioni possa essere
costretto a tornare nel proprio paese d’origine”
4
.
Il riconoscimento delle “valide obiezioni” legittimava quindi il rifiuto al
rimpatrio eccepito dal rifugiato ed il proseguimento della protezione da
parte della comunità internazionale.
Questo suscitò il disappunto dei paesi del blocco orientale, che sostenevano
che il reinsediamento rappresentava un pretesto per offrire rifugio a gruppi
sovversivi che avrebbero potuto minacciare l’ordine socialista, come anche
3
Atto costitutivo dell’IRO, art. 2 (1) (A); allegato, art.1c.
4
UNGA (8/1), par.(c) (ii), 12 febbraio 1946.
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un mezzo per procurarsi una fonte di manodopera prontamente disponibile
e a basso costo.
E’ indubbio che quest’ultimo aspetto era rientrato nelle considerazione dei
governi occidentali, che sostenevano inoltre che la dispersione dei rifugiati
in tutto il mondo avrebbe favorito una più equa distribuzione della
popolazione, decongestionando l’Europa e arrecando benefici alle
democrazie d’oltremare, sottopopolate e meno sviluppate.
Il contrasto tra i due blocchi produsse effetti deleteri per l’IRO: le accuse
del blocco comunista di strumentalizzazione dell’agenzia da parte
dell’Ovest e l’esosità del finanziamento, sostenuto per gran parte dagli Stati
Uniti, ne decretarono l’estinzione.
Nei suoi quattro anni di attività l’IRO collaborò al rimpatrio di appena
73mila persone e al reinsediamento di un milione di esuli, prevalentemente
oltreoceano.
Non fu in grado, quindi, di dar soluzione al problema dei rifugiati:
all’inizio del 1952, anno ufficiale della sua estinzione, solo in Europa vi
erano più di 400mila esuli.
Ma esisteva un’ampia base di accordo sulla necessità di continuare la
cooperazione internazionale per la tutela di rifugiati. Anche perché gli
avvenimenti tra la fine degli anni ‘40 e gli inizi degli anni ‘50 avevano
portato ad un irrigidimento della polarizzazione della guerra fredda. Il
blocco di Berlino, l’esplosione della prima bomba atomica sovietica, la
fondazione di due stati tedeschi separati, l’ascesa di Mao in Cina e l’inizio
della guerra di Corea facevano presupporre che il problema dei rifugiati
non fosse un fenomeno di carattere temporaneo, limitato agli eventi della
guerra mondiale ma qualcosa di cronico fatalmente legato alla storia.
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1.3. La creazione dell’UNHCR
L’istituzione di un nuovo organismo che permanentemente si occupasse
della tutela dei rifugiati fu chiesta da più parti, e anche dal Comitato
Internazionale della Croce Rossa.
Ma le tensioni ideologiche erano destinate a ripercuotersi anche sulla nuova
agenzia e non risparmiarono nemmeno i negoziati relativi alla sua
istituzione.
L’Unione sovietica, seguita dai suoi stati satellite, boicottò completamente
buona parte delle trattative, ma anche tra le potenze occidentali esistevano
profonde divergenze.
Gli Stati Uniti puntavano ad un’agenzia temporanea che si occupasse del
reinsediamento dei rimanenti rifugiati dell’IRO, con budget e mandato
limitati.
In particolare, volevano negare al nuovo organismo una propria funzione
autonoma nelle operazioni di soccorso internazionale, privandolo del
sostegno dell’Assemblea generale delle N.U. e precludendogli il diritto di
chiedere contributi volontari.
Per contro, gli stati dell’Europa occidentale, che sostenevano direttamente
la maggior parte del numero dei rifugiati, spingevano per l’istituzione di un
organismo che avesse poteri forti, con ampio mandato e budget adeguato.
Il risultato di tale dibattito fu un compromesso.
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Nella sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite della fine del
1949 si decise la creazione di una nuova organizzazione per la tutela dei
rifugiati (Risoluzione 319 A (IV) del 3 dicembre 1949). Lo statuto della
nuova organizzazione fu adottato nel 1950 come annesso alla Risoluzione
428 (V)
5
del 14 dicembre di quell’anno, e il 1° gennaio 1951, il primo Alto
Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, l’olandese Van Heuven
Goedhardt iniziò il suo lavoro a Ginevra. Ereditava dall’IRO quasi 2,2
milioni di rifugiati, un milione dei quali ancora in attesa di reinsediamento
permanente. 400mila di loro languivano in condizioni miserabili nei campi
profughi di mezza Europa.
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Lo Statuto dell’UNHCR fu adottato con 36 voti favorevoli contro 5 e 11 astensioni.