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Introduzione
Un tema molto dibattuto negli ultimi anni è quello della corporate
governance, ossia, quell’insieme di regole e strumenti posti alla base dell’impresa.
È un tema molto dibattuto anche a causa degli scandali finanziari che hanno
colpito non solo l’Italia ma anche gli Stati Uniti.
In questo lavoro di tesi ho voluto approfondire questo argomento,
interessante e delicato allo stesso tempo. Mi sono soffermata su quella che è la
corporate governance nel nostro ordinamento, analizzando, altresì, i BPC che
sono un’esplicazione di una buona governance.
Questa tesi si suddivide in quattro capitoli.
Il primo capitolo, dedicato, appunto, alla corporate governance cerca di
dare l’idea di cosa essa sia. Ho analizzato i vari sistemi di corporate governance
soffermandomi soprattutto sulle imprese familiari, tipiche del sistema italiano, in
cui ci sono per lo più imprese piccole che non sono quotate in borsa. La scelta di
questo tipo di impresa è una scelta che viene fatta dall’imprenditore ma è, altresì,
una scelta che viene dettata dal mercato. Il punto fondamentale di questo capitolo
sta nei tre obiettivi che deve perseguire una corporate governance per essere
considerata “buona”, ossia, capacità di massimizzazione del profitto, di assicurare
mezzi finanziari sufficienti e di allocazione del controllo.
Nel secondo capitolo ho analizzato i BPC, questi sono una conseguenza
di una buona governance. I BPC sono quell’insieme di vantaggi che chi possiede
un’azienda può estrarre per se stesso senza dividerli con gli altri azionisti.
Possono essere classificati in base alla loro trasferibilità in pecuniari e non
pecuniari. Ma la loro classificazione più importante è quella che li distingue in
BPC “buoni o remunerativi” o in BPC “cattivi od espropriativi”. Sono “buoni”
quei BPC che costituiscono un incentivo per chi controlla, questo soggetto è
incentivato a svolgere al meglio le proprie funzioni, consistono in un beneficio
psicologico dell’imprenditore. Sono, invece, “espropriativi” quei BPC ottenuti a
danno degli azionisti di minoranza, sottraendo ad essi capitali. Si è cercato di
capire come il diritto influisce su di essi e in che modo questi si misurano. A tal
proposito si è notato che non esiste un unico metodo di misurazione ma ne
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esistono almeno due, il metodo della Nenova (2000) che confronta i blocchi di
controllo e quello utilizzato da Dick e Zingales (2001), che confrontano il premio
di voto delle azioni. Infine, visto che la letteratura ritiene che i BPC
maggiormente presenti nel nostro ordinamento sono quelli espropriativi, ci si è
chiesto quali siano gli strumenti per contenere questo problema e ne sono stati
individuati almeno tre. Nonostante ciò, però, non è data una soluzione a questo
problema.
Nel terzo capitolo ho affrontato il problema della corporate governance,
trattato già nel primo capitolo. In questo caso, però, l’ho analizzato in relazione a
quella che è la corporate governance di altri stati, prendendo il caso concreto
degli Stati Uniti. Si è notato che la differenza fondamentale tra il nostro sistema e
quello statunitense sta nel fatto che l’Italia è un tipico sistema banco-centrico, in
cui le imprese chiedono e ottengono i capitali da investire nelle imprese dalle
banche. Le banche sono, quindi, il soggetto più importante per lo sviluppo della
nostra economia. Il sistema statunitense è un sistema, invece, mercato-centrico in
cui questi capitali vanno ricercati nel mercato. Inoltre, ho cercato di capire il modo
in cui i BPC vengono misurati e come si differenziano dal sistema italiano.
Infine, nel quarto capitolo ho trattato la tutela del risparmio analizzando
quello che era il sistema bancario nel passato e come esso è stato modificato dalle
varie leggi che si sono succedute nel tempo. Ho analizzato la legge 262/2005,
ossia, la legge sulla tutela del risparmio, che è venuta alla luce in seguito agli
scandali finanziari relativi al caso Parmalat e Cirio, ed infine, mi sono soffermata
sui compiti della CONSOB che è, appunto, l’organo rivolto alla tutela degli
investitori, all’efficienza e allo sviluppo del mercato mobiliare italiano.
Con questo mio lavoro ho voluto dare una visione di quella che è
l’economia anche del nostro paese, ma ho cercato in particolar modo di cogliere
quelle che sono le sfumature su cui si erge questo sistema cercando di capire il
motivo per il quale nel nostro sistema troviamo soprattutto piccole imprese e
quello che è il governo delle imprese con i suoi pro e contro.
Questo lavoro, però, è stato possibile solo con l’aiuto del mio relatore
Prof. Francesco Pastore che ha saputo, innanzitutto, seguirmi in questo ultimo
momento del mio percorso universitario ma ha anche fatto in modo che i suoi
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insegnamenti non siano stati solo teorici, anzi ha fatto in modo che lo studio
dell’economia arricchisse semplicemente le mie conoscenze.
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Capitolo 1. Corporate Governance
Introduzione
In questo capitolo si affronterà il tema della corporate governance intesa
come quell’insieme di regole su cui si basa il governo delle società.
La corporate governance è l’ambito in cui, più degli altri, si sono
sviluppati dibattiti e studi per vari motivi. Innanzitutto, una delle cause che ha
dato vita allo sviluppo di questi dibattiti può essere rintracciato nell’affermarsi
delle privatizzazioni, cioè, nella scelta della tipologia di struttura proprietaria da
dare alla società privatizzata, altra causa è data dalle ondate di acquisizioni ostili
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(es. acquisizione Olivetti-Telecom), ancora nell’integrazione dei mercati
finanziari, ma anche nella serie di scandali finanziari (es. Enron) che si sono avute
soprattutto negli Stati Uniti, questi hanno messo in evidenza che il sistema
statunitense considerato il migliore a livello internazionale necessitava di
importanti correzioni.
Il capitolo è suddiviso in 3 paragrafi. Nel primo paragrafo, si darà una
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Tecnica seguita quando il gruppo di comando non era disposto a cedere la sua partecipazione e
non disponeva della maggioranza delle azioni, chi intendeva scalzarlo procedeva quindi a
massicci acquisti di borsa diluiti nel tempo e coperti dall’anonimato fino a quando non
raggiungeva il suo scopo.
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visione della corporate governance che mette in evidenza le varie teorie, e, per
questa via, i pilastri sui quali si deve basare una buona governance. Si
prenderanno in considerazione i vari sistemi di governance, ossia un sistema
tradizionale, monistico e dualistico, ma anche i vari modelli e i principi su cui
questa deve basarsi.
Nel secondo paragrafo si tratterà dei vari modelli di governance, ossia,
public company, impresa consociativa e impresa padronale, quest’ultima tipica del
nostro paese in cui ci sono, soprattutto imprese piccole, a conduzione familiare.
Infine, nel terzo paragrafo ci si soffermerà su quelli che sono i 3 obiettivi
di una buona governance, ossia, capacità di assicurare incentivi a chi controlla
l’impresa affinché questi persegua l’obiettivo di massimizzare il valore
complessivo, ma, anche la capacità del sistema di assicurare che all’impresa
affluiscano sufficienti mezzi finanziari ed, infine, capacità di assicurare
un’allocazione efficiente del controllo.
Per trattare questi punti si sono presi in considerazione gli studi di
Bianchi et al. (2005), Capizzano e Del Giudice (2006) e altri autori, che, anche se
non citati hanno, comunque, la loro importanza. Inoltre, sono stati consultati
anche vari articoli tratti da “lavoce.info” che hanno contribuito all’elaborazione di
questo capitolo. Molto utile è stato anche le consultazione del sito wikipedia,
pratico per dare una visione iniziale del problema.
1.1 Corporate governance
Da anni il problema dell’economia italiana è costituito dal deficit di
crescita delle imprese. Le cause di questo deficit sono connesse al modello
industriale italiano in cui sono molto sviluppate imprese di piccole dimensioni,
soprattutto imprese familiari, specializzate in lavorazioni tradizionali, a basso
contenuto tecnologico. Il problema dell’Italia sta nel fatto che non
specializzandosi, restando ancorata al mercato tradizionale, ha perso la propria
competitività sul mercato mondiale.
Faini (2005) ha affermato che le imprese familiari non sono un fenomeno
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solo italiano, anzi, sono un fenomeno molto diffuso che si ritrova anche in altri
paesi, soprattutto, europei. In Italia, in un campione di imprese con più di 50
addetti, più dell’80% delle imprese sono considerate familiari. Quasi le stesse
percentuali si riscontrano in altri paesi, 75% in Spagna e 64% nel Regno Unito.
Il problema fondamentale su cui si è sviluppato il dibattito negli ultimi
decenni è quello della “corporate governance”. Secondo Fazzi (1982), il termine
“corporate governance” fu utilizzato per la prima volta, nel 1960, da Richard
Eells per indicare “la struttura e il funzionamento della politica aziendale”.
Innanzitutto, si è giunti ad un punto di convergenza per quanto riguarda
le caratteristiche fondamentali che la corporate governance deve avere, questo
dibattito è stato molto influenzato anche dagli scandali finanziari che hanno
coinvolto soprattutto le grandi imprese (Bianchi et al., 2005), come è successo, ad
esempio, nel caso della società energetica ENRON CORPORATION
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Del Giudice e Capizzano (2006), affermano che quello della corporate
governance è un tema molto dibattuto perché, tra gli altri motivi, esso tocca varie
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ENRON corporation è una delle più grandi multinazionali statunitensi operanti nel campo
dell’energia. Fallì improvvisamente nel 2001, il fallimento fu inaspettato poiché l’azienda negli
ultimi 10 anni aveva avuto una crescita molto rapida, infatti aveva raggiunto il 7º posto nella
classifica delle più importanti multinazionali degli USA. In poco tempo le azioni della ENRON
persero il loro valore, passando dalla quotazione di 86 dollari a 26 centesimi, bruciando così
circa 60 miliardi di dollari nel giro di tre mesi. Ciò portò numerosi dipendenti a gravi difficoltà,
poiché era stato loro proposto di acquistare le azioni della società e non poterono far nulla per
ripararsi dal disastro. I più alti dirigenti della società, invece, non subirono alcuna perdita, poiché
avevano venduto le loro azioni prima del crack realizzando grandi guadagni: infatti, essi
potevano liberarsi in qualsiasi momento delle proprie quote. Successivamente si scoprì che la
ENRON manteneva alto il livello dei suoi redditi con trucchi contabili, ma anche ottenendo
agevolazioni da parte del governo mediante favori come aiuti nelle campagne elettorali o
donazioni a numerosi uomini politici di denaro o di pacchetti azionari. Ad aggravare la
situazione contribuì la scoperta della rete di società legate alla ENRON che i dirigenti avevano
costruito in alcuni paradisi fiscali. Le società erano in totale 881, di cui più di 600 nelle isole
Cayman. In questo modo la ENRON, teoricamente sottoposta a severi controlli, è riuscita ad
evadere quasi tutte le sue tasse ed a gonfiare i profitti mantenendo così stabile il valore delle sue
azioni anche nei periodi di crisi.
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discipline, importanza notevole hanno le regole e le istituzioni che definiscono il
rapporto tra i diversi soggetti coinvolti nell’impresa perché si ritiene che questi
determinino la competitività stessa dell’impresa e, quindi, del sistema economico
a cui appartiene.
L’origine della questione sulla corporate governance è ricondotta alla
separazione tra proprietà, rappresentata dagli azionisti, e controllo, esercitato dai
manager a cui è delegata la gestione dell’impresa.
Secondo Goglio e Goldstein (2010), la crisi globale ha rilanciato
l’interesse per il sistema delle istituzioni e delle regole che governano il
funzionamento dell’impresa e dei mercati. La crisi finanziaria ha evidenziato il
fallimento dell’autoregolazione dei meccanismi di autoregolazione proprie del
mercato. I paesi dell’OCSE
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hanno espresso la volontà di adottare principi comuni
per rendere la crescita economica più sana, equa e forte, riconoscendo la necessità
di promuovere l’applicazione dei principi di correttezza, integrità e trasparenza
nella conduzione degli affari dell’impresa. Con la crisi finanziaria si è, quindi,
rilanciato l’interesse per la corporate governance.
Esistono vari modelli di corporate governance ed è per questo che è
importante studiare il funzionamento del CDA, il mercato del controllo societario
e tutti gli aspetti che riguardano le società. Importante, però, è anche soffermarsi
sull’intervento pubblico nell’economia reso obbligatorio dalle numerose crisi
finanziarie.
La corporate governance è un complesso insieme di vincoli che definisce
e limita le modalità con cui le rendite che si generano in un’impresa possono
essere successivamente distribuite tra i vari soggetti coinvolti. Importante è anche
il ruolo che svolgono le banche nella corporate governance che va a garantire una
maggiore separazione tra proprietà e controllo. L’origine del dibattito sulla
corporate governance è, quindi, ricondotta alla separazione tra proprietà e
controllo, e al rapporto tra azionisti e management dell’impresa. Sempre secondo
Del Giudice e Capizzano (2006), già nel 1776, Adam Smith, sosteneva che se chi
gestisce un’impresa è un soggetto diverso da chi la possiede, si può sospettare che
i manager, amministrando denaro altrui, non mettano lo stesso impegno con il
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Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico