4
bada le sue malattie”
1
, che nonostante i freni suggeriti dai medici ha vissuto intensamente
finché ha potuto: sempre circondato dai più cari amici e sempre pronto a partire per farsi
una nuotata a Capri o una pista a Cortina; un novello Ulisse dantesco, che ha girato il
mondo, spinto dal desiderio di conoscere e di trarre insegnamento da ogni esperienza.
Una sua caratteristica peculiare pare essere stata la curiosità: un forte desiderio di
percepire ed apprendere, che La Capria ha riconosciuto come un “filo conduttore per
capire meglio la sua scrittura e quel nomadismo biografico e letterario” che lo ha
contraddistinto. In Parise questo anelito era intrecciato ad un senso di stupore, che lo
faceva emozionare e sbalordire di fronte alle situazioni più diverse, dalla “meraviglia di
essere al mondo” alla “meraviglia che si può scoprire in tutte le cose e le persone che
incontriamo”. Dalla sorpresa nasceva l’entusiasmo, e da esso scaturiva “una curiosità
divorante per la vita, la sua e per quella degli altri, per gli aspetti del mondo e delle città,
per le persone e per i personaggi dei libri”. Tale era la forza di questi sentimenti, da
riuscire a incitare e trascinare lo scrittore un po’ ovunque e da fornirgli l’energia vitale che
talvolta la tristezza per la malattia gli sottraeva. La sua curiosità è stata pertanto definita
“un’esigenza spirituale”, che nasceva da un’irrinunciabile sete di vita e generava una acuta
abilità di osservare l’esistenza.
I frutti di questa curiosità sono i suoi scritti, in cui sono confluite tutte le sue
emozioni: le sue ansie e i suoi desideri, le sue paure e i suoi sogni, la sua fede nell’uomo e
la sua filosofia della vita, concretizzati in gioielli narrativi e giornalistici, dal gusto sensibile
e dal bagliore luminoso della sincerità.
1
Nico Naldini, Tracce autobiografiche nei due Sillabari, in I “Sillabari” di Goffredo Parise, Guida, Napoli,
1994.
5
2. LA BIOGRAFIA DI GOFFREDO PARISE (1929 – 1986)
Goffredo Parise visse intensamente i suoi cinquantasei anni, avendo avuto modo di
fare molteplici esperienze: dal profondo trauma di essere figlio illegittimo, situazione che
contribuì a stimolare il mondo di fantasia in cui si rifugiava, alla responsabilizzazione con
la decisione di partire volontario giovanissimo con le formazioni partigiane. Proseguì
diventando un giornalista versatile e corretto, che si dedicò principalmente all’analisi della
società italiana e di quelle straniere che ebbe modo di conoscere, ed un instancabile
viaggiatore, che girò il mondo dall’Estremo Oriente alle Americhe, soffermandosi in paesi
sconvolti da guerre e carestie. Ma soprattutto Parise fu un grande narratore, i cui frutti
sono sette romanzi, un’infinità di racconti, un paio di testi teatrali e qualche lavoro
interrotto; ed un uomo, caratterizzato come tutti da vizi e virtù, da paure e sogni, ma che
ha saputo lasciare un segno indelebile nel Novecento.
L’infanzia.
Il 1929 fu un anno gelido e nevoso dalle parti di Vicenza: forse per questo – a detta
dello stesso scrittore, che qui nacque l’8 dicembre - egli fu un uomo freddoloso
2
. Venne
alla luce dal grembo di Ida Wanda, giovane ragazza madre abbandonata dal compagno,
un medico veneto, non appena aveva scoperto di essere in stato interessante; e crebbe
con lei ed i nonni, fra cui Parise ricorda in particolare nonno Antonio Marchetti, padre
adottivo di Ida. Questi era un piccolo costruttore di biciclette marca Schwalbe, che aveva
raggiunto una certa stabilità economica all’inizio del secolo; purtroppo in concomitanza
con la grande crisi economica legata al crollo della borsa di Wall Street, la sua fabbrica era
fallita, costringendolo a tornare alla precedente attività di meccanico e custode di
biciclette, e condannando l’intera famiglia ad uno stato di parziale miseria.
L’infanzia dello scrittore trascorse protetta dai congiunti, che cercarono di tutelare la
sua condizione di figlio illegittimo: egli stesso ricorda di essere stato “un bambino sempre
solo, senza amici, custoditissimo [...] giocavo da solo in compagnia dei miei amici
immaginari”
3
, e quest’esperienza certamente influenzò lo sviluppo della sua fantasia. Gli
stessi familiari assecondavano questa inclinazione naturale verso le fantasticherie ed i
sogni, specie il nonno che spesso costruiva i giochi che il piccolo Goffredo immaginava.
Più difficile fu il rapporto con la nonna e con la madre, severe e rigide osservanti delle
regole della buona società cattolica: Ida in particolare è ricordata come possessiva e avara
di tenerezze, come allora del resto era d’uso nell’educazione dei figli. Intanto nel 1937 la
famiglia aveva raggiunto una migliore situazione economica con le nozze fra Ida ed il
giornalista Osvaldo Parise, collaboratore del “Gazzettino” e del “Giornale di Vicenza”, che
avrebbe dato a Goffredo il proprio cognome e con il quale avrebbe costruito in seguito un
rapporto di vera amicizia, assecondando i suoi interessi letterari ed ipnotizzandolo per
intere serate con le trame dei romanzi di Salgari.
L’adolescenza.
Durante gli anni della guerra Goffredo frequentava la scuola con poco profitto: sin
dalle elementari aveva sofferto della “malinconia originata da una frattura insanabile tra la
realtà e la fantasia”
4
, sentimento che avrebbe costituito il fondamento della sua tematica di
scrittore. Proseguì annoiato ed oppresso dall’ambiente didattico, frequentando il liceo-
2
Come lui stesso ricordò nell’articolo Costumi di provincia, “Il Caffè” del 12 dicembre 1955.
3
Come lui stesso ricordò nell’articolo Il Sillabario degli scrittori italiani: Goffredo Parise racconta la sua vita,
“Novella”, 13 febbraio 1966.
4
Ibidem.
6
ginnasio Pigafetta di Vicenza, con scarsi risultati in latino, altalenanti in greco e migliori in
matematica e filosofia.
Parise visse le sue prime, intense emozioni dopo l’armistizio, quando sfollato in
campagna decise di partecipare attivamente alla Resistenza, occupandosi della diffusione
della stampa e dei contatti con i partigiani sulle montagne della zona di Asiago. Terminato
il conflitto e spentasi l’urgenza della lotta attiva contro il fascismo, anche gli interessi
politici del giovane si esaurirono, in coerenza con il suo pensiero circa la “fatalità della
storia” e “l’incontrollabilità degli eventi”.
Proseguì gli studi liceali classici, interessandosi soprattutto alla matematica e alle
scienze e coltivando una parallela passione per la pittura, che diede i suoi frutti in una
serie di dipinti, creati fra il 1946 e il 1948, le cui forme e i cui colori ricordano Chagall. Si
dedicò inoltre ad una serie di attività con alcuni amici: dalle lunghe discussioni su svariati
temi intellettuali alla lettura e scambio di libri (Kafka, Dostoevskij, Tolstoj, Hemingway,
Camus, Proust, Moravia, Comisso, Verne), dalla gestione di una balera a quella di un
imbarcadero, operando nei luoghi che avrebbero costituito gli ambienti del suo primo
romanzo.
Di particolare importanza risulta il fatto che in quegli stessi mesi, e più precisamente
nell’autunno del 1946, Parise fece la sua prima esperienza di scrittura narrativa, con la
stesura del racconto Una piccola famiglia, che gli verrà pubblicato una dozzina d’anni più
tardi.
I trasferimenti a Vicenza e Venezia.
Nel 1947 Goffredo si separò dalla famiglia, prendendo in affitto una mansarda nel
centro di Vicenza, con vista sui tetti della città, ambiente che ritroveremo nel suo primo
romanzo. Vinse il terzo premio di un concorso di pittura con un quadro dal tema cimiteriale
e s’innamorò di una giovane professoressa di matematica, Atena Mazzaggio, sorella di un
amico, che frequentò felicemente per più di un anno. Inoltre il 23 settembre pubblicò,
aiutato dal patrigno, il suo primo articolo sul “Gazzettino”: Voli di farfalle, visioni di bellezza,
la recensione di una manifestazione di pattinaggio artistico, in cui lo scrittore si sofferma
sulla delicatezza dei “fruscii di seta, scintillii d’occhi e di vesti” più che sui dati meramente
tecnici.
Abbandonato il liceo e superato poi l’esame di maturità da privatista, si recò a
Venezia in visita alla Biennale d’Arte Contemporanea: qui rimase folgorato dai capolavori
di Gauguin, Cézanne, Modigliani, Picasso, Klee e soprattutto di Chagall, che ancora non
conosceva; fu talmente colpito da giungere alla consapevolezza di non saper dipingere e
da decidere di abbandonare questa forma d’arte. Come sottolinea Petroni “non è casuale
che proprio mentre mette via i pennelli, Parise prenda in mano la penna [...] tanto era
evidentemente pressante il bisogno di esprimersi, di esternare le proprie fantasie”.
Trasferitosi a Venezia nel 1949 lavorò col patrigno, frequentando all’Università di
Padova la facoltà di Lettere; intanto coltivò la propria passione per il cinema, ma
soprattutto si dedicò alla stesura del poliedrico romanzo Il ragazzo morto e le comete, con
l’animo straziato per la fine della relazione con la Mazzaggio. All’inizio dell’estate
successiva il libro fu pronto per essere sottoposto al giudizio dell’editore Neri Pozza, che
già gli aveva rifiutato l’abbozzo di altro racconto, I movimenti remoti, d’atmosfera
cimiteriale.
Gli anni dei primi romanzi.
Il 1951 si aprì alla grande per il giovane scrittore: con la pubblicazione del suo primo
volume, che per molti anni sarà considerato il suo capolavoro sia per le tecniche stilistiche
7
che per i contenuti, ma che agli inizi non ebbe un gran successo di vendite. Abbandonati
gli studi e grazie all’appoggio paterno, collaborò con l’”Alto Adige” di Bolzano, che gli
pubblicò tre articoli dedicati a Longanesi, alle caricature di Georg Grosz e ad
un’interessante analisi della scarsa diffusione della lettura nella società del dopoguerra.
Durante l’estate iniziò la stesura del secondo romanzo, La grande vacanza,
dedicato al passaggio dall’infanzia all’età adulta; e scrisse qualche pezzo per l’”Arena” di
Verona.
Il 1952 trascorse sull’onda della fitta corrispondenza fra Parise e Giuseppe
Prezzolini, che allora risiedeva a New York e lì, come vedremo, si dedicò alla traduzione e
pubblicazione del Ragazzo morto e le comete. Goffredo intanto continuava a vivere a
Venezia, dove durante l’estate incontrò il suo idolo Truman Capote; ma ben presto venne
il momento del trasferimento a Milano, in seguito all’assunzione presso la casa editrice
Garzanti nel 1953.
Il cambio di residenza verso il capoluogo milanese fu una svolta molto importante:
in quella città ebbe infatti modo si scoprire una realtà sociale moderna e frenetica, che
sino a quel momento aveva ignorato, e di cui approfondirà le caratteristiche nel romanzo Il
padrone e nei racconti del Crematorio di Vienna. Di questo periodo ricorderà gli alloggi in
camere ammobiliate e case private (“in otto anni ne ho cambiate quarantatre”), la
confusione della mansione di factotum (“non ho ancora una funzione precisa e faccio un
po’ di tutto, ma mi trovo bene lo stesso”
5
) e le abitudini insolite, tanto che l’amico Naldini
rievocherà come fosse “solito, nella pausa di mezzogiorno, dormire in piedi addossato ad
un muro. Un mendicante lì vicino aveva l’incarico di svegliarlo dopo un’ora”. Fu quindi un
periodo positivo, seppur misto alla nostalgia per gli amici e la vita vicentina; e proprio
durante uno dei periodici ritorni in questa città ebbe modo di conoscere Maria Costanza
Sperotti, di cui s’innamorò e con la quale si fidanzò, nonostante il parere negativo dei
genitori di lei, a causa della differenza d’età che intercorreva fra i giovani (otto anni).
A giugno Neri Pozza gli pubblicò il secondo romanzo, che come spesso accade per
le opere di autori sconosciuti, fu un secondo fiasco. In ogni caso Parise non si scoraggiò e
continuò a collaborare con articoli e racconti a giornali e riviste, quali l’”Alto Adige”, “Il
giornale di Vicenza”, “Il corriere di Trieste”, “L’illustrazione italiana”, “Il borghese” e
“Costumi di provincia”. Da ricordare sono in particolare i pezzi che vennero pubblicati sul
quindicinale diretto da Leo Longanesi
6
, in cui compaiono i luoghi, i caratteri e le tematiche
che ritroveremo nei tre romanzi successivi: l’analisi della realtà sociale veneta e vicentina.
Intanto proseguiva l’esperienza milanese presso la Garzanti e la vita nel capoluogo
lombardo si rivelava più difficile del previsto: Parise soffriva la nostalgia dei vecchi amici e
rientrava sempre più spesso a Vicenza; contemporaneamente cercava sollievo alla
malinconia scrivendo quello che sarebbe diventato il suo terzo romanzo, Il prete bello. Alla
fine del 1953 conobbe a Milano Eugenio Montale, con cui strinse un legame d’amicizia che
durò fino alla morte del poeta, nel 1981.
Gli anni della “trilogia veneta”.
Nel corso del 1954 continuò la stesura della nuova opera, stimolato e seguito da
Longanesi, sino alla conclusione e pubblicazione in maggio presso la Garzanti. In seguito
al successo che seguì alla diffusione del Prete bello, dedicato alla vita della periferia
veneta, Parise ebbe modo di entrare in contatto con molti autori suoi contemporanei:
ricordiamo infatti che Comisso lo invitò e presentò personalmente al convegno “Romanzo
e poesia ieri e oggi. Incontro tra due generazioni”, svoltosi a San Pellegrino Terme, a cui
5
Entrambe le citazioni sono tratte dalla corrispondenza con Neri Pozza
6
Il citato “Il borghese”
8
parteciparono anche Montale, Ungaretti e Rèpaci, i quali presentarono rispettivamente
Luigi Piccolo, Andrea Zanzotto e Italo Calvino.
Per quanto riguarda la carriera giornalistica, dopo le varie collaborazioni effettuate
negli anni precedenti Parise decise di tentare una partecipazione fissa presso il quotidiano
“La Stampa”, perché “paga bene, e quindi le collaborazioni potrebbero essere, da parte
mia, poche ma ben meditate e sentite, così da non prostituire […] il buon esito e le
sensazioni interne”
7
. Non riuscì nel suo intento, ma ebbe modo di iniziare nel gennaio
successivo un rapporto collaborativo con il “Corriere d’Informazione” di Afeltra, che gli
pubblicò alcuni racconti, a partire da “Vuoi fare del cinema?”
8
. Nei mesi seguenti scrisse
racconti anche per “Settimo Giorno” e “Cronache”, e finalmente in ottobre iniziò a
comporre articoli e racconti a scadenza quindicinale per il “Resto del Carlino”, diretto dal
suo estimatore Giovanni Spadolini. Alla fine dell’anno, la notte di Natale
9
, portò a termine
la stesura de Il fidanzamento, il suo quarto romanzo, anche questo dedicato all’analisi
della società veneta, ma focalizzato sulla piccola borghesia. Intanto cominciava a ricevere
i proventi delle vendite eccezionali del terzo romanzo, che decise di investire in un terreno
sulle pendici del Monte Berico a Vicenza, su cui costruì una villa da lui stesso progettata
insieme ad un amico architetto.
Nel marzo del 1956 Il fidanzamento fu
pubblicato dalla casa editrice Garzanti,
suscitando attenzioni e critiche sulla scia
del successo precedente. Intanto Parise
continuò il proprio lavoro di giornalista e
autore di racconti per giornali e riviste: in
particolare ricordiamo che in aprile iniziò a
scrivere su “Il Giorno” diretto da Gaetano
Baldacci, pubblicando un paio di articoli
ed il racconto Il consigliere comunale.
Nello stesso anno cominciò un proficuo
rapporto di consulenza con la casa
editrice Longanesi, in seguito alla
conoscenza del condirettore Mario Monti, e quivi, nel gennaio successivo, conobbe Nico
Naldini, con il quale strinse una lunga e sincera amicizia. Alla morte di Longanesi collaborò
alla stesura di un libretto commemorativo, dal titolo Me ne vado.
Il 29 agosto, a ventotto anni, sposò Maria Costanza Sperotti, accompagnato da
Comisso quale testimone; con la moglie si trasferì quindi a Milano, dove condussero una
vita legata ad una ristretta cerchia di amici
10
.
L’anno successivo, il 1958, fu dedicato alla stesura del nuovo romanzo,
parallelamente alla continua collaborazione con “Il Resto del Carlino”, su cui scriveva in
terza pagina, e con la Longanesi, dove nel febbraio entrò nel consiglio d’amministrazione.
Fra le pubblicazioni del 1958 rammentiamo quella del suo primo racconto, Una piccola
famiglia sul “Caffè” di maggio e del racconto lungo La moglie a cavallo su “Tempo
Presente” di novembre, dal quale l’anno successivo trarrà l’omonimo testo teatrale.
Il 3 gennaio 1959 terminò la stesura del quinto romanzo: Atti impuri
11
, pubblicato tre mesi
più tardi dalla Garzanti, col titolo Amore e fervore, conclusione dell’ideale trilogia dedicata
alla vita ed alla mentalità della società veneta.
7
Dalla lettera a Giovanni Commisso del 29 settembre 1954
8
Pubblicato il 15 gennaio.
9
Come si legge sull’ultimo foglio manoscritto della versione originale.
10
Fra questi Andrea Zanzotto ricorda Eugenio Montale, Guido Piovene, Virgilio Scapin ed il poeta Luciano
Erba (vedi Introduzione a G. Parise Opere).
11
Come risulta dalla data apposta dallo stesso Parise sull’ultimo foglio del manoscritto.
9
Si dedicò quindi ad un breve viaggio in Israele, al ritorno del quale trasse
dall’esperienza l’articolo L’ultimo sabato di Israele, pubblicato sul numero di aprile
dell’”Illustrazione Italiana”, diradando intanto le collaborazioni al “Corriere delle
Informazioni” ed al “Resto del Carlino”, e dedicandosi al riposo con una vacanza estiva a
Capri
12
.
Gli anni Sessanta, fra viaggi e successi letterari.
Nel corso del mese di febbraio del 1960 Parise intraprese un lungo viaggio prima
nei Paesi dell’Est, da Vienna a Budapest, verso Mosca e Leningrado, che rievocò in una
serie di articoli per “Settimo giorno” e il “Corriere d’informazione”
13
. In aprile decise di
trasferirsi con la moglie a Roma, dando una svolta decisiva alla propria vita: nella grande
città ritrovò il calore del clima e delle amicizie, conoscendo e frequentando Moravia, Elsa
Morante, Gadda, La Capria, Sandro Penna, Pasolini e la Ginzburg.
Dopo un periodo a San Salvatore in Lauro lo scrittore e la moglie si trasferirono, nel
1961, in un appartamento a Monte Mario, diventando vicini di Gadda: fu un periodo felice
per Parise, che scriveva a Comisso “Freneticamente vivo tutto ciò che avevo voglia di
vivere e che Milano mi aveva soffocato, ossia la fantasia. Ozio […] m’intano in questa
Roma di papi e topi […] m’imbuco nelle baracche e nelle stradine, guardo le nuvole […]
vivo insomma intensamente i giovani anni che restano nel modo che mi è congeniale,
nell’estro e nel disordine dell’avidità, nel sogno e nell’avventura”
14
.
Si dedicò ad alcune sceneggiature, collaborando con Mauro Bolognini alla stesura
degli adattamenti di Agostino di Moravia e Senilità di Svevo; poi con Federico Fellini per le
sceneggiature di Le tentazioni del dottor Antonio (episodio dall’impronta onirica di
Boccaccio 70) e del capolavoro 8 e ½. Prima della conclusione del 1961 si dedicò ad altri
viaggi: in Spagna e negli Stati Uniti d’America, che esplorò con Pierluigi Polidoro in lungo
e in largo alla ricerca di un soggetto per un film, e dove ebbe modo di incontrare Marilyn
Monroe
15
.
L’anno successivo fu segnato dal deterioramento del rapporto coniugale e dalle
assidue frequentazioni con Comisso, durante i soggiorni a Treviso dove si erano trasferiti i
suoi genitori; qui portò a termine la stesura dell’ Assoluto naturale, altra opera dedicata al
rapporto fra uomini e donne.
Nel gennaio 1963 il matrimonio di Parise con Mariola giunse ad un punto di rottura,
cui seguì la definitiva separazione in autunno; per fortuna il lavoro proseguiva bene:
finalmente il “Corriere della Sera” pubblicò l’elzeviro In ufficio, suo primo contributo al
giornale, con cui collaborò fino agli ultimi giorni di vita. Quanto al resto, dalla sua
corrispondenza conosciamo lo stato d’animo riflessivo che lo accompagnò nel corso
dell’anno: dalla sensazione di essere prigioniero di una vita insoddisfacente, “impiegato in
una seri di impegni, storie, pasticci”
16
, a quella di sentirsi come “un meteorite vagante nello
spazio matematico […] alla ricerca di desideri che non ho”
17
.
Il 1964 si aprì sulla falsa riga dei mesi precedenti: visse oziosamente, scrivendo
articoli per il “Corriere”, uscendo poco e meditando di trasferirsi a Treviso
18
. Ma il fato era
12
Come ricorda in una lettera a Commisso, in cui riflette sul proprio lavoro e sul futuro, pensando al
pèrossimo trasferimento da Milano a Roma o Venezia (cit. da Bruno Callegher nella cronologia inserita in
“Goffredo Parise – Opere”).
13
Si tratta di Questa è la Russia di Krusciov, parti 1, 2 e 3 pubblicate fra il 10 ed il 24 marzo 1960 da
“Settimo Giorno” e Un “impertinente” per le vie di Mosca, “Corriere d’Informazione”, aprile 1960.
14
Nella lettera del 17 gennaio 1961.
15
Come ricorda in Marilyn dolce libellula umana, “Corriere della Sera”, 2 gennaio 1983.
16
Dalla lettera a Gianna Polizzi del’8 dicembre.
17
Dalla lettera a Nico Naldini del 15 dicembre.
18
Vedi la lettera a Gianna Polizzi del 13 marzo 1964.
10
alle porte e in primavera la sua vita ebbe una svolta, grazie all’incontro con Giosetta
Fioroni, donna alla quale rimarrà legato tutta la vita. Con lei ricominciò ad uscire e a
frequentare artisti e pittori, fra cui Mario Schifano, facendo la conoscenza inoltre del
consulente a Roma della Casa Editrice Feltrinelli, Nanni Balestri. Decisamente rinfrancato,
nell’estate Parise riprese a scrivere, lavorando assiduamente alla stesura del nuovo
romanzo, Il padrone, che terminò prima della fine dell’anno. Il soggetto scelto è la società
moderna, criticata per la frenesia, l’abuso di tecnologie, il consumismo, l’omologazione e
l’assenza di valori che purtroppo la caratterizzano.
Nel mese di marzo del 1965 Parise pubblicò Il padrone presso la casa editrice
Feltrinelli, riscuotendo immediato successo (ricordiamo l’assegnazione del premio
Viareggio) e scatenando le ormai immancabili polemiche.
L’anno successivo Parise riprese i viaggi, dedicandosi ad un lungo itinerario
attraverso la Cina: come si evince dagli articoli riguardanti quest’avventura, che furono
pubblicati dal “Corriere della Sera” e poi raccolti nel volume Cara Cina
19
, egli si recò a
Shangai, Pechino, Nanchino, Canton e nei territori settentrionali, percorrendo parte della
Grande Muraglia.
Rientrato in patria, Parise seguì la ristampa del proprio racconto Gli Americani a
Vicenza (presso Scheiwiller), e ben presto prese a progettare un nuovo viaggio in oriente,
come sappiamo da una sua lettera a Naldini
20
.
L’anno 1967 si aprì con la pubblicazione presso Feltrinelli de L’assoluto naturale,
inedito dal 1962. In marzo mise in pratica il suo desiderio e viaggiò a lungo fra la
Thailandia, la Cambogia ed il Vietnam meridionale, diventando testimone diretto del
dolore, della povertà e della guerre che imperversavano in tali paesi. Frutto di questa
esperienza fu un diario di guerra, che uscì su “L’Espresso” dal 30 marzo al 16 aprile e fu
poi pubblicato in volume da Feltrinelli nell’ottobre successivo. Intanto, durante l’estate,
Parise partì per un altro viaggio, questa volta in compagnia di Giangiacomo Feltrinelli,
Valerio Riva, Rossana Rossanda e di un gruppo di giornalisti francesi, diretto a Cuba.
Purtroppo il ritorno in Italia fu funestato da due mesi di degenza ospedaliera, a causa di
malesseri e forti febbri di origini sconosciute.
Una volta tornato in salute, fu ripreso dall’irrefrenabile desiderio di viaggiare e
conoscere: così, durante la primavera dell’anno successivo, si recò a Parigi con Nanni
Balestrini per assistere ai movimenti giovanili. Siamo nel ’68, anno di cui ebbe “una
precisa sensazione: [...] di una rottura di continuità della cultura storicistica, o se si vuole
della cultura umanistica. E che ci fosse l’invasione dell’ideologia verbale […] che si
traduceva in nulla. Ricordo che andai a Parigi e mi resi conto che dietro a quel marasma,
apparentemente rivoluzionario, c’era il vuoto. Tanti intellettuali, anche comunisti, si
confusero e si persero dietro una specie di sogno romantico giovanile. E ancora si parla
del ’68 come di un anno di grande importanza storica, esagerando […] producendo
confusione e retorica”
21
. In estate, più precisamente nel mese di luglio, volò su un aereo
della Caritas in direzione del Biafra, paese profondamente martoriato dalla fame,
pubblicando poi una serie di discussi articoli di denuncia sul “Corriere della Sera”, in
seguito raccolti nell’opuscolo “Biafra” da Feltrinelli e inseriti nel 1976 in Guerre politiche.
Il 21 gennaio 1969 morì il caro amico Comisso, di cui Parise mantenne un vivo e
commosso ricordo, testimoniato dalla prefazione al Diario 1951-1964. Pochi mesi dopo
riprese a viaggiare, dedicando la primavera ancora all’oriente: da Pechino, dove ebbe
modo di assistere alle giornate cruciali del IX Congresso del Partito Comunista Cinese, ad
Hanoi, nel Vietnam settentrionale. Il resoconto venne pubblicato da “L’Espresso” nei mesi
19
Edito nel 19 da Longanesi.
20
Lettera del 6 settembre 1966: “…penso anche ad un altro viaggio in Oriente (Hanoi)…”.
21
In “Giorgio Amendola e Goffredo Parise a colloquio… La crisi del marxismo comincia nel ’68?”, incontro (a
cura di M. Pendinelli) registrato per il “Corriere della Sera”, 4 gennaio 1978.