1
Introduzione
La presente tesi nasce dalla volontà di comprendere quale sia il
livello di maturità delle funzioni di Gestione delle Risorse Umane in
relazione all’utilizzo di strumenti web 2.0, valutando quali sono le
applicazioni già presenti e quanto queste siano integrate nelle
funzioni, quali siano le prospettive future, qual è stato lo sviluppo
negli ultimi anni e come ha inciso e inciderà sulla struttura
organizzativa delle imprese. Il problema del paradigma 2.0 non si
limita semplicemente all’utilizzo di queste nuove applicazioni, ma
coinvolge aspetti molto rilevanti per la vita dell’organizzazione
come i modelli di Gestione delle Risorse Umane, la cultura
organizzativa, lo sviluppo di relazioni collaborative tra i lavoratori o
tra l’organizzazione e gli stakeholder. Inserire software collaborativi
nei processi aziendali, in particolare nei processi della funzione HR,
genera problemi di leadership e nuovi quesiti che per essere
governati al meglio necessitano di una riorganizzazione dell’intera
funzione secondo nuovi modelli.
Per rispondere a questi interrogativi ho suddiviso il lavoro in due
parti: innanzitutto ho svolto una ricerca bibliografica che mi ha
permesso di comprendere il livello di sviluppo della ricerca in
questo ambito; in secondo luogo ho svolto una indagine di
carattere empirico per completare il quadro e avere un confronto
diretto con esponenti del mondo imprenditoriale sui temi
precedentemente individuati, al fine di mettere in evidenza
eventuali discrepanze.
Il primo capitolo contiene una rassegna dei principali modelli di
Gestione delle Risorse Umane utilizzati dalla seconda metà degli
2
anni Ottanta sino ad oggi. Saranno trattati il modello di Michigan, il
modello di Harvard, il modello di New York, quello di Sonnenfeld, il
modello delle competenze, il modello evoluzionista, quello del
talento, sino ad arrivare al modello del valore di Ulrich al quale sarà
dedicato un maggior approfondimento per evidenziarne le
caratteristiche peculiari che lo rendono un ideale sostegno alla
struttura di Gestione delle Risorse Umane di tipo 2.0.
Il secondo capitolo è dedicato allo sviluppo della tecnologia
informatica e del rapporto tra questa e l’organizzazione al fine di
ripercorrere il sentiero che ha portato alla nascita del concetto di
Enterprise 2.0, del quale l’HR 2.0 ne è figlio. Il percorso inizia con il
business process reengineering – il quale rappresenta il primo
avvicinamento in chiave sistemica tra informatica e organizzazione
– mettendone in evidenza gli aspetti positivi e quelli negativi.
Successivamente la sezione prosegue con il knowledge
management, un secondo paradigma che utilizza la tecnologia per
migliorare la produzione e la circolazione della conoscenza come
presupposto per l’innovazione, vero elemento distintivo delle
imprese moderne. Molto spazio sarà dedicato alle problematiche di
implementazione del KM che vedono coinvolti a pieno titolo i
professionisti di Gestione delle Risorse Umane in quanto collante
tra l’architettura informatica progettata dalla funzione IT e i
lavoratori che sono i veri depositari della conoscenza. Il capitolo
prosegue poi con una panoramica del cosiddetto fenomeno web 2.0
indicandone le principali innovazioni tecniche, le ripercussioni che
queste hanno generato nei comportamenti dei consumatori e nella
cultura più in generale. Vedremo come le tecnologie sociali abbiano
abilitato comportamenti collaborativi che prima erano impensabili
riuscendo a dare centralità agli individui i quali assumono un ruolo
attivo nei processi divenendo l’elemento più rilevante per le
imprese che vogliono avere successo. Infine il capitolo si conclude
3
con un’approfondita descrizione del fenomeno Enterprise 2.0
analizzando i benefici che può generare e gli aspetti che lo
differenziano dal knowledge management rendendo indispensabile
un rinnovamento della funzione di Gestione delle Risorse Umane,
per l’appunto HR 2.0.
Con il terzo capitolo la tesi entra nel vivo dell’argomento grazie
all’analisi di alcune ricerche che mirano a comprendere quanto
siano utilizzati questi nuovi strumenti all’interno delle funzioni di
GRU. I dati analizzati permettono di fotografare il livello di maturità
dell’HR 2.0 al 2009 e al 2010 dandoci la possibilità di comprendere
quale sia il trend evolutivo del paradigma in Italia, quali siano le
opinioni espresse dagli HR manager e come si posizionano le
funzioni di GRU italiane rispetto a quelle statunitensi grazie alla
comparazione con l’ultima ricerca di Birkman.
Infine l’ultimo capitolo raccoglie opinioni, riflessioni e dubbi
espressi dagli HR manager presenti al workshop HR 2.0: la
Direzione Risorse Umane nel nuovo scenario competitivo, al quale
ho potuto partecipare. I dati emersi dall’incontro consentono di
ponderare i risultati delle ricerche analizzate precedentemente e
capire meglio quale sia il reale livello di coinvolgimento dei
professionisti HR rispetto al nuovo paradigma e quali sono i fattori
che impattano maggiormente sulla funzione spingendo i manager a
cercare nel paradigma 2.0 una possibile soluzione.
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Introduzione
La presente tesi nasce dalla volontà di comprendere quale sia il
livello di maturità delle funzioni di Gestione delle Risorse Umane in
relazione all’utilizzo di strumenti web 2.0, valutando quali sono le
applicazioni già presenti e quanto queste siano integrate nelle
funzioni, quali siano le prospettive future, qual è stato lo sviluppo
negli ultimi anni e come ha inciso e inciderà sulla struttura
organizzativa delle imprese. Il problema del paradigma 2.0 non si
limita semplicemente all’utilizzo di queste nuove applicazioni, ma
coinvolge aspetti molto rilevanti per la vita dell’organizzazione
come i modelli di Gestione delle Risorse Umane, la cultura
organizzativa, lo sviluppo di relazioni collaborative tra i lavoratori o
tra l’organizzazione e gli stakeholder. Inserire software collaborativi
nei processi aziendali, in particolare nei processi della funzione HR,
genera problemi di leadership e nuovi quesiti che per essere
governati al meglio necessitano di una riorganizzazione dell’intera
funzione secondo nuovi modelli.
Per rispondere a questi interrogativi ho suddiviso il lavoro in due
parti: innanzitutto ho svolto una ricerca bibliografica che mi ha
permesso di comprendere il livello di sviluppo della ricerca in
questo ambito; in secondo luogo ho svolto una indagine di
carattere empirico per completare il quadro e avere un confronto
diretto con esponenti del mondo imprenditoriale sui temi
precedentemente individuati, al fine di mettere in evidenza
eventuali discrepanze.
Il primo capitolo contiene una rassegna dei principali modelli di
Gestione delle Risorse Umane utilizzati dalla seconda metà degli
2
anni Ottanta sino ad oggi. Saranno trattati il modello di Michigan, il
modello di Harvard, il modello di New York, quello di Sonnenfeld, il
modello delle competenze, il modello evoluzionista, quello del
talento, sino ad arrivare al modello del valore di Ulrich al quale sarà
dedicato un maggior approfondimento per evidenziarne le
caratteristiche peculiari che lo rendono un ideale sostegno alla
struttura di Gestione delle Risorse Umane di tipo 2.0.
Il secondo capitolo è dedicato allo sviluppo della tecnologia
informatica e del rapporto tra questa e l’organizzazione al fine di
ripercorrere il sentiero che ha portato alla nascita del concetto di
Enterprise 2.0, del quale l’HR 2.0 ne è figlio. Il percorso inizia con il
business process reengineering – il quale rappresenta il primo
avvicinamento in chiave sistemica tra informatica e organizzazione
– mettendone in evidenza gli aspetti positivi e quelli negativi.
Successivamente la sezione prosegue con il knowledge
management, un secondo paradigma che utilizza la tecnologia per
migliorare la produzione e la circolazione della conoscenza come
presupposto per l’innovazione, vero elemento distintivo delle
imprese moderne. Molto spazio sarà dedicato alle problematiche di
implementazione del KM che vedono coinvolti a pieno titolo i
professionisti di Gestione delle Risorse Umane in quanto collante
tra l’architettura informatica progettata dalla funzione IT e i
lavoratori che sono i veri depositari della conoscenza. Il capitolo
prosegue poi con una panoramica del cosiddetto fenomeno web 2.0
indicandone le principali innovazioni tecniche, le ripercussioni che
queste hanno generato nei comportamenti dei consumatori e nella
cultura più in generale. Vedremo come le tecnologie sociali abbiano
abilitato comportamenti collaborativi che prima erano impensabili
riuscendo a dare centralità agli individui i quali assumono un ruolo
attivo nei processi divenendo l’elemento più rilevante per le
imprese che vogliono avere successo. Infine il capitolo si conclude
3
con un’approfondita descrizione del fenomeno Enterprise 2.0
analizzando i benefici che può generare e gli aspetti che lo
differenziano dal knowledge management rendendo indispensabile
un rinnovamento della funzione di Gestione delle Risorse Umane,
per l’appunto HR 2.0.
Con il terzo capitolo la tesi entra nel vivo dell’argomento grazie
all’analisi di alcune ricerche che mirano a comprendere quanto
siano utilizzati questi nuovi strumenti all’interno delle funzioni di
GRU. I dati analizzati permettono di fotografare il livello di maturità
dell’HR 2.0 al 2009 e al 2010 dandoci la possibilità di comprendere
quale sia il trend evolutivo del paradigma in Italia, quali siano le
opinioni espresse dagli HR manager e come si posizionano le
funzioni di GRU italiane rispetto a quelle statunitensi grazie alla
comparazione con l’ultima ricerca di Birkman.
Infine l’ultimo capitolo raccoglie opinioni, riflessioni e dubbi
espressi dagli HR manager presenti al workshop HR 2.0: la
Direzione Risorse Umane nel nuovo scenario competitivo, al quale
ho potuto partecipare. I dati emersi dall’incontro consentono di
ponderare i risultati delle ricerche analizzate precedentemente e
capire meglio quale sia il reale livello di coinvolgimento dei
professionisti HR rispetto al nuovo paradigma e quali sono i fattori
che impattano maggiormente sulla funzione spingendo i manager a
cercare nel paradigma 2.0 una possibile soluzione.
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Capitolo 1.
I modelli di Gestione delle Risorse Umane
Ogni azienda che voglia crescere, svilupparsi, evolvere nel mercato
di riferimento dovrà occuparsi di creare, mantenere e concludere
delle relazioni d’impiego. Infatti per raggiungere gli obiettivi
strategici prefissati, sia le piccole imprese sia le grandi
multinazionali devono avvalersi delle conoscenze, dell’esperienza e
del lavoro di soggetti terzi. Quindi le relazioni d’impiego si
presentano come delle relazioni sociali tra datore di lavoro e
lavoratore, le quali devono essere gestite in modo tale da generare
valore per entrambe le parti perché se da un lato è vero che le
imprese sono state considerate sin dall’inizio il soggetto forte in
grado di decidere autonomamente su temi quali ad esempio il
salario, gli orari di lavoro, le condizioni di lavoro, ecc… è altrettanto
vero che la posizione contrattuale dei lavoratori si è rafforzata
sempre più nel corso del tempo sino a diventare uno degli
stakeholder principali delle moderne organizzazioni aziendali
(Solari, 2004).
La Gestione delle Risorse Umane si occupa, quindi, di far
funzionare al meglio il rapporto tra questi due soggetti gestendo le
relazioni d’impiego e per fare ciò sono stati individuati nel corso del
tempo diversi modelli gestionali.
La prima teoria che si è occupata in modo approfondito dello studio
sul personale è quella del management scientifico che si sviluppa
negli anni tra la prima e la seconda guerra mondiale. Uno dei
massimi esponenti di questo filone di pensiero è Taylor il quale
riteneva importanti i lavoratori per il lavoro fisico che questi
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apportano nell’impresa. Per migliorare l’efficienza produttiva e
quindi diminuire i costi relativi alla manodopera è necessario
studiare in modo scientifico il comportamento dei lavoratori così
che si possano individuare le pratiche lavorative migliori (Solari,
2004). Quindi i processi devono essere razionali, suddivisi in
compiti specifici al fine di ridurre il tempo e i costi considerando il
lavoratore un macchinario produttivo piuttosto che una persona.
Anche se risulta ormai una teoria obsoleta, la teoria del
management scientifico va tenuta in considerazione perché nelle
imprese manifatturiere ha portato alla centralizzazione della
funzione del personale, alla formalizzazione dei ruoli, allo sviluppo
e raccolta dei dati riguardanti i lavoratori.
La visione attuale della Gestione delle Risorse Umane, quella che
più ci interessa ai fini di questa tesi, inizia a formarsi negli anni
Ottanta quando compaiono i primi modelli che vedono i lavoratori
come delle risorse umane da gestire innanzitutto come persone e in
seconda battuta come lavoratori. Possiamo quindi far iniziare l’era
moderna della funzione di gestione delle risorse umane con i
modelli di Michigan, di Harvard e di New York che rappresentano
ancora oggi i cardini di questa funzione. In seguito vedremo il
modello di Sonnenfeld, il modello delle competenze di Kamoche, il
modello evoluzionista, quello del talento e infine il modello di Ulrich
che considera la funzione di Gestione delle Risorse Umane in modo
più allargato e strategicamente rilevante.
1.1 Il modello di Michigan
Il modello di Michigan elaborato da Tichy e colleghi è un approccio
che può essere definito “hard” in quanto considera i lavoratori allo
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stesso modo delle altre risorse produttive utilizzate
dall’organizzazione. Secondo questa visione le persone devono
essere gestite in modo tale da raggiungere livelli massimi di
efficienza ed estrapolare da essi il massimo valore possibile come
se fossero dei macchinari produttivi, ricalcando quindi la logica di
base del management scientifico.
In accordo con questa visione, il modello prevede che le risorse
umane siano gestite in modo da rispondere al meglio alle esigenze
strategiche dell’azienda e quindi è importante che vengano
reclutate in modo economico, utilizzate al meglio e infine sviluppate
e sfruttate il più possibile (Solari, 2004).
Figura 1 Fonte: Business Process Management Journal, 2003. Pratiche
per la gestione dei lavoratori.
Per gestire i lavoratori, gli autori hanno individuato alcune pratiche
che i responsabili delle risorse umane devono progettare e
utilizzare correttamente:
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• selezione delle persone che meglio rispondono alle esigenze
dell’azienda;
• orientamento alle performance finalizzato a raggiungere
obiettivi specifici;
• monitoraggio e valutazione delle prestazioni in modo tale che
permettano di fornire feedback all’organizzazione e ai
lavoratori stessi;
• ricompense in relazione ai livelli di performance raggiunti;
• sviluppo delle attività e delle competenze necessarie per
raggiungere gli obiettivi di business.
Questo modello è stato criticato perché si basa su una logica troppo
razionale e meccanicistica che non tiene debitamente conto degli
aspetti psicologici e relazionali dei lavoratori. Inoltre la funzione di
Gestione delle Risorse Umane ha un ruolo assolutamente passivo
rispetto all’organizzazione.
1.2 Il modello di Harvard.
Beer e colleghi considerano l’agire della funzione di gestione delle
risorse umane secondo una prospettiva di sistema aperto che va ad
interagire con fattori interni ed esterni all’organizzazione e con le
esigenze dei vari stakeholder che ruotano attorno al sistema
impresa.
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Figura 2 Fonte: Solari, 2004.
È tuttora molto utilizzato e rappresenta il modello di riferimento per
la maggior parte dei sistemi di gestione delle risorse umane attuali.
Il pregio principale riguarda il fatto che la gestione delle risorse
umane viene inserita all’interno di una logica sistemica e quindi non
appare come una funzione isolata che agisce in modo reattivo alle
decisioni strategiche prese dalle altre funzioni. Rispetto al modello
visto in precedenza rappresenta un grande salto in avanti verso il
posizionamento in chiave strategica della funzione di GRU.
Il modello prevede quattro aree di intervento della gestione delle
risorse umane (Solari, 2004):
• Influenza dei lavoratori e quindi gestione dei livelli di
autorità, responsabilità e autonomia;
• Flusso delle risorse umane, quindi attività di reclutamento,
selezione, gestione delle carriere e uscita dall’organizzazione;
• Sistemi di ricompensa;
• Sistemi di lavoro.
Queste aree decisionali di GRU sono però influenzate dagli interessi
specifici – e talvolta divergenti – degli stakeholder che possono
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essere gli azionisti, i manager, la comunità locale, il Governo, i
sindacati e tutti quei soggetti che hanno interessi di qualche genere
nei confronti dell’organizzazione, ma anche da fattori contingenti
interni o esterni all’organizzazione quali le caratteristiche della
forza lavoro, la filosofia di gestione, il mercato del lavoro, ecc…
I risultati derivanti dalle politiche di gestione delle risorse umane
sono rappresentati dalle “quattro C”: commitment, misura
l’impegno dei lavoratori nelle attività che svolgono; competenza, si
lega alla formazione che deve fornire le competenze necessarie ai
lavoratori per svolgere al meglio il loro lavoro; coerenza,
rappresenta la capacità dell’impresa di coniugare necessità
divergenti che possono portare a conflitti dentro e fuori
l’organizzazione, ad esempio le necessità dei lavoratori e dei
manager; efficacia nei costi dal momento che i costi per il
personale rappresentano una delle voci di spesa più importanti
nelle aziende (Solari, 2004).
Successivamente Beer e colleghi individuano tre approcci di
gestione delle risorse umane: burocrazia, clan e mercato.
Ciascuno di questi approcci prevede un uso differente delle pratiche
di GRU finalizzato a raggiungere obiettivi specifici. Non sono dei
modelli alternativi, infatti possono coesistere all’interno della stessa
organizzazione ed essere gestiti in parallelo per rispondere meglio
alle esigenze delle diverse funzioni aziendali.
1.3 Il modello di New York
Il modello di New York, elaborato da Schuler e Jackson,
rappresenta una rielaborazione del modello di Michigan di Tichy e
colleghi.