Introduzione
La scelta di trattare la configurazione tuttala, è nata dalla volontà di affrontare in un‟ottica più
tecnica e scientifica quanto divulgato su di essa, sull‟aerodinamica e sui principi che la gover-
nano, da pubblicazioni specifiche ma non propriamente per gli addetti ai lavori.
Da quest‟ultime è risultato che l‟ala volante ha affascinato fin dal‟inizio tutti coloro che, in un
qualunque modo, potevano vantare un interesse nel mondo aeronautico; purtroppo le informa-
zioni relative a questa configurazione sono sempre risultate poche e scarse, in genere solo come
note a margine di testi universitari, in qualità di casi particolari delle leggi dell‟aerodinamica e
della meccanica del volo o, come “eccezioni che confermano la regola!”
Eppure anche Ludwig Prandtl, da tutti considerato il padre dell‟aerodinamica moderna, vi
dedicò uno studio teorico nel 1933; nonostante ciò, ancora oggi, sebbene si cominci a intravedere
un interesse maggiore verso l‟ala volante, le uniche pubblicazioni rimangono a carattere
divulgativo.
Per tali motivi, si è cercato di trattare l‟argomento da un punto di vista tecnico e scientifico,
analizzando le teorie e le idee che i più grandi assertori della formula tuttala elaborarono per
progettare e realizzare i prototipi e gli aerei che hanno contraddistinto la loro carriera.
Questo lavoro dopo che avrà dimostrato come il concetto dell‟ala volante sia stato presente nella
mente di vari costruttori, fin dai primordi dell‟aviazione, analizzerà in maniera approfondita i
pregi, i difetti e i principi della configurazione tuttala e attraverso le anatomie delle quattro
realizzazioni più importanti cercherà di stabilire perché oggi l‟ala volante dovrebbe essere
quanto mai attuale.
Tale lavoro si propone di far conoscere in maniera più approfondita, tecnicamente e scienti-
ficamente, questa affascinante configurazione e potrà essere il punto di partenza di uno studio
ulteriore e successivo che cercherà di colmarne le eventuali lacune.
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Premessa
Configurazione “Tuttala” o configurazione “Senzacoda”
Difficilmente può esser stabilito un confine netto, tra la configurazione tuttala e la configura-
zione senza coda, per classificare i numerosi progetti che rientrano tra queste categorie; nem-
meno tra gli esperti del settore vi è una comunione di vedute, se distinguere il “Tuttala” dal
“Senzacoda” od usare indistintamente l‟uno o l‟altro termine per la stessa tipologia di aereo.
Spesso la maggior parte dei progetti, essendo sperimentali, è costituita da schizzi che, evolvendo
da una configurazione all‟altra per le modifiche che includono, rendono difficile stabilire dei
confini netti [5].
Avendo rilevato una certa discordanza tra coloro che hanno trattato questo argomento, ho
ritenuto opportuno stabilire un criterio di classificazione che tenesse conto delle differenze e
delle peculiarità che si potevano rilevare dai velivoli giunti allo stadio operativo, per identificare
i connotati che distinguono una configurazione dall‟altra e classificare, di seguito, tutti i restanti
progetti: quelli rimasti allo stadio di schizzi, quelli non andati più in là del tavolo da disegno e i
prototipi. Non si può, infatti, parlare indifferentemente di tuttala e senzacoda, come se si
trattasse di due nomenclature che identificano la stessa categoria, vi sono infatti palesi
differenze che distinguono le due formule, come si può rilevare studiando la gran massa dei
progetti.
E‟ stato pertanto deciso d‟identificare con il termine “Senzacoda” quella categoria di velivoli
dotati di ali, di fusoliera o fusoliera parziale, d‟impennaggio verticale e privi dello stabilizzatore
orizzontale; questi aeromobili si differenziano da quelli convenzionali per la mancanza del
timone di profondità e, di conseguenza, la stabilità e l‟aerodinamicità non si discostano molto
dall‟architettura generale, anche se presentano alcuni problemi affini al Tuttala; tipici di questa
categoria sono il Messerschmitt Me 163 Komet di Alexander Lippisch e l‟aereo sperimentale
statunitense Northrop X-4 di Jack Northrop [5] [11].
Il Tuttala puro, per contro, è costituito solamente e unicamente da un ala che racchiude al suo
interno i motori, il pilota e i serbatoi; priva perciò di qualsiasi appendice, d‟impennaggio verti-
cale e di timone, riducendo così al minimo le sporgenze e di conseguenza la resistenza.
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L‟abitacolo, in alcuni progetti, tende ad essere integrato nel bordo d‟attacco, fino a far assumere
al pilota una posizione prona.
L‟ala volante quindi, definita anche “ala abitabile”, presenta tutta una serie di problematiche a
livello aerodinamico e di stabilità derivanti dall‟assenza della coda e delle sue superfici di
comando, che verranno analizzate successivamente. A tale categoria, oggetto di questo studio,
appartengono i velivoli B-35/B-49, B-2 e Ho 229, gli unici giunti allo stadio operativo.
Velivolo Tuttala o ala volante Ho IX V2 [1]
Velivolo Senzacoda Me 163 [9]
Velivolo Senzacoda Northrop X-4 [11]
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Capitolo 1
Breve storia della configurazione tuttala
Fin dai primordi dell‟aviazione, i progettisti si sono sempre posti il problema di ridurre quanto
più possibile la resistenza che un velivolo incontra nel suo moto all‟interno dell‟aria, a causa
della natura viscosa della stessa, nella ricerca spasmodica di ottenere sempre più alte velocità e
minori consumi.
Osservando l‟ambiente naturale, la forma a minor resistenza per il volo e quindi più adatta a
economizzare al massimo le energie, prevede la configurazione “tuttala” come dimostrano i
pipistrelli e gli uccelli che ad essa possono essere assimilati. Tali animali non hanno bisogno di
piani stabilizzatori, né di timoni di direzione per volare efficacemente e soprattutto negli uccelli
la coda assume le stesse funzioni di un grande flap [5].
Molti progettisti giunsero al concetto che l‟unica cosa veramente necessaria per volare fosse l‟ala
ed ebbero l‟idea di eliminare tutto ciò che non contribuiva alla “portanza”, arrivando al concet-
to dell‟“ala abitabile, cioè un aeromobile costituito unicamente dall‟ala che accoglieva al suo
interno pilota, unità propulsive e carico utile.
La sperimentazione con aeromobili tuttala cominciò nel 1908 con il progetto dell‟ETRICH
TAUBE del costruttore Igor Etrich[5], appena cinque anni dopo lo storico volo dei fratelli
Wright, per arrivare a quel condensato di tecnologia che è il Northrop B-2. I primi progetti, di
cui si ha notizia, tutti del decennio 1910-19, erano ispirati anche ad un altro elemento naturale:
il seme volante della Zanonia Macrocarpa, una pianta i cui semi sono delle vere e proprie “ali
volanti vegetali” in grado di poter “volare” e spostarsi usando le correnti d‟aria.
Agli inizi degli anni venti si passò alla configurazione Tuttala a freccia; risalgono infatti a questi
anni i progetti dell‟inglese Hill con i suoi PTERODACTILUS[5], mentre con l‟avvento degli
anni trenta i paesi che maggiormente contribuirono allo sviluppo di questo particolare
aeromobile, furono la Germania, con Alexander Lippisch e i fratelli Horten, gli Stati Uniti, con
John“Jack” Knudsen Northrop e, in misura minore data la scarsa intelligenza delle autorità del
tempo, l‟Italia con l‟ing. Piana-Canova e l‟ing. Ciro Lamanna[5][27]. Tutti questi progettisti,
convinti assertori della formula non convenzionale sopradetta, studiarono le problematiche
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inerenti all‟ala volante, risolvendole con più o meno successo e riuscendo a portare in volo i
prototipi spesso costruiti in proprio. Durante il loro lavoro incontrarono non solo difficoltà
tecniche a causa dalla particolare configurazione, ma anche ostracismo da parte del mondo
accademico e, nel caso di Jack Northrop, del mondo economico e militare[5] [11] [24] [25].
In Germania solo il Dr. Alexander Lippisch godette di appoggio, sia in campo accademico sia da
parte del DVL (Istituto per lo studio dell‟aerodinamica tedesco), ma non arrivò mai alla forma
pura dell‟ala volante. Nei suoi progetti sperimentò varie soluzioni, passando dagli schermi
d‟estremità piegati verso il basso ad un‟ala i cui profili alari da convessi e molto spessi alla
radice, si fanno sempre più sottili e montati capovolti all‟estremità, fino ad installare un timone
di direzione in fondo ad una cortissima fusoliera (Me 163) [5] [9] [10]. Mentre i fratelli Horten
non solo non ebbero alcuna possibilità di svolgere ricerche nella galleria del vento del DVL, né
alcun appoggio dal mondo accademico, ma furono osteggiati anche dal Prof. Prandtl, quando gli
esposero la loro teoria sulle ali a freccia svergolate per ottenere un Tuttala efficiente[4].
Nonostante ciò proseguirono nel loro intento, costruendo sotto casa tutti i prototipi per
sperimentare le proprie idee, tanto che lo stesso Professore, alla fine dovette ricredersi. Prandtl,
infatti basandosi sulle prove in galleria del vento, sosteneva che un aereo senza coda non potesse
stallare senza incidenti, ma tale sua opinione crollò quando assistette alla dimostrazione delle
doti di volo dell‟aliante Horten H IIId.
I due fratelli furono anche gli unici a riuscire a soddisfare, con il loro H IX, poi designato Ho
229, le specifiche del Comando dell‟Aviazione Tedesca “100010001000”, emanate da Göering,
durante la II Guerra Mondiale[da 1 a 9] [22], per un caccia-bombardiere che volasse a 1000
Km/h, per 1000 km in territorio nemico e portasse una bomba di 1000 kg; specifiche che furono
considerate irrealizzabili dai più grandi costruttori tedeschi di allora, compreso Lippisch.
Gli Horten successivamente disegnarono tutta una serie di progetti di velivoli ad uso militare
che, per il precipitare della situazione della guerra, non riuscirono a realizzare; come ali volanti
per prestazioni supersoniche a forte freccia, bombardieri a lungo raggio inquadrati nella
specifica Amerika Bomber e un‟ala volante da 70 tonnellate esamotore prevista in due versioni
(sia come galleria del vento volante, sia come ala passeggeri) [6] [7] [9] [10][23].
Negli Stati Uniti, contemporaneamente Jack Northrop studiava lo stesso problema incon-
trando le medesime difficoltà e, ottenuto il contratto per il B-35/B-49 durante la guerra, in
seguito venne boicottato dagli ambienti militari.
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Perfino in campo civile le compagnie aeree osteggiarono il suo progetto per un ala volante
passeggeri da 80 posti, poiché le sue idee erano troppo innovative e anticonvenzionali.
Il grande Jack era in anticipo sui tempi ma con il passare degli anni la sua filosofia poté essere
riscattata pienamente, come dimostra il B-2 Spirit, attuale bombardiere di punta dell‟aviazione
statunitense [11] [12].
In Italia Ciro Lamanna e Piana-Canova incontrarono, addirittura, ancora più difficoltà: i
progetti del primo non andarono oltre un modello in balsa per le prove in galleria del vento ed
un simulacro a grandezza naturale, mentre quelli del secondo vennero realizzati in forma di
prototipi che, dopo gli ottimi risultati in volo, andarono persi in incidenti a terra. Il loro
costruttore, dopo averli realizzati a spese proprie, non poteva sostenerne anche la riparazione e
furono rottamati dietro ordine del Ministero dell‟Aeronautica che non li considerava degni di
essere riparati [5] [27].
Oggi diversi Tuttala volano con ottime caratteristiche basandosi sui principi formulati negli
anni trenta del secolo scorso; tra le realizzazioni più riuscite si possono annoverare il B-2 Spirit,
che Jack Northrop non vide mai volare, lo Schapel SA-882, e il Pul 9 e il Pul 10, che
rappresentano i due velivoli più riusciti di Horten, nati dall‟aver continuato il proprio lavoro
sulle ali volanti quando si trasferì in Argentina nel dopoguerra [4][5]. Gli ultimi tre velivoli,
appartenenti alla categoria degli aerei da turismo, essendo dei tuttala puri non necessitano di un
timone verticale per il controllo direzionale e quindi costituiscono la migliore testimonianza
della validità delle idee di Horten e della sua prolificità.
Schapel SA 882 PUL 10
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Capitolo 2
Considerazioni fondamentali sulle teorie delle ali volanti Horten
L‟aerodinamica nonché l‟esame delle forze e dei momenti agenti su di velivolo in configurazione
“Ala volante” o “Tuttala”, pur potendo sembrare semplificati rispetto ad un aereo convenziona-
le, risultano invece più complessi poiché devono soddisfare contemporaneamente requisiti spesso
contrastanti tra loro.
Le differenze principali tra un aeromobile tradizionale e un Tuttala, dalle quali derivano sia le
problematiche della particolare formula sia i suoi vantaggi, sono determinate dall‟assenza,
nell‟Ala volante, del piano stabilizzatore, del timone di direzione e della fusoliera. Tali disposi-
tivi infatti, sui velivoli convenzionali, equilibrano il sistema di forze agenti lungo gli assi longitu-
dinale, d‟imbardata e di rollio, durante tutte le manovre dell‟inviluppo di volo; nell‟ala volante
l‟assenza di queste appendici e delle forze d‟equilibrio da esse generate deve essere risolta tramite
soluzioni alternative, in aggiunta a ciò la mancanza della fusoliera obbliga a creare all‟interno
dell‟ala stessa lo spazio necessario al carico utile [16] [17] [18] [19].
Normalmente un aereo possiede una certa stabilità longitudinale statica e dinamica quando, in
seguito ad una rotazione accidentale, il velivolo risponde con un momento di segno opposto
tendente a riportarlo, con oscillazioni smorzate di breve periodo, nella condizione di volo
primitiva e questa qualità è particolarmente importante in presenza di raffiche. Quindi ad una
variazione d‟incidenza casuale non si ha un aggravarsi del fenomeno, bensì una correzione della
stesso in modo autonomo; ad esempio ad un aumento d‟incidenza l‟aeromobile longitudinal-
mente stabile, risponde con un momento picchiante tendente a far abbassare il muso del
velivolo, mentre quello instabile risponde con un momento cabrante che tende ad aumentare
l‟incidenza fino a determinare lo stallo dell‟ala. Da questa condizione inoltre, l‟aereo stabile esce
autonomamente abbassando il muso per riacquistare velocità e portanza, mentre il velivolo
instabile aggrava ulteriormente la situazione giungendo a scivolare di lato per entrate in una
vite da cui difficilmente ne esce.
Poiché, di solito, nelle costruzioni aeronautiche si utilizzano profili portanti con C negativo nei
m0
quali la posizione del centro di gravità, o baricentro, è posteriore al centro aerodinamico, per ga-
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rantire la stabilità longitudinale è necessario applicare un piano stabilizzatore di coda ben lon-
tano dal baricentro del velivolo; in tal modo grazie al momento creato dalla deportanza dello
stabilizzatore, il centro di gravità si sposta davanti al fuoco o centro aerodinamico.
Capita però, che il baricentro del velivolo possa spostarsi durante il volo, da una posizione
davanti al fuoco dell‟ala ad una dietro di esso, da ciò scaturisce la necessità che il piano
stabilizzatore possa assumere sia una funzione deportante, sia una funzione portante, allo scopo
di conservare la stabilità longitudinale.
La distribuzione di portanza delle ali, infine, deve essere quanto più possibile vicina alla
distribuzione di portanza ellittica o ELD, come teorizzò Prandtl, per minimizzare la cosiddetta
resistenza indotta, determinata dalla generazione dei vortici d‟estremità che dissipano energia.
Tali vortici si formano a causa del differenziale di pressione che esiste tra il dorso e il ventre di
un‟ala che, se di apertura finita, tende alle sue estremità a far defluire il flusso a pressione più
alta del ventre, nella zona a pressione più bassa del dorso [4][5][16] [17] [18] [19].
La distribuzione ellittica garantisce il valore minimo di questa resistenza indotta poiché la
portanza, in virtù della particolare pianta alare ellittica, diminuisce gradualmente verso le
estremità riducendo, nel contempo, il valore del differenziale di pressione e minimizzando quindi
la formazione dei vortici. Pur considerata ideale, questa distribuzione è accompagnata però da
un effetto negativo: l‟inversione degli alettoni che, se azionati, generano un momento che
contrasta con la direzione voluta della virata; ad esempio, volendo effettuare una virata a
destra, l‟alettone relativo si alza, riducendo la portanza e la resistenza sull‟ala, che si abbassa,
mentre l‟alettone di sinistra si abbassa, provocando un aumento di portanza accompagnato da
un aumento di resistenza sull‟ala che si alza; si genera così un momento imbardante opposto alla
direzione della virata che deve essere contrastato con l‟azione del timone di direzione.
In sintesi un aereo, per poter volare in sicurezza, necessita di un piano stabilizzatore, di una
fusoliera e di un timone di direzione oltreché, ovviamente, di un‟ala o almeno questa è l‟opinione
della maggior parte dei costruttori di aeromobili [4][5][16][17][18][19]. Pochi tra essi in passato,
non condivisero tale assunto e, sostenendo che l‟unica cosa veramente necessaria per volare fosse
l‟ala, cercarono di risolvere i problemi intrinseci eliminando tutte le appendici che non
contribuivano alla portanza.
La maggior parte dei progettisti che si cimentarono con tali problematiche, si vide costretta a ri-
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