anche alla distribuzione e all’esercizio, la cui parola d’ordine è
digitalizzazione. L’importanza della pellicola per il cinema del XX secolo è
indiscussa, testimoniata anche dalla metonimia film, per indicare le opere
che nella pellicola hanno la loro codifica e conservazione. Tuttavia, questo
supporto potrebbe essere definitivamente sostituito dal trattamento digitale
di immagini e suoni, caratterizzato da manipolabilità, possibilità di
conservazione virtualmente infinita, facilità di accesso.
In un articolo del 1997, la rivista Wired ha dato a questa potenziale
evoluzione dell’industria cinematografica il nome di Hollywood 2.0.
Throughout the 20th century, filmmaking evolved from a nascent industry
into a centralized system of stars, studios, and theaters reaching into
neighborhoods around the country and the world. Call it Hollywood 1.0.
Today, new techonolgies are exploding this old model and transforming
all aspects of moviemaking – from how films are financed, produced and
distributed to ultimately how they are enjoyed. We’re watching the birth of
Hollywood 2.0.
382
L’espressione Hollywood 2.0 è stata mutuata dall’ambito informatico, nel quale si è
soliti indicare le successive evoluzioni o perfezionamenti di un software con il nome
commerciale, seguito da numeri progressivamente crescenti (2.0, 3.1, eccetera).
Talvolta, le nuove versioni non differiscono dalle precedenti se non per dettagli di
modesta entità, e il loro lancio può essere giustificato più da considerazioni di
marketing che da un effettivo upgrading dei contenuti. Spesso, le versioni aggiornate di
un prodotto software rendono obsolete le precedenti: quanto viene realizzato con il
software, poniamo, 6.0 non risulta compatibile con le versioni 5.0 o precedenti.
383
Un
analogo problema si può verificare con l’hardware: sistemi operativi o programmi più
382
James Daly, Hollywood 2.0, Wired magazine, November 1997
(http://hotwired/lycos.com/collections/film_special_effects/5.11_hollywood_pr.html)
383
Non intendiamo, in questa sede, riferirci a prodotti software esistenti; tuttavia, chiunque abbia un
personal computer si è sicuramente trovato almeno una volta nella situazione di cui stiamo parlando.
complessi dei precedenti non “girano” sui modelli di computer non abbastanza
aggiornati e potenti. In questo caso, non si tratta sempre di innovazioni desiderabili,
poiché, a fronte di un modesto miglioramento delle prestazioni, è necessario adeguare il
proprio sistema e le proprie competenze ai nuovi strumenti a disposizione.
A questo punto, la metafora che abbiamo mutuato da Wired appare chiara, e contiene in
nuce la domanda che è alla base della nostra ricerca: l’applicazione di tecnologie
informatiche alla produzione cinematografica, che molti hanno già chiamato rivoluzione
digitale, possiede realmente un carattere rivoluzionario? Oppure si tratta soltanto di
un’iniziativa di marketing per il lancio di un vecchio prodotto parzialmente
rimaneggiato?
Le questioni aperte, che ci proponiamo di analizzare in questa ricerca, sono il risultato
di questo cambiamento sul prodotto filmico offerto allo spettatore, e il suo effetto sulla
struttura dell’industria. Tornando alla metafora utilizzata, appare evidente che,
qualunque sia la reale portata dell’innovazione sui contenuti e sull’industria, essa
richiederà un parziale o totale rinnovamento dell’hardware e una sostanziale
riqualificazione di molte professionalità.
Lo scopo di questa tesi è quindi capire se il digitale possa davvero dare una scossa
rivoluzionaria alla logica dell’industria cinematografica, dominata dal sistema
hollywoodiano, o se, invece, Hollywood 2.0 non sia altro che una versione parzialmente
rinnovata delllo stesso software cinematografico in uso da un secolo a questa parte.
Nel corso della ricerca, abbiamo cercato di non lasciarci influenzare da quanti
decantano acriticamente le magnifiche sorti e progressive della digitalizzazione,
applicata a qualsiasi ambito economico e culturale, ma di mantenere la massima
obiettività possibile: per alcune delle fonti utilizzate, è stata necessaria una vera e
propria opera di interpretazione, per separare il contenuto informativo dalla componente
puramente propagandistica. In molti casi, per una corretta comprensione delle
problematiche in gioco, è stato inoltre necessario acqusire una competenza tecnica di
base sull’argomento.
Il nostro studio si è concentrato sul settore della produzione, senza approfondire gli
effetti dell’innovazione digitale sulla distribuzione e sull’esercizio cinematografico.
Nel primo capitolo abbiamo esposto brevemente i principali concetti di economia del
settore cinematografico, ponendo l’accento sul rapporto dialettico tra il cinema come
manifestazione artistica e la sua componente industriale, e sottolineando la sua
importanza sociale e culturale nel secolo appena trascorso.
Il cinema è un’arte
strettamente legata all’industria, vincolata al rispetto di previsioni economiche e al
conseguimento di risultati. Il funzionamento di questa fabbrica di sogni implica
movimenti di denaro, organizzazione di risorse produttive, e concorrenza all’interno di
un mercato: in altre parole, una dimensione economica che gli strumenti dell’economia
d’impresa possono aiutare a comprendere.
Si è poi analizzato il rapporto tra cinema e innovazione, con una particolare attenzione
all’introduzione del cinema sonoro: il sonoro è stato infatti, almeno sinora, la più
significativa innovazione tecnologica della storia del cinema. L’analisi degli effetti
dell’innovazione sonora sulle pratiche produttive, sulle professionalità e sulle dinamiche
competitive del settore cinematografico, è un utile punto di riferimento e confronto per
stabilire quale sia l’impatto, sullo stesso sistema, della rivoluzione digitale.
Anche un’innovazione decisiva come l’introduzione del sonoro non riuscì a scalfire,
anzi consolidò, la posizione dominante dell’industria americana a livello internazionale.
Lo stesso mercato americano continuò ad essere controllato da un ristretto oligopolio
sorprendentemente stabile. Nella fase di transizione al sonoro si verificò una sola
entrata, quella della RKO, nel gruppo delle major: quasi tutte le società protagoniste
dell’industria cinematografica negli anni ’20 lo sono tuttora.
La rivoluzione sonora ebbe un impatto dirompente a livello microscopico, sulle
professionalità e sui processi di produzione cinematografica, sul comparto
dell’esercizio, e sulle modalità espressive consolidate dal cinema muto, mentre
l’oligopolio che dominava il settore a livello mondiale superò indenne la tumultuosa
fase di transizione al nuovo modello tecnologico.
Nel terzo capitolo abbiamo considerato il linguaggio cinematografico, chiedendoci se la
possibilità di trattamento digitale delle immagini in movimento sia destinata a
modificare in modo radicale e definitivo il prodotto comunemente inteso come film.
Dopo avere dato un inquadramento storico del rapporto tra il cinema e i media digitali,
abbiamo fatto riferimento a un modello di analisi dell’applicazione di strumenti
informatici alla produzione artistica e culturale: si è mostrato come, anche nel cinema,
sia necessario attraversare diverse fasi per arrivare ad un uso maturo del mezzo. Si è poi
cercato di comprendere quali aspetti del linguaggio cinematografico possano essere
influenzati più profondamente dalla logica digitale, discutendo alcuni esempi di
sperimentazione delle opportunità espressive legate ai nuovi media.
L’analisi così condotta ha evidenziato che, da un punto di vista espressivo e linguistico,
il cinema digitale non è semplicemente una nuova modalità per la produzione e la
manipolazione di immagini in movimento: al contrario, può costituire una sfida
all’identità stessa del mezzo cinematografico.
Dopo avere chiarito l’impatto del digitale sul prodotto filmico, ci si è
concentrati sul processo produttivo, cercando di stabilire quali aspetti della
tradizionale lavorazione cinematografica siano stati o possano essere
maggiormente influenzati dall’applicazione di strumenti informatici e dalla
digitalizzazione delle immagini.
Abbiamo analizzato le fasi della produzione di un prodotto
cinematografico, mettendo a confronto le tecniche tradizionali di
lavorazione, basate su procedimenti chimico-ottici, con le tecniche di
trattamento digitale di suoni e immagini.
Per quanto riguarda le tecnologie di elaborazione del sonoro, lo standard
dell’industria si è convertito rapidamente all’uso di strumenti digitali,
garanzia di maggiore efficienza e controllo, associata ad un elevato
standard qualitativo. Il processo di adozione del digitale nelle altre fasi
della produzione è invece più lento e controverso, sia per questioni di
qualità tecnica, sia per il diverso status culturale associato alla riproduzione
analogica delle immagini. Per il momento, il digitale ha conquistato la fase
di montaggio, ed è subentrato al 16mm come standard di ripresa delle
produzioni indipendenti. Lo standard delle produzioni cinematografiche
medie è ancora rappresentato da ripresa in pellicola, postproduzione in
digitale e ritorno su pellicola per la distribuzione.
Sono stati considerati i cambiamenti pratici e di professionalità che
occorrono nelle diverse fasi di lavorazione, ma la natura di prototipo del
prodotto cinematografico rende complesso stabilire se le tecnologie digitali
conducano ad un risparmio nei costi, in particolare in questa fase di
transizione. Fino a quando il digitale non sarà il procedimento standard di
ripresa e distribuzione cinematografica, i colli di bottiglia produttivi e
distributivi dovuti alla compresenza del sistema analogico renderanno
difficile una corretta valutazione dei costi. Oggi, l’indiscutibile vantaggio
del digitale risiede nell’enorme controllo dei risultati garantito agli autori, a
qualsiasi livello di budget.
L’analisi teorica svolta nel quarto capitolo è stata supportata dall’esame, nel capitolo
successivo, di alcune produzioni cinematografiche legate all’uso di tecnologie digitali:
si è cercato di fotografare la situazione attuale, tenendo conto dei diversi gradi di
impegno produttivo.
Abbiamo descritto l’attività delle due società leader nel campo dell’animazione digitale,
accennando brevemente al fenomeno dell’animazione per la Rete; sono state inoltre
considerate alcune imprese, statunitensi ed europee, specializzate nella produzione di
effetti speciali. Abbiamo esaminato con maggiore dettaglio due recenti produzioni
italiane che hanno utilizzato tecnologie digitali: Denti di Gabriele Salvatores, premiato a
Venezia con una menzione speciale per gli effetti visivi, e Honolulu Baby, di Maurizio
Nichetti, il primo film italiano ad avere realizzato in digitale l’intero processo di
postproduzione. Si è infine analizzato l’uso del digitale nelle produzioni indipendenti,
considerando come esempio i film del movimento Dogme 95.
In alcuni capitoli abbiamo distinto tra animazione digitale e creazione di
effetti visivi digitali: è importante precisare che a questa distinzione, pur
necessaria a scopo espositivo, non corrisponde una reale divisione, né nella
teoria del cinema digitale, né nella pratica economica.
Dal punto di vista teorico, infatti, cosa distingue il dinosauro protagonista
dell’ultima superproduzione Disney da uno dei bestioni di Jurassic Park,
essendo entrambi fatti di bit e costruiti all’interno del computer? Quanto
alla produzione, se una società come la Pixar realizza esclusivamente film
in computer animation, la maggior parte delle case americane ed europee
producono sia effetti di animazione 3D per il cinema e la pubblicità, sia
filmati interamente digitali.
384
Il criterio che ci ha guidato nella scelta dei casi da analizzare, oltre alla loro rilevanza
intrinseca nel panorama del cinema digitale, è stato soprattutto la possibilità di ottenere
le informazioni direttamente dai protagonisti. Il materiale di questo capitolo è tratto per
la maggior parte da interviste o incontri pubblici con produttori, registi e tecnici, cui si
farà riferimento di volta in volta. Per un elenco completo delle persone contattate, si
rimanda all’Introduzione di questa tesi.
Nell’ultimo capitolo abbiamo cercato di trarre alcune conclusioni sugli
effetti della tecnologia digitale nel settore della produzione
cinematografica, anche alla luce del confronto con il caso del sonoro.
In base all’analisi svolta, si può affermare che le tecnologie digitali siano
una fonte di mutamenti numerosi e significativi per la produzione
cinematografica.
384
Un mercato molto vasto per l’animazione 3D è quello dei filmati per i parchi a tema; per il momento,
soltanto due società hanno realizzato lungometraggi interamente digitali usciti in sala.
Cambia profondamente il linguaggio del cinema, nella sua forma
tradizionale del lungometraggio narrativo di finzione. Le immagini in
movimento, che continuino o meno a chiamarsi film, perdono il carattere di
analogon della realtà, a favore della creazione digitale di personaggi e
scenari il cui unico vincolo è nell’immaginazione del loro ideatore. Le
mutazioni del linguaggio cinematografico si manifestano nei concetti di
spazio, tempo e soggettività, trasformati dal trattamento digitale: lo spazio
diventa virtuale, il tempo perde la sua sequenzialità fondante in favore
dell’accesso casuale, la posizione di spettatore confina sempre più con
quella di giocatore.
Anche il processo produttivo è destinato a cambiare profondamente, in
quanto la digitalizzazione fa perdere di significato a molte delle distinzioni
tradizionali tra le fasi di lavorazione: quest’ultima si trasforma in un
processo fortemente integrato, nel quale le riprese non sono
necessariamente un momento decisivo. Cade, a livello sia concettuale sia
professionale, la distinzione tra cinema dal vero e cinema di animazione,
entrambi soggetti a manipolazioni virtualmente infinite, attraverso tecniche
in gran parte analoghe. Questo comporta, evidentemente, un sostanziale
cambiamento delle professionalità richieste nel settore della produzione
cinematografica: la capacità d’uso di strumenti digitali e informatici
diventa una competenza quasi indispensabile, subentrando alle tradizionali
tecniche di trattamento della pellicola cinematografica, basate su
procedimenti chimico-fotografici.
Cambiano, di conseguenza, le possibilità a disposizione dei filmmakers,
che sono in grado di ottenere, a fronte di un impegno economico più o
meno costante, risultati qualitativamente superiori, e di rendere concreti
progetti in precedenza inimmaginabili e visioni sinora inesplorate.
Le tecnologie digitali sono a disposizione anche di produzioni indipendenti,
o addirittura amatoriali, che possono offrire al mercato prodotti di qualità,
realizzati con mezzi estremamente contenuti rispetto al passato.
Il trattamento digitale dei dati assottiglia le differenze tra i diversi comparti
del settore dell’intrattenimento: emergono nuovi prodotti e formati, la cui
sopravvivenza dipende, comunque, dall’esistenza di una reale domanda e
dalla possibilità di diffusione presso un vasto pubblico.
Sebbene molti fattori chiave, come appunto la distribuzione dei film
cinematografici, rimangano sotto il controllo delle major, i potenziali
sviluppi futuri delle reti nella diffusione di prodotti audiovisivi potrebbero
essere il principale fattore di destabilizzazione del sistema industriale
esistente.
Il panorama contemporaneo della produzione cinematografica può,
pertanto, essere logicamente definito Hollywood 2.0, utilizzando questa
espressione per sottolineare la coesistenza di elementi di innovazione e di
continuità.
Il software cinematografico si sta senza dubbio rinnovando, e i
cambiamenti si manifestano in tutti gli aspetti della produzione,
scardinando molte delle forme di espressione e delle competenze
tradizionali. A livello microscopico, è davvero in corso una rivoluzione,
che travolgerà alcune delle forme espressive e dei ruoli del passato,
mantenendo costanti altri elementi, dai quali dipenderanno i futuri sviluppi
dell’arte cinematografica.
Tra i fattori costanti ci sarà, almeno per il momento, la struttura di base
dell’industria cinematografica, Hollywood, che grazie al controllo di
enormi risorse, segnatamente distributive, ci sembra in grado di superare le
sfide e di integrare coerentemente gli effetti potenzialmente dirompenti
dell’innovazione, proprio come è accaduto con il sonoro, negli anni Venti e
Trenta del secolo appena trascorso.
Sulla possibile evoluzione del cinema negli anni a venire abbiamo cercato,
con gli strumenti di analisi a nostra disposizione, di formulare alcune
ipotesi; quanto alla loro validità, ci permettiamo di rimandare il lettore alla
citazione riportata nell’intestazione di questo riassunto.
Il nostro auspicio è che, qualunque siano le posizioni di potere che si
consolideranno all’interno dell’industria, il cinema non perda la sua
capacità di trasmettere al pubblico le stesse emozioni provate oltre un
secolo fa dai suoi primi, increduli, spettatori, al Grand Café di Parigi.