6
cittadini italiani nei confronti dei “liberatori” americani incrementò
ulteriormente, nel secondo dopoguerra, la devozione nei confronti dei divi
hollywoodiani.
4
Ulteriore motivo di affermazione della rivista potrebbe essere il fatto che
questa si sia rivolta non tanto ad un pubblico circoscritto di critici ed
intellettuali, ma sia stata mirabilmente concepita come un periodico destinato
ad un insieme più vasto ed eterogeneo che accoglie anche un target popolare,
non particolarmente impegnato, in genere considerato bersaglio favorito dalla
“propaganda”. Il settimanale fornisce informazioni in sè di scarso peso
specifico, indiscrezioni riguardanti la vita mondana di Hollywood confinanti a
volte con la fantasia, ed è proprio quest’aspetto che lo eleva ad interessante
oggetto di studio rispetto ai rotocalchi specializzati dell’epoca. Come afferma
De Berti, «Hollywood rappresenta un eccellente esempio del ruolo di
connessione tra il mondo dello schermo e il mondo della vita svolto dai
rotocalchi cinematografici; è proprio attraverso queste riviste popolari che il
pubblico si sente vicino ai divi e ne può trarre consigli e suggerimenti per il
proprio comportamento».
5
Hollywood inizialmente appare perlopiù come un rotocalco di carattere
divulgativo privo di un'esplicita impostazione ideologica o politica. Tuttavia,
nonostante il materiale fotografico relativo al cinema americano sia dominante
e nonostante si dia grande spazio al divismo hollywoodiano, un sempre
maggiore interesse è riservato al cinema italiano soprattutto a partire dalla
seconda annata. Negli articoli pubblicati nel 1946, infatti, si manifesta
apertamente e maggiormente la volontà di difendere, migliorare ed esaltare la
produzione nazionale, rivendicandone i primati artistici.
Nella rivista è presente una sorta di rapporto amore/odio nei confronti di
tutto ciò che concerne la capitale cinematografica americana. Da una parte il
rotocalco offre un sistema iconografico imperniato da attraenti e voluttuose
attrici americane e giovani pin up girl, e dall’altra si parla del divismo
4
L’elemento caratterizzante delle riviste popolari italiane pubblicate nel 1938 fu «la scomparsa
brusca e totale delle fotografie e delle notizie riguardanti i divi americani»: Ibid., p.244.
Dunque Hollywood, ricca di un vasto apparato iconografico, soddisfa pienamente il “digiuno di
immagini” inferto dalla dittatura fascista.
5
Ibid., p. 402.
7
americano in termini leggermente sarcastici e irrisori, anche se neutralizzati
dalle impostazioni ironiche dei commenti. Per questa ragione, a volte, risulta
difficile delineare una precisa direttiva ideologica che rimanga costante e
coerente lungo il corso delle due annate.
Il cinema all’interno della rivista Hollywood è uno spettacolo che vive al
di là dei film, entrando in contatto con la cronaca incentrata sulla vita
sentimentale e affettiva dei divi, con la moda e con l’immaginario letterario di
massa attraverso la pubblicazione di novelle. In questa interazione reciproca tra
romanzi, novelle rosa e mondo divistico, si individua un magma in cui i codici
della rappresentazione e della realtà si confondono.
Il cinema americano nel 1945 è ancora lontano dagli schermi italiani e
tali articoli rappresentano dei “surrogati di film”. Hollywood viene
“raccontata” attraverso le rubriche del gossip, della cronaca rosa (Filo diretto,
La fiera del pettegolezzo, Dal diario intimo di.., Montaggio, Banco
d’assaggio), e le biografie dei divi (Vite di pellicola). La critica
cinematografica è marginale o pressoché inesistente. I collaboratori di
Hollywood, impossibilitati ad operare delle recensioni su film americani non
ancora giunti in Italia, ne pubblicano le sinossi, tratte principalmente dalle
riviste americane.
6
Nella seconda annata i soggetti dei film si sviluppano in
veri e propri romanzi rosa a puntate (I grandi film). La censura operata in Italia
durante il regime fascista nel 1938, e in seguito, la limitata importazione di
film hollywoodiani nell’immediato dopoguerra, sembrano dunque,
paradossalmente, aver incrementato e alimentato il desiderio represso di
cinema americano contribuendo ad una sua mitizzazione anziché ad un suo
contenimento.
La rivista, a grande formato, consta di otto pagine sino al numero
quarantadue della seconda annata, quando raddoppieranno a sedici, e
immancabilmente reca in copertina ampi primi piani di attrici e attori
americani, raramente italiani.
Nel passaggio a sedici pagine Hollywood utilizza lo spazio acquisito per
incrementare le biografie dei divi e le inchieste dedicate ad essi (Divi senza
6
Le trame sono pubblicate nelle rubriche I film della settimana.
8
sipario, Hollywood è così, Questa è Hollywood), e il prezzo di copertina
subisce una variazione passando dalle 15 alle 20 lire. Nella seconda annata, i
“cineromanzi” dei film americani si sostituiscono alle consuete novelle firmate
da articolisti italiani.
7
I soggetti dei film americani, romanzati alla stregua di
romanzi d’appendice ottocenteschi, occupano ben due fitte pagine e si snodano
in diverse puntate, pubblicate nell’arco di due o più numeri consecutivi. In
questo caso l’iconografia si limita ai primi piani degli attori principali e a
sporadiche foto di scena.
8
Tali “trame romanzate” erano probabilmente offerte
al pubblico italiano come “surrogati di film americani” e come anteprime
pubblicitarie. Avevano, inoltre, la funzione di rendere il cinema hollywoodiano
accessibile anche a chi, per ovvi e svariati motivi, non aveva la possibilità di
recarsi nelle sale.
9
Le numerose illustrazioni presenti nella rivista, che talvolta occupano
intere pagine, hanno lo scopo di rendere il tutto più realistico e di dare la
possibilità ai lettori di conoscere meglio gli ambienti, i vestiti, le pettinature e
gli atteggiamenti dei divi preferiti, per poterli magari imitare, contribuendo a
diffondere l’american way of life ancor prima dell’avvento del boom
economico in Italia. Dal punto di vista iconografico la nuova serie così
arricchita di sedici pagine sfrutta intere facciate per pubblicare foto a grande
formato, con tanto di cornice, inneggianti giovani pin up.
10
Tali illustrazioni,
recanti il titolo «Galleria di Hollywood», sembrano appositamente studiate per
il lancio delle giovani leve hollywoodiane. Negli ultimi numeri la redazione
controbatte, proponendo polemicamente alcune foto dedicate alle dive italiane
d’altri tempi, recante il titolo «Cinema con le rughe». Sono quindi pubblicate le
7
Per approfondimenti sui “cineromanzi” è utile consultare: Silvio Alovisio (a cura di),
Cineromanzi: la collezione del Museo Nazionale di cinema, Torino, 2007; R. De Berti, E.
Mosconi (a cura di), Cinepopolare. Schermi italiani degli anni trenta, numero monografico di
«Comunicazioni sociali», 4 ottobre-dicembre, 1998, pp. 615-631. E’ utile consultare, inoltre, il
Cap.V: Film e cineromanzi, citato in R. De Berti, Dallo schermo alla carta, Milano, Vita e
pensiero, 2000, pp. 67-85.
8
Saratoga Trunk, I grandi film, Hollywood, II (1946), n. 13, p. VIII.
9
Giuliana Muscio, Tutto fa cinema: la stampa popolare del secondo dopoguerra, in: V.
Zagarrio, Dallo schermo alla carta, Venezia, Marsilio, 1988, pp. 105-115.
10
Hollywood, II (1946), n. 52, p. XIII.
9
foto di «Maria Jacobini in La regina del carbone e nel film Il viaggio»,
11
Pina
Menichelli,
12
«Rina De Liguoro nel film La bella corsara».
13
Tutto ciò avviene in linea con la nuova tendenza ideologica di Baracco e
dei suoi collaboratori. Negli ultimi numeri del rotocalco, infatti, vengono
affrontati temi quali la ripresa dell’industria cinematografica italiana, ed è lo
stesso Baracco ad intervenire nei dibattiti affermando le proprie posizioni
all’interno della rubrica Copialettere. Il direttore di Hollywood comincia ad
impugnare le difese dell’industria nazionale, rispetto a quella egemone
statunitense, ed entra quindi in collisione con l’originaria caratteristica della
rivista: quella di promuovere e pubblicizzare il cinema americano.
Aspetti affascinanti quali l’alto tenore di vita degli attori statunitensi, il
lusso ostentato e i privilegi goduti dalle dive sono spesso evidenziati nelle
rubriche Hollywood è così, Divi senza sipario, Questa è Hollywood. Tali
servizi, spesso firmati da articolisti stranieri, tendono a diffondere
un’immagine quasi mitica della capitale cinematografica americana.
Hollywood diviene simulacro di un mondo anelato, una patria di sogni in cui
tutto è possibile:
E poiché la vita era come un sogno, figure di sogno sorsero nella bizzarra realtà di Hollywood:
i ristoranti, nati come funghi lungo le strade, presero forma di cappelli, di rospi giganteschi la
cui bocca era la porta di ingresso, piramidi, mappamondi.
14
Tuttavia gli articolisti italiani evidenziano, con brevi ma incisivi ed ironici
commenti, anche aspetti meno positivi quali i frequenti divorzi diffusi
all’epoca tra le coppie americane celebri (e perlopiù inesistenti in Italia),
dimostrando una certa continuità con la propaganda antiamericana del
fascismo. Persino l’improvviso desiderio di maternità delle dive americane
dell’epoca viene più volte ridotto al rango di semplice moda o di pura
operazione commerciale.
L’importanza delle rubriche di cronaca quali Filo diretto risiede non
tanto nella notizia in sé, riportata spesso con errori o imprecisioni, ma nelle
brevi citazioni finali dei collaboratori che commentano il fatto spesso con frasi
11
Hollywood, II (1946), n. 44, p. 7.
12
Hollywood, II (1946), n. 45, p. 12.
13
Hollywood, II (1946), n. 46, p. 12.
14
Henry Gris, Le trovate di Hollywood, n. 25 del 1946, p. V.
10
pungenti e a tratti demenziali, atte a ironizzare sugli usi e costumi americani,
quasi volessero ridimensionarne il ruolo:
Largo ai cani sembra sia diventata la parola d'ordine a Hollywood. Sembra non si riesca a
mettere in cantiere un film senza dare una parte principale a uno di questi intelligenti
quadrupedi. Segno di decadenza dei divi a due zampe?
15
Non vengono pubblicate biografie dedicate ad attori italiani, eccetto
sporadici trafiletti in onore dei comici Carlo Campanini
16
e Renato Rascel.
17
L’unico profilo destinato ad un’attrice italiana, alla quale verrà peraltro
dedicata un’intera pagina con articoli curati dallo stesso direttore Baracco,
sarà quello di Alida Valli, sancito in occasione della sua imminente partenza
per gli Stati Uniti.
Tra i redattori di Hollywood spiccano nomi italiani, anche se non
particolarmente noti. Molti di essi sono autori di novelle che collaborano anche
ad altre riviste edite da Vitagliano negli stessi anni.
18
Non mancano numerosi
articolisti stranieri, e in particolare americani, che tenderanno ad aumentare il
loro peso e la loro consistenza dalla seconda annata in poi e firmeranno
perlopiù le biografie dei divi hollywoodiani.
19
Per quanto riguarda le fonti, l’ipotesi più plausibile è che molti articoli
fossero inviati direttamente dagli Stati Uniti a scopo propagandistico e
semplicemente tradotti in italiano. De Berti, infatti, ha avanzato l’ipotesi che
gli articolisti americani, le cui firme riempiono i rotocalchi popolari sin dagli
anni Trenta, fossero «addetti agli uffici stampa delle grandi Case di produzione
statunitensi, incaricati di dare fortuna, all’estero, al mito divistico».
20
Inoltre la quantità preponderante di materiale fotografico relativo al
cinema americano pubblicata in Hollywood (e difficilmente reperibile in Italia
15
DELTA, Largo ai cani, Filo diretto, Hollywood, II (1946), n. 4, p. 2.
16
MASSIMO MIDA, Carlo Campanini, comico convenzionale, Fuoco fisso, Hollywood, II
(1946), n. 44, p. 11.
17
MASSIMO MIDA, Renato Rascel, Fuoco fisso, Hollywood, II (1946), n. 45, p. IV.
18
I redattori italiani più citati nella rivista Hollywood sono Giacomo Bernasconi, Vittorio
Calvino, Calandrino, Nelly Chiaromonte, Lydia De Santis, Augusto Doria, Italo Dragosei,
Luisa Fantuzzi, Tullio Lanteri, Mario Mortara, Roberto Pinna, Pralavorio.
19
Si tratta delle celebri Hedda Hopper e Louella Parson, Doriana Danton, Doroty Deere, Henry
Gris, Heleanor Harrys, Jack Holland, Francis Jacques, Alva Johnson, Jim Murphy, John Steink,
Rosalinda Vick.
20
De Berti, Un secolo di cinema a Milano, Milano, Il castoro, 1996, p. 239.
11
nell’immediato dopoguerra), evidenzia la dipendenza più o meno diretta che
lega la redazione diretta da Baracco alle Case di produzione americane.
21
Negli ultimi numeri della seconda annata vengono istituite le rubriche
della posta, interessantissime per ipotizzare maggiormente quale potesse essere
la diffusione del settimanale (in Ingresso libero, corrispondenza dedicata alle
recensioni dei film effettuate dai lettori, spesso sono citati i loro nominativi e le
città di provenienza, addirittura con l’indirizzo di casa), e per identificare più
precisamente il target della rivista. Meno chiara è, invece, la testimonianza dei
lettori all’interno dello spazio Sottovoce firmato da «Calandrino» in quanto
venivano omesse le lettere inviate, e la redazione si limitava a pubblicare le
risposte del giornalista. L’analisi di quest’ultima rubrica comunque ci può
aiutare a delineare maggiormente i gusti del pubblico e la risonanza che causò
l’imperante irruzione di notizie e immagini americane nella nostra società a
ridosso del digiuno inferto dalla dittatura fascista.
Il fatto che Hollywood punti su un apparato iconografico dominante e
pubblichi notizie frivole e di scarso impegno culturale, a mio avviso non
dovrebbe fare erroneamente pensare ad una rivista “da vedere” più che “da
leggere” e che, quindi, conta, tra i suoi fruitori, un pubblico medio basso, se
non analfabeta, oppure esclusivamente femminile. È vero che i prodotti
presentati nelle pubblicità sono rivolti soprattutto ad un target di casalinghe e
giovani donne, ma esaminando approfonditamente le rubriche della posta
possiamo inaspettatamente constatare che in realtà Hollywood vanti, tra i
lettori, anche un considerevole pubblico maschile e molti studenti universitari,
aspiranti registi o critici cinematografici. Il prezzo di copertina è abbastanza
accessibile (15-20 lire), ma sono presenti alcuni supplementi, quali un allegato
(al numero cinquantuno del 1946) di trentadue pagine il cui prezzo è di ben 100
lire, dal titolo Belle donne al cinema. La copertina è dedicata alla giovane
attrice Mary Jane Harker e le pagine sono interamente occupate da foto a colori
di dive americane in costume da bagno (persino in bikini) e di numerose pin up
girl. Cinefestival è un ulteriore supplemento di ben 50 lire pubblicato in
occasione della Mostra cinematografica di Venezia del 1946. Questi aspetti
21
Ibid., p.239.
12
potrebbero far pensare ad un pubblico non necessariamente basso, bensì
medio-alto.
22
Le pubblicità si rivolgono ad un pubblico prevalentemente femminile:
reclamano prodotti estremamente accessibili (creme cosmetiche Kaloderma,
Nevidor, Caldea, dentifrici Binaca, preparati culinari quali Ovocrema,
caramelle Golia) o costosi, legati ad un pubblico borghese (cosmetici Faril,
Edera, sciroppi Sanadon, lozioni di bellezza Visella, ciprie Coty, Arys, Rosso-
Dama). Già dalla prima annata cominciano ad emergere pubblicità rivolte
anche ad un target maschile (pigiami Cit, aperitivi Erbitter, brillantine per
capelli, penne stilografiche). Non mancano naturalmente gli abbonamenti
relativi alle varie pubblicazioni editoriali Vitagliano, con la possibilità di
effettuare ordinazioni cumulative di più riviste.
A proposito di ciò, penso che non si possa comprendere pienamente la
linea editoriale di Hollywood, se si trascurano alcune “consorelle” della rivista,
edite da Vitagliano negli stessi anni. Infatti dal 1945 sino alla metà degli anni
’50, Baracco dirige Clan (anche se non è un periodico a carattere prettamente
cinematografico bensì principalmente di attualità, di intrattenimento), Novelle
film (specializzato nel presentare i soggetti cinematografici americani più in
voga), I quaderni di Hollywood (supplementi di Hollywood dedicati
interamente alle biografie dei divi americani), Le vostre novelle, Eva (rivista
diretta da Ottavia Vitagliano che, a differenza degli altri rotocalchi, si occuperà
di moda femminile).
23
Queste ultime riviste riprendono le impaginazioni
tipiche di Hollywood: grande formato, fitti articoli corredati da numerose
fotografie, copertine che mettono in risalto iconografie di dive hollywoodiane
(o di generiche pin up nel caso di Clan). In alcuni numeri delle suddette riviste
spiccano nuove strategie pubblicitarie quali organizzazioni di concorsi a premi,
22
Lo stipendio di un operaio nel 1945 si aggirava sulle 8-10.000 lire, il costo di un giornale £4,
biglietto tram £4, tazzina Caffè £20, pane £45, latte £30, vino £75, pasta £120, riso £60, polpa
manzo £400, zucchero £720, un grammo d’oro £818
(http://cronologia.leonardo.it/storia/a1945h.htm).
23
Penso che Eva abbia subito maggiormente un “influsso francese” piuttosto che americano,
anche se non disdegna la pubblicazione di foto ritraenti dive hollywoodiane.All’interno del
n.42 del 1946 si inaugura la pubblicazione del romanzo Saffo di Alphons Daudet sceneggiato
da Natoli, che risponde ad una tradizione classica, che ha come referente la pittura anziché la
fotografia tipica delle rubriche I film della settimana in Hollywood. Tale romanzo sceneggiato
proseguirà in tutto il corso del 1946 sino al penultimo numero della rivista. Tali illustrazioni
occupano ben due pagine e sono scandite in 16 scene accompagnate da apposite didascalie.