2
Se ne sono occupati in particolare gli Internet Studies, che hanno trattato il problema
considerando la rete rispettivamente un canale, un luogo e parte della vita
quotidiana2. Il dibattito è stato progressivamente portato avanti lungo direzioni
opposte3, finché è arrivato a considerare la dimensione della relazione fondamentale
per la costruzione dell’identità degli attori sociali, anche nel contesto delle
comunicazioni mediate da computer.
Secondo alcuni studiosi4 oggi si assiste alla “virtualizzazione dell’identità”, ossia ad
una creazione dinamica continuamente prodotta e riprodotta nella vita quotidiana
come risposta alle sollecitazioni di altre realtà virtuali. La formulazione di
un’identità multipla, considerata un meccanismo tipico della modernità, può essere
2
Simone Tosoni, Identit virtuali. Comunicazione mediata da compute r e processi di costruzione
dell identit personale , Franco Angeli, Milano, 2004. Ne analizza tre fasi. La prima fase ha avvio tra
gli anni settanta e gli anni ottanta e considera la rete un canale in grado di generare effetti sugli scambi
comunicativi e sulle relazioni sociali in rete. Tratta quindi il prendere forma dell identit
nell ambiente virtuale. Tale approccio Ł riconducibile alla tradizione della psicologia sociale.
All interno del contesto italiano viene divulgato da Luciano Paccagnella (Luciano Paccagnella, La
comunicazione al computer, Il Mulino, Bologna, 2000). La seconda fase affonda le proprie radici nei
primi anni novanta e considera la rete un luogo (cyberspazio), ossia uno spazio sociale abitato in
grado di dar vita a specifiche culture di rete. Gibson fornisce la seguente definizione di cyberspazio:
Un allucinazione vissuta consensualmente ogni giorno da migliaia di operatori legali, in ogni
nazione, da bambini a cui vengono insegnati i concetti matematici Una rappresentazione grafica di
dati ricavati dai banchi di ogni computer del sistema umano. Linee di luce allineate nel non-spazio
della mente, ammassi e costellazioni di dati, come luci di una citt , che si allontanano . (William
Gibson, Neuromante, Grafton, Londra, 1984, pag.54) L approccio principalmente utilizzato in questa
fase Ł quello etnografico (Goffman e Foucault). La terza fase caratterizza gli anni piø recenti e rivolge
l attenzione alle modalit in cui i soggetti re-inc ludono la rete stessa all interno della loro vita
quotidiana.
3
Da una parte il filone di studiosi quali Grodin e Lindlof (Debra Grodin, Thomas Lindlof,
Constructing the Self in a Mediated World, Sage, Londn, Thoudands Oaks, New Delhi, 1996) che
sostengono la possibilit di incontro tra Cultural Studies, Media Studies e Cyberculture Studies
(Daniel Silver, Looking Backwards, Looking Forwards: Cyberculture Studies 1990-2000, in Gauntlett
(a cura di), Web Studies, Arnold, London, 2000). ¨ p ossibile secondo loro tracciare un parallelismo
tra natura socialmente costruita del sØ e i media, dal momento che le identit virtuali riescono
addirittura a trascendere le caratteristiche sociologiche degli attori che le mettono in scena. Dall altra
invece studiosi quali Robins (Kevin Robins, Oltre l immagine. Cultura e politica della visione , Costa
& Nolan, Genova, 1999.) che criticano la rappresentazione dell identit virtuale come forma
costantemente aperta e svincolata dalle determinanti di un contesto sociale e da se stessa,
riconducendola invece al mondo in cui viviamo .
4
Giuliano, 1997. (Ivi). Anche Sherry Turkey condivide tale posizione. Afferma infatti che oggi
chiunque pu sperimentare e sviluppare l idea dell identit come molteplicit , vivendo la propria lif e
on the computer screen e oltrepassando il confine tra la vita reale e la vita simulata. I personaggi
virtuali sono gli oggetti con i quali pensare il nostro tempo (Sherry Turkey, Life on the Screen:
Identit in the Age of the Internet , Simon & Shuster, New York, 1995, p.260; ed. Paperback, Phoenix,
London, 1997.)
3
integrata alle necessità e alla cultura del nostro tempo, senza tuttavia perdere i
riferimenti morali.
Il gioco e in particolare il gioco di ruolo, ha un ruolo primario in questo contesto, dal
momento che riesce a moltiplicare le identità ma nello stesso tempo non trascura
l’aspetto ludico, che rimane ampiamente dichiarato e mai dimenticato.
I giochi di ruolo, i Mud e le comunità on line rappresentano lo scenario di
riferimento per Hattrick, che condivide con essi alcuni processi fondamentali per la
formazione dell’identità, oltre che la maggior parte delle dinamiche relazionali.
Scopo della mia tesi è dimostrare come attorno ad Hattrick si sia creata una vera e
propria comunità virtuale che, pur dando vita ad un gruppo avente uno sviluppo
autonomo, si estende ben al di là dei confini della rete. Gli utenti appartengono a
tutto il mondo e in ogni nazione i vari giocatori possono intessere dei rapporti che
hanno origine dal gioco ma che poi si estendono anche alla vita quotidiana.
La mia posizione si attesta infatti sulla stessa linea degli studiosi appartenenti alla
fase più recente di studio del rapporto tra spazi sociali on line e off line.
Concordemente a quanto sostengono autrici quali Cherny, Baym e Kendall5, ritengo
che l’approccio corretto sia di tipo integrato, una prospettiva cioè che consideri la
comunità virtuale (nel mio caso quella generata da Hattrick) un fascio di relazioni
sociali che lega tra loro più soggetti nella pluralità dei contesti in cui,
contemporaneamente, le relazioni risultano intrecciarsi. Tali contesti comprendono
spazi anche esterni alla rete che ospitano momenti di interazione mediata e non
mediata, come dimostrano i numerosi raduni organizzati dalla comunità di
Hattrick, aventi lo scopo di “dare una faccia” a quello che magari è il proprietario
della squadra che si trova al primo posto nella propria lega.
Sempre condividendo la posizione di una delle tre ricercatrici e nello specifico della
Cherny, verrà anche dimostrato come siano altrettanto importanti altri luoghi
5
Lynn Cherny, Conversation and Community. Chat in a Virtual World, CSLI Publications, Stanford,
1999;
Nancy Baym, Tune in, Log On. Soap, Fandom, and Online Community, Sage, Thousands Oaks, CA,
London, New Delhi, 2000;
Lori Kendall, Hanging out in the Virtual Pub. Masculinities and Relationships Online, University of
California Press, Berkley, Los Angeles, London, 2002.
Monografie dedicate rispettivamente al problema dei linguaggi nei Moo e nei Mud, alla subcultura del
fandom di soap opera in rete e alla costruzione dell identit maschile.
4
collegati al gioco ma non determinanti per il suo svolgimento, come nel caso delle
Conferences. Quello che emerge è uno scenario dove gli attori si confrontano su una
pluralità di argomenti differenti – dalla vita privata alla discussione di
problematiche riguardanti la gestione dello spazio virtuale – e dove quindi risultano
perfettamente “individuati” dagli altri e ancorati dalle loro relazioni ad una storia,
ad un’identità e ad uno status.
Sarà un approccio che considererà l’attore come relazionale, il che implica
innanzitutto la considerazione dell’instaurarsi di rapporti e del costituirsi di identità
nel tempo. In questo modo l’interazione non risulta anonima ma prevede il
coinvolgimento di soggetti saldamenti individuati e persistenti. In secondo luogo il
confine tra virtuale e reale sarà considerato sempre più sottile, non soltanto perché,
come si vedrà, i giocatori di Hattrick si affezionano alla squadra quasi come se
esistesse davvero, ma soprattutto perché “la capacità della relazione di attraversare
lo schermo e raggiungere il soggetto nella vita quotidiana non solo sotto forma di
corpi e voci, ma anche di affetti e condivisioni, finisce così per sfilacciare
l’”impermeabile” membrana che separa il reale dal virtuale”6.
Entrando maggiormente nello specifico, la mia trattazione si compone di quattro
capitoli. Il capitolo 1 prenderà le mosse dallo scenario generale di Internet e dei
giochi di ruolo, trattando dapprima dal punto di vista teorico le questioni legate ai
processi mentali e sociali che si sviluppano attorno ai giochi di ruolo in generale e a
quelli on line in particolare, lungo la loro storia ed evoluzione. Verranno presentati
alcuni spunti teorici che, nel corso degli anni, sono stati formulati attorno ai
fenomeni dei giochi e dei loro snodi all’interno della società reale e virtuale e verrà
fatto un breve excursus storico all’interno di essi. Entrerò poi nello specifico di
Hattrick, spiegando in maniera più precisa di cosa si tratta a livello di
funzionamento e tracciando brevemente la sua storia e la sua diffusione, oltre che
dando qualche accenno delle sue caratteristiche tecniche, che invece saranno trattate
ampiamente nell’Appendice. Il mio scopo è quello di mostrare parallelismi e
differenze esistenti tra l’oggetto del mio studio e lo scenario di riferimento. Nel fare
questo manterrò sempre ferma la mia tesi secondo cui, pur nelle diverse accezioni e
6
Tosoni, Identit virtuali , (cit.), p.161.
5
nelle differenze di funzionamento, Hattrick condivide con i fenomeni trattati molti
elementi psico-sociologici, specialmente nell’ambito della virtualizzazione
dell’identità, di cui parlavo precedente, e nella costruzione di identità virtuali che,
nate all’interno della rete, poi allargano i loro confini anche al di là della stessa
entrando nella vita quotidiana.
Il capitolo 2 tratta l’analisi semiotica del sito e propone delle chiavi di lettura dello
stesso. In esso verranno applicati due modelli interpretativi che permettono di
capire alcune strategie di comunicazione contenute nel gioco e che probabilmente ne
hanno fatto anche la fortuna. Si tratta nello specifico del modello Domanda –
Risposta che è una possibile applicazione del modello della Conversione Testuale di
Gianfranco Bettetini e del modello di Federico Di Chio sulla Convocazione del
mondo e la Costituzione dello spettatore. Si tratta di un’analisi che vuole andare in
profondità attraverso un preliminare lavoro di scomposizione prima e di
ricomposizione poi del sito, avente lo scopo di cogliere gli aspetti strutturali e
comunicativi. Verrà fornito anche un confronto tra le due versioni dell’interfaccia
del sito (l’ultima davvero recente, essendo stata cambiata il 13 aprile del 2006) e
quello con un altri giochi manageriali.
Il capitolo 3 introduce alla teoria che costituisce il corpus di ricerca, soffermandosi
sugli strumenti utilizzati e sulle motivazioni che mi hanno spinto ad avvalermene
per poi addentrarsi nello svolgimento vero e proprio della ricerca. L’indagine
sociologica è stata condotta sugli utenti di Hattrick e sugli sviluppatori. Per gli
utenti sono stati utilizzati questionari, la cui somministrazione è avvenuta on line e
interviste in profondità sottoposte di persona e on line in alcuni casi. Gli
sviluppatori, invece, sono stati intervistati tutti on line attraverso una serie di
domande aperte.
Il capitolo 4 si occupa dell’analisi dei risultati. Verranno svolte discussioni e
conclusioni dell’intero lavoro, considerando anche i possibili limiti della ricerca.
Infine ci sarà un’Appendice che raccoglierà tutto il materiale attinente alle regole
complete del gioco e la descrizione del sito Internet. Verrà analizzato in maniera
approfondita e nelle sue singole parti, anche rispetto ai cambiamenti di interfaccia
intercorsi a partire dal 13 aprile 2006. Saranno presenti anche le immagini delle
Home Page di alcuni giochi manageriali on line che sono stati confrontati con Hattrick.
All’interno della stessa sarà contenuto anche tutto il materiale dell’indagine: schema
completo delle risposte ai questionari e testi completi delle interviste sottoposte agli
sviluppatori, in modo da tenere comunque un archivio completo dell’indagine stessa.
Si tratta di un progetto che riunisce e mette in relazione una parte strettamente teorica e
monografica con una di tipo sociologico e strettamente operativo. Un connubio
assolutamente fondamentale per capire in che modo un prodotto così giovane sia
riuscito ad introdursi con tale prepotenza all’interno del così vasto e variegato mondo
della realtà virtuale e di Internet in generale. Si può dire, infatti, che sia in grado di
porre le basi per una comunicazione di tipo integrato, nella misura in cui riesce a
sfruttare diversi canali di comunicazione (chat, forum, interfaccia grafica e, come ultima
introduzione, anche il cellulare, attraverso il servizio sms).
6
7
CAPITOLO 1
HATTRICK: IL GIOCO VISTO DA VICINO
1.1: LO SCENARIO
Hattrick rappresenta prima di tutto un gioco, uno strumento di intrattenimento e un
fenomeno virtuale, che, grazie alle sue caratteristiche può essere compreso
all’interno di uno scenario molto più complesso, composto da teorizzazioni,
prodotti e strumenti con cui condivide alcuni elementi.
Innanzitutto è un gioco. Roger Callois (1958)7 individuò quattro pulsioni primarie
che presiedono ad esso. Queste sono: la mimicry, che sta per mimesi, l’agon, o
competizione, l’alea o caso e l’ilinx o vertigine.
Agon è la strategia che permette al giocatore di usare le regole per stabilire
l’uguaglianza delle opportunità. Gli antagonisti si sfidano e le loro abilità possono
essere confrontate senza l’influenza dei fattori contingenti. Alea è la volontà di
sottoporsi al fato. Il giocatore sfida la sorte e mette alla prova il destino scelto per il
proprio personaggio. Ilinx è il desiderio di farsi trascinare nel gioco dal gioco stesso,
è lo stato di vertigine che si prova sottraendosi alle regole morali e fisiche.
7
Roger Callois, Les Jeux et les Hommes. Le masque et la vertige, Gallimard, Paris, 1958; trad. it.: I
giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine, Bompiani, 1981.
8
Ma la pulsione più importante è la mimicry. Attraverso essa, che si configura come
un atto volontario di violazione delle regole, il giocatore finge di essere un altro,
restando tuttavia all’interno di uno svolgimento prestabilito, tipico del gioco.
Le quattro categorie di Callois riunite possono essere estese al mondo del gioco
virtuale, oltre che dei giochi di ruolo. Oggi infatti chi si mette davanti a un computer
o a una consolle per intraprendere la sua avventura nel mondo che si trova al di là
del monitor, lo fa assumendo l’identità di un personaggio (mimicry), che si muove
all’interno di un mondo “grafico”generato da un modello matematico che
comprende anche eventi casuali (alea) e misurando la sua abilità nell’affrontare il
rischio (ilinx) all’interno della cornice del gioco.
Richard Schechner, regista e teorico teatrale, riprende il concetto di mimicry e ne
parla in termini di performance8. Essa è un rito, un evento unico ed è dominio dello
spettatore, dal momento che i partecipanti al gioco agiscono e, nello sesso tempo, si
sforzano di mostrare agli altri giocatori ciò che stanno facendo.
Il gioco di ruolo è forse quanto di più prossimo vi sia alla definizione di
attualizzazione della performance di Schechner, dal momento che presenta le
seguenti cinque proprietà:
- È un processo, un evento che non corrisponde in tutto e per tutto alle intenzioni
di chi lo ha scritto, preparato e organizzato.
- Prevede atti, scambi e situazioni consequenziali: ciò che viene detto e fatto ha
conseguenze sul piano della realtà, definito dal processo in corso.
- È un confronto. Il corso dell’azione segue delle regole ma il risultato è incerto. Il
performer “rischia” qualcosa.
- Implica un’iniziazione: un cambiamento di stato per i partecipanti.
8
Richard Schechner, Drama, Script, Theatre and Performance, in Id. (a cura di) The Drama Review,
n.59, 1973; trad.it. in V.Valentini (a cura di), La Teoria della performance 1970-1983, Bulzoni,
Roma, 1984. Egli distingue tra script, drama e theatre. Il primo Ł il modello dell azione drammatica,
trasmesso oralmente; il drama Ł un testo, un particolare tipo di script; mentre il theatre Ł la produzione
dello spettacolo.
9
- Comprende uno spazio e un tempo che possono essere modellati. Lo spazio è
definito dalle persone partecipanti, da un tempo delimitato oppure da veri e
propri “luoghi” destinati allo scopo9.
Il gioco di ruolo è dunque il gioco delle identità molteplici.
1.1.1: Il gioco di ruolo: lo sfondo
“Gioco di ruolo” è la traduzione italiana di role-playing game, che alla lettera significa
“gioco di interpretazione di un ruolo”.
In realtà la traduzione “gioco di ruolo” non ne riproduce fedelmente il concetto
originale, perché non rispecchia entrambi i termini che invece vengono utilizzati in
inglese nella distinzione tra play e game. Play è infatti il “divertimento”, la
“ricreazione libera”, mentre Game è il gioco organizzato.
Per una classificazione precisa e netta dei due termini bisogna fare riferimento
all’interpretazione del matematico Von Neumann e dell’economista Morgenstern
nell’ambito della Theory of Games. Essi identificano nel game il complesso delle
regole codificate che descrivono il gioco, mentre nel play l’attuazione concreta delle
regole in una specifica partita. Essa, tuttavia, risulta essere non esaustiva di tutto
l’universo del gioco ed in gran parte estranea al modo empirico con cui vengono
effettuate le scelte (Schelling, 198910). Il loro modello inoltre risulta valido soltanto
per i “giochi” in senso ludico, ossia quelli “a somma zero”11, in cui cioè la vittoria di
uno degli antagonisti non produce nessun cambiamento produttivo o distruttivo nei
riguardi della posta in gioco. Se un giocatore vince, l’altro perde.
9
Luca Giuliano, I padroni della menzogna. Il gioco delle identit e dei mondi virtuali, Meltemi
editore srl, Roma, 1997.
10
Thomas C. Shelling, What is Game Theory?, in Charlesworth, C. (ed.), Contemporary Political
Analysis, Free Press, New York, 1967; trad.it. Un primo approccio alla teoria dei giochi, in G.E.
Rusconi (a cura di), Giochi e paradossi in politica, Einaudi, Torino, 1989, p. 9-42.
11
Cfr con i giochi detti a somma variabile , in cui il confine tra vincitori e vinti si fa meno marcato.
In questi casi, l attualizzazione del game nel play non avviene in modo assolutamente deterministico
bens in modo interpretativo. Le regole vengono interpretate attribuendo un significato ed
un intenzionalit comunicativa all evento. Nei gioc hi di ruolo, cos come nella comunicazione
linguistica, si gioca con le regole e non sulla base delle regole (Carlo Mongardini, Saggio sul gioco,
Franco Angeli, Milano, 1990, p.20).
10
Vi è però un terzo termine che è parte integrante della definizione e che è appunto
quello di “ruolo”. Esso deriva dal latino medievale, quando indicava il “rotulus”,
ossia una raccolta di pergamene attaccate l’una all’altra. Il termine ha poi avuto
un’evoluzione etimologica che si ritrova nelle possibili accezioni che ha assunto nel
linguaggio attuale: personaggio interpretato dall’attore, mascheramento o
interpretazione, funzione o ruolo sociale.
In generale, comunque, game, play e ruolo sono anche i tre descrittori che
definiscono il campo in cui si esercita la tensione tra norme sociali e identità
dell’individuo, tra funzione e interazione sociale. E questo sta anche alla base del
nodo irrisolto all’interno della teoria sociale e in particolare del dibattito
contemporaneo consistente nell’opposizione tra ruolo “prescritto” e ruolo “giocato”,
ossia tra la possibilità di considerare il ruolo come modello normativo esterno
all’individuo oppure un comportamento reale12.
Nel gioco di ruolo sono presenti alcuni elementi fondamentali, indispensabili per la
sua stessa definizione. Prima di tutto i giocatori che, attraverso i loro personaggi,
interpretano i ruoli dei protagonisti della storia; poi un Narratore, che descrive
l’ambiente che li circonda; infine le regole, che permettono che il tutto avvenga in
modo verosimile e coerente.
Se per molti il gioco di ruolo è una forma di intrattenimento o di utilizzazione del
tempo libero, così come un modo creativo e divertente per evadere dal mondo e
trascorrere qualche ora piacevole in compagnia, per alcuni rappresenta una vera a
propria forma d’arte con intenti narrativi e drammatici.
Dal punto di vista storico si possono trovare delle origini terapeutiche per il gioco di
ruolo, dal momento che il termine “role-playing” fu coniato da Jacob Levi Moreno
all’inizio degli anni ’5013. Esso si configura come una tecnica di formazione che
prevede la sperimentazione di un ruolo lavorativo in un ambiente artificiale il più
vicino possibile alla realtà, con gli stessi colleghi ed incarichi, ma sotto il controllo di
12
Giuliano, I padroni della menzogna, (cit.), p.49.
13
Jacob Levi Moreno, Psychodrama. Vol.I, Beacon House, New York, 1946; trad.it. Manuale di
psicodramma. Il teatro come terapia, Astrolabio-Ubaldini Ed. (a cura di), Roma, 1985.
Moreno Ł considerato uno dei fondatori della psicologia moderna. Egli mise a punto la tecnica di
esplorazione e analisi che chiam psicodramma , co n dichiarato valore pedagogico. Si tratta di
strumento d’analisi e di terapia psicologica che si avvale dell’interpretazione drammatica per
sbloccare, attraverso la catarsi, quei sentimenti repressi che sono all’origine del disturbo in questione.
11
un'analista che fa emergere i problemi di quella realtà sociale. Tuttavia, se è vero che
il gioco di ruolo potrebbe ricordare il role-playing per alcune caratteristiche, se ne
distingue nello scopo e nelle modalità di svolgimento. È una forma di
intrattenimento e come tale il suo fine principale è quello di divertire.
Le vere radici del gioco di ruolo sono rintracciabili piuttosto nel wargame, termine
inglese che indica il “gioco di guerra” e rappresentante la simulazione di un
conflitto bellico14. Solitamente è Herbert G. Wells (autore di “La Guerra dei mondi”
e di “La Macchina del tempo”) ad essere considerato l’inventore dei “giochi di
guerra”. Egli scrisse un sistema di regole molto semplice che pubblicò nel 1913 con il
titolo di Little Wars.
Successivamente si sviluppa il boardgame, ossia il wargame da tavolo (non più con
soldatini e armamenti in scala ma con pedine e marcatori dalle dimensioni di poco
più di 1 cm x 1 cm)15. Quest’ultimo ha ampliato la gamma delle simulazioni (non
più solo guerresche ma anche economiche e sportive).
Dal wargame e dal boardgame, specialmente nel loro esercizio della fantasia ha
avuto origine il role-playing game.
Anagraficamente esso nasce nel gennaio del 1974 con la prima pubblicazione delle
regole di Dungeons & Dragons, noto in tutto il mondo con la sigla D&D. La sua
nascita si deve all’incontro tra Dave Arnerson, uno degli arbitri più attivi nella zona
di Minneapolis, che era alla ricerca di qualcosa di nuovo, e Gary Gygax, un
assicuratore di Chicago nonché autore di regole di simulazione per combattimenti
tattici, che aveva fondato nel 1965 la LGTSA (Lake Geneva Tactical Studies
Association), un club di giocatori di wargame tridimensionale.
Da questo momento in poi inizia la storia dei giochi di ruolo, che si snoda attraverso
5 generazioni.
La prima prende il via proprio da D&D16, sia nella sua versione “basic”, che nelle
successive espansioni. Intanto il gioco ruolo si stava espandendo diventando un
14
Dapprima Helswing nel 1780 trasfer su un tavoliere le condizioni di un campo di battaglia (simile
ad una scacchiera). Poi venne introdotto il Kriegsspiel nelle scuole di guerra prussiane dai Von
Reisswitz (padre e figlio) tra il 1811 e il 1828 e venne introdotto il dado. Si trattava di un gioco che
voleva simulare in maniera molto precisa tutti i problemi del combattimento.
15
Fu l americano Charles Roberts ad inventare Tactic s , il primo boardgame.
16
Gary Gygax, Dave Arneson, Dungeons & Dragons. Basic Rules Set, TSR, Lake Geneva, WI, 1983;
trad.it. Dungeons & Dragon. Basic Set, Editrice Giochi (a cura di), Milano, 1985
12
genere nuovo di hobby e intrattenimento17. Si sviluppano in questa fase anche
giochi non ambientati nel mondo medievale ma, ad esempio, facenti riferimento
alla fantascienza18 o all’epopea western cinematografica, piuttosto che ai film di
“cappa e spada” o ai romanzi di Dumas19. Passando alla seconda generazione i
giochi diventano più flessibili e ambientati in maniera più coerente ed
approfondita20.
La terza generazione si apre con la pubblicazione di Basic Role-Playing di Stafford e
Willis, un sistema di regole servito allo sviluppo di molti giochi e seguito da
manuali sempre più precisi e soprattutto universali. La caratteristica di questa fase21,
infatti, è quella di separare l’ambientazione dalle regole.
Nella quarta generazione22 il punto di svolta è stato abbandonare la dimensione
marcatamente simulativa, tipica dei wargames, in favore di quella narrativa,
letteraria e interattiva. La verosimiglianza da questo momento in poi era ricercata in
una coerenza narrativa in grado di sostenere il patto di “sospensione
dell’incredulità”23.
L’ultima generazione infine, aderisce pienamente all’interpretazione. Ciò significa
che il ruolo centrale spetta al personaggio e al giocatore che lo impersona. Il
personaggio possiede un proprio carattere, un proprio mondo e un’autonomia
creativa. I giochi che meglio rappresentano questo cambiamento sono Amber Diceless
17
La storia completa del gioco di ruolo si pu trovar e in: Rick Swan, The Complete Guide to Role-
Palying Games, St. Martin s Press, New York, 1990; Luca Giuliano, In principio era il drago, Guida
al gioco di ruolo, Proxima Ed., Roma,1991; Lawrence Schick, Heroic Worlds. A History and Guide
to Role-Playing Games, Prometheus Books, Buffalo-New York, 1991.
18
Vedi Metamorphosis: Alpha . James M. Ward, Metamorphosis: Alpha, TSR, Lake Geneva, WI,
1976.
19
Vedi Boot Hill : Brian Blume, Gary Gygax, Boot Hill, TSR, Lake Geneva, WI, 1975 o En
Garde! D. Hanni, F. Chadwick, En Garde! Game Designers Workshop, Bloomington, IL, 1975.
20
¨ rappresentata da Traveller (Miller, 1977): Marc Miller, Traveller, Game Designers Workshop,
Bloomington, IL, 1977 e da Rune Quest (Perrin e Tu rney, 1978): Steve Perrin, Ray Turney,
Runequest, Chaosium, Albany, CA, 1978.
21
Gioco di riferimento: GURPS. Generic Universal Ro le-Playing System : Steve Jackson, GURPS.
Generic Universal Role-Playing System, Steve Jakson Games, Austin, TX, 1986; trad.it. GURPS, DaS
Production-IGDG (a cura di), Firenze, 1993. Sistema di regole avente l ambizione di essere
applicabile in ogni tempo e luogo.
22
Vedi Ars Magica : J Tweet, M Rein-Hagen, Ars Magica, Lion Rampant, Stone Montain, GA,
1988; trad.it., Ars Magica, DaS-IGDG (a cura di), Firenze, 1994.
23
Umberto Eco, Lector in fabula: la cooperazione interpretativa nei testi narrativi, Bompiani,
Milano, 1979. Si riferiva al patto tra lettore e scrittore.
13
Role-Playig (di Wujcik, 199124) e On stage! Il gioco dell’attore (di Giuliano, 199525). In
un gioco di interpretazione tutti i partecipanti sono attori e spettatori nello stesso
tempo. Il personaggio partecipa direttamente alla virtualizzazione dell’universo
narrativo e il gioco rivela la sua natura di performance26.
A livello di funzionamento i giochi di ruolo sono fondamentalmente orali, non
prevedono azioni fisiche ma solo comunicate, fatta eccezione per le categorie
cosiddette “dal vivo”, che permettono di mettere in scena delle situazioni insolite e
avventurose stando seduti intorno ad un tavolo.
I Giocatori attraverso i loro personaggi giocanti (PG) interpretano i ruoli dei
protagonisti della storia, mentre il Narratore, anche detto Dungeon Master, Master o
semplicemente DM, descrive loro l’ambiente che li circonda ed interpreta i ruoli di
tutti gli altri personaggi non giocanti (PNG) rendendo tutto coerente e verosimile
attraverso l’uso delle regole condivise.
Nel corso del gioco, le situazioni si collegano tra di loro fino a sviluppare una
“storia”, un “racconto”, che si discosta inevitabilmente dal “copione” previsto dal
Master. I PG sono infatti dei protagonisti attivi, possono fare delle scelte che
avranno un’influenza determinante sulla narrazione. Nessuno può prevedere a
priori quale sarà lo sviluppo, benché i nodi e le diramazioni della storia raccontata
attraverso le scelte dei personaggi non siano infiniti (Giuliano, 199127). Spesso i PG
ed il DM usano i dadi per determinare il risultato dei combattimenti o degli incontri
fra personaggi, o fra giocatori e creature ostili, ma in ogni modo gli esiti vengono
spesso negoziati e le regole vengono concordate fra le parti (G. A. Fine, 198328).
Il risultato è che il role-playing game si avvicina più alla vita che al gioco, per le
suddette caratteristiche di relativismo normativo.
24
Erick Wujcik, Amber Diceless Role-Playing, Phage Press, Detroit, MI, 1991.
25
Luca Giuliano, On Stage! Il gioco dell attore , DaS Production, Firenze, 1995.
26
Tipica della teorizzazione di Schechner per quanto attiene alle caratteristiche del gioco di ruolo:
improvvisazione, irrevocabilit degli atti, confron to, iniziazione, dominio dello spazio e del tempo.
R Schechner, Actuals: a look into performance theory, in The Rarer Action: Essay in Honour of
Francis Fergusson, Rutgers University Press, 1970; trad.it. in V. Vicentini (a cura di), La teoria della
performance 1970-1983, Bulzoni, Roma, 1984, p.59.
27
Giuliano, In principio era il drago, (cit.)
28
Gary Alan Fine, Shared Fantasy. Role-Playing Game as Social Worlds, The University of Chicago
Press, Chicago, 1983.
14
Esistono molti generi29 di role-playing game, sulla base dell’ambientazione che
viene ricreata all’interno del gioco, così come esistono varie modalità secondo le
quali si verifica l’interazione ludica. Queste ultime possono essere: il Libro Game,
dove la storia si sviluppa attraverso i vari rimandi che si attuano lungo il procedere
del gioco; il gioco da tavolo, che ne è la modalità classica, con un Master, che ha i
libri per le regole e con i PG che hanno le loro schede, oltre ai dadi naturalmente; dal
vivo, dove giocatori si mettono letteralmente nei panni dei loro personaggi e si
sfidano in luoghi appositamente prescelti e preparati per l’occasione e infine la
modalità on line, che utilizza Internet come mezzo di comunicazione. All’interno di
questa categoria si possono ritrovare i cosiddetti: playing by mail (o pbem), ossia un
gioco via e-mail; il MUD, che sta per Multi Users Dungeons, letteralmente
“sotterranei” utilizzati da più utenti; e il Multiplay, che potrebbe essere tradotto con
modalità multigiocatore o più giocatori. Nell’uso corrente tuttavia si sono mantenuti
i termini inglesi.
1.1.2: I giochi di ruolo on line: il contesto più prossimo
Abbiamo visto essere presenti all’interno di questa categoria tre tipologie di gioco: il
Mud, il Pbem e il Multiplaying.
Il Mud può essere considerato il più vecchio modo di giocare on-line e forse uno dei
più longevi giochi per computer in assoluto; tutte le azioni avvengono solo
testualmente come nella migliore tradizione dei giochi di ruolo da tavolo.
Il Pbem è probabilmente il più fantasioso e il meno complicato modo di giocare su
Internet: niente regole, solo una storia da inventare in gruppo, raccontandone a
turno uno spezzone. Tutto ciò di cui un giocatore ha bisogno è un indirizzo e-mail e
la conoscenza dell’ambiente in cui si svolge la storia. Non c’è competizione e non
vince nessuno: il divertimento consiste nel semplice creare e vedere come può
andare a finire ciò che si costruisce insieme. L’importante non è vincere, ma
partecipare.
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Per la classificazione dei generi: Giuliano, In principio era il Drago, (cit.).
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Nel Multiplaying, infine, sono comprese diverse e numerose tipologie di gioco, che
hanno in comune il concetto base di un software condiviso dagli utenti, che
generalmente si ottiene acquistando attraverso i normali canali distributivi o dalla
rete.
Iniziando a considerare il Mud, esso è un programma che crea un ambiente virtuale
basato su messaggi di testo, reso accessibile in Internet tramite un collegamento
Telnet, cioè un protocollo di comunicazione tramite il quale un utente entra in
collegamento con un computer ospitante remoto.
I MUD sono nati all’interno di ambienti accademici come le Università, ma non per
volontà degli stessi, bensì grazie alla libera iniziativa. Furono due studenti
dell’Università di Essex, R. Trubshaw e R. Burtle, in una notte di primavera del 1979
(S. Turkle, 1995) a creare il primo.
La loro origine, tuttavia, non è legata all’aspetto grafico dei giochi informatici ma,
più in particolare, alle loro peculiarità estetiche. Il programma ideato da Trubshaw
permetteva in effetti di creare una specie di “Master” elettronico, con lo svantaggio
di essere molto meno flessibile di un Master umano, ma con il vantaggio di poter
gestire, attraverso la rete, centinaia di personaggi e creature in tempo reale.
Il termine “dungeon”, dall’inglese labirinto, poi, rimase nella cultura tecnologica
come connotazione di questo luogo virtuale. Così quando vennero creati spazi
virtuali che potevano essere abitati ed utilizzati da vari utenti e dove questi
potevano mettere in atto un'attiva collaborazione reciproca, tali spazi venero
denominati MUD, Multi User Dungeons, un nuovo tipo di realtà sociale virtuale
(Turkle, 199530).
In Italia il Mud più longevo è rappresentato da Lumen et Umbra, fondato da Joy
(Giuseppe Maggese) e Benem (Emanuele Benedetti) nel 1995 e di genere fantasy,
come tutti Mud in Italia31.
Nel Mud32 c’è un apposito programma (il Mud server) che simula un ambiente
testuale in cui gli utenti sono chiamati ad interagire tra loro e con l’ambiente stesso.
30
Sherry Turkle, Vita sullo schermo, Apogeo, Milano, 1997; ed.or. Life o the Screen: Identity in the
Age of Internet, Simon & Schuster, New York, 1995.
31
Fonte: Luca Giuliano, I Padroni della menzogna, Meltemi editori srl, Milano, 1997, p. 91.