7
Grande teorico della nuova arma fu il Gen. Italiano Giulio Douhet, dal quale
partì la dottrina del “dominio dell’aria” come condizione assolutamente
necessaria per ottenere la vittoria in un conflitto.
Con l’apparizione dell’arma missilistica sul finire della seconda guerra mondiale
(i razzi tedeschi V-1 e V-2) il rapporto tra guerra e spazio si riconfigura
nuovamente, basti pensare agli ICBM (Missili Intercontinentali) schierati dagli
anni 60 in poi dalle due superpotenze e che permettono ad entrambe di colpirsi
a vicenda senza, sostanzialmente, alcuna possibilità di difesa : le conseguenze
sul rapporto tra guerra e spazio sono molte : la relativizzazione della dialettica
tra potenze marittime e continentali e l’inapplicabilità della dottrina di Douhet del
dominio dell’aria sono solo alcune tra le tante.
La scoperta dell’aerospazio, con il lancio del primo satellite ad opera dei
sovietici nel 1957, fa scoprire una nuova dimensione, lo spazio extra
atmosferico, che ben presto, praticamente da subito, si caratterizza per la sua
utilità, in termini informativi, agli affari militari.
La Rivoluzione degli Affari Militari odierna, che parzialmente ha prodotto le sue
potenzialità nella Guerra del Golfo, presenta connotati ben precisi, il
fondamentale dei quali è dato dallo sfruttamento intensivo della risorsa
informativa e dalla sua distribuzione, per quanto possibile, ad ogni sistema
d’arma. Armi intelligenti (smart weapons) in grado di aggiustare la loro
traiettoria ed inseguire un obbiettivo mobile unitamente alla possibilità di colpire
con grande precisione a centinaia di chilometri di distanza grazie ad un
continuo scambio di dati ed informazioni non fanno altro che rivoluzionare
nuovamente il rapporto tra guerra e spazio : alcuni degli effetti prodotti sono
una forte compressione dello spazio tempo unitamente al possibile sorgere di
nuovi teatri di guerra che vanno ad affiancarsi a quelli preesistenti.
Scopo di questo lavoro è di analizzare gli effetti sulla relazione tra guerra e
spazio delle tecnologie che sono alla base della Rivoluzione degli Affari Militari
odierna.
Il concetto di spazio verrà analizzato alla luce della ripartizione che ne dà Aron
in “Pace e guerra tra le nazioni”: spazio come ambiente geografico delimitato
8
fisicamente, come posta in gioco tra le nazioni, e come teatro di un’attività
specifica, in questo caso la guerra.
Il primo capitolo tratterà della relazione tra guerra e spazio all’interno della
teoria delle relazioni internazionali, soffermandosi in particolare sul concetto di
ideologia geografica come concetto giustificatore dello spazio - posta .
La seconda parte prenderà in esame la prima grande rivoluzione spaziale dal
punto di vista della relazione spazio - guerra, la comparsa dell’aereo e dei
missili, e le sue conseguenze a livello di teatro di guerra, nonché gli effetti sulla
tradizionale dicotomia tra terra e mare. Verrà poi analizzato nel terzo capitolo la
scoperta dello spazio extra atmosferico ad opera dell’uomo e le conseguenze di
tale scoperta sugli affari militari, in particolare l’apporto informativo dato da
questa ulteriore dimensione alle forze preesistenti, e la crescente importanza
della risorsa informativa in guerra, che ha fatto nascere concetti assolutamente
nuovi come quello di guerra con le informazioni o information warfare.
Per ultimo verrà analizzata l’influenza delle nuove tecnologie militari sul
rapporto odierno tra spazio e guerra, analizzando la possibile maggiore
complessità data dal sorgere di teatri multidimensionali (subenviroments), la
possibilità di simulare gli ambienti entro cui si andrà ad operare, e le relazioni
della RMA con gli obbiettivi politici dell’unica potenza in cui fino ad oggi vi è
stata un’effettiva applicazione della stessa, ovvero gli Stati Uniti.
9
Capitolo 1
LE DIMENSIONI DELLO SPAZIO : TEATRO, POSTA E AMBIENTE DELLE
RELAZIONI INTERNAZIOALI.
Introduzione
Lo spazio può essere considerato, secondo Aron, come posta, teatro o
ambiente.
Il concetto di spazio come ambiente riguarda le possibili interazioni che
l’ambiente col suo clima e la sua conformazione ha sugli abitanti dello stesso .
In questo senso variabili come la temperatura, la presenza o no di ostacoli
naturali come fiumi e montagne e quant’altro vengono posti in relazione con
l’indole degli abitanti.
“La geografia umana descrive le società che si trovano su un dato suolo e in un
dato clima, si sforza di comprendere e di spiegare l’azione che hanno esercitato
sulla maniera di vivere e sull’organizzazione sociale i caratteri dell’ambiente.”
1
Montesquieu a questo proposito suggerisce precisi legami tra la conformazione
di un ambiente geografico e la propensione o no che gli uomini hanno alla
guerra, arrivando a concludere che i popoli di montagna sarebbero più portati
dei popoli di pianura a difendere la propria libertà.
Lo spazio come teatro è un concetto sensibilmente diverso : considerata come
teatro, una determinata dimensione spaziale deve essere analizzata alla luce
delle caratteristiche che appaiono rilevanti, relativamente all’attività specifica
che si sta svolgendo entro quella determinata dimensione spaziale .
Ecco quindi che il pianeta nella sua unitarietà può ( deve) essere considerato
come il teatro delle relazioni internazionali : “il pianeta come teatro delle
relazioni internazionali è definito unicamente in base alle qualità delle quali gli
attori della politica internazionale devono tenere conto”
2
Lo spazio come posta è invece un concetto immediatamente intellegibile : la
conquista dello spazio è da sempre una delle poste in gioco tra gli stati ed uno
dei più frequenti casus belli della storia è il superamento di una linea di confine.
1
Raymond Aron, Pace e guerra tra le nazioni, edizioni di Comunità, Milano 1983, pg. 222.
10
Lo spazio quindi si presta a tre diverse linee di analisi o, se vogliamo, a tre
diverse concettualizzazioni.
Tuttavia l’analisi del rapporto tra guerra e spazio alla luce della teoria delle
relazioni internazionali deve circoscrive l’ambito d’indagine a due di questi
concetti, e più precisamente allo spazio come posta e come teatro.
L’esclusione della dimensione ambientale non deve trarre in inganno : come già
sottolinea Aron, quasi impercettibilmente è possibile passare da ambiente a
teatro e viceversa . Nell’analisi del rapporto tra guerra e spazio come teatro
nelle relazioni internazionali verranno analizzate la scoperta delle dimensioni
“verticali” grazie ai progressi tecnologici, ma anche il conflitto spaziale, centrale
nella geopolitica, tra potenze di terra e potenze di mare e, per quanto riguarda
quest’ultimo contesto, un certo determinismo geografico sarà sempre presente,
determinismo che può sfociare alcune volte nella trattazione dello spazio come
teatro ma anche come ambiente. Quindi, alla luce della teoria delle relazioni
internazionali, lo spazio verrà analizzato come posta in gioco, obbiettivo ed
elemento della potenza. Inoltre verrà analizzato come teatro di un’attività
specifica, la guerra, e come modificazioni di questo teatro influenzino o abbiano
influenzato le relazioni internazionali.
2
Raymond Aron, op.cit., pg.223
11
1.1 Lo spazio come posta delle relazioni internazionali.
Come fa notare Bonanate
3
, praticamente tutte le teorie della politica
internazionale possono essere ricondotte al concetto centrale di anarchia, o
dello stato di natura illustrato da Hobbes .
L’anarchia è la condizione essenziale della politica internazionale : l’ambito
delle relazioni internazionali è strutturalmente anarchico, cioè privo di qualsiasi
rimando a un principio di ordine. La formazione stessa dello stato nazionale ne
sarebbe responsabile : se lo stato esiste in quanto sovrano, non può
demandare a nessun’altra autorità a lui superiore l’esercizio di una parte della
sua stessa sovranità. Se il mondo è un insieme di stati sovrani, cioè
indipendenti, allora i rapporti non potranno mai instaurarsi su una base
gerarchica, cioè in qualche modo ordinata, ma sempre e soltanto sulla base dei
rapporti di forza.
La sovranità nazionale consiste nella supremazia del potere statale nei
confronti di tutto ciò che rientra nei limiti dello stato stesso, e si esercita grazie
all’autorità, cioè al monopolio della forza legittima di cui la sovranità è dotata.
L’uso della forza è una prerogativa esclusiva del “sovrano”, il quale nei rapporti
esterni con gli altri stati non può strutturalmente subire la forza di un’altra
sovranità. La forza, dal canto suo, non può sul piano internazionale costituire
l’oggetto di un monopolio legale ; può semmai, in teoria, finire nelle mani di un
solo stato, il quale però potrebbe legittimarsi come monopolista soltanto dopo
la disfatta e la conquista degli altri stati che erano ugualmente sovrani. Sulla
base di queste premesse la potenza è la condizione fondamentale di
sopravvivenza e diviene l’unico obiettivo razionale dello stato ; l’anarchia è la
situazione oggettiva delle relazioni internazionali, la politica di potenza la regola
di comportamento generale.
Questi, in definitiva, sono gli assunti principali che sono alla base di ogni teoria
realista o neorealista delle relazioni internazionali.
Vi sono alcune differenze tra le due visioni : Morgenthau
4
e la tesi realista in
generale vedono il potere e la potenza (d’ora in poi questi due termini saranno
usati come sinonimi) come un bene in sé, ed escludono che, da parte di un
3
Luigi Bonanate, Teoria politica e relazioni internazionali,Edizioni di Comunità, Milano 1976, pg.67.
4
Hans Morgenthau, Politica tra le nazioni, Il Mulino, Bologna, 1997.
12
uomo politico, azioni non volte al conseguimento di più potere posano
configurarsi come “azioni politiche”.
Viceversa Waltz e Gilpin, tra i massimi esponenti del neorealismo, vedono il
potere non come un fine in sé, ma come un mezzo, “con gli stati che corrono
dei rischi sia se ne hanno troppo o troppo poco”
5
; questo perché sia
l’eccessiva debolezza che l’eccessiva potenza possono causare negli altri stati
tendenze all’espansione e quindi alla guerra . Altra differenza tra le due teorie
è che la realista ha una visione delle relazioni internazionali “stato centrica”,
laddove secondo il neorealismo (Waltz soprattutto) per un adeguata
comprensione della dinamica delle relazioni internazionali è necessario
muovere da un’analisi sistemica, ovverosia un’analisi che tenti di comprendere i
comportamenti degli attori alla luce delle loro relazioni
6
.
Tuttavia quello che in questo conteso importa è che sia il realismo che il più
moderno neorealismo concordano sostanzialmente sull’obbiettivo che ciascun
attore ha all’interno delle relazioni internazionali : “... la natura fondamentale
delle relazioni internazionali non è cambiata nel corso dei millenni. Le relazioni
internazionali continuano ad essere una lotta ricorrente per la ricchezza e il
potere tra attori indipendenti in uno stato d’anarchia.”
7
Il rapporto tra guerra e spazio nelle relazioni internazionali, si riconfigura
continuamente alla luce delle variazioni introdotte dalla tecnologia
(conoscenza) e dalla cangiante natura del potere. Variazioni nell’uso della
tecnologia, soprattutto in quella dei trasporti, ma anche in quella delle armi da
fuoco, variano la concezione che dello spazio hanno gli uomini, e soprattutto il
senso dello spazio, facendo scoprire nuove dimensioni dello stesso . A questo
proposito appare utile effettuare una precisazione : Jean a proposito
dell’aspetto spaziale e della tecnologia, sostiene che il primo sia un fattore
permanente della geopolitica, laddove la tecnologia sarebbe un fattore
variabile
8
.
Tuttavia per una corretta distinzione è utile distinguere tra breve periodo e
lungo periodo . I rapporti tra sistemi di attività e spazio sono sempre di due
ordini : nel breve periodo le attività si devono adattare allo spazio ed assumere
5
Kenneth Waltz, The origins of war in Neorealist theory, in “The origins and prevention of major wars”,
Cambridge University Press, Cambridge 1989, pg. 42.
6
Kenneth Waltz, Teoria della politica internazionale, Il Mulino, Bologna, 1987.
7
Robert Gilpin, Guerra e mutamento nella politica internazionale, Il Mulino, Bologna 1987, pg. 44.
8
Carlo Jean, Geopolitica, Laterza, Bari 1995, pg. 87.
13
questi come un elemento dato e costante . Nei tempi lunghi le parti s’invertono :
le attività, grazie all’ausilio della tecnologia e quindi , in ultima analisi, della
conoscenza, possono adattare gli spazi alle proprie esigenze, mediante
processi di trasformazione e strutturazione del territorio e dell’ambiente
9
. A
questo proposito Gilpin
10
fa notare che le innovazioni militari, che della
tecnologia sono figlie, possono sempre avere un impatto sia sul concetto di
difesa che su quello di offesa, e che contestualmente possono variare i costi e
la propensione all’allargamento di uno stato. A sua volta, variazioni nell’uso
della tecnologia sono allo stesso tempo causa ed effetto del mutamento nelle
basi del potere, intendendo con questa espressione le principali determinanti
dello stesso : esse possono variare da elementi enumerabili e quantificabili,
come risorse minerarie, agricole o idriche, popolazione o estensione del
territorio verso elementi che, seppur esistenti e presenti, sono di difficile
quantificazione ed enumerazione, come l’informazione e la conoscenza .
9
Raimondo Strassoldo, Guerra e spazio, in “Il pensiero strategico”, a cura di Carlo Jean, Franco Angeli,
Milano 1985, pg.232.
10
Robert Gilpin, op. cit., pg. 107.
14
1.2 Le ideologie geografiche dello spazio.
Raymond Aron, nel capitolo del libro “Guerra e pace tra le nazioni” dedicato allo
spazio, introduce il concetto di ideologia geografica, definendola come “la
giustificazione, mediante un argomento di ordine geografico, di obiettivi o di
ambizioni di ordine politico.”
11
Le ideologie geografiche hanno sempre un
elemento in comune : concepiscono lo spazio come una posta delle collettività
umane, una posta che, per la sua estensione o per la sua qualità,
giustificherebbe la lotta tra le suddette comunità.
Tre elementi meritano una più attenta analisi : la giustificazione, l’estensione, la
qualità.
L’ideologia geografica assume sempre la forma della giustificazione : ha
l’intendimento di far apparire presso gli altri stati come ineluttabile naturale e
razionale l’espansione di uno stato verso qualsivoglia dimensione.
La qualità dello spazio è da intendersi in due differenti modi : qualità economica
in termini di risorse ( minerarie, idriche, agricole ) e come disponibilità di ampi
mercati per assorbire l’offerta industriale e qualità intesa in termini di sicurezza
(accessibilità al proprio territorio).
La qualità dell’estensione può essere anche fatta valere,come vedremo, per
motivazioni di sicurezza ma anche di prestigio e di rango, allorché vale l’identità
tra stato grande e grande stato.
Ideologie geografiche e spazio posta sono quindi strettamente collegati : le
prime derivano da una particolare concezione dello spazio e tendono a fornire
una motivazione all’espansione. Vediamo ora come siano state elaborate
compiutamente ideologie geografiche sia per la terra che per il mare, ma non
per l’aria e se sia possibile elaborarne per l’aerospazio.
1.2.1 Le ideologie geografiche della terra
L’attraversamento di un confine è da sempre considerato come il casus belli
per eccellenza, così come molte volte l’occupazione del suolo è stato
l’obbiettivo degli eserciti in conflitto. Naturalmente la guerra di conquista non è
l’unica forma di guerra esistente : l’ambito dei fini di guerra è estremamente
11
Raymond Aron, op. cit., pg. 240
15
ampio e ricco, appartenendo ad esso le guerre dinastiche, le guerre di
liberazione, quelle di religione o quelle rivoluzionarie
12
. Tuttavia concentrando la
nostra analisi sul territorio come elemento di posta tra gli stati, non possiamo
prescindere dalla tipologia della guerra di conquista.
Proprio l’invasione è la prima manifestazione bellica a cui è possibile risalire
13
,
e la guerra d’invasione, fatta allo scopo di occupare un più vasto spazio ed
avere un più ampio territorio nasce dallo scopo implicito nella dimensione
terrena, l’occupazione.
La terra diviene e resta tuttora per alcune realtà la posta per eccellenza,
allorché le risorse insite in essa rappresentano anche la base del potere
conosciuto, così come lo concepisce una determinata civiltà . E’ inevitabile che
per società che basino la propria produzione e la propria vita sull’agricoltura, la
terra e l’espansione territoriale rappresentino il fine ultimo della guerra.
Quando l’agricoltura rappresentava la base della ricchezza, i mutamenti
demografici, le innovazioni nell’organizzazione militare o politica e casuali
sviluppi tecnologici erano spesso i fattori principali di un cambiamento politico e
della crescita diseguale di potere tra gli stati. L’accumulo di ricchezza attraverso
lo sfruttamento di solito seguiva, piuttosto che precedere, la conquista militare :
“mediante la richiesta di tributi, il saccheggio e l’asservimento dei popoli
conquistati, la potenza militare acquisiva ricchezza”
14
Conquistare terreno ai danni dello stato vicino oppure, prima dell’avvento degli
stati nazione, ai danni delle comunità limitrofe, rappresentava (e può
rappresentare tuttora) un modo per incrementare le risorse a propria
disposizione . Se è vero che modi di produrre e di combattere vanno di pari
passo
15
, società che pongono alla base del concetto di potere elementi quali
l’estensione del proprio territorio, le risorse agricole e minerarie e quant’altro di
materiale, non possono prescindere dall’elemento terra.
Secondo Carl Schmitt, ciò che contraddistingue l’elemento terra dalle altre
dimensioni, è la possibilità di essere soggetto ad una sovranità: “L’occupazione,
nella concezione del diritto internazionale europeo, è addirittura la meta
oggettivamente necessaria e, in un certo senso, naturale, delle operazioni di
guerra terrestre. L’esercito che occupa il territorio nemico è normalmente
12
Luigi Bonanate, La guerra, Laterza, Roma Bari 1998, pg. 19
13
Ibidem
14
Robert Gilpin, op. cit., pg. 184.
15
Si veda a questo proposito Alvin e Heidi Toffler, La terza ondata, Sperling e Kupfer, Milano 1987.
16
interessato a mantenere in esso la sicurezza e l’ordine, e a stabilirvisi come
autorità.”
16
Ecco dunque che si instaura una polarità, una relazione tra popolazione
insediata su un determinato territorio, risorse dello stesso ed esercito
conquistatore . Quest’ultimo instaura la propria sovranità sul territorio, sovranità
che gli garantisce lo sfruttamento delle risorse : la popolazione è tenuta
all’obbedienza, in cambio però della protezione accordata ad essa dallo stesso
esercito conquistatore.
A dire il vero questo rapporto era già stato sottolineato da Machiavelli, che
distingueva tra due diversi tipi di guerre, ma in cui la relazione protezione
obbedienza ed il conseguente sfruttamento delle risorse è sempre presente :
“L’una è fatta per ambizione de’ principi o delle repubbliche che cercano di
propagare lo imperio, come furono le guerre che fece Alessandro Magno e
quelle che fecero i Romani, e quelle che fanno ciascuno di l’una potenza con
l’altra. Le quali guerre sono pericolose, ma non cacciano al tutto gli abitatori
d’una provincia : perché è basta al vincitore solo la ubbidienza de’ popoli, e il
più delle volte gli lascia vivere con le loro leggi, e sempre con le loro case e ne’
loro beni. L’altra generazione di guerra è quando uno popolo intero con tutte le
sue famiglie si lieva d’uno luogo, necessitato o dalla fame o dalla guerra, e va a
cercare nuova sede e nuova provincia, non per comandarla come quegli di
sopra, ma per possederle tutta particularmente, e cacciarne o ammazzare gli
abitatori antichi di quella . Questa guerra è crudelissima e paventosissima.”
17
La relazione che si instaura quindi tra “invasore” ed “invaso” è una relazione del
tipo protezione obbedienza .
Il fine ultimo della dimensione “terra” è quindi l’occupazione : da questo fine
discende poi il naturale corollario dell’imposizione di una propria sovranità e
dello sfruttamento delle risorse e, per ultimo, ne discende una semplice
equazione : la terra è il potere, la terra è la potenza e ne rappresenta la
determinante più significativa.
Questa equazione, semplicistica ma efficace, cambia nella sua forma ( ma
vedremo non nel suo significato) con l’industrializzazione crescente che si
verifica in Europa a partire dal XVIII secolo : con l’avvento dell’industria
16
Carl Schmitt, Il nomos della terra nel diritto internazionale dello Jus Publicum Europaeum, Adelphi,
Milano 1991, pg.423.
17
Niccolò Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, II, 8, in “Il principe e discorsi”, Feltrinelli,
Milano 1983, pg.267.
17
moderna, il progresso tecnologico e l’efficienza economica divennero i mezzi
più sicuri per guadagnare ricchezza e potere. Mutò quindi l’importanza relativa
della tecnologia produttiva e del controllo del territorio quali fattori di crescita
della ricchezza e del potere delle diverse entità politiche. Pur tuttavia, ad uno
sguardo attento, la sostanza rimaneva pressoché invariata : lo sviluppo
economico, ma soprattutto il controllo territoriale continuavano ad essere le
basi del potere e della ricchezza, le basi della potenza . L’equazione si
trasforma ? L’identità è ora tra ricchezza e potere ma la ricchezza è ancora da
ricondurre al dominio del territorio e delle risorse. Per la proprietà transitiva
anche nell’età industriale (ai suoi albori e nel suo punto più alto) l’equazione
resta quella originaria tra terra e potere. La sua permanenza porta alla nascita
dell’ideologia dello spazio vitale, di cui il più illustre antesignano è Friedrich
Ratzel .
Ratzel, fondatore della geopolitica, concepisce uomo e natura come
componenti di un unico processo teleologico, in cui entrambi svolgono un ruolo
essenziale.
18
Nel suo primo più importante lavoro , Antropogeografia, sostenne
che i popoli che più avevano avuto successo erano quelli che da sempre
continuavano ad espandersi in nuove regioni, imprimendo se stessi e la loro
cultura sulla natura per creare ambienti culturali distintivi.
In Geografia Politica (1897) delinea quelle che sono le naturali leggi che
governano l’espansione degli stati e l’allargamento degli stati . Lo stato, per
Ratzel è un organismo vivente, e come tale non può essere contenuto entro
rigidi limiti ; ogni popolo collocato nella sua area, rappresenta un organismo
vivente che ha esteso sé stesso su una parte della terra e si differenzia dagli
altri corpi sia che essi si siano sviluppati dai loro confini sia che siano nati dallo
spazio vuoto.
Ratzel postula sette leggi generali
19
:
1. la grandezza di uno stato cresce con la sua cultura
2. la crescita degli stati segue altre manifestazioni della crescita della
popolazione, come ad esempio il livello di sviluppo agricolo
3. la crescita di uno stato si compie con l’annessione di piccole parti in un
aggregato
18
Geoffrey Parker, The Western Geopolitical Thought in the Twentieth Century, Croom Helm, London
1985, pg. 11.
19
Gearoid O Tuathail, Critical Geopolitics: The Politics of Writing Global Space, University of Minnesota
Press, Minneapolis 1996, pg.37.
18
4. il confine è l’organo periferico dello stato e prende parte a tutte le
modificazioni dell’organismo statale
5. lo stato si confronta con l’insieme delle scelte politiche da prendere man
mano cresce
6. il primo stimolo all’espansione spaziale degli stati viene da ciò che è esterno
all’organismo statale
7. la generale tendenza verso un’annessione territoriale si trasmette da stato a
stato e cresce continuamente in intensità.
Secondo Ratzel in definitiva, l’esigenza di allargarsi e di occupare nuovi territori
può essere giustificata in base alla pressione demografica e quindi in base alla
naturale esigenza di avere a disposizione più risorse per l’aumentato numero di
bocche da sfamare. In particolare Ratzel sottolinea l’importanza avuta dallo
Zollverein tedesco, di cui era stato fautore l’economista Friedrich List,
constatando che l’avanzamento dei confini politici segue sempre nella storia
quello delle frontiere economiche.
20
Come un organismo in una lotta estremamente competitiva per l’esistenza, ogni
grande stato con una popolazione che cresce giorno per giorno ha bisogno di
più spazio per sostenere e per alimentare la propria civiltà.
Questo impellente bisogno di spazio per gli stati viene chiamato da Ratzel
come il desiderio di Lebensraum o spazio vitale. Secondo Ratzel gli stati con
larghi spazi territoriali rappresentano il futuro. Gli stati dei larghi spazi
(Grossraum) come gli USA, la Russia o la Cina sono destinati a diventare
potenze mondiali. Per assicurare anche alla sua patria un destino di grande
nazione Ratzel vede nell’Africa settentrionale la sola via d’espansione, dopo
aver escluso un’espansione della Germania in Europa a causa del suo
eccessivo affollamento
21
( in termini più scientifici Ratzel vedeva l’Europa del
XIX secolo come un sistema internazionale chiuso).
Argomentazioni di questo genere si basano sull’ipotesi che il pianeta sia troppo
angusto perché tutti i popoli possano trovarvi una prosperità adeguata : la
mancanza di spazio colpisce dunque l’intera umanità, e ne deriva la lotta tra gli
stati e tra gli uomini.
L’ideologia geografica dello spazio vitale, che come abbiamo visto ha come
padre teorico Ratzel, ha la sua manifestazione empirica più eclatante con
20
Carlo Jean, op. cit. , pg.27.
21
Gearoid O Tuathail, op. cit., pg.38.
19
l’ideologia nazionalsocialista , anche se nella storia tedesca esistono altri
esempi antecedenti, basti ricordare la “spinta verso est” (Drang nach Osten)
oltre l’Elba e il Niemen, delle popolazioni germaniche nei secolo XI e XII ai
danni degli Slavi e la successiva penetrazione tedesca del sec. XIII che dette
luogo a forti stanziamenti nelle terre del Baltico da parte dei Cavalieri dell’ordine
teutonico.
22
Elemento comune a tutte le ideologie dello spazio vitale è una concezione
piuttosto elementare dell’economia, che ignora totalmente la possibilità di un
aumento della produttività come “antidoto” alla mancanza di spazio. Questa
concezione parte dal presupposto che la dipendenza di un paese da mercati
esteri rappresenti innegabilmente una fonte di debolezza, e dall’ancor più
vecchio presupposto secondo cui i contadini dovevano rappresentare una
percentuale importante della popolazione totale e che solo un’espansione
territoriale avrebbe garantito il mantenimento di questa percentuale.
23
Quest’ultimo corollario testimonia di una concezione essenziale ed elementare
dell’economia nonché di una visione “organicistica” dell’entità statale.
Un’altra ideologia dello spazio è quella delle “frontiere naturali”.
Se per lo spazio vitale la motivazione, o meglio, giustificazione di fondo era ed
è di carattere economico, per le frontiere naturali il motivo fondante è il
concetto di sicurezza nazionale : uno stato vede nella propria attuale
conformazione dei confini e delle frontiere un elemento di debolezza per la
propria sicurezza : raggiungere la frontiera naturale significa raggiungere un
confine non già che sia dichiarato come tale dallo stato in questione e
riconosciuto dagli altri, ma che sia sancito come confine dall’ambiente e dalla
stessa conformazione geofisica. Ecco quindi che la frontiera naturale diventa
un ostacolo geografico naturale : una catena montuosa o un fiume. Ed il
raggiungimento della stessa diviene un bisogno impellente per la sicurezza
dello stato . Anche in questo caso l’ideologia della frontiera naturale, così come
per lo spazio naturale, parte da basi del potere materiali ed enumerabili : la
montagna od il fiume rappresentano ostacoli difficili da attraversare per
l’esercito nemico.
22
Antonio Desideri, Storia e Storiografia, dalla prima guerra mondiale alla soglia del duemila,Casa
Editrice G. D’Anna, Messina-Firenze 1990, pg.436.
23
Raymond Aron, op. cit., pg.243.
20
“L’argomento militare equivale all’argomento, biologico od economico, dello
spazio vitale, e sostituisce un argomento morale. Il bisogno di sicurezza
giustificherebbe l’annessione di una provincia come la necessità vitale
giustificherebbe la conquista di vasti territori.”
24
Viene considerata più sicura come frontiera una catena montuosa, che non un
confine riconosciuto ed approvato dagli stati limitrofi.
L’ideologia delle frontiere naturali riconduce ad un paradosso, il cosiddetto
dilemma della sicurezza : in un sistema anarchico quale quello internazionale,
gli stati devono provvedere alla loro sicurezza : la preoccupazione di
fronteggiare nuove minacce, reali o potenziali, fa si che ogni stato metta in atto
tutte quelle pratiche che ritiene siano idonee per preservarlo da eventuali
pericoli.
Tuttavia, le misure che aumentano la sicurezza di uno stato diminuiscono
invariabilmente quella degli altri, soprattutto di quelli più vicini. In un contesto
anarchico quale è il sistema internazionale “the source of one’s own comfort is
the source of another’s worry”
25
1.2.2 L’ideologia del mare : il libero commercio marittimo.
Carl Schmitt, in “Il Nomos della Terra” differenzia quelli che sono gli obiettivi
insiti in ogni dimensione : se per la terra, come già sottolineato, si può parlare di
occupazione come fine ultimo ed anche naturale, per il mare non è possibile
parlare di occupazione, quanto di blocco.
Il blocco, fine da perseguire ad opera di una potenza navale in guerra, consiste
semplicemente nel controllo di alcuni importanti punti di congiunzione tra terra e
mare, gli stretti, in modo da “paralizzare” gli approvvigionamenti di varia natura
ed affamare in questo modo Behemoth, la terra.
Il XIX secolo è quello che vede il consolidarsi della potenza inglese : potenza
da più punti di vista : quello industriale, commerciale, finanziario e soprattutto
marittimo, che poi è strumentale ai precedenti .
24
Raymond Aron, op. cit., pg.245.
25
Kenneth Waltz,op. cit., pg. 43.