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INTRODUZIONE
Il tema della tecnica rappresenta uno dei temi principali della filosofia moderna e
contemporanea - data la pervasività che essa ha raggiunto nelle nostre vite e nella nostra società - e,
infatti, molti autori se ne sono occupati: M. Heidegger (La questione della tecnica, Ormai solo un
Dio ci può salvare. Intervista con lo Spiegel, L’abbandono, Il linguaggio tramandato e il linguaggio
tecnico), E. Jünger (Il lavoratore), M. Heidegger e E. Jünger (Oltre la linea), F. G. Jünger
(Perfezione della tecnica), W. Benjamin (L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità
tecnica), A. Gehlen (L’anima nell’età della tecnica e L’uomo nell’era della tecnica), J. Ellul (La
tecnica, rischio del secolo), G. Anders (L’uomo è antiquato), H. Jonas (Il principio di
responsabilità), Ortega y Gasset (Meditazione sulla tecnica), E. Severino (Techne. Le radici della
violenza, Tautotes, La tendenza fondamentale del nostro tempo e Il destino della tecnica), W.
Sombart (Tecnica e cultura) e H. Marcuse (L’uomo a una dimensione).
Tra costoro possiamo annoverare anche Romano Guardini che ha affrontato il tema
specificatamente in Lettere dal lago di Como e in modo più defilato anche in La fine dell’epoca
moderna e ne Il potere, offrendo un contributo originale a questo dibattito filosofico, indagando – in
particolare - sul rapporto tra tecnica e uomo e tra tecnica e natura. L’originalità del contributo
guardiniano consiste nel fatto che egli da presbitero cattolico ha espresso, partendo dalla sua
esperienza religiosa, posizioni nuove e in controtendenza all’interno del dibattito culturale-filosofico
del primo ‘900, aggiungendo un significativo apporto a tale dibattito.
Romano Guardini nasce a Verona il 17 Febbraio 1885, ma ben presto si trasferisce con la
famiglia a Magonza, in Germania, per esigenze legate al lavoro del padre. Dopo aver conseguito il
diploma classico, Guardini affronta anni travagliati per la scelta dell’Università: all’inizio si iscrive
alla facoltà di Chimica di Tubinga, successivamente alla facoltà di Scienze Politiche di Monaco. Nel
corso di questi anni si avvicina alla Chiesa Cattolica e, partecipando alla messa domenicale di
Oldenburg-Strasse, scopre la sua vocazione sacerdotale, iniziando gli studi teologici prima a Friburgo
e poi a Tubinga. Viene poi ordinato sacerdote nel 1910 e l’anno successivo ottiene la cittadinanza
tedesca che crea frizioni con la famiglia che aveva, invece, l’intenzione di tornare in Italia di lì a poco
(infatti in occasione della I guerra mondiale la famiglia torna in Italia e rimane in Germania il solo
Romano).
Nel 1915 si laurea in Teologia con una tesi su Bonaventura e nel 1922 ottiene l’abilitazione
all’insegnamento accademico. L’anno successivo, nel 1923, gli viene assegnata la cattedra di un
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nuovo corso, quello di “Filosofia della religione e visione cattolica del mondo” all’Università di
Berlino. Questa esperienza per Guardini non è facile perché, da un lato, questa università è protestante
(assumendo un atteggiamento di ostilità e di disinteresse nei suoi confronti) e, dall’altro, perché ha
difficoltà nel definire l’oggetto della materia, quella “visione cattolica del mondo” su cui basare le
lezioni del corso.
Data quest’ultima difficoltà Max Scheler gli fornisce un suggerimento su come avrebbe potuto
impostare il corso: confrontare il pensiero di grandi autori della cultura occidentale con il messaggio
cristiano-cattolico. Così Guardini, accettando il consiglio di Scheler, imposta le lezioni universitarie
del corso in codesto modo e dalle lezioni nascono poi suoi scritti monografici su Socrate,
Sant’Agostino, Dante, Pascal, Hölderlin, Kierkegaard, Dostoevskij e Rilke. Il suo corso ha un grande
successo, ma viene soppresso nel 1939 per volontà dei nazisti attraverso un prepensionamento
forzato; gli stessi nazisti successivamente gli proibiranno anche di parlare in pubblico.
Guardini, oltre a subire direttamente la censura dei nazisti, è stato anche uno dei massimi
ispiratori culturali del movimento della Rosa Bianca, insieme a Carl Muth e Teodor Haecker. La Rosa
Bianca è stato uno dei pochissimi movimenti di opposizione al nazismo, composto dai fratelli Hans
e Sophie Scholl (25 e 21 anni), Alexander Schmoller (25 anni), Christoph Probst (23 anni) ed il
professor Kurt Huber (49 anni). Costoro erano studenti e docenti che, proprio a partire dalla loro
formazione cristiana, decisero di opporsi in maniera non violenta al regime hitleriano e che furono
tragicamente condannati a morte nel 1943.
La capacità guardiniana di ispirare questi giovani studenti a combattere in nome ed in difesa
della libertà contro uno dei peggiori regimi totalitari realizzato dall’umanità, non è stata solo per la
sua produzione letteraria, ma anche per l’attività che dal 1927 stava esercitando come direttore
spirituale del movimento giovanile “Quickborn” (Fonte viva). Infatti questo movimento (che fu fonte
di ispirazione per gli studenti della Rosa Bianca) era diventato un importante stimolo culturale e
spirituale per la gioventù cattolica, attraverso il quale Guardini riuscì a mostrare tutte le sue grandi
doti da pedagogo (è considerato come uno dei massimi pedagoghi del ‘900). Sotto il dominio nazista
il Quickborn fu considerato un movimento pericoloso e dunque fu prima sottoposto a restrizioni e poi
definitivamente soppresso.
Nel secondo dopoguerra, dopo la caduta di Hitler, Guardini ottiene nuovamente la cattedra di
“Visione cattolica del mondo”, stavolta però all’università di Tubinga, trasferendosi poi all’università
di Monaco nel 1948 dove insegna fino al 1963.
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Nel 1961 viene nominato membro della Commissione liturgica preparatoria del Concilio
Vaticano II, senza però riuscire a partecipare al Concilio stesso per motivi di salute.
Muore il 1° Ottobre del 1968 a Monaco e, attualmente, le sue spoglie sono presso la Chiesa
Universitaria di San Ludovico a Monaco di Baviera, nella quale per molti anni aveva predicato e le
cui prediche sono raccolte nell’opera Il Signore.
Questa tesi si propone di approfondire il pensiero di Romano Guardini, in particolare riguardo
al tema della tecnica e, più in generale, della post-modernità. La ragione della scelta di quest’autore
è mossa dall’interesse per il pensiero di uno fra i principali pensatori del novecento, in relazione a
tematiche così presenti e pressanti nel dibattito contemporaneo. Egli è stato in grado, con la sua vasta
speculazione (pedagogica, morale, filosofica, antropologica, teologica), di imporsi nel contesto
culturale tedesco di quel tempo, tanto da “dialogare”, attraverso le sue opere, con Schmitt, Scheler,
Spengler, Simmel, Jaspers, E. Jünger, Heidegger, T. Mann. La grandezza di Guardini, secondo il
sottoscritto, è rappresentata dalla sua capacità di cogliere le esigenze e le domande più impellenti ed
acute della sua epoca, dandone però risposte nuove (per la maggior parte in controtendenza con quelle
espresse da molti suoi contemporanei, risultando invece affine ad autori quali Jaspers e Scheler) che
tutt’ora risultano attuali e feconde. Le risposte date dall’autore intendono delineare una posizione
antropologica nuova, capace di convivere con l’era enigmatica che si stava aprendo. Guardini, in
conclusione, intende - con la sua opera - porre nuovamente al centro della filosofia occidentale il
pensiero metafisico, adeguandolo ai nuovi tempi, perché ritiene che solo con esso sia possibile
superare la “crisi della civiltà”, tema dominante di quegli anni.
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1. “LETTERE DAL LAGO DI COMO. LA TECNICA E L’UOMO”
1.1 Introduzione al tema della tecnica
Come già esposto nell’introduzione, la tecnica costituisce uno dei temi principali della
filosofia contemporanea, tanto che Heidegger ha definito la nostra epoca come «età della tecnica»
1
.
Ma cosa rappresenta la tecnica? Qual è il suo problema filosofico?
Tecnica
2
deriva dal greco τέχνη e significa quell’insieme di abilità, regole e norme pratiche
finalizzate alla produzione di oggetti, strumenti che servono a rispondere ai bisogni dell’uomo. Il
tema della tecnica nasce nell’Antica Grecia e tra le tecniche si indicavano proprio il lavoro artigianale,
l’aritmetica, la geometria e le prime forme di medicina. La tecnica è il mezzo mediante il quale l’uomo
trasforma la realtà rendendola più adatta alla sua misura. Nel corso dei secoli, in particolare dall’epoca
moderna, queste tecniche si sono espanse sia da un punto di vista quantitativo sia da un punto di vista
qualitativo, poiché la tecnica si è servita delle conoscenze scientifiche al fine di realizzare oggetti e
strumenti che rispondessero sempre più efficacemente alle esigenze degli uomini: «Il tecnico è colui
che sa e spesso sa anche come. Ma è lo scienziato che sa perché»
3
.
Nell’epoca moderna la tecnica, unita alla scienza, è stata vista come l’elemento di
emancipazione dell’uomo; essa ha posto il progresso continuo ed inarrestabile come il proprio scopo.
La massima espressione di questa dominante visione moderna la troviamo in Comte
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, il quale riteneva
che il progresso storico avrebbe dovuto affrontare tre stadi: quello teologico, quello metafisico e,
infine, quello positivo in cui la scienza sarebbe diventata la guida per l’intera umanità.
Se con la modernità la tecnica veniva vista in modo positivo, il mito del progresso continuo si
va con il tempo appannando e, tra la fine del XIX e il XX secolo, pur con alterne vicende, lo sviluppo
tecnologico viene messo sempre più in discussione
5
. Infatti il pensiero post-moderno inizia a far
emergere tutte le problematiche derivanti dall’eccessiva espansione della razionalità tecnico-
1
M. Heidegger, Ormai soltanto un Dio ci può salvare, Guanda, Parma, 1987, p. 131.
2
«Il senso generale del termine coincide con quello generale di arte […]: comprende ogni insieme di regole adatte a
dirigere efficacemente un’attività qualsiasi» N. Abbagnano, Dizionario di filosofia, Utet, Torino 1998, p. 1070.
3
D. Antiseri, in “Il Riformista”, 27 febbraio 2009, p. 19.
4
August Comte (1798-1857), filosofo e sociologo francese, massimo esponente della corrente Positivista. Rappresenta
uno dei principali sostenitori della concezione del progresso come finalità storica.
5
«Solo a partire dalla fine del secolo scorso e nei primi decenni del nostro secolo, ha cominciato a delinearsi quello che
oggi si chiama il problema della Tecnica: cioè il problema fatto nascere dalle conseguenze che lo sviluppo della Tecnica
del mondo moderno produce nella vita singola e associata dell’uomo» N. Abbagnano, Dizionario di filosofia, cit., p. 1071.