3
Introduzione
“Vasanti è seduta sul pavimento nella sala riunioni della vecchia sede
dell’Associazione delle Lavoratrici Autonome (SEWA)
1
. E’ una donna minuscola
dalla pelle scura, sulla trentina, indossa un bel sari blu elettrico, e i capelli raccolti
a chignon sul capo. E’ rajput, cioè di buona casta indù. Il marito di Vasanti era un
alcolizzato, dedito al gioco, che si serviva del denaro della famiglia per ubriacarsi.
Quando il marito diventò violento, non potendo più vivere con lui Vasanti ritornò
alla famiglia. I fratelli le prestarono denaro per acquistare una macchina per fare
le finiture ai sari, ma le dispiaceva dipendere da loro, giacchè erano sposati e
avevano figli, ed era possibile che non potessero sostenerla a lungo. Con l’aiuto di
SEWA, quindi, per ripagare i fratelli ottenne da sola un prestito bancario, che
ormai ha già quasi completamente rimborsato. Ora guadagna 500 rupie al mese,
un’entrata dignitosa, ha due libretti di risparmio e desidera vivamente impegnarsi
maggiormente nel sindacato della SEWA.”
2
Qualcosa sta cambiando, anche per lei.
Già da molti anni si avvertono segnali di cambiamento nella comunità
internazionale. E se è vero che ogni cambiamento nasce da una condizione
traumatica, neanche questo caso fa eccezione. Sono probabilmente avvisaglie di
un disagio diffuso nei confronti di una situazione avvertita come insostenibile. E’
un’insostenibilit{ che si manifesta a vari livelli. Ha a che fare con l’ambiente, con
le relazioni internazionali, con i rapporti sociali e, in ultimo, con l’economia. Si
tratta, ovviamente, di relazioni strettamente interdipendenti, basti pensare al
rapporto intrinseco, che lega l’economia alla societ{. E quando questa
percezione di insostenibilit{ coinvolge anche l’economia, cioè il modo in cui si
provvede all’allocazione delle risorse, quindi una delle principali attività volte
alla riproduzione della societ{, allora c’è davvero motivo d’interrogarsi.
Ci si è spinti troppo oltre? Dove ci sta portando la logica del profitto? E’ giusto
lasciare le istituzioni economiche e finanziarie operare liberamente seguendo le
1
Per approfondimenti si rimanda al sito: http://www.sewa.org/
2
Estratto da “Diventare persone”, Nussbaum, M., Il Mulino, 2001.
4
leggi del mercato? Davvero non esiste alternativa agli imperativi imposti dalle
leggi del mercato? E ancora, è possibile coniugare profitto ed etica sociale?
L’obiettivo che mi prefiggo è di contribuire ad inquadrare meglio la questione,
illustrando una prospettiva alternativa di approccio alla finanza che tenta di
sciogliere quei nodi venuti al pettine negli ultimi decenni di deregolamentazione
della finanza e del capitalismo che tanto hanno contribuito al dibattito
contemporaneo tra gli studiosi delle scienze economiche e sociali. Il tema che
voglio affrontare appare attuale e dibattuto, a cavallo tra diverse discipline di
interesse accademico. Esso coinvolge, infatti, oltre all’economia ed alla finanza
anche le scienze filosofiche, l’etica in primis.
L’etica, distinguendo i comportamenti umani in buoni, giusti, o moralmente
leciti, da quelli ritenuti cattivi o moralmente riprovevoli, permette quindi di
tracciare una chiara linea di demarcazione rispetto ai valori che determinano il
comportamento umano e ne guidano l’azione.
L’etica, così come descritta dalle parole di Amartya Sen, uno dei più noti
economisti contemporanei, rappresenta un valore aggiunto all’economia, non un
limite, un ostacolo, ma bensì un arricchimento. Non è un caso che il nuovo
approccio alla finanza prenda il nome di finanza etica, volendo con ciò indicare
l’attenzione ai principi e ai valori che riconoscono la dignit{ della persona e
vogliono valorizzarla garantendo a ciascuno la possibilità di giocarsi le proprie
carte in un gioco ad armi pari, in cui ad ogni partecipante siano offerte pari
condizioni di partenza. L’aggettivo etica aggiunge, pertanto, un quid destinato a
cambiare le regole del gioco, un gioco cui, finora, hanno partecipato pochi,
selezionati giocatori, mentre la maggioranza ne è rimasta esclusa, spesso a
priori, senza una reale responsabilità o scelta. Questo gioco si chiama economia;
è regolata dalle leggi della domanda e dell’offerta, ma oltre a queste interviene
una serie di altre variabili e dimensioni difficilmente considerabili
separatamente. Questa complessa struttura che guida il sistema economico
internazionale ha fatto sì che negli ultimi decenni la ricchezza e il potere
decisionale si concentrassero nelle mani di poche persone o gruppi finanziari,
lasciando tutti gli altri inermi di fronte all’impossibilit{ di entrare, con i propri
scarsi mezzi, nell’arena della competizione economica.
5
La finanza etica si propone allora come un via alternativa, certo non la panacea a
tutte le storture della struttura finanziaria mondiale, ma un tentativo di
cambiare le cose, fissando la priorit{ nel restituire considerazione all’individuo
in quanto persona, e non come pedina da muovere nella scacchiera
dell’economia internazionale a seconda degli interessi mutevoli di chi muove le
fila del sistema.
Questo tentativo di imboccare una nuova strada nella gestione della finanzia
internazionale e dell’accesso al credito affonda le proprie radici nel concetto di
sviluppo umano. Introdotto negli anni ’80 dall’Agenzia delle Nazioni Unite per lo
Sviluppo, si è velocemente diffuso negli ambienti legati alla cooperazione ed allo
sviluppo, imponendosi come nuovo diktat delle politiche di aiuto alle comunità
locali. E di certo questo successo non è casuale. Dietro l’idea di sviluppo umano
ci sono i nomi di Mahbub ul Haq e Amartya Sen, due illustri economisti -
pakistano il primo, indiano il secondo – che con il loro contributo hanno
impresso una svolta decisiva nell’affrontare i problemi della povertà e del
sottosviluppo. Il nuovo approccio è tanto semplice, intuitivo, quanto
rivoluzionario. Esso si fonda, infatti, su una nuova visione dello sviluppo che,
contrariamente a quanto fatto nei decenni precedenti, pone al centro del
dibattito l’individuo. Se le politiche di aiuto del dopoguerra sono incentrate sulla
crescita del reddito nazionale e la fede incrollabile nel sistema economico
capitalistico, gli anni ’80, dopo aver constatato il generale fallimento nel
risolvere il problema della distribuzione del reddito e della povertà nei paesi in
via di sviluppo, vedono vacillare queste posizioni per aprirsi a nuove concezioni
di sviluppo che comprendano non soltanto variabili economiche, ma anche
componenti di crescita sociale. Numerosissimi sono gli obiettivi che lo sviluppo
umano si prefigge figurano, tra questi senza aver la presunzione di citarli tutti, la
promozione dei diritti umani, la difesa dell'ambiente e lo sviluppo sostenibile
delle risorse territoriali, lo sviluppo dei servizi sanitari e sociali con attenzione
prioritaria ai problemi più diffusi ed ai gruppi più vulnerabili, il miglioramento
dell'educazione della popolazione, lo sviluppo economico locale,
l'alfabetizzazione e l'educazione allo sviluppo, la partecipazione democratica,
l'equità delle opportunità di sviluppo e d'inserimento nella vita sociale. Sulla
base di queste convinzioni Mahbub ul Haq e Amartya Sen elaborano quello che
6
sarà destinato a diventare il principale punto di riferimento nel misurare il
grado di sviluppo complessivo di una societ{: l’indice di sviluppo umano (ISU).
Tale strumento è finalizzato a misurare il livello di benessere ottenuto da una
societ{ calcolando variabili riferite alla crescita economica, all’educazione e alla
salute. L’indice di sviluppo umano è stato ufficialmente adottato per la prima
volta nel 1990 dall’UNDP (United Nations Development Programme) e proprio
quest’anno è stato pubblicato il volume Human Development Report 2010, che
celebra il ventennale dell’introduzione di questo strumento di valutazione. E’
significativo riportare la definizione di sviluppo umano diffusa proprio da questo
Report, risultato di un processo di continua ricerca volta ad affinare le tecniche
di misurazione.
“Human development is the expansion of people’s freedoms to live long, healthy,
and creative lives; to advance other goals they have reason to value; and to engage
actively in shaping development equitably and sustainably on a shared planet.
People are both the beneficiaries and the drivers of human development, as
individuals and in groups”.
3
Così come presentata dalla pubblicazione dell’UNDP, la definizione di sviluppo
umano sembra porre l’accento su tre elementi strategici: il benessere, inteso
come espansione delle libertà godute dagli uomini, l’empowerment, cioè la
capacit{ dell’individuo di agire, e la giustizia, come base per il rispetto dei diritti
umani. Questi tre elementi concorrono a definire quella che Amartya Sen
descrive come una “vita degna di essere vissuta”, condizione che dovrebbe
assurgere ad obiettivo di ogni politica di sviluppo.
L’ingrediente chiave nel raggiungere questo obiettivo viene individuato in quello
che l’economista indiano definisce agency, cioè la capacit{ dell’individuo di fare,
di agire per cambiare il percorso della propria vita
4
. Secondo Sen, ogni persona
dovrebbe essere messa nelle condizioni di poter scegliere cosa fare della propria
vita e quali capacità sviluppare. Non è, quindi, tanto importante il risultato,
quanto la reale possibilit{ dell’individuo di scegliere se raggiungere o meno quel
determinato risultato. Questa visione, che prende il nome di approccio delle
3
Human Development Report 2010. The Real Wealth of Nations: Pathways to Human
Development. Palgrave Macmillan, New York, 2010.
4
Sen, A., “Etica ed Economia”, Laterza, 1988
7
capacità, predilige le opportunità effettive di fare e di essere, e dunque la libertà
di una persona di condurre un tipo di vita piuttosto che un altro, rispetto
all’attuazione concreta della funzione desiderata. Viene riconosciuto come
diritto fondamentale la possibilità di scelta della persona. E come garantire
questa libertà? I governi, in particolar modo quelli dei paesi in via di sviluppo,
devono impegnarsi in prima linea nella difesa dei diritti che permettono alla
persona di esprimere e valorizzare le proprie potenzialità, per poter vivere una
vita degna. Si tratta, innanzitutto, di garantire sistemi educativi che formino
individui consapevoli di sé e delle strutture politiche, economiche e sociali in cui
sono inseriti, così che possano trovarvi adeguata collocazione. Il secondo passo è
assicurare le risorse materiali per poter condurre il tipo di vita scelta. E’ vero,
infatti, che la nuova formulazione del benessere proposta con l’Indice di
Sviluppo Umano rifiuta una concezione esclusivamente economica dello
sviluppo umano, includendo altre variabili di carattere sociale, come già
considerato in precedenza. E’ altrettanto vero, però, che il reddito e la crescita
rimangono dimensioni fondamentali per garantire l’espansione delle libert{
godute dagli individui. Sarebbe semplicemente ipocrita sostenere il contrario. Il
reddito è una variabile essenziale nel determinare la possibilità degli individui di
avere accesso ad un’adeguata alimentazione, a un’abitazione sicura, a condurre
attività gratificanti e, più in generale, a rendere più vasta la lista delle
opportunità tra cui scegliere. Non bisogna, poi, dimenticare che il reddito è
anche la fonte di tasse ed entrate fiscali di cui i governi hanno bisogno per
fornire servizi ed intraprendere programmi redistributivi.
Le idee finora esposte rappresentano l’indispensabile premessa teorica da cui
muove la tesi che si è scelto di trattare nei capitoli successivi. La presente
trattazione nasce, infatti, dalla decisa convinzione che il microcredito
rappresenti al giorno d’oggi uno dei strumenti più efficaci per combattere la
povertà e tutte le condizioni di privazione che ne derivano. Nel dicembre 1997
le Nazioni Unite approvarono una risoluzione sull'importanza del microcredito
come strumento per sradicare la povertà, riconoscendo per la prima volta e in
modo esplicito che i programmi di microcredito sono efficaci nel liberare
migliaia di persone, soprattutto le donne, dallo sfruttamento e dalla povertà,
nell’aumentare la partecipazione di chi ne ha beneficiato ai processi economici e
8
politici e nella determinazione del processo globale di sviluppo umano e sociale.
Il riconoscimento ufficiale alla fine degli anni ’90 da parte dell’ONU
dell’importanza di questo strumento rappresenta la legittimazione di un
percorso iniziato molti anni prima grazie alle idee, e alla caparbietà con cui
queste sono state portate avanti, del fondatore storico della prima forma di
microcredito, nel 1976 in Bangladesh, Muhammad Yunus, di cui scelgo di
riportare un pensiero:
«Il microcredito si pone un duplice obiettivo: lo sviluppo umano ed economico, e la
realizzazione di un diritto. Povertà e mancanza di diritti sono, in qualche modo,
situazioni che si equivalgono o sono una dell’altro causa ed effetto»
5
Il microcredito, attraverso i suoi programmi di concessione di prestiti di piccola
entità a micro imprenditori informali che non hanno accesso al sistema
finanziario tradizionale, principalmente per non essere in grado di offrire
garanzie reali, vuole, infatti, affermare il diritto di ogni individuo, a prescindere
dal suo background sociale ed economico, a costruirsi una propria strada per
uscire dal circolo vizioso della povert{ e dell’esclusione sociale. Le istituzioni di
microcredito operano, dunque, per offrire un’opportunit{ di costruirsi un futuro
migliore a chi questa opportunità, magari per pura casualità geografica, cioè
l’essere nato in una parte del mondo piuttosto che in un’altra, non l’ha mai avuta.
La povertà vera non consiste, infatti, solo, e neanche soprattutto, nei redditi
bassi, ma nell’impossibilit{ di alcuni, in particolar modo chi abita i villaggi rurali
dei PVS, di entrare negli ingranaggi delle transazioni economiche. La possibilità
limitata dei poveri di accedere al credito rappresenta l’inizio di una strada che
porta a quella che molti sociologi hanno definito come “trappola della povert{”.
La forza del progetto di Yunus consiste, dunque, nell’assegnare all’accesso al
credito lo status di diritto umano, in quanto strumento di libertà e di dignità.
Il bisogno di credito discende, secondo Yunus, da un diritto fondamentale che
appartiene ad ogni uomo e viene prima di ogni altro bisogno sociale, per quanto
pressante e legittimo esso sia. Il credito infatti abbatte quella sorta di muro di
isolamento che circonda il povero e gli impedisce di uscire dalla propria
condizione di miseria, gli restituisce, infatti, la libertà di decidere della sua vita.
5
Yunus M., “Il banchiere dei poveri”, Feltrinelli, 1998
9
Con esso egli ha nelle mani il mezzo attraverso cui può avvenire il suo riscatto e
riacquistare la sua dignità di uomo. Anche il povero – sostiene Yunus - possiede,
in modo istintivo, la capacità di usare un prestito per migliorare le proprie
condizioni di vita e lo strumento universale per liberare le potenzialità delle
persone è senz’altro il credito. “Ogni uomo è un tesoro inesplorato di illimitate
potenzialit{”
6
. E’ la fiducia nell’uomo e nelle sue capacit{ di organizzarsi un
lavoro autonomo che muove le speranze di Yunus e di tutte quelle persone che
hanno nel corso degli anni voluto dare fiducia a chi pensava di essere
troppo miserabile per meritarsela. Perché, bisogna ricordarlo, dietro la
concessione di ogni microprestito, cioè che si garantisce, oltre al denaro, è il
supporto psicologico: i poveri non hanno bisogno di elemosina, ma di un primo
aiuto concreto che li renda produttivi e soprattutto consapevoli delle proprie
capacità, restituendo loro dignità e fiducia in sé stessi. Il microcredito si
propone, quindi, come strumento di libertà e dignità, in linea con le correnti più
progressiste dell’economia dello sviluppo, che vogliono liberare i poveri
dall’illusoria panacea dell’elemosina e degli aiuti gratuiti. Ciò di cui i poveri
hanno bisogno non è certo la compassione dei governi e degli organismi
internazionali, ma diritti.
L’elemosina offre sollievo, ma, non eliminando il problema alla radice, non fa
altro che perpetuare una situazione di disperazione. Assicurare l’accesso al
credito significa, invece, garantire il diritto del povero di uscire dalla propria
condizione di miseria.
A dispetto dell’introduzione piuttosto recente del microcredito come oggetto di
studio negli ambienti accademici, una gran varietà di documenti è stata prodotta
e numerose indagini sono state condotte sulle metodologie applicate e i risultati
ottenuti da questo nuovo strumento, proprio a dimostrare la grande attenzione e
le aspettative riposte su di esso. La decisione di intraprendere questo percorso
di approfondimento nasce, quindi, dall’attualit{ del fenomeno, dalla
consapevolezza della sua rilevanza e dalla necessità di sistematizzare il grande
numero di informazioni a disposizione al fine di individuare i punti di forza e di
debolezza del progetto, così da sfruttarne al meglio le potenzialit{. L’obiettivo è
allora quello di analizzare le strategie e le metodologie applicate dai progetti di
6
“Il banchiere dei poveri”, Yunus M., Feltrinelli, 1998
10
microcredito finora promossi nei PVS e in particolar modo in Bangladesh, terra
natale del microcredito, mettendo in luce le strutture sociali e le scelte politiche
che sottostanno ad ogni prestito erogato nell’ambito del microcredito. Si
scoprirà, anche grazie ad alcuni casi studio e numerosi esempi, come sia stato
possibile arrivare ai risultati più che positivi raggiunti oggi dal microcredito, sia
in termini di produttività che di sostenibilità, umana ed ambientale. Un intero
capitolo, il terzo, sar{, infatti, dedicato allo studio dell’applicazione del
microcredito al finanziamento di tecnologie di produzione di energia
rinnovabile, alla luce dei recenti sviluppi conosciuti dalle istituzioni di
microcredito, allargatesi, oltre al semplice prestito, anche ad una vasta gamma di
servizi finanziari, che comprendono, appunto, anche il finanziamento di energie
rinnovabili. Questo studio si rivela particolarmente interessante ai fini della tesi
in quanto rappresentativo delle potenzialità del microcredito nei PVS. Se
l’obiettivo del microcredito deve essere quello di fornire agli individui le
condizioni per uscire autonomamente da una situazione di povertà e di
esclusione sociale, allora l’incoraggiamento ad adottare energie rinnovabili che
favoriscono la produttivit{ lavorativa e la difesa dell’ambiente deve essere
considerato un grande passo in avanti nel processo di miglioramento delle
condizioni di vita delle comunità locali dei PVS.
Prima ancora, però, di parlare delle applicazioni del microcredito nel
finanziamento di energia rinnovabile, sarà necessario proporre cornice teorica,
per fornire una giusta chiave di lettura al microcredito. Questa esperienza si
inserisce, infatti, all’interno dei prodotti e dei servizi finanziari offerti ai clienti
che per la loro condizione economico-sociale hanno difficoltà di accesso alle
banche tradizionali, vale a dire tutti quei servizi che prendono il nome di micro
finanza, la quale a sua volta si può inserire nella macro categoria della finanza
etica. Saranno questi i primi concetti ad essere affrontati, per poi arrivare a
definire il microcredito, in primis nella versione proposta dalla Grameen Bank
grazie all’intuizione geniale di Muhammad Yunus. Sar{ interessante anche
scoprire come questo strumento finanziario ha trovato applicazione in Italia, a
dimostrazione del fatto che anche nel nostro paese, considerato industrializzato
e sviluppato, sia necessario ribadire l’importanza del credito come diritto
intrinseco dell’uomo e promuovere strade alternative di accesso al credito.
11
Attraverso l’analisi di numerosi esempi andremo quindi a definire i punti di
forza e di debolezza del modello italiano e come questo potrebbe essere
migliorato.
Locale e globale si intersecano nella comparazione del modello italiano con
quello originariamente proposto in Bangladesh e in altri PVS, mettendo in
evidenza l’urgenza di trovare una soluzione internazionalmente condivisa al
problema dell’esclusione finanziaria, pur nella consapevolezza dell’efficacia delle
azioni promosse “dal basso”, come dimostra l’esperienza stessa del microcredito.
Il percorso che si andrà a costruire sarà allora mirato a risolvere una questione
fondamentale: E’ possibile far quadrare il cerchio tra etica ed economia? – nella
convinzione che solo in questo modo le speranze per un futuro migliore, e che
sia migliore per tutti, possano davvero concretizzarsi.