2
l’abdicazione del re Costantino, sostituito dal primogenito Giorgio, e
l’abolizione della monarchia mediante referendum nel 1924
3
.
La sorte della neonata repubblica ellenica rimase incerta negli anni
successivi, in cui si susseguirono vari tentativi di golpe. La Gran Bretagna,
mantenne durante il periodo a cavallo tra gli anni ‘20 e ‘30 un atteggiamento
neutrale nei confronti degli sviluppi politici interni in Grecia. Così, durante un
tentato di colpo di stato (poi fallito) organizzato nel 1933 da politici e militari
repubblicani per prevenire una possibile restaurazione monarchica, il
governo inglese glissò la richiesta dell’esecutivo greco di fornire aerei militari
per sconfiggere gli insorti
4
.
Negli anni successivi aumentarono i contrasti nei rapporti tra le potenze
europee, a causa dell’atteggiamento più aggressivo in politica estera dei
regimi di Hitler e di Mussolini. Il fallito tentativo di golpe in Austria sostenuto
dai nazisti nel luglio del 1934, e le mire italiane sull’impero etiopico, avevano
messo in allarme il governo inglese sulle intenzioni di Germania ed Italia. La
prospettiva che la Grecia stringesse alleanze con Roma o Berlino era
inaccettabile per la Gran Bretagna, che aveva bisogno della cooperazione
greca in un settore per lei di vitale importanza quale era il Mediterraneo Sud-
orientale, luogo di passaggio obbligato verso i possedimenti britannici in
Medio Oriente. L’attacco fascista contro l’Etiopia iniziato nell’ottobre del 1935
segnò l’inizio di una nuova politica nei confronti della Grecia: il governo
inglese si interessò più attivamente degli affari interni greci, abbandonando la
condotta sostanzialmente imparziale mantenuta negli ultimi anni
5
. Già nel
3
R.CLOGG, “Storia…”, op.cit., pg.119
4
J.S.KOLIOPOULOS, “Greece and the british connection: 1935-1941”, Oxford 1977, pg.14
4
J.S.KOLIOPOULOS, ibidem., pg.23
3
1934 questa politica di neutralità si era attenuata con la firma dell’Intesa
Balcanica (o patto balcanico), sottoscritta il 4 febbraio 1934 tra Grecia,
Turchia, Yugoslavia e Romania, con il patrocinio dell’Inghilterra. I quattro
paesi garantivano l’inviolabilità delle frontiere, e la consultazione reciproca in
caso di minaccia allo status quo. Il patto era nato soprattutto allo scopo di
contrastare il revisionismo territoriale bulgaro, incoraggiato dall’Italia, e
ritenuto dai responsabili inglesi un pericolo per la stabilità della regione
6
.
Nel corso del 1935 la Grecia, insieme con la Turchia, assunse un ruolo
rilevante nei piani strategici dei responsabili della flotta inglesi come parte del
complesso difensivo britannico del Mediterraneo Est, considerate anche le
mire del regime di Mussolini verso l’Etiopia, che facevano presagire la
prospettiva di una guerra entro breve
7
. Nei primi stadi della crisi abissina, i
progetti inglesi consideravano la possibilità che la flotta mediterranea
utilizzasse come base di ancoraggio, al posto di Malta, Navarino (Pylos in
greco), nell’eventualità di un peggioramento drastico dei rapporti con l’Italia
8
.
In tal caso, il controllo dell’Egeo sarebbe stato vitale per l’interruzione del
commercio orientale italiano e per le sue comunicazioni con le isole del
Dodecaneso, colonia italiana nell’Egeo Orientale. Notevole importanza
rivestiva per i responsabili navali inglesi l’isola di Creta in quanto perno del
bacino mediterraneo orientale, dove un’eventuale guerra avrebbe potuto
decidersi
9
.
6
B.M.JANKOVIC, “The Balcans in international relations”, Hong Kong 1988, pg.155
7
M..HOWARD, “The Mediterranean strategy in the Second World War”, Londra 1968, pg.10-11
8
Nelle prime settimane di crisi i capi navali Inglesi avevano addirittura preso in considerazione l’idea
di occupare il porto di Navarino se necessario; vedi L.MARDER, “The Royal navy and the Ethiopian
Crisis, 1935-1936”, pg.1331
9
L.PRATT, “East of Malta, West of Suez”, Cambridge 1975, pg.149
4
Oltre alla rilevanza strategica della Grecia, vi erano anche altri motivi
per i quali la Gran Bretagna non poteva essere indifferente alla sorte del
paese. Nel corso degli anni ’30 era aumentata la penetrazione economica
britannica, non solo sotto forma di scambi commerciali (dal 1933 al 1935 le
importazioni dall’Inghilterra erano raddoppiate
10
) ma anche in quanto
l’Inghilterra era una fonte primaria di finanziamento per una Grecia
costantemente a corto di capitali; così, nel 1935 la metà del debito pubblico
greco era in mano a banche ed istituti di credito inglesi
11
. Considerati quindi
gli interessi britannici in gioco, era fondamentale, come affermava il ministro
britannico della Guerra Halifax, che “non fosse permesso che la Grecia
passasse sotto l’influenza tedesca, a causa delle conseguenze politiche,
economiche e strategiche che ne sarebbero conseguite”
12
. Il ripristino della
monarchia in Grecia, dopo il referendum tenutosi il 3 novembre 1935, venne
perciò salutato con ampia soddisfazione dai vertici britannici. La monarchia
era ritenuta un fattore di stabilità nella tormentata vita politica del paese.
Inoltre re Giorgio di Grecia era benvisto dagli inglesi: durante l’interludio
repubblicano in Grecia, egli aveva vissuto a Londra, dove aveva stretto stretti
contatti con la corte inglese e con le autorità politiche del paese, che lo
consideravano perciò, e non a torto, come un amico “personale“
dell’Inghilterra. La profonda diffidenza del Foreign Office verso i politici greci,
e la prontezza del re Giorgio a lavorare in stretta cooperazione con la Gran
Bretagna, faceva sì che il F.O. vedesse in lui un utile amico
13
.
10
R.CLOGG, “Storia della Grecia…”, op.cit., pg 126
11
J.V.KOFAS, “Authoritarianism in Greece: the Metaxas regime”, New York 1983, pg.9
12
L.PRATT, “East of malta…”, op.cit., pg.149
13
J.KOLIOPOULOS, ”Greece and the british…”, op.cit., pg.24-25
5
La Gran Bretagna, a differenza dell’atteggiamento neutrale tenuto
durante il tentato golpe del 1933, prima del referendum sulla monarchia non
era rimasta inattiva attendendo gli eventi, bensì si era impegnata in vari modi
per favorire il ritorno del re, attraverso pressioni politiche e finanziamenti alle
forze filomonarchiche. Fu accertato inoltre che il gruppo bancario degli
Habro, che aveva forti interessi economici in Grecia, finanziò il ritorno del
re
14
. La testimonianza dell’ambasciatore USA ad Atene McVeagh
15
fornisce
un’altra prova delle intenzioni inglesi. Dopo vari incontri avuti con il suo
collega britannico ad Atene Waterlow, McVeagh scrisse: “Egli [l’ambasciatore
britannico] era convinto che il ritorno del re sarebbe stato un “calmante” e
che stava in tal direzione consigliando il Foreign Office…”
16
. Gli inglesi
favorirono il re, nonostante fossero consapevoli che la monarchia non era
molto popolare in Grecia. McVeagh affermò che l’ambasciatore britannico
ammetteva non ci fosse un forte impulso a favore della restaurazione
monarchica
17
. In un successivo dispaccio, il 21 novembre 1935, dopo il
referendum, McVeagh scrisse: ”la legazione inglese qui [ad Atene] è convinta
di una prevalenza del sentimento repubblicano nel paese […] Bisogna perciò
attendersi che eserciti qualsiasi influenza nella direzione di strappare il re
dalle linee dei partiti”
18
.
14
J.V.KOFAS, “Authoritarianism…”, op.cit., pg.9
15
Lincoln McVeagh ha assolto doveri di ambasciatore americano in Grecia per due periodi: dal 1933
al 1941 (quando la Grecia venne occupata dai nazisti), e dopo la liberazione dal 1945 al 1947. Ha
svolto un ruolo importante durante il suo servizio in Grecia, ed è stato un acutissimo osservatore della
vita del paese in quei tormentati anni, lasciando come preziosissime testimonianze i suoi meticolosi
appunti, e la sua regolare corrispondenza con gli organismi governativi del suo paese e
particolarmente col presidente Roosevelt, suo amico personale
16
J.IATRIDES, “Ambassador McVeagh reports: Greece 1933-1947”, Princeton 1980, pg.56
17
J.IATRIDES, ibidem, pg.57
18
J.IATRIDES, “Ambassador McVeagh…”, op.cit., pg.64
6
L’interesse britannico per la restaurazione della monarchia era connesso con
gli sviluppi della crisi etiopica. Si è visto che Londra aveva considerato
l’opportunità di assicurarsi vantaggi per la propria flotta in alcuni porti greci,
nell’eventualità di un conflitto con l’Italia. Il governo britannico riteneva che
una tale richiesta sarebbe stata accolta più facilmente se la Grecia fosse
stata retta da re Giorgio, legato da forti vincoli di amicizia con la monarchia
inglese e con molti politici di Londra.
19
.
Il re tornò quindi in Grecia, e sembrava voler attuare una politica di
riconciliazione e moderazione, perdonando anche i militari responsabili del
fallito putch anti-monarchico del 1933. Ma le elezioni tenute nel gennaio 1936
dettero un esito inconcludente, ed il paese ripiombò nel caos politico, acuito
da gravi tensioni sociali. L’instabilità interna greca preoccupava il governo di
Londra, poiché si sarebbero potuti verificare eventi tali da portare la Grecia
fuori dall’orbita d’influenza britannica (ad esempio l’instaurazione di un
regime filo-fascista o nazista, come era successo in Bulgaria nel 1934, o
come accadde in Romania nel 1938). Effettivamente anche in Grecia si
stabilì una dittatura di stampo fascista; ma ciò non compromise i rapporti con
l’Inghilterra, anche perché essa agevolò in qualche modo l’insediamento del
“duce” greco, Metaxas.
19
J.BARROS, “Britain, Greece and the politics of sanctions: Ethiopia 1935-1936”, New Jersey, 1982
pg.121
7
1.2 ASCESA DEL REGIME METAXAS (agosto 1936)
Il 1936, aperto dalle inconcludenti elezioni, fu un anno difficile per la
Grecia. Non si riusciva a formare un governo a causa delle insanabili
divisioni tra i partiti, ed il livello di tensione tra gli schieramenti politici era così
elevato, che fu accettata la proposta di Ioannis Metaxas
20
, un ex generale
dell’esercito nominato primo ministro nell’aprile del 1936, di rimandare i lavori
parlamentari di cinque mesi, e di affidare le funzioni legislative ad una
commissione di 40 “saggi”, scelti tra tutti i partiti. Il lavoro della commissione
fu assolutamente inconcludente: come notò sir Waterlow in uno dei suoi
dispacci, essa era “un organismo che non faceva altro che riprodurre in
miniatura la paralisi politica che affliggeva il parlamento ed il paese”
21
.
Oltre all’instabilità politica, perdurava nel paese un clima di profonda
irrequietezza sociale. La Grecia continuava a soffrire per gli effetti della
depressione economica avviata dal crollo della Borsa americana nel 1929, e
ciò si rifletteva soprattutto nell’elevata tensione del mondo del lavoro. Grande
risonanza ebbero gli scioperi dei lavoratori del tabacco a Salonicco nel
maggio 36 (conclusisi con dodici morti); ma essi furono solo uno delle decine
di episodi simili che scossero il paese, ed in cui si faceva sempre più
importante il ruolo del partito comunista greco, il KKE. Il Komunistiko Komma
Ellados fu fondato nel 1923, e rimase per lungo tempo un movimento debole
e con scarso seguito nella popolazione a causa, oltre della esiguità del
20
Ioannis Metaxas, ex generale dell’esercito, convinto antirepubblicano, era stato un personaggio
minore dell’estrema Destra negli anni ’20, durante i quali aveva mantenuto stabili relazioni con la
Corte del Re. Re Giorgio, ritornato in Grecia nel 1935, aveva trovato in Metaxas l’uomo giusto, forte
abbastanza per formare un governo di coalizione contro le Sinistre, e nello stesso tempo non troppo
potente per tentare ungolpe contro la monarchia, e l’aveva nominato primo ministro Æ sito internet
http://www.gogreece.com/learn/history/Metaxas_takes_power.html
21
Richard CLOGG, ”Storia della Grecia moderna” Bergamo 1996, pg.127
8
proletariato industriale, della sua incapacità di penetrare largamente nelle
masse contadine, anche per colpa della sua piattaforma ideologica
rigidamente stalinista, che non aveva alcun rapporto con la realtà greca
dell’epoca. Il KKE inoltre era divenuto impopolare poiché aveva dato il suo
assenso nel 1924 all’autonomia di Macedonia e Tracia (regioni della Grecia
settentrionale), nell’ambito di una Confederazione balcanica, seguendo le
direttive del Comintern
22
. Questa posizione dei comunisti aveva loro alienato
ogni consenso dall’assoluta maggioranza della popolazione greca, e fu molto
facile per i suoi nemici negli anni successivi presentare il KKE come il partito
antinazionale per eccellenza, accusa veramente pesante in un paese dove,
combattendo da decenni per i suoi confini, fortissimo era il sentimento
patriottico
23
.
Il partito comunista rimase debole e diviso per molto tempo, e solo negli
anni ’30 cominciò a recuperare terreno. L’orientamento del partito mutò
notevolmente nel 1935 quando, abbandonando in parte il settarismo e le
utopie bolsceviche più irrealizzabili in ambito greco, si rivalutarono gli obiettivi
e le tattiche politiche. Il KKE propugnò un programma finalmente più
prossimo alla realtà greca, dando maggiore peso alle rivendicazioni degli
agricoltori, fino allora ignorate, con la proposta di una radicale riforma
agraria
24
. Il KKE rinunciò anche alla controversa tesi di una Macedonia
autonoma, limitando la richiesta a diritti uguali per tutte le minoranze della
Macedonia greca.
22
sito internet http://www.gate.net/-mango/Greek_Communism_and_Macedonian_Nationalism
23
Giorgio VACCARINO, “La Grecia tra Resistenza e guerra civile (1940-1949)”, Milano 1988, pg.54
24
J.V.KOFAS, “Authoritarianism…”, op.cit., pg.37-38
9
Inoltre nell’autunno del 1935 il KKE, mitigando la sua intransigenza
“antiborghese” (“chi non è stalinista è fascista”), si dichiarò pronto ad
appoggiare un governo democratico antifascista
25
. Nelle elezioni successive
del gennaio 1936, il KKE riuscì ad uscire dall’isolamento, ottenendo un buon
risultato, con quindici deputati eletti. Nell’incerto clima politico che regnava
all’epoca, essi divennero un ago della bilancia tra gli schieramenti; fu però
proprio il loro tentativo di formare un fronte popolare con altre forze di sinistra
(secondo le istruzioni dell’Internazionale Comunista) una delle cause che
portarono all’insediamento della dittatura di Metaxas. Il re, spaventato da uno
sciopero generale proclamato dai comunisti per il 5 agosto 1936 a causa di
una legge controversa sui rapporti tra lavoratori e patronato, accordò il 4
agosto a Metaxas, che a sua volta vedeva nello sciopero una minaccia
diretta alla sua autorità di primo ministro, l’assenso alla sospensione di una
serie di articoli fondamentali della costituzione. I lavoratori furono precettati
per garantire i servizi essenziali, fu introdotta la censura sulla stampa e il
parlamento fu formalmente sciolto, senza che venisse fissata una data per la
sua riconvocazione; tutto ciò mentre Metaxas proclamava che si trattava solo
di “misure temporanee”
26
.
Metaxas, nell’assumere il potere nelle sue mani, aveva posto l’accento
intensamente sul pericolo comunista che, secondo lui, insidiava la Grecia. La
sua propaganda aveva convinto molti in Grecia e all’estero, ed era funzionale
al Foreign Office, che poteva utilizzare lo spauracchio bolscevico per
giustificare l’azione del dittatore greco (mettendo a tacere voci contrarie
come quelle di A. Walker, membro dell’ambasciata britannica ad Atene, il
25
Antonio SOLARO, “Storia del Partito Comunista Greco”, Milano 1973, pg.68
26
R.CLOGG, “Storia della Grecia…”, op.cit., pg. 127-128
10
quale aveva scritto a Eden, durante gli scioperi dell’estate del ’36, che era
falso che le recenti manifestazioni popolari erano ispirate dall’URSS o da una
cospirazione del KKE, essendo invece in realtà originate dal malcontento
esistente tra la classe popolare
27
). E’ indubbio che i responsabili politici
inglesi valutarono positivamente l’azione di Metaxas, che avrebbe consentito
una maggiore stabilità del paese, anche se non hanno prove di un loro
coinvolgimento diretto nel suo insediamento
28
. Indicativo fu il commento
dell’ambasciatore Waterlow: “Non vedo come qualcuno con qualche
conoscenza delle condizioni locali [greche] può versare una lacrima sulla
presente eclisse della democrazia in Grecia”
29
. Anche Woodhouse
30
giustificò in parte la dittatura, riconoscendo che essa aveva “congelato” il
rovente clima politico che dominava per anni in Grecia
31
. Sempre Waterlow
invece, nella sua analisi, riconosceva il ruolo fondamentale del re per il
nascere del regime Metaxas: secondo l’ambasciatore britannico, la dittatura
avrebbe avuto scarse possibilità di successo se il re non fosse tornato in
Grecia
32
.
Quando Metaxas assunse pieni poteri dittatoriali, la situazione
internazionale era tesa, per via della crisi nei rapporti tra Etiopia ed Italia.
27
J.V.KOFAS, “Authoritarianim…”, op.cit, pg.24
28
E’ controverso se, nell’incontro che Metaxas ebbe con i rappresentanti diplomatici inglesi il 2
agosto 1936, ebbe da essi assicurazioni che non vi erano obiezioni all’idea di una dittatura (vedi
J.V.KOFAS, “Authoritarianism…”, op.cit, pg.31
29
J.KOLIOPOULOS,”Greece and the british...”, op.cit., pg.50
30
Christopher Woodhouse, ufficiale dell’esercito inglese, fu durante la seconda guerra mondiale
l’agente incaricato nel tenere i rapporti nella Grecia occupata tra il Comando militare alleato al Cairo e
la Resistenza greca. Woodhouse giocò un ruolo fondamentale nello sviluppo delle vicende della
Resistenza, ed ha lasciato testimonianze dirette delle tormentate vicende che contrassegnarono
quell’epoca nei suoi libri ed articoli.
31
C.M.WOODHOUSE, “To milo tis eridos. I elliniki antistasi ke i politiki ton meghalon dhinameon”,
Atene 1975, pg.31-32
32
J.KOLIOPOULOS, “Greece and the british…”, op.cit., pg.52-53
11
La Gran Bretagna doveva assicurarsi l’alleanza dei paesi nell’area balcanica,
ma la politica inglese a tal riguardo non era chiara: difatti il governo inglese
era riluttante ad impegnarsi in alleanze definitive con altri stati, e continuava
a ricercare formule indirette di associazione, come il patto balcanico del
1934. Le incertezze inglesi si ripercossero negativamente nei confronti della
Grecia durante il periodo della guerra in Etiopia, con serie conseguenze nei
rapporti tra i due paesi.
12
1.3 LA GRECIA E LA CRISI ETIOPICA
Mentre la crisi tra Italia ed Etiopia si acuiva, durante il 1935, la Gran
Bretagna rivolgeva la sua attenzione ai rapporti tra Grecia ed Italia. Le
relazioni tra i due paesi erano stati per anni difficili, per via dell’occupazione
italiana dell’arcipelago del Dodecaneso (dopo la guerra italo-turca del 1912)
abitato nella quasi totalità da Greci. Nel corso del 1935 però, la situazione
era andata migliorando, tanto che il ministro degli esteri italiano era arrivato a
dire che l’Italia ora considerava la Grecia la sua “migliore amica” tra i paesi
del Patto balcanico
33
. Era ovviamente un’amicizia interessata, poiché l’Italia
valutava basilare la neutralità della Grecia, nazione così prossima alla
penisola italica, nel caso i rapporti dei rapporti con la Lega delle Nazioni si
fossero deteriorati a tal punto da far iniziare una guerra.
La Gran Bretagna, inquieta anche per i buoni rapporti economici
esistenti tra i due paesi mediterranei, voleva essere certa delle intenzioni
greche, nell’eventualità che fossero state imposte delle sanzioni contro l’Italia
a causa della sua condotta verso l’Etiopia. A tal proposito, il 23 agosto del
1935 fu interpellato dal Foreign Office l’incaricato d’affari britannico ad Atene
Walker. Il F.O. era consapevole che i Greci non avrebbero aderito volentieri a
misure economiche contro l’Italia, perché temevano la reazione di Mussolini,
e volevano essere certi che la flotta britannica li avrebbe protetti da eventuali
ritorsioni. Walker, nella sua risposta, confermò che esistevano grossi timori
da parte del governo greco di rappresaglie italiane. L’incaricato inglese
affermava che, in seguito ai suoi colloqui con esponenti del mondo politico ed
economico, aveva compreso che la Grecia voleva la pace, e desiderava
33
J.BARROS, “Britain, Greece…”, op.cit., pg. 15
13
rimanere neutrale nell’imminente conflitto italo-etiopico. Essa avrebbe
probabilmente aderito all’applicazione di sanzioni economiche, ma a
condizione che anche i suoi alleati nel Patto balcanico avessero seguito le
direttive della Lega delle Nazioni
34
. L’atteggiamento prudente del governo
ellenico era dovuto anche al fatto che la Grecia aveva interessi diretti in
Etiopia: una larga parte del commercio etiope era infatti in mano a Greci
35
, e
la comunità ellenica nel paese contava parecchie migliaia di persone, ben
integrate nella struttura sociale ed economica etiope.
Il governo ellenico era consapevole che una guerra nel Mediterraneo
tra la Gran Bretagna e l’Italia, avrebbe spinto i due paesi a frequenti
violazioni della neutralità della Grecia, a causa della sua favorevole posizione
strategica. Durante il mese di settembre del’35 navi militari italiane avevano
in più occasioni stazionato in porti greci senza autorizzazione
36
. Il governo
greco non intendeva perciò sbilanciarsi; ma l’Inghilterra, allarmata
dall’aggressività fascista, continuava a premere sulla Grecia. Il 28 settembre
Eden s’incontrò col ministro degli esteri greco Maximos, il quale, terminato
l’incontro, sostenne che il ministro britannico l’aveva assicurato dell’appoggio
militare nel caso che, dopo l’applicazione delle sanzioni, l’Italia fosse
divenuta ostile. Eden però nel suo rapporto personale non riportò tali
assicurazioni
37
, confermando così la diffidenza greca sull’effettiva volontà
britannica di fornire adeguate garanzie.
Ad inizio ottobre del 1935 cominciò l’attacco italiano contro l’Etiopia. Le
sollecitazioni di Londra verso il governo di Atene, manifestatisi anche con
34
J:BARROS, ibidem, pg.66-68
35
J.BARROS, ibidem, pg.87-88
36
J.BARROS, ibidem, pg75
37
J.BARROS, “Britain, Greece…”, op.cit., pg.103-104
14
l’invio dimostrativo di alcune navi da guerra nel porto del Pireo il giorno in cui
l’esecutivo si era riunito per deliberare le prossime mosse da adottare
38
,
dettero i loro frutti: la Grecia aderì alla politica delle sanzioni contro l’Italia
decisa dalla Società delle Nazioni il 17 ottobre 1935. Il governo inglese era
finalmente soddisfatto. Nella sua successiva analisi però, l’ambasciatore
Waterlow mise in luce gli errori compiuti dal suo governo, tra cui soprattutto
l’aver sottovalutato la delicata posizione del paese a causa della crisi
etiopica. L’ambasciatore britannico evidenziava inoltre che la Grecia, la quale
non avrebbe potuto difendersi contro una rappresaglia italiana, aveva come
unica opzione lo schierarsi al fianco della coalizione più forte, che era al
momento, grazie alla Gran Bretagna, la Lega delle Nazioni, e sperare che in
caso di conflitto essa venisse difesa
39
.
La Grecia si era quindi allineata con la Gran Bretagna, ma in cambio
chiedeva da essa precise assicurazioni, anche a causa dell’ambiguo
atteggiamento degli inglesi che, mentre perfezionavano l’intesa con la Grecia
ed altri paesi balcanici, cercarono un compromesso con l’Italia, proponendo
una regolazione del conflitto italo-etiopico, che avrebbe comportato la
riduzione del paese africano ad una sorta di protettorato italiano
40
. Alla fine,
dopo le insistenze greche, l’11 gennaio 1936 il governo inglese emanò una
dichiarazione ufficiale, con la quale si impegnava a garantire l’integrità greca
e degli altri paesi balcanici in caso di attacco fascista. Dal carteggio tra Eden
e Waterlow emerge però che l’inclusione della Grecia in tale garanzia fu fatta
solo all’ultimo momento
41
.
38
J:BARROS, ibidem, pg.111
39
J.BARROS, ibidem, pg.119
40
A.PETERS, “Anthony Eden at the Foreign Office 1931-1938”, New York 1986, pg.142
41
J.BARROS, “Britain, Greece…”, op.cit., pg.151
15
Ciò dimostrava che la Grecia era sì importante per i policy-makers inglesi,
ma nello stesso momento essi non desideravano assumersi degli impegni
troppo stretti con essa.
La dichiarazione di garanzia britannica non fece svanire i dubbi da parte
greca, anche perché alle parole non seguirono fatti concreti. La richiesta di
fornitura di armi ed altri aiuti, fatta dal governo ellenico in febbraio non venne
esaudita; per di più, la Grecia non ricevette neppure lo status economico di
nazione favorita per compensare le notevoli perdite commerciali dovute
all’embargo (l’Italia era uno dei partner economici principali per il paese
greco), che su un’economia debole come quella ellenica gravavano
pesantemente
42
.
Il 3 maggio del 1936 le truppe italiane occuparono Addis Abeba. Era
l’inequivocabile dimostrazione del fallimento della Lega delle Nazioni e della
politica delle sanzioni. Tale consapevolezza spinse il governo di Atene a
tentare di migliorare i rapporti con l’Italia, dopo il rifiuto inglese (e francese)
alla proposta greca di un patto di mutua assistenza nel Mediterraneo
43
. La
dichiarazione di Eden, secondo il quale la Gran Bretagna avrebbe
appoggiato l’abolizione delle sanzioni contro l’Italia in seno all’Assemblea
della Lega delle Nazioni (come effettivamente avvenne qualche settimana
dopo, a luglio), costituì per la Grecia una conferma delle intenzioni inglesi:
era evidente che il governo di Londra voleva stabilire rapporti più amichevoli
col regime mussoliniano. A tal proposito, l’incaricato d’affari britannico in
Grecia Walker, commentò che l’impotenza della Lega e l’atteggiamento
inglese, avevano fatto sì che la Gran Bretagna avesse perso di prestigio agli
42
J.BARROS, ibidem, pg.174-176
43
J.BARROS, “Britain, Greece…”, op.cit., pg.194-195