2
Dunque tutto è studiato per eliminare ogni possibile margine di intimità che si possa
stabilire “ai danni” dello spettacolo e dei telespettatori. Per quanto riguarda i
partecipanti al programma invece l’intento è propriamente opposto. Infatti vengono
adottati una serie di accorgimenti tendenti a far convergere l’attenzione del gruppo su
sé stesso in modo che vi sia una costante interazione faccia a faccia fra gli attori:
ogni contatto con l’esterno è bandito, ragione per cui è proibito l’utilizzo di qualsiasi
mezzo di comunicazione (niente televisione, telefono, personal computer, carta,
penna o matita). Inoltre, per agevolare la formazione di dinamiche di gruppo, il
regolamento del gioco prevede l’assegnazione di un budget settimanale (da spendere
per l’acquisto di alimenti, articoli per la pulizia, beni voluttuari) la cui destinazione
deve essere decisa all’unanimità da tutti i concorrenti. Per rendere più problematica
tale operazione viene assegnata una serie di prove attitudinali che, oltre ad implicare
spirito di collaborazione e di unità del gruppo, permettono di incrementare o ridurre
il bilancio domestico. Infatti i coinquilini dovranno decidere, anche in questo caso
all’unanimità, quale frazione del budget settimanale scommettere sulla riuscita di tali
compiti. Così, a seconda dell’esito della prova, il tenore di vita può migliorare o
peggiorare di settimana in settimana incidendo sugli umori e sulle relazioni dei
“reclusi”.
Lo scopo dei concorrenti del Grande Fratello è vincere il premio in palio, una somma
in denaro variabile a seconda delle edizioni ma sempre nell’ordine delle centinaia di
milioni di lire. Vincerà il premio il concorrente che avrà ricevuto il maggior numero
di preferenze nell'ultima votazione, che si svolgerà al termine dei cento giorni di
durata del programma. Periodicamente uno di loro sarà eliminato e dovrà
abbandonare la casa secondo il meccanismo che segue. Nel giorno indicato ogni
concorrente dovrà nominare, motivando la sua scelta, tre dei suoi compagni,
candidandoli ad essere allontanati dalla casa. I tre concorrenti che avranno ricevuto il
maggior numero di voti riceveranno la “nomination”, saranno cioè candidati ad
essere eliminati dal gioco. Sarà poi il pubblico dei telespettatori a decretare votando
per telefono quale fra i concorrenti che hanno ricevuto la “nomination” dovrà
abbandonare la casa.
3
Sotto il profilo tecnico Grande Fratello si presenta come un prodotto di
intrattenimento “multipiattaforma”, essendo possibile fruire dei suoi contenuti
ricorrendo a diversi tipi di media. Sono infatti coinvolti in questo progetto:
- la televisione generalista (Canale 5) con una programmazione quotidiana seriale
al modo delle soap opera e con un talk show di approfondimento trasmesso una
volta a settimana in prime time serale
- la televisione satellitare e digitale a pagamento (Stream-Tv) che vi dedica quattro
canali con la ripresa in diretta 24 ore su 24
- la connessione Internet a banda larga (Netsystem.com) che permette anch’essa di
fruire di un flusso di immagini in tempo reale 24 ore su 24
- la connessione Internet con normale collegamento telefonico: sono predisposti
vari siti Web ufficiali oltre ad un indefinito pullulare di siti gestiti da fan
- il teletext (Mediavideo) con nove pagine contenenti la cronaca dei principali
eventi aggiornata quotidianamente in tempo reale
- la telefonia mobile (Omnitel-Vodafone) con diversi servizi quali l’ascolto in
diretta di quanto sta accadendo nella “casa”, la connessione wap (con
aggiornamenti, forum di discussione, ecc.) e l’invio di sms di commento che
possano essere eventualmente letti durante il talk show televisivo settimanale
- l’editoria classica con una rivista specificamente dedicata al programma
4
Capitolo 1
Grande Fratello e la riduzione del superman all’everyman attuata dalla
televisione
Grande Fratello ed il codice “leggendario” televisivo
Il requisito principale richiesto agli aspiranti concorrenti al Grande Fratello è di
essere “gente comune” . La partecipazione al programma è infatti preclusa agli attori
professionisti. Tale scelta non è assolutamente casuale. È possibile anzi sostenere che
si tratta di una opzione consapevolmente adottata per soddisfare specifiche esigenze
tecniche in modo da assicurare il coerente funzionamento del medium televisivo.
Jean Baudrillard, trattando del sistema di lettura della realtà imposto dai mass media
elettronici, si riferisce ad un codice insieme tecnico e “leggendario”. L’autore
francese vuole intendere che, in virtù del processo tecnologico dispiegato dalla
comunicazione di massa, nell’orizzonte di senso contemporaneo “sempre di più non
tenderà ad esistere se non ciò che può essere letto (ciò che ‘deve’ essere letto: il
‘leggendario’). E non sarà più questione allora della verità del mondo e della sua
storia, ma solamente della coerenza interna del sistema di lettura” (J.Baudrillard,
1976: 172) . Sotto questo aspetto la decisione di focalizzare uno show televisivo sulla
costante interazione di persone ordinarie, aldilà della pretesa di verità e realtà che
tramite una simile scelta si vuole affermare, trova la sua ragione ultima nel fatto
tecnico che una parte considerevole del “leggendario” televisivo, di ciò che può e che
deve essere letto dalla televisione, attiene alla sfera dell’espressività umana, al
linguaggio dei gesti e delle emozioni intime. Umberto Eco ne coglie implicitamente
le conseguenze parlando della “riduzione del superman all’everyman” attuata dalla
televisione:
“Il caso più vistoso di riduzione del superman all’everyman lo abbiamo in Italia
nella figura di Mike Bongiorno e nella storia della sua fortuna. Idolatrato da milioni
di persone, quest’uomo deve il suo successo al fatto che in ogni atto e in ogni parola
del personaggio cui dà vita davanti alle telecamere traspare una mediocrità assoluta
5
unita (questa è l’unica virtù che egli possiede in grado eccedente) ad un fascino
immediato e spontaneo spiegabile con il fatto che in lui non si avverte nessuna
costruzione o finzione scenica: sembra quasi che egli si venda per quello che è e che
quello che è sia tale da non porre in stato di inferiorità nessuno spettatore, neppure
il più sprovveduto. Lo spettatore vede glorificato e insignito ufficialmente di autorità
nazionale il ritratto dei propri limiti” (U. Eco, 1976: 30).
La mancanza di finzione scenica, vera o pretesa che sia, è d'altronde uno dei pilastri
su cui si fonda il successo del Grande Fratello. A sua volta tale successo, oltre al
grande battage pubblicitario dispiegato affinché la sua profezia si autoadempia, è
strettamente correlato alle tipologie di messaggio trasmesse al pubblico. Si tratta
infatti di messaggi che assecondano in modo ottimale sia le caratteristiche del
medium che li trasmette sia l’atteggiamento del telespettatore, l’atteggiamento cioè
di “un osservatore che più che vivere esperienze, cerca di indovinare a rendere
esperienze altrui; l’atteggiamento di un osservatore che opera una ‘mimesi di
esperienze’ – ed in questo senso vive certamente una sua esperienza di
interpretazione e di mimesi” (U. Eco, 1980: 194).
A tal proposito è possibile riferirsi ad Erving Goffman, il quale, studiando le
interazioni faccia a faccia, distingue tra “espressione” e “comunicazione”. Il termine
“espressione” si riferisce all’intera gamma di segni non verbali prodotti dalla
semplice presenza di un individuo in un ambiente: gesti, toni di voce, postura,
mimica del volto. Le informazioni contenute nelle espressioni sono contestuali
poiché fanno sempre riferimento alla persona che le emette ed alla particolare
situazione in cui essa si trova senza proporre dichiarazioni esplicite o discussioni su
qualsivoglia argomento. “Comunicazione” invece, nell’accezione proposta da
Goffman, indica esclusivamente l’utilizzo del linguaggio (o di simboli simili al
linguaggio) finalizzato alla trasmissione intenzionale di un “messaggio” i cui
referenti possono essere cose, eventi o idee. Dunque le informazioni che sono
oggetto di comunicazione possono prescindere dal qui ed ora della situazione,
possono essere astratte. Mentre le comunicazioni sono trasmesse consapevolmente,
non è semplice controllare le espressioni poiché esse tendono ad emergere in modo
irriflessivo. Conseguentemente quando è in atto una comunicazione, aldilà dello
specifico argomento su cui essa verte, le espressioni vi si sovrappongono rimandando
6
costantemente allo stato soggettivo degli attori. Infatti le espressioni sono personali e
idiosincratiche, le si osserva per comprendere come un individuo si sente o appare.
Quindi le informazioni espressive giocano un ruolo prioritario nella creazione della
“impressione fondamentale” nelle decisioni relative ai rapporti umani. La maggiore
controllabilità e la relativa facilità di manipolazione tendono a caratterizzare le
comunicazioni come fenomeni da “ribalta”. Le espressioni viceversa tendono al
“retroscena” dei sentimenti intimi e individuali. La televisione veicola sia
comunicazioni che espressioni, conseguentemente rende pubbliche informazioni che
erano confinate alle interazioni private e precedentemente scambiate tra individui in
un contesto di compresenza fisica. Questo medium pertanto tende a far emergere le
prospettive da retroscena insite nelle espressioni personali.
La filosofa Susanne Langer distingue invece tra simboli discorsivi (es. il linguaggio)
e simboli rappresentativi (es. le immagini). I simboli discorsivi sono astratti e
arbitrari, non assomigliano fisicamente agli oggetti e agli eventi che descrivono. Essi
infatti sono composti da unità separate (es. le parole) aventi ognuna un significato
indipendente dalla particolare disposizione degli elementi: le frasi acquistano
significato quando si dispongono seguendo le regole arbitrarie di uno specifico
codice grammaticale. I simboli rappresentativi hanno al contrario un rapporto più
diretto con l’oggetto che rappresentano. Essi inoltre sono composti da elementi che,
non avendo significato autonomo, vengono percepiti come insieme-Gestalt : i pixel
di un’immagine digitalizzata acquistano significato quando si ricompongono in un
modello che riflette la forma di un referente reale. Un’immagine dunque si capisce
nell’atto di guardarla. Similmente alle espressioni, le informazioni rappresentative
tendono ad essere legate a oggetti o persone particolari in contesti particolari. La
televisione trasmette un flusso di informazioni rappresentative congiuntamente a
simboli discorsivi. Dato che simboli come le immagini, i suoni, la musica
“rappresentano” sentimenti, emozioni o altri stati soggettivi, essa tende a legare
emittente e destinatario attraverso una rete intima di esperienze e sentimenti
individuali.
A loro volta Paul Watzlawick e colleghi propongono la dicotomia tra simboli digitali
e messaggi analogici. I simboli digitali sono unità discrete come i numeri o le parole
le quali si compongono in sistemi che si basano sulla discontinuità. I messaggi
7
analogici sono invece continui e si basano sul principio del più e del meno. Le
comunicazioni umane possono essere distinte anch’esse in sistemi digitali e
analogici. Infatti le parole e le frasi sono elementi discreti con significati
relativamente determinati mentre una stretta di mano o un sorriso implicano
espressioni analogiche. Le comunicazioni digitali trasmettono messaggi di contenuto,
tendono cioè a riguardare le cose in generale. Le espressioni analogiche trasmettono
piuttosto messaggi di “relazione” rivelando i sentimenti del mittente riguardo agli
individui e le cose che lo circondano o ai messaggi digitali che pronuncia o ascolta.
La televisione diffonde entrambi i tipi di informazione.
Dunque tramite la televisione, anche quando si discute di argomenti impersonali, è
inevitabile trasmettere contestualmente ai temi trattati un ampia gamma di aspetti
personali. Questo medium infatti offre il tipo di informazioni a cui generalmente si
presta attenzione in situazioni intime (in famiglia, con gli amici). I messaggi
espressivi televisivi sono legati alla soggettività degli oratori, ne fanno emergere
costantemente l’orientamento rispetto alla situazione, rivelano i loro sentimenti,
illustrano le loro reazioni rispetto a ciò che sta accadendo. Di conseguenza il confine
tra emozioni private e comunicazioni pubbliche tende a confondersi.
L’attenzione verso i messaggi espressivi può risultare persino maggiore in
televisione che nelle interazioni faccia a faccia. Infatti negli incontri dal vivo una
vicinanza fisica molto stretta tra gli interlocutori è un fenomeno poco frequente,
consentito unicamente in determinate condizioni. In televisione invece è pratica
normale riprendere con lunghi primi piani le persone inquadrate. Inoltre mentre il
flusso informativo unidirezionale permette al telespettatore di fissare gli altri, nelle
interazioni dal vivo questo comportamento è solitamente considerato non
appropriato. Infine nelle interazioni faccia a faccia non ci si può concentrare così
intensamente sul comportamento altrui poiché si è impegnati in tutta una serie di
operazioni (codifica e decodifica dei messaggi, rispetto dell’alternanza dei turni,
metacomunicazioni, ecc.) dalle quali dipende il buon esito dell’incontro.
La capacità della televisione di far risaltare le espressioni personali determina quindi
il predominio delle espressioni sulle parole, la prevalenza dei messaggi espressivi-
rappresentativi-analogici sui messaggi comunicativi-discorsivi-digitali. I talk show
di successo si basano più sul contenuto espressivo che su quello comunicativo.
8
Anche nei quiz televisivi si “comunica” in realtà molto poco: i concorrenti vengono
messi in situazioni di tensione a cui sono costretti a reagire dopo essere stati
sottoposti a provini per verificare la loro espressività. In questi programmi si
“impara” dalla “verità” e dalla “realtà” implicite nel comportamento e
nell’esperienza umana. Infatti la maggioranza dei messaggi dei programmi televisivi
presenta ai telespettatori immagini e suoni realistici di luoghi e persone. Questi
simboli rappresentativi non accrescono tanto i concetti o le idee degli individui
quanto piuttosto il loro bagaglio di “esperienze”. La potenza e l’efficacia delle
espressioni dipende dal fatto che sembrano più naturali e reali delle parole, dal fatto
che rimane la sensazione di aver “incontrato” o di “conoscere” le persone viste in
televisione poiché esse offrono la possibilità di sperimentare espressioni comuni a
tutti gli esseri umani.
La natura espressiva della televisione rende omogeneo l’accesso all’informazione da
parte di individui con età, posizioni lavorative e retroterra culturali differenti. Essa
inoltre tende a fondere i tipi generali di immagine presentati da persone diverse
nell’ambito pubblico. Watzlawick e colleghi hanno osservato come i bambini piccoli,
i malati di mente e persino gli animali riescano con successo ad afferrare il
significato generale delle espressioni nonostante la loro incapacità a decifrare i segni
linguistici. Analogamente Ekman e Friesen hanno osservato come le interpretazioni
di un messaggio espressivo da parte di una persona incompetente e da parte degli
esperti spesso coincidano. È d'altronde un fatto comune la possibilità di comprendere
qualcosa osservando degli stranieri che interagiscono in televisione pur non
conoscendo la loro lingua. Dunque in un certo senso ogni programma televisivo che
mostra il comportamento degli individui tratta sempre lo stesso tema: i gesti, i
sentimenti, le emozioni degli esseri umani. Questa connotazione altamente espressiva
della televisione, che enfatizza i contenuti di esperienza nella sua forma basica di
immagini e suoni realistici di luoghi e persone a discapito delle idee e dei concetti,
rende la maggioranza dei programmi televisivi accessibile allo spettatore medio
poiché, come ribadisce Umberto Eco, “la tv non offre, come ideale in cui
immedesimarsi, il superman ma l’everyman. La televisione offre come ideale l’uomo
assolutamente medio” (U.Eco, 1976: 30).
9
Il ruolo prioritario svolto dalle espressioni in televisione tende anche ad uniformare i
tipi di messaggio trasmessi da persone diverse. Infatti recitare in televisione spesso
significa imparare a comportarsi in maniera “naturale” fingendo che le telecamere
non siano presenti. Dunque si richiedono spontaneità e naturalezza e poco importa
se queste siano già presenti nella competenza comunicativa dell’ “uomo della strada”
oppure siano acquisite da un attore professionista dopo anni di studio all’Accademia
di Arte Drammatica. Questa analogia tra i messaggi trasmessi dalla televisione da
persone diverse non è riscontrabile in nessuna altra forma di comunicazione, fatta
eccezione per l’interazione faccia a faccia.
Il format del Grande Fratello asseconda palesemente la forte connotazione
espressiva, intima e relazionale del codice televisivo differenziandosi in modo netto
da generi tradizionali quali ad esempio telegiornali, talk show o quiz televisivi che
tendono a velarsi dietro l’alibi della comunicazione (intesa nel senso goffmaniano di
utilizzo del linguaggio finalizzato alla trasmissione intenzionale di un messaggio i
cui referenti possono essere cose, eventi o idee) per far invece “parlare
qualcos’altro”, cioè il ”fattore umano” dei conduttori, degli ospiti o dei concorrenti.
Così se in un notiziario, pur di conseguire la buona riuscita televisiva di un servizio
di cronaca, può essere necessario gettare il microfono in faccia ad una persona
affranta dalla perdita di un congiunto chiedendole “cosa prova in questo momento ?”,
nel Grande Fratello la mimesi di esperienze del telespettatore può essere agevolata in
maniera molto più fluida ed organica semplicemente inquadrando un concorrente che
in bagno, in mutande e canottiera, si spreme un brufolo corrucciandosi allo specchio
(dietro cui è posizionata la telecamera che lo riprende) oppure limitandosi a
registrare senza intervenire dall’esterno una lite fra coinquilini esasperati dalla noia o
dalla idea di essere rimasti senza sigarette e di non poter uscire per andarle ad
acquistare. Sotto questo aspetto non stupisce il fatto che, se si volesse descrivere la
trama di un reality show come Grande Fratello, potrebbe essere sufficiente riportare
la lista dei comportamenti espressivi che secondo Goffman costituiscono il
linguaggio da retroscena: “chiamarsi per nome, prendere decisioni in comune,
profanare, fare apprezzamenti sessuali in modo aperto, affliggere il prossimo in
modi sofisticati, fumare, vestirsi in modo decisamente informale, sedersi e
atteggiarsi ‘disordinatamente’, parlare in dialetto o in un linguaggio poco
10
elaborato, brontolare, gridare, essere aggressivi e ‘prendere in giro’ per gioco,
mancare di rispetto in modo poco appariscente ma simbolico, avere uno scarsissimo
autocontrollo a livello fisico, per esempio canticchiare, fischiettare, masticare,
rosicchiare, ruttare e produrre flatulenza” (E.Goffman, 1969: 128).
A testimonianza di quanto detto si può considerare un estratto cronologico di ciò che
è accaduto durante poco più di due ore di trasmissione in un giorno preso a caso:
13:27 – Ennesimo infortunio per Tati: oltre ai lividi ora pure un taglio
13:43 – Si riparla della lite tra Romeo e Emanuela: Emanuela non ha dimenticato
14:10 – Alessandro si allena con l’attrezzatura sportiva; Mascia si depila
15:10 – Francesco mentre si dondola su una sedia a sdraio cade a terra !
15:37 – Stamattina niente bacino di Tati a Lorenzo per il “buon giorno”:
sarà finita ?
15:58 – Preoccupazione per gli gnocchi: riusciranno bene? Huber è perplesso
(Mediavideo, pag.566 – 9/10/2001)
La scelta di collocare la produzione di messaggi espressivi (che già di per sé tendono
verso il retroscena dei sentimenti intimi ed individuali) in un setting costituito da una
casa le cui pareti vengono rese virtualmente trasparenti dal funzionamento
ininterrotto delle telecamere risulta inoltre particolarmente congruente con la
tendenza più generale della televisione ad introdurre nei processi di definizione
sociale delle situazioni ciò che Meyrowitz denomina “distorsione da area di
retroscena”. Questa tendenza è correlata al fatto che più da vicino si osservano gli
individui, sia dal vivo che attraverso microfoni e telecamere, più il loro
comportamento è privato dei suoi simboli e atteggiamenti sociali. Infatti,
continuando a seguire Goffman, è possibile concepire la struttura situazionale dei
contesti sociali in termini di cornici interattive al cui interno si svolgono le azioni
degli attori. Tali cornici, delimitate da certe assunzioni e convenzioni date per
scontate, oltre che dalla configurazione fisica dell’ambiente, guidano il
comportamento degli individui che si trovano ad agire al loro interno: essi devono
adattare il proprio comportamento in modo da proiettare un’immagine di sé
compatibile con le aspettative di ruolo tipiche della specifica cornice in cui sono
11
inseriti e con l’impressione che desiderano trasmettere. La discriminante
fondamentale nella dinamica interattiva delle cornici dell’azione sociale passa fra
ribalta e retroscena. La ribalta è il contesto in cui la drammaturgia del sé trova la sua
manifestazione palese mentre nel retroscena si fanno le prove per le prestazioni da
ribalta, si esprimono le proprie idiosincrasie più` intime e, in generale, si relega tutto
ciò che risulterebbe sconveniente e inadeguato sulla scena ufficiale degli incontri
sociali. Gli spazi da retroscena e da ribalta sono interdipendenti nella misura in cui la
rappresentazione individuale sulla scena dipende dall’esistenza di un retroscena
isolato dal pubblico che permetta agli attori di imparare e ripetere i loro ruoli,
discutere le strategie con gli altri membri della compagnia, o banalmente rilassarsi e
scivolare nell’inespressività. Conseguentemente, se gli attori non sono più in grado di
mantenere separati i loro comportamenti da retroscena rispetto a quelli da ribalta,
oltre a perdere la propria privacy, non saranno più in grado di rappresentare i loro
ruoli da scena. Infatti qualsiasi aspetto delle prove divenuto visibile al pubblico deve
essere integrato nello spettacolo cosicché la natura della rappresentazione risulta
modificata in maniera corrispondente allo spostamento della linea di demarcazione
tra comportamenti da scena e da retroscena. Così la progressiva perdita dello spazio e
del tempo per le prove determina la crescente somiglianza tra lo spettacolo sul
palcoscenico ed una prova estemporanea da retroscena. Tale fusione di situazioni
precedentemente distinte esige l’assunzione da parte degli attori di un nuovo tipo di
comportamento che Meyrowitz chiama “comportamento da spazio intermedio”. Il
pubblico invece assume una prospettiva speculare da “palcoscenico laterale” nel
senso che, vedendo gli attori passare dal retroscena alla scena e viceversa, ora è in
grado di assistere, oltre ai tradizionali comportamenti da ribalta, anche ai
comportamenti che precedentemente erano gelosamente occultati nel retroscena.
Dunque gli attori devono riadattare il proprio comportamento in modo da renderlo
coerente con le nuove informazioni disponibili al pubblico. La “distorsione da area
da retroscena” che caratterizza questo nuovo stile da spazio intermedio è dovuta
anche al fatto che, diversamente da quanto accade sulla ribalta in cui ciascuno può
adottare un comportamento da scena molto differente rispetto a quello degli altri,
ogni individuo tende invece a riservare al retroscena della propria vita molti aspetti
ineliminabili e condivisi da tutti gli esseri umani: ad esempio dormire, mangiare,
12
“spulciarsi” reciprocamente, essere attivi sessualmente, essere depressi, avere ansie e
dubbi. Quindi, nella misura in cui gli attori sono sempre meno in grado di separare
gli ambiti della drammaturgia sociale, questi comportamenti irriducibili emergeranno
all’attenzione del pubblico e lo stile da retroscena si rivelerà sempre di più.
Grande Fratello rende operative in maniera estremizzata queste dinamiche
situazionali fornendo costantemente al pubblico dei telespettatori una prospettiva da
palcoscenico laterale e imponendo di fatto ai concorrenti l’assunzione di un
comportamento da spazio intermedio 24 ore su 24. Così, demistificando i
comportamenti da ribalta, i quali risultano necessariamente finti e costruiti agli occhi
di chi ha assistito alla loro progettazione nel retroscena, questo espediente tecnico
finisce per accordare un effetto di realtà e di verità unicamente agli aspetti più
“viscerali” ed intimi degli attori e permette dunque di aderire in modo ottimale al
codice “leggendario” televisivo. Inoltre, essendo questi elementi tendenzialmente
condivisi dalla generalità degli individui, si rivela piuttosto agevole la mimesi di
esperienze tra i telespettatori ed i protagonisti del programma.
Forme e modi della partecipazione dei telespettatori
Donald Horton e Richard Wohl sostengono che tra le persone che fanno esperienza
reciproca esclusivamente attraverso i media elettronici si instaura un particolare tipo
di rapporto: l’interazione parasociale. Tale rapporto, benché mediato, e anche in
presenza di flussi informativi unidirezionali, assomiglia psicologicamente alle
interazioni faccia a faccia. Le ricerche condotte da Horton e Wohl hanno evidenziato
come i telespettatori sentano di “conoscere” le persone “incontrate” in televisione
ritenendo addirittura di conoscere e capire un attore meglio di tutti gli altri
telespettatori. L’attore parasociale è quindi in grado di creare “un’intimità con
milioni di persone”. Se si riconsidera sotto questo aspetto la popolarità di molti
conduttori di programmi televisivi ci si rende conto che essa non deriva da particolari
competenze nelle varie discipline artistiche: essi si presentano ogni giorno sui
teleschermi, improvvisano qualche battuta, ammiccano e questo può essere
sufficiente a renderli piacevoli e interessanti come potrebbe esserlo un amico intimo.
13
Infatti il puro attore parasociale “è conosciuto perché lo si conosce”. Questa teoria è
applicabile anche nei confronti di coloro che recitano ruoli di finzione. Infatti molti
telespettatori considerano i personaggi delle soap opera o degli sceneggiati televisivi
alla stregua di persone reali a cui rivolgersi via lettera per ottenere consigli. Il
rapporto parasociale può inoltre svincolarsi dal momento della fruizione di uno
specifico medium elettronico. Questo accade ad esempio nelle interazioni quotidiane
con gli amici o con i colleghi quando gli individui discutono commentando le
vicende degli amici parasociali di cui condividono la conoscenza.
L’interazione parasociale è molto simile a ciò che J.B. Thompson definisce “quasi-
interazione mediata”. Essa designa il tipo di relazione sociale che si instaura
attraverso la fruizione dei mezzi di comunicazione di massa : libri, giornali, radio e
soprattutto televisione. Thompson la contrappone alla “interazione faccia a faccia”.
Coloro che prendono parte alla “interazione faccia” condividono il medesimo
sistema di riferimento spazio-temporale istituito dal contesto di compresenza fisica.
Essere materialmente accessibili gli uni agli altri permette ai partecipanti di generare
un flusso di informazioni e comunicazioni a due direzioni in virtù del quale è
possibile scambiarsi vicendevolmente i ruoli di emittente e destinatario. Oltre a ciò,
oltre al fatto di essere dialogica, l’interazione faccia a faccia permette il ricorso ad
un vasto repertorio di indizi simbolici (espressioni, simboli rappresentativi, messaggi
di relazione) che, integrando gli enunciati verbali, contribuiscono alla corretta
interpretazione della situazione da parte degli interlocutori. Un’ulteriore caratteristica
costitutiva di questo tipo di relazione è data dal fatto che gli individui coinvolti sono
persone determinate. Ciò non è invece riscontrabile nella “quasi-interazione mediata”
che consiste nella produzione di forme simboliche rivolte ad un insieme indefinito di
potenziali riceventi. Inoltre essa dispiega un flusso della comunicazione
prevalentemente unidirezionale. Si deve proprio a questo minor grado di specificità e
reciprocità la connotazione di “quasi-interazione”. Tuttavia si tratta pur sempre di un
tipo di relazione sociale, per quanto sui generis, che, coinvolgendo gli attori in un
processo di comunicazione e scambio simbolico, crea una particolare situazione
sociale la cui struttura si articola nella separazione di ruolo fra produttori e riceventi.
Così determinati individui svolgono la funzione di emittenti producendo forme
simboliche rivolte a persone anonime non fisicamente presenti mentre una massa
14
indefinita di altri individui riceve tali messaggi aventi la peculiarità di essere stati
creati da persone a cui non è possibile rispondere nella medesima forma strutturata.
Ciò non impedisce ai riceventi-destinatari di legarsi ai produttori-emittenti in rapporti
di amicizia, simpatia o fedeltà – non impedisce a questi ultimi di porsi nei confronti
dei primi nella vesti di amici parasociali.
Precedentemente si è analizzato come la televisione sia il medium attualmente più
espressivo sotto il profilo della quantità di indizi simbolici che mette a disposizione
dei suoi fruitori, tanto da essere molto prossima, sotto certi aspetti, all’interazione
faccia a faccia. Tuttavia rispetto a quest’ultima il repertorio di indizi simbolici su cui
possono contare i telespettatori è diverso e più limitato. Infatti la televisione indirizza
l’attenzione dei riceventi su determinati aspetti occultandone altri, si avvale di
tecniche (flashback, voci fuori campo, ecc.) che non fanno parte dell’armamentario
“qui ed ora” dell’interazione faccia a faccia. Inoltre i partecipanti ad una quasi-
interazione televisiva non dispongono dei feed-back reciproci che gli attori di una
interazione faccia a faccia si rimandano costantemente allo scopo di controllare
riflessivamente il proprio comportamento. Infatti l’unidirezionalità del flusso dei
messaggi, il cui senso va unicamente dai produttori ai destinatari, determina
un’asimmetria strutturale tra i due poli dello scambio per cui un gruppo di
partecipanti produce i messaggi trasmettendoli ad un insieme indefinito di riceventi i
quali non hanno nessuna possibilità di contribuire direttamente allo svolgimento e ai
contenuti della quasi-interazione. La mancanza di tali importanti forme di riflessività
e reciprocità induce a considerare il coinvolgimento di produttori e destinatari come
una “quasi-partecipazione”. Le persone che i riceventi conoscono tramite la
televisione sono dunque dei “personaggi” nei confronti dei quali è possibile nutrire
sentimenti di vario tipo ma che si sottraggono sistematicamente a qualsiasi processo
di negoziazione intersoggettiva del proprio sé. Infatti i loro tratti distintivi non
possono essere confermati o smentiti attraverso il tipo di interazione dialogica delle
relazioni faccia a faccia, essendo la definizione della loro identità di esclusivo
dominio della “cornice interattiva della produzione”, cioè del contesto all’interno del
quale agiscono e interagiscono i protagonisti dei programmi. Tuttavia le
caratteristiche costitutive della quasi-interazione televisiva rendono ugualmente
possibile una peculiare forma di intimità “a distanza” e “non reciproca” sulla quale in