2 . L E O P E R E
2.1 Le composizioni giovanili
e i primissimi lavori di Goffredo Petrassi scritti tra il 1926 e il 1929 appaiono
S
ancora impersonali e risentono delle costrizioni armoniche della scuola, la
maggior parte dei suoi lavori giovanili, appartenenti cioè al periodo che
precede la definitiva affermazione della Partita per Orchestra, mostrano già i lineamenti
caratteristici per definire quella che sarà nell’arco di un decennio la struttura
grammaticale del suo linguaggio.
La fase preparatoria dell’arte di Petrassi è segnata dal determinante influsso di
Casella, già riscontrabile nella Sinfonia, Siciliana e Fuga, per Quartetto d’archi e nelle Tre
Liriche Antiche Italiane del 1929.
Ricalcate sulle Canzoni Trecentesche di Casella, queste ultime risentono
dell’atmosfera degli arcaismi dell’epoca, rivelando comunque una prima presa di
possesso di una materia musicale cercata in quel terreno generico e ormai scontato. Una
maggiore autonomia dimostra invece la Sinfonia, Siciliana e Fuga per quartetto d’archi,
che, nata come spunto dalla Sinfonia del Concerto di Casella per quartetto d’archi,
manifesta tra il materiale composito del modello una scelta ben definita per uno solo dei
suoi elementi con l’esclusione di altri: il canto popolare.
Nel lavoro di Casella il materiale popolaresco era visto in tono di nostalgia
distaccata e contaminato da mille espedienti, per esempio, l’apparente disinvoltura degli
incroci politonali.
pag. 8
In Petrassi, invece, l’uso di particolari giri melodici e di perspicuità intervallari,
rimandano precisamente al canto popolare della campagna romana, un elemento
spontaneo in Petrassi, che risale alla sua infanzia, e ripreso sulla falsariga caselliana solo
perché in un giovane è forte l’esigenza di rifarsi a un’elaborazione piuttosto che a una
fonte pura.
Fin dalle prime opere sono evidenti influenze pi o meno transitorie di Debussy,
Ravel, Milhaud, Malipiero, accanto a quelle di Stravinskij e di Hindemith e perfino di
Schoenberg, anche se l’accostamento al cromatismo schoemberghiano costituisce per ora
una parentesi isolata che non eserciterà nessun peso immediato sulla sua creatività. Si è
parlato spesso di schoemberghismo nei Colori del Tempo; qui l’atonalismo viennese è
infatti ripensato nei termini di una linea diatonica della pi bella tradizione italiana
inserita in un contesto armonico affatto nuovo, con accordi includenti in sé il rapporto
di settima, fulcro della nuova musica.
Si è prima accennato a influenze transitorie di Ravel e Debussy.
Come è noto l’ammirazione del giovane musicista romano per Ravel risale ai suoi
primi esperimenti compositivi, nei quali l’uso di cantilene arcaiche, un certo tipo di
melodia diatonico-modale, la passione per l’accordo isolato, il gusto per la danza antica,
sono chiaramente riconducibili a certi modi raveliani, filtrati attraverso la personalità di
Casella.
L’insegnamento di Debussy è per il giovane Petrassi il superamento della dialettica
quale si era venuta configurando nel sinfonismo classico. La derivazione tematica viene
pag. 9
sostituita da accostamenti imprevedibili; inoltre il principio dei contrasti viene esteso dal
primo aspetto armonico-melodico, a tutti i parametri sonori.
Di gran lunga più rilevante nel primo Petrassi è l’incidenza di Hindemith e
Stravinskij. Lo stesso Petrassi nel dare una definizione del suo stile giovanile dichiara: “le
prime composizioni che scrissi riflettono chiaramente un’indirizzo stravinskiano e hindemithiano”
(2)
La
musica di Hindemith e in particolare le Kammermusiken e Neues von Tage, ascoltate
all’Augusteo sotto la direzione di Mario Rossi, lo avevano colpito per la vitalità del senso
3)
contrappuntistico “formicolante di idee e di spinte”, tanto da diventare uno dei modelli
seguiti nell’Ouverture da concerto.
Hindemith e Stravinskij rimandano a un elemento centrale dell’arte di Petrassi,
quello che Fedele D’Amico definisce “violento e oscuro impulso ritmico”, il movimento
in sé, indipendente da un significato melodico concreto.
E’ dunque quest’impulso ritmico, principio quasi metafisico che bisognerà
definire, se si vorrà fissare l’aspetto per ora più tipico dell’ispirazione petrassiana.
In sé il ritmo puro, l’allucinazione ritmica, sono fenomeni della musica del nostro
secolo, la quale per la prima volta è riuscita a isolare il solo elemento ritmico,
deformando o neutralizzando il senso melodico.
I precedenti immediati di Petrassi, dunque, andranno cercati negli esponenti pi
tipici di questa musica, Stravinskij fino alla Histoire du Soldat e alle Noces, Hindemith nei
Quartetti e nelle Kammermusiken, senza sottovalutare le differenze sostanziali che separano
i due musicisti, esaminati soprattutto nel loro periodo meno recente.
2
AA.VV. Petrassi Op. cit.
2
AA.VV. Petrassi Op. cit.
pag. 10
Per Stravinskij l’invenzione tematica è di natura ritmica e non è un concetto che
presuppone quello di uno svolgimento, ma un motivo, un’idea che sta da sé: “ogni tema è
una concentrazione lirica-evocativa di un’immagine di danza barbarica e primordiale, qualcosa quindi di
relativamente indipendente dal senso melodico”.
(4)
Hindemith, invece, che è saldamente connesso, attraverso Max Reger, alla
tradizione del sinfonismo tedesco, considera il tema propriamente un tema, qualcosa che
acquista importanza in virt di quel fenomeno di crescita, di divenire, che è lo sviluppo.
Il suo tratto originale è di aver isolato l’elemento ritmico, che pertanto si configura come
“il progredire ossessionante di una tensione attraverso mille fratture e incidenti”.
(5)
Il materiale sonoro di Hindemith, è pur sempre derivato da un linguaggio
tradizionale e si inserisce dunque in quel fenomeno di decadentismo che si incontra nella
parabola discendente del romanticismo tedesco e che si chiama ritorno a Bach. Il senso
profondo di questo fenomeno sta nell’esaurimento del grande impulso romantico alla
creazione integrale a tutto tondo, e nella rinuncia alla dialettica tipica del sinfonismo, per
tornare al contrappunto puro, al Bach dei concerti e della musica da camera.
Si può concludere che Petrassi, così come si annuncia nell’Ouverture per orchestra
del 1931, si muove sulla strada segnata da Hindemith: egli rinuncia alla creazione
integrale a tutto tondo, e pur accettando per ora una rigorosa concezione
contrappuntistica, rimane in fondo ingenuo e semplice; le sue composizioni sono
attraversate da un’atmosfera festosa piuttosto che severa e il suo cromatismo è il risultato
di una estrema libertà delle parti.
(4)
Fedele D’Amico I Lavori giovanili di Petrassi in La Rassegna Musicale n°1 anno XV, 1942
(5)
Fedele D’Amico Op. cit.
pag. 11
Al 1931 appartiene anche la Passacaglia per orchestra (la stessa orchestra
dell’Ouverture), nella quale si fissa un altro punto fermo dell’arte di Petrassi fino al Salmo
IX: se nell’Ouverture e nelle altre musiche della prima maturità domina una aperta vitalità
dinamica, nella Passacaglia si profila una vena meditativa e lirica. E sarà la ricerca di una
purezza lirica sempre pi distillata ed essenziale a portare Petrassi ai limiti di un
apparente ermetismo. Anche nei punti di massima accensione, la sua musica resterà
sempre aliena da qualsiasi abbandono sentimentale.
Nei Tre Cori con piccola orchestra del 1932 si preannuncia invece quella vena
spiritosa e umoristica che si dispiegherà più tardi nell’opera in un atto Il Cordovano e nei
Nonsense per coro a cappella
Gli elementi stilistici maturati nella prima fase stilistica del compositore trovano
una perfetta messa a fuoco nella Partita per orchestra del 1932, che grazie al successo
ottenuto al festival della SIMC ad Amsterdam, dove fu diretta da Casella, port subito
Petrassi alla ribalta nella vita internazionale.
Egli scrisse quest’opera rifacendosi idealmente ai modelli delle antiche danze
italiane: la partitura è infatti costituita da una Gagliarda, una Giga e una Passacaglia. La
Partita mostrava un musicista in possesso di una brillante tecnica orchestrale e incline a
un severo contrappunto strumentale di gusto neoclassico.
Sulla linea della Partita seguirono “l’Introduzione e Allegro” per violino e undici
strumenti (1933), il “Concerto per orchestra (1934) e pi tardi, tra il 1936 e il 1939, il
“Concerto per Pianoforte”.
pag. 12
Moderne per la spregiudicatezza della scrittura armonica e strumentale, e in
particolare per la dinamica energia del ritmo, queste composizioni si possono almeno in
parte collocare nella tendenza neoclassica, per la fondamentale fedeltà al senso tonale, sia
pure oscurato da sovrapposizioni politonali e per il recupero e la stilizzazione di antiche
forme strumentali nell’ambito di una concezione severamente polifonica.
Il Primo Concerto per Orchestra si pone come antefatto e si stacca nettamente dagli
altri sette, tanto che non sembra opportuno parlare di blocco degli Otto Concerti.
Il titolo stesso di Concerto aveva un senso programmatico ben preciso: opporsi
deliberatamente allo schema formale della sinfonia con la sua struttura tripartita in
esposizione, sviluppo e ripresa e il gioco prestabilito di tensioni tonali. In quell’epoca
infatti si scrivevano molti Concerti e Concerti Grossi, che, estranei al concetto
ottocentesco di virtuosismo solistico, entro la forma sonatistica, permettevano una vasta
gamma di soluzioni formali per composizioni orchestrali di una certa ampiezza.
pag. 13
2.2 Le opere della prima maturità
Ben presto alla padronanza della polifonia strumentale, Petrassi associava un
elemento pi personale, e in parte riconducibile alle sue esperienze giovanili di putto
cantore nelle basiliche romane: le risorse del canto. Nascono così i grandi lavori corali: il
Salmo IX per coro e orchestra, il Magnificat per soprano leggero, coro e orchestra, il Coro
di Morti per voci maschili, tre pianoforti, ottoni, contrabbasso e percussioni, e la cantata
Noche Oscura per soli, coro, e orchestra.
Soprattutto nei primi due fra questi lavori si attua una fase dell’arte di Petrassi
caratterizzata da una specie di interpretazione attuale del gusto barocco e dei valori
tramandati dalla civiltà cattolica e romana della Controriforma.
A proposito di questi lavori si fa spesso il nome di Palestrina e si insiste sulla
formazione romana di Petrassi, ma la fusione di voci e strumenti ricorda piuttosto i
Gabrieli e la scuola veneziana, che non lo stile “a cappella” della polifonia di Palestrina, e
l’opulenza barocca delle forme rimanda piuttosto al Seicento, che non alla classicità
cinquecentesca.
Il Salmo IX, per coro misto e un complesso strumentale comprendente ottoni,
archi, due pianoforti e percussioni, scritto fra il 1934 e il 1936, segna una nuova pietra
miliare sulla strada di Petrassi; in esso si svela per la prima volta un lato essenziale del suo
mondo interiore: quello cattolico romano, sul quale Gianandrea Gavazzeni fu il primo ad
insistere e che Fedele D’Amico definì barocco e controriformista, individuandone i
pag. 14
riflessi nella grandiosità e nella passione per il gesto sonoro, nella “rappresentazione fine a sé
stessa, nello spettacolo esterno”.
(6)
I valori arcaici sono personalmente e modernamente rivissuti attraverso la
mediazione stravinskiana della “Sinfonia dei Salmi” e dell’Edipo Re; cioè dello Stravinskiy
oratoriale e religioso, dello Stravinsky dell’espressione collettiva della comunità
ortodossa.
La Sinfonia dei Salmi costituì per Petrassi una autentica rivelazione, in cui
l’elemento di maggior fascino era il modo di trattare il testo sacro, attraverso un
linguaggio essenziale e scultoreo.
Così parla l’autore in nell’intervista di Enzo Restagno: “Stravinsky per quel che mi
riguardava, per la mia informe cultura di allora, era quello che incarnava la modernità; anche perché in
quel momento tutto ciò che di moderno animava l’intellettualità e la cultura italiana in gran parte
proveniva da Parigi. Tutto quello che avveniva a Parigi almeno dal 1920 al 1940, aveva un valore e
una risonanza universali, molto pi di quello che avveniva a Vienna. Adesso noi sappiamo che cosa è
stata Vienna per l’arte moderna (…), ma a quel tempo Vienna restava un terreno culturalmente quasi
ignorato, era Parigi che ci illuminava con tutte le sue proposte .”
(7)
E’ ben noto che la vera modernità irrompe nell’opera di Stravinsky attraverso il
processo di riduzione all’osso del linguaggio al quale egli sottopose la sua musica fin
dall’indomani del Sacre.
Non a caso dopo l’ascolto dell’Oedipus Rex dove c’è una riduzione di mezzi
strumentali, Petrassi compose il Salmo IX, la cui timbrica viene caratterizzata dall’impiego
(6)
Fedele D’Amico Goffredo Petrassi Edizioni Documento Roma 1942
(7)
AA.VV. Petrassi Op.cit.
pag. 15
dei due pianoforti, modo stravinskiano dei pi evidenti, e dalla singolare crudezza di
certi accordi, soprattutto degli accordi isolati, e dal poderoso martellare di timpani.
Il linguaggio armonico, che è essenzialmente diatonico, denota una concezione
emancipata della dissonanza, in cui per esempio l’intervallo di settima è spesso usato in
luogo della consonanza, nei punti di riposo; inoltre l’armonia manifesta un’inclinazione
coloristica verso una sonorità orchestrale piuttosto stridente. Infine nelle parti corali
troviamo la cantilena gregoriana vera e propria o pi spesso, il colore modale della
melodia, la polifonia primitiva, l’organum per quarte e per quinte parallele.
Nel successivo Magnificat il giovane compositore romano è già in possesso di una
pi acuta logica formale e di una maggiore padronanza del mezzo corale e strumentale.
L’orchestra impiegata infatti è molto più ricca di quella del Salmo; in pi interviene la
voce solista di soprano leggero.
Petrassi inizi la partitura del Magnificat a Venezia durante la sua sovrintendenza al
Teatro La Fenice. Essendo coinvolto nella vita di un teatro lirico egli sentiva la necessità
di un approccio con un personaggio che gli richiamasse il melodramma, e il timbro esile
del soprano leggero era quello pi adatto a evocare la Vergine.
Come lo stesso compositore ebbe modo di confessarci sin dai tempi del Magnificat
e del Salmo, egli aveva avvertito l’esigenza di trovare un contrappeso alla spiritualità
barocca e al “cattolicesimo controriformista” e di aver trovato un tale contrappeso nei
moralisti francesi del settecento, la cui spiritualità laica aiut il compositore nella ricerca
della sua verità più intima. L’incontro col mondo poetico di Giacomo Leopardi lo port
a una prima catarsi nella ricerca delle verità essenziali.
pag. 16