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Introduzione
La mia idea di tesi nasce dalla curiosità suscitata da un particolare metodo di
insegnamento della lingua straniera, denominato Glottodrama.
Tale metodo che, fin dall’inizio ha catturato la mia attenzione, mi ha sorpreso per
l’originalità e l’apporto innovativo che fondendo insieme aspetti teatrali a quelli
linguistici, riesce a trasformare l’apprendimento linguistico, da materia puramente
scolastica a processo di apprendimento olistico, che coinvolge l’intera persona.
L’impostazione di tale processo di insegnamento riunisce un po’ quelle che sono
le mie passioni e le mie materie oggetto di studio: la lingua straniera, e le tecniche
di insegnamento ad essa correlate, e la rappresentazione teatrale, per mezzo della
quale ho avuto modo di fare esperienze, seppure non a livello professionale, ma
traendone comunque stimoli interessanti.
L’applicazione di tecniche teatrali all’insegnamento non può essere considerata
una novità, infatti esse vennero utilizzate come potenti mezzi per l’educazione e
l’indottrinamento fin dai tempi più remoti. Dalle performance primitive al teatro
dell’antica Grecia, dalle rappresentazioni medievali di indottrinamento religioso e
morale, fino all’epoca rinascimentale che vide la nascita di università che si
preoccupavano di fornire al giovane una formazione globale. Nacque allora il
teatro Gesuitico, considerato “scuola di valori e virtù”, ma anche disciplina
dell’anima e del corpo in grado di esaltare le potenzialità comunicative, e
coinvolgere le funzioni fisiche e psicologiche dello studente. Si arriva agli inizi
del ‘900 con la nascita del drama in education, che utilizza la drammatizzazione
come strumento di insegnamento delle materie scolastiche, fino a Maley e Duff,
che per primi sottolinearono l’importanza delle tecniche di drammatizzazione al
servizio dell’apprendimento della lingua straniera.
La drammatizzazione applicata all’insegnamento linguistico assume come
riferimento didattico, un approccio comunicativo con orientamento umanistico-
affettivo, avendo come prerogativa la centralità del discente e i suoi bisogni di
interazione sociale per raggiungere determinati scopi.
Nel mio lavoro di tesi ho deciso di seguire un percorso a ritroso che mi ha
condotto ad analizzare, le modalità con cui il bambino acquisisce la lingua madre
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e di conseguenza è stato interessante il delinearsi delle analogie che accomunano
il processo primario di apprendimento linguistico, con il metodo di insegnamento
della lingua straniera o lingua seconda, il Glottodrama, che andrò ad illustrare
dettagliatamente nel capitolo conclusivo.
Nel primo capitolo mi soffermo a descrivere, seppure sommariamente, gli studi
sull’acquisizione del linguaggio da parte del bambino, le ricerche di Chomsky che
per primo introdusse l’idea dei meccanismi innati che permettono l’acquisizione
della lingua e spiegano come la crescita dell’organo fisico del cervello va di pari
passo con lo sviluppo della facoltà del linguaggio, il linguista considera il
linguaggio umano un sistema che favorisce la libera espressione del pensiero,
indipendente dal controllo degli stimoli, dal soddisfacimento dei bisogni, da scopi
strumentali.
Vedremo come le tesi di Chomsky verranno confutate dalle teorie interazioniste-
funzionaliste le quali sostengono che il linguaggio ha natura biologica ma anche
culturale, ed è il bisogno di entrare a far parte di una comunità che innesca la
necessità di esprimersi. Mi soffermerò in particolare a descrivere le ipotesi di
Bruner, il quale introduce attraverso la categoria dell’interazione sociale uno
spazio teorico di mediazione che sembrerebbe generare le ipotesi più plausibili per
spiegare lo sviluppo del linguaggio da parte del bambino.
Nel paragrafo dedicato ai “giochi linguistici”, delineo l’interessante correlazione
tra gioco e lingua. Partendo dalla considerazione che “a play is a play” (recitare è
un gioco), definizione che Peter Brook fa a proposito della recitazione, ho deciso
di analizzare le similitudini che accomunano il gioco e la recitazione nel processo
di apprendimento linguistico.
Il gioco risulta essere un elemento indispensabile e motivante all’attivazione del
linguaggio sin dalla prima infanzia poiché motiva l’interazione con l’adulto.
La valenza delle attività ludiche e dei giochi linguistici nell’apprendimento della
L2 anche per apprendenti adulti è supportata anche dagli studi di neurolinguistica,
i quali elaborando tecniche didattiche volte ad attivare le potenzialità emisferiche
del cervello in maniera olistica, trovano dimostrazione dell’efficacia di tali
attività, nell’applicazione dei principi bimodali.
Dall’importanza di tali premesse, sono nate metodologie ludiche dalle grandi
potenzialità educative, supportate anche da regolamenti ministeriali, poiché esse
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facilitano l’apprendimento, la socializzazione, e soprattutto stimolano l’interesse e
la creatività riattivando emozioni, affetti e pensieri.
Vedremo come metodi più recenti di insegnamento della lingua straniera hanno
considerato il gioco, non solo un elemento, ma una vera e propria strategia
fondamentale ai fini dell’educazione linguistica. In fondo, come suggerisce
Freddi, cos’è la lingua se non anch’essa il più straordinario e raffinato gioco di
regole?
Nel secondo capitolo ho affrontato il concetto di L2, lingua seconda, illustrando
anche i principi elaborati dal Quadro comune europeo per le lingue, atti a favorire
il plurilinguismo e a sviluppare l’interculturalità. Principi che il metodo oggetto di
studio, ha cercato di mettere in pratica per rendere il suo sistema di insegnamento
efficace.
E’ importante notare che all’interno del testo utilizzerò sempre il termine L2, con
un significato equivalente a quello di lingua straniera (LS), la scelta di un’unica
sigla è motivata dal fatto che oggi è la prassi terminologica che si tende a seguire
sia in glottodidattica che in psicolinguistica.
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Il terzo capitolo è dedicato alla descrizione degli approcci e dei metodi di
acquisizione della lingua straniera che si sono susseguiti a partire dal Settecento
fino ai giorni nostri. La consapevolezza della complessità della lingua, ha portato
spesso la glottodidattica a supporre che è impossibile definire un metodo migliore
in assoluto, e la soluzione più auspicabile è quella di optare per una didattica
integrativa che combini differenti procedure. Affronterò un excursus diacronico
che, partendo dall’illustrazione dell’approccio formalistico, metodo con il quale si
iniziano ad insegnare le lingue straniere adottando le medesime metodologie usate
per lo studio delle lingue classiche, continuerò con il descrivere i metodi
umanistico - affettivi, la cui innovazione diventa quella di coinvolgere non solo
l’aspetto intellettivo del discente ma anche e soprattutto l’aspetto emotivo,
emozionale, attraverso teorie di insegnamento centrate sul discente. Arriverò
infine ad illustrare il concetto di approccio comunicativo e i progetti di studio ad
esso ispirati, vedremo come la sociolinguistica degli anni ’70, cominci a
considerare prioritarie le esigenze comunicative dello studente e quindi la
competenza linguistica viene considerata di secondo piano, mentre acquisiscono
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M. Danesi, Il cervello in aula, Edizioni Guerra, 1998, p. 14.
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più rilevanza la competenza sociolinguistica, pragmatica e strategica, quindi una
competenza comunicativa.
Nel quarto capitolo illustro la metodologia che da il titolo alla mia ricerca con i
vantaggi che la contraddistinguono.
Il Glottodrama, rappresentando un approccio comunicativo con orientamento
umanistico affettivo, fa leva sul coinvolgimento emotivo tipico di ogni
performance teatrale con l’obiettivo di liberare l’intera personalità dello studente,
e l’intento di ridurre il più possibile l’influenza del “filtro affettivo”. Unendo
parole, gesti, espressioni del viso e tratti melodici della voce e facendo accadere
tutto in un contesto strutturato, la metodologia rappresenta una vera e propria
immersione nella comunicazione.
Vedremo come l’importanza dell’utilizzo di tecniche teatrali nella didattica è
legata all’interattività del suo linguaggio che riunisce codici differenti: linguaggi
verbali e non verbali, la mimica, la prossemica e la cinesica e in tale quadro, la
lingua straniera oggetto di studio viene considerata soprattutto uno strumento per
perseguire scopi pratici in situazioni significative per lo studente (lingua in
azione).
Il metodo sottolinea l’importanza dell’aspetto cognitivo ed emotivo e attraverso la
comunicazione verbale e non verbale, tende a riequilibrare aspetti fisici ed
intellettuali del processo di apprendimento, come accade in qualunque situazione
reale.
L’obiettivo ambizioso del metodo Glottodrama è quello di essere un laboratorio di
lingua dove gli aspetti recitativi e quelli puramente linguistici sono perfettamente
integrati e procedono di pari passo verso una formazione finalizzata soprattutto
all’acquisizione delle abilità orali. La validità di un insegnamento di questo tipo è
favorita dal fatto che essa innesca una sinergia creativa di acquisizione
involontaria e naturale come per l’apprendimento della lingua madre, vedremo
come si volge una lezione tipo.
Il metodo è stato premiato due volte con il Label Europeo delle lingue, uno dei
massimi riconoscimenti dell’Unione Europea per i prodotti di eccellenza, conta
sette anni di sperimentazioni in 8 paesi d’Europa e viene applicato
all’insegnamento di 9 lingue.
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Capitolo 1
Il linguaggio
1.1 Cos’è il linguaggio
Esprimersi attraverso suoni è una necessità propria sia degli animali che
dell’essere umano. Fin dalla preistoria si vede come l’uomo si sia evoluto e nella
sua evoluzione abbia subito modifiche anche da un punto di vista comunicativo.
Le motivazioni che lo hanno spinto a comunicare, condividere e stabilire rapporti
basati su codici gli hanno permesso di creare “cultura”. Infatti, possiamo
considerare la competenza umana avente radici biologiche, ma è nell’esercizio di
quella capacità, nei mezzi che egli utilizza per esprimersi che riconosciamo una
valenza culturale.
L’evoluzione umana che permette all’essere umano di esprimersi attraverso il
linguaggio, è stata anche favorita da una conformazione strutturale dell’apparato
respiratorio. Gli studi eseguiti sull’uomo di Neanderthal rivelano che egli aveva
già formato l’osso ioide che gli permetteva di articolare suoni, mentre è grazie alle
indagini scientifiche più recenti (Tac) che si è dimostrata la somiglianza quasi
prossima tra l’osso ioide di un Neanderthal e quello di un Sapiens.
L’osso ioide è l’unico osso che l’uomo moderno usa per parlare, poiché in risposta
alle tensioni meccaniche a cui è sottoposto, si rimodella in base ai movimenti del
muscolo che ci permette di parlare.
Possiamo definire il linguaggio come un dispositivo culturale comunicativo che
permette di trasmettere pensieri e stati mentali, oltre che un sistema cognitivo che
consente di rappresentare la realtà ed elaborarla nella propria mente, ed infine uno
strumento sociale poiché permette di condividere e negoziare esperienze.
Chomsky pone la domanda: com’è possibile spiegare l’acquisizione del
linguaggio da parte dei bambini con lo schema stimolo-risposta se è ovvio che i
bambini non si limitano a ripetere frasi che hanno già sentito, ma ne inventano di
nuove mai udite prima?