II
Per ridurre la complessità, ci siamo limitati ad analizzare alcuni aspetti principali
del dibattito. In primo luogo abbiamo esposto le due diverse definizioni di
globalizzazione che danno i due schieramenti. Siamo passati poi alle duplici
concezioni di potere, di cultura e di identità; alle interpretazioni e alle politiche
circa l’economia; alle risoluzioni per far fronte alle considerevoli disuguaglianze
createsi tra diverse zone del mondo e tra diversi strati sociali che, attualmente,
invece di diradarsi, tendono ad acuirsi; e, infine, ci siamo soffermati sulle
questioni inerenti l’etica. Non abbiamo tralasciato le diverse concezioni di stato
nazionale e comunità politica, temi trasversali che hanno accompagnato l’intera
analisi.
Dopo aver introdotto le riflessioni su alcuni effetti della globalizzazione
neoliberista, ci siamo occupati delle reazioni alle conseguenze di tali processi
manifestate da parte di quei settori della società civile che le giudica inique. I
movimenti rivendicano un altro tipo di globalizzazione non tanto economica
quanto piuttosto dei diritti, e reclamano a gran voce la possibilità di una
partecipazione democratica.
Brecher e Costello (i fondatori della Rete di Lilliput) definiscono questo nuovo
associazionismo contestatore come una globalizzazione dal basso e la
contrappongono alla globalizzazione neoliberista.
Non tutti gli intellettuali parlano esplicitamente di globalizzazione dal basso. Tra
questi Ulrich Beck si concentra sul nuovo mutamento sociale che spinge gli
individui ad associarsi e a scegliere nuovi stili di vita per contrastare l’ordine
odierno. La sua analisi fa luce soprattutto sul mondo giovanile, la parte di
popolazione che sembra più attiva e determinata al cambiamento.
In vista degli sviluppi successivi della tesi, abbiamo voluto riportare i principi
teorici su cui poggiano quelle realtà del movimento che verranno in seguito
III
approfondite. Tali principi sono stati affiancati alle diverse linee d’azione proprie
di ciascuna componente del movimento che prenderemo in considerazione:
o Abbiamo iniziato con la strategia lillipuziana, che prevede la formazione di
una serie di reti locali di individui a livello mondiale e speculari a quelle
create dalle istituzioni, dalla finanza e dal commercio;
o Segue il pensiero filosofico di Michael Hardt e Antonio Negri, che
ritraggono in termini di materialismo storico l’attuale società alla stregua
di un impero, un regime di relazioni globali composto dal libero mercato e
dagli organismi sovranazionali, che si nutre dell’attività e
dell’assoggettamento della moltitudine. In particolar modo, abbiamo
riassunto il pensiero di Impero, saggio che ispira le lotte dell’area
antagonista;
o Abbiamo infine approfondito il tema della disobbedienza sociale basandoci
sull’opera di Thoreau Disobbedienza civile, pubblicata nel 1854. Le linee
d’azione qui descritte hanno ispirato un’altra parte consistente del
movimento che ne sperimenta sempre di nuove e conferisce loro nuovi
significati.
Il secondo capitolo introduce le forme caratteristiche dei nuovi movimenti sociali,
erroneamente denominati anti-globalizzazione, e che preferiamo definire, invece,
“contro questa globalizzazione”. Abbiamo indicato le circostanze che ne hanno
favorito la nascita e siamo passati ad analizzare le trasformazioni intervenute nel
corso del tempo. Tra le peculiarità che connotano i nuovi movimenti spiccano
l’eterogeneità della composizione, la forte carica etica, ma soprattutto la loro
organizzazione flessibile e orizzontale e il loro rapporto con le nuove tecnologie.
Proprio queste ultime due caratteristiche verranno approfondite nel corso della
tesi.
IV
I movimenti stanno sperimentando una struttura reticolare, multilivello, attiva a
livello locale attraverso i Forum sociali e che intende far fronte a problemi globali.
Questi Forum sociali si propongono come nuovi spazi della decisione e hanno
l’obiettivo di riattivare le forme di partecipazione democratica.
Un ulteriore aspetto che viene messo in luce in quest’ottica di contrapposizione
tra poteri globali e società civile globale e che accompagna l’esposizione di
questa parte di tesi, è la pratica dei controvertici, manifestazioni di carattere
culturale e politico organizzate in contrapposizione ai vertici ufficiali dei potenti
della Terra, al fine sia di scuotere l’opinione pubblica su determinate tematiche,
sia di apprendere nuove competenze e avvalorare scientificamente le tesi portate
avanti dai movimenti. Questi appuntamenti segnano la svolta che ha permesso ai
movimenti di passare dalla fase di contestazione a quella delle proposte concrete
e della programmaticità.
Dopo aver fatto alcune brevi considerazioni sulla struttura operativa e sui metodi
decisionali che caratterizzano i movimenti, abbiamo approfondito il loro rapporto
con i nuovi media, cioè con gli strumenti che hanno permesso loro di
“globalizzarsi”. Internet ha fornito alle organizzazioni noglobal canali di
comunicazione veloci, ad alto impatto e a basso costo e, grazie alla sua struttura
decentralizzata e alla potenziale bidirezionalità, si è adattata perfettamente alle
esigenze dei gruppi noglobal.
Ai movimenti è subito piaciuta la forma reticolare e la struttura multidirezionale di
questi nuovi mezzi di comunicazione soprattutto perché il ricorso a questi
strumenti ha permesso di “fare comunicazione” e non di subirla.
Nel lavoro si ricostruisce il rapporto tra i movimenti e le nuove tecnologie
telematiche secondo l’excursus storico tracciato da Francesco Caruso (2002) della
Rete Noglobal di Napoli:
V
o Nella prima fase i movimenti debuttano sul web semplicemente attraverso
siti in cui si presentano; forniscono materiale per la protesta e si
coordinano attraverso specifiche piattaforme;
o Nella II fase i movimenti continuano a estendere la propria presenza in
rete e iniziano a produrre controinformazione;
o Segue la fase del media attivismo, grazie alla quale, tramite l’allestimento
di un vero e proprio network autonomo e indipendente, viene data a
chiunque la possibilità di pubblicare notizie, soprattutto quelle che
altrimenti non sarebbero accessibili alla società civile. Questo network
verrà chiamato Indymedia, l’agenzia di informazione che più volte verrà
citata nel corso della tesi;
o Oggi i movimenti stanno attraversando la fase definita del net-activism, in
cui lo spazio web diventa luogo della disobbedienza civile elettronica. A tal
proposito abbiamo illustrato e spiegato alcune forme di attivismo, come il
net-strike e il cybersquatting e abbiamo fatto cenno all’hackeraggio
sociale anche se non direttamente utilizzato dai movimenti.
Al di là di questa evoluzione, attualmente è in atto un acceso scontro tra le
multinazionali che intendono fare di internet un business in tutto e per tutto e
quella parte della società civile che si serve ogni giorno di internet per lo scambio
di saperi, di informazioni e di risorse. Occorre però ricordare che vaste sacche
della popolazione non hanno ancora accesso alla rete. La situazione si fa ancora
più drammatica se si pensa che il monopolio sui software e le leggi sul copyright
impediscono agli individui di scambiarsi risorse.
Prima di presentare i siti delle organizzazioni prescelte per svolgere la nostra
ricerca, abbiamo voluto introdurre gli strumenti veri e propri offerti dalla rete
telematica, che hanno permesso e continuano a permettere al Popolo di Seattle
VI
di crescere e organizzarsi. Primo fra tutti la posta elettronica, canale ampiamente
utilizzato e che veicola una comunicazione di tipo asincrono, e poi tutte le sue
forme ibride come le mailing list e le newsletter. Abbiamo speso qualche parola
anche sui forum, uno strumento di community che però non riscuote ancora
molto successo; ed, infine abbiamo completato questa carrellata con un canale di
comunicazione sincrono, la chat, non ancora adeguatamente valorizzato dai
movimenti.
Il terzo capitolo è interamente dedicato alla descrizione dei siti delle
organizzazioni noglobal torinesi che abbiamo scelto per condurre la nostra
ricerca. Nello specifico si tratta di una valutazione comparativa tra siti: in primo
luogo quello del Torino Social Forum (nel corso della tesi talvolta abbreviato con
TSF), quello del centro sociale Gabrio (CSOA), quello della Rete di Lilliput (RdL) e
quello del Circolo Ecopolis di Legambiente (L.A.). Sperando che tali scelte
possano significativamente rappresentare il movimento torinese e le sue diverse
componenti, per ciascuna associazione non solo sono stati presentati i contenuti
veicolati attraverso la piattaforma web, ma anche la struttura e le tecnologie
utilizzate. Laddove erano in rete i documenti ufficiali, abbiamo approfondito gli
statuti, le forme organizzative e i metodi decisionali. Per arricchire le nostre
descrizioni con alcune informazioni tecniche circa i siti, ci siamo avvalsi di appositi
programmi di valutazione automatica presi in prestito dall’ambito del marketing.
Nel quarto capitolo viene illustrata la ricerca vera e propria. In apertura viene
presentato il modello d’analisi, il 2QCV2Q, che ci ha permesso di condurre una
valutazione comparativa sulla qualità complessiva dei siti selezionati. L’analisi
viene descritta fase per fase. Particolare attenzione è stata dedicata alla e-
research, nello specifico il questionario somministrato online agli utenti dei siti
campione. Rappresentando delle pratiche ancora non largamente utilizzate dalla
VII
ricerca sociale, le nostre scelte tecniche sono state descritte in modo dettagliato
e ci auguriamo possano essere utili per altri studi. Pur avendoci entusiasmato per
il fatto di poter contattare un numero considerevole di persone per coinvolgerle
nella ricerca ed aver raccolto un centinaio di questionari con relativamente poco
dispendio di energie e di tempo, non possiamo tacere sui suoi limiti circa la
rappresentatività del campione di cui parleremo diffusamente all’interno della
tesi.
Il capitolo si chiude anticipando alcuni elementi fondamentali che il modello
2QCV2Q richiede per essere calibrato. Nell’ordine, abbiamo presentato i pesi
attribuiti dai soggetti coinvolti nella valutazione alle dimensioni che costituiscono
qualsiasi sito web. Infine, presentiamo e motiviamo i giudizi, che lo strumento
chiama “voti”, assegnati da chi ha condotto la ricerca a ciascuna dimensione e ai
sottoattributi stabiliti nella fase iniziale della ricerca. Tale valutazione è stata
effettuata per tutti e quattro i siti.
Nel quinto capitolo abbiamo presentato gli altri risultati emersi dall’indagine.
Innanzitutto i dati raccolti in occasione delle interviste ai webmaster dei vari siti e
poi quelli forniti dalla popolazione utente che ha scelto di partecipare alla ricerca.
Infine, siamo passati al risultato dell’analisi comparativa che ci ha portato alla
classifica finale.
Nelle appendici sono ulteriormente precisati gli strumenti utilizzati nell’indagine e
alcuni risultati più dettagliati. In particolare, la prima contiene le tracce degli
strumenti metodologici utilizzati, ovvero l’intervista e il questionario.
Dall’appendice B in poi sono stati riportati i risultati complessivi del questionario
ripartiti per le aree che lo compongono e, infine, gli stessi risultati suddivisi però
per ciascuna organizzazione.
VIII
Vorrei concludere questa introduzione ringraziando: la Prof. Luisa Mich e la Prof.
Mariangela Franch, le due ricercatrici autrici del modello 2QCV2Q per i loro
preziosi consigli e la disponibilità dimostratami; l’Ing. Luca Mariano per
l’implementazione della struttura tecnologica che ha permesso la realizzazione
dell’intera ricerca e tutti i membri del Torino Social Forum, del centro sociale
Gabrio, della Rete di Lilliput e del Circolo Ecopolis per aver collaborato allo studio
e avermi dedicato parte del loro tempo.
1
1 La globalizzazione
1.1 Origini
Oggi il termine globalizzazione è sulla bocca di tutti e viene chiamato in causa per
spiegare i fenomeni più disparati che caratterizzano la società attuale. Come negli
anni ’60 era stato il concetto di modernizzazione ad acquisire il primato all’interno
delle scienze sociali, così attualmente è la nozione di globalizzazione a costituire il
principio guida dei nuovi studi.
Sebbene il termine si sia diffuso solo negli ultimi venti anni, l’elaborazione di
questo concetto risale a molto prima. Compare negli studi di molti intellettuali
dell’Ottocento e del primo Novecento. Molti studiosi sottolinearono già allora
come la modernizzazione stesse portando alla progressiva integrazione del
mondo. Si devono tuttavia attendere gli anni ’60 e i primi anni ’70 perché venga
utilizzato il termine globalizzazione. È in questi anni che vengono accantonati i
paradigmi tradizionali, ormai inadeguati a spiegare gli aspetti politici, economici e
culturali della società moderna, in quanto presupponevano una netta separazione
tra questioni interne ed esterne, tra ambiti nazionali e internazionali, tra ciò che
avviene a livello locale e ciò che avviene a livello globale.
A seguito del fallimento del socialismo, con il crollo del “blocco orientale”, la
discussione sulla globalizzazione si è intensificata sia a livello pubblico, attraverso
i mezzi di comunicazione di massa, sia a livello scientifico, all’interno
dell’ambiente accademico.
2
Tutti gli studi sembrano confermare che il mondo, almeno per la fascia più ricca
dei suoi abitanti, sta velocemente diventando uno spazio sociale ed economico
comune.
Storicamente si tratta di un processo di stampo economico provocato dai processi
di ristrutturazione capitalistica e dalla conseguente crisi del paradigma fordista-
keynesiano del dopoguerra. È l’ultimo quarto del secolo XX il teatro di quelle
trasformazioni strutturali che hanno inciso profondamente sull’attuale società. Tra
le evoluzioni più significative ai fini della nostra ricerca sottolineiamo:
™ Innovazione tecnologica; in questo periodo si verificò il passaggio dalle
tecnologie meccaniche a quelle informatiche;
™ Crisi dello stato sociale e smembramento del welfare;
™ Lliberalizzazione del mercato delle valute e dei capitali;
™ Scomposizione e frammentazione del mercato del lavoro (Fumagalli
2001).
Il processo di globalizzazione non solo è la risultante di questi cambiamenti
strutturali, ma si ripercuote su tutti questi aspetti. Ne consegue che non esiste un
unico concetto di globalizzazione. È più utile parlare di diversi livelli di
globalizzazione.
1.2 Definizioni
Senza alcun dubbio, la globalizzazione è un fenomeno dinamico, complesso e
portatore di contraddizioni e conflittualità. Il termine indica, dunque, un
fenomeno pluridimensionale e di conseguenza non è possibile una definizione
univoca. A seconda degli ambiti di studio e della formazione intellettuale di chi la
definisce, la globalizzazione viene presentata in modi diversi.
3
In questa sede, a noi non interessa tanto trovare un’unica e inoppugnabile
definizione di questo fenomeno, né dichiararci a favore o contro dello stesso,
quanto piuttosto riconoscere i suoi tratti distintivi e le sue potenzialità euristiche
rispetto alla comprensione della società contemporanea. Nei paragrafi che
seguiranno, adotteremo la suddivisione che gli studiosi americani Held e McGrew
hanno utilizzato per fare ordine all’interno del dibattito culturale che si è venuto a
creare negli ultimi anni intorno al tema della globalizzazione, soprattutto per
quanto riguarda le sue conseguenze.
Ma per il momento, addentriamoci nei diversi campi di studio.
Iniziamo proprio da Held e McGrew (2001). Per loro la globalizzazione può essere
intesa essenzialmente come:
™ Azione a distanza; oggi, le decisioni prese da soggetti sociali in un ambito locale
hanno conseguenze significative per soggetti lontani;
™ Compressione spazio-temporale, con riferimento al modo in cui i mezzi di
comunicazione elettronici erodono, con la loro istantaneità, i limiti della distanza e
del tempo nelle interazioni e nelle organizzazioni sociali;
1
™ Accelerazione dell’interdipendenza, ovvero l’intensificazione dei livelli di
interconnessione tra economie private (delle aziende) e società nazionali;
™ Contrazione del mondo, ovvero, erosione dei confini e delle frontiere geografiche
per effetto delle attività socioeconomiche (ivi, p.13).
Alcuni utilizzano il termine “globalizzazione” per riferirsi a reti stabili e
istituzionalizzate di interconnessioni o di interdipendenze che si dispiegano su
scala mondiale; altri lo usano, invece, per indicare una vera e propria
trasformazione dell’organizzazione della società.
1
Sul fatto che la globalizzazione non sia solo un processo di natura economica o solo
l’emergere di un sistema mondiale o di una società mondiale, ma che si possa identificare
anche come una possibilità di azioni a distanza, che, tra le altre cose, comporta una
trasformazione dello spazio e del tempo in seguito allo sviluppo dei mezzi di
comunicazione di massa e di trasporto, sono d’accordo anche Anthony Giddens (1994) e
Ulrich Beck (2000).
4
Ma come viene percepita la globalizzazione dalla società civile? Ultimamente il
fenomeno viene avvertito come profondamente divisivo e, quindi, viene
fortemente contestato soprattutto perché larghe fasce della popolazione
mondiale non vengono toccate direttamente da questo processo, o, peggio
ancora, vengono escluse dai suoi benefici o addirittura danneggiate.
Tra gli studiosi di scienze sociali è Bauman (2001) a insistere sulla conflittualità e
sulla complementarietà insite nel concetto di globalizzazione. Secondo lo studioso
essa <<divide tanto quanto unisce, e le cause della divisione sono le stesse che,
dall’altro lato, promuovono l’uniformità del globo>>(ivi, p.4). In corrispondenza
al fenomeno della globalizzazione Bauman individua un altro processo di verso
opposto: la localizzazione. L’interazione di questi due processi genera una
differenziazione degli stili e dei tenori di vita sia delle popolazioni che dei vari
segmenti all’interno di ciascuna popolazione. Il risultato è che quello che per
qualcuno è una conquista sul piano globale, per altri è una riduzione o, peggio
ancora, una condanna alla dimensione locale. In pratica, per i pochi eletti che
riescono ad entrare nel circuito della globalizzazione c’è libertà, benessere e
sviluppo, per chi, invece, ne rimane al di fuori, la globalizzazione porta a povertà
e miseria. Bauman conclude che <<essere locali in un mondo globalizzato è un
segno di inferiorità e di degradazione sociale>>(ivi, p.5).
Non la pensa allo stesso modo Beck (2000). Infatti, il sociologo tedesco nei suoi
studi dà molta importanza e rivaluta la dimensione locale. Egli propone un
assetto alternativo a quello attuale determinato dalla globalizzazione, il
5
repubblicanesimo cosmopolitico,
2
per attutire, se non eliminare, gli effetti negativi
provocati dalle politiche neoliberiste.
Nella società globale, anche se lo stato nazionale perde di importanza, si
accentua nei cittadini il bisogno del luogo, in quanto culla e spazio dove si origina
e si dispiega la libertà politica, costituita da quei diritti che possono salvare la
società dal tracollo dovuto ai nuovi trend introdotti con l’avvento della II
modernità. Quindi, il locale non è visto come handicap per la società, ma come
luogo per il suo riscatto. Ma su Beck torneremo tra breve.
In campo economico “globalizzazione” generalmente si riferisce a quella fase del
capitalismo moderno che ha avuto inizio negli anni ’80 e si è caratterizzata per
un’accelerata integrazione internazionale delle attività economiche, sia nelle
forme tradizionali, commercio e investimenti diretti all’estero, sia in forme nuove,
come investimenti finanziari a breve termine, speculazione sui cambi, commercio
nei servizi, variegati accordi tra imprese, complessi flussi di conoscenze e
tecnologie. Proprio in quegli anni nella Gran Bretagna, guidata dalla Lady di ferro
Margaret Thatcher, e negli Stati Uniti di Ronald Reagan, sono state inaugurate
politiche di liberalizzazione dei mercati, di deregolamentazione e di
privatizzazione di molte attività economiche precedentemente gestite dallo stato.
Ne è conseguito un progressivo ritiro dell’azione pubblica e dei controlli da parte
degli stati nazionali su molte attività economiche, lasciate alla gestione delle
2
Nel saggio I rischi della libertà, Ulrich Beck, rifacendosi al filosofo Immanuel Kant,
propone una forma politica per la società diversa dalle democrazie accusate di fomentare
il conflitto e di non fondare società sul consenso ma sulla messa in scena del dissenso. A
questo assetto, Beck contrappone il repubblicanesimo cosmopolitico, grazie al quale il
singolo può esercitare qualsiasi fonte di libertà, e quindi anche il dissenso. Detto in altre
parole, la forma statale democratica tende al dispotismo, mentre la costituzione
repubblicana è la sola capace di garantire le esigenze di autodeterminazione. <<La
democrazia sottomette il singolo alla decisione della maggioranza, la repubblica, basata
sulla divisione del lavoro e del potere tra stato e società, è il solo sistema che può
costituire il fondamento di una società politica degli individui>> (ivi, p.115).
6
imprese sia nazionali che estere. D’altra parte, nello stesso periodo si assiste
all’aumento dei divari di sviluppo. Così, ad esempio, l’economia italiana, in termini
di Pil, pesa quanto quelle di Cina e India, quella dell’intera Africa quanto quella
del nostro Mezzogiorno e l’economia russa quanto quella del nostro Nord-Est.
3
In tema di globalizzazione dei flussi comunicativi, un ambito delle scienze sociali
attivo e interessato alla ricerca sul fenomeno in questione, un importante
contributo è dato dalle analisi condotte dal sociologo inglese Anthony Giddens
(2001). Il punto di partenza dei suoi studi è rappresentato dalla critica della “tesi
del post-moderno”, secondo cui lo sviluppo sociale non si sta allontanando dalla
post-modernità ma punta verso un nuovo ordine. La modernità non è stata
superata; la società sta attraversando una fase radicale in cui si assiste
all’estremo dispiegamento delle contraddizioni racchiuse in quella che si potrebbe
definire “la prima modernità”. Per Giddens la globalizzazione rappresenta uno dei
tratti dominanti della modernità, un insieme di cambiamenti che stanno
ristrutturando il nostro modo di vivere anche negli aspetti più quotidiani: Giddens
vede la globalizzazione come un prodotto occidentale, in particolare della potenza
economica, politica, culturale e militare statunitense. Quest’ultima è
un’interpretazione della globalizzazione piuttosto diffusa nel senso comune.
Spesso, infatti, al concetto di globalizzazione viene affiancato quello di
americanizzazione dei costumi. Come per Bauman (2001), così anche per
Giddens, la globalizzazione è un complesso insieme di processi che opera in
maniera contraddittoria e conflittuale.
Come si è visto, anche Ulrich Beck (2000), parla di modernità. Nei suoi ultimi
saggi, egli affronta il tema dell’individuo che attualmente vive il passaggio nella
3
Fonte: Cepii, base dati Chelem. Da Cepii (2000, p.108), da Pianta (2001, p.13).
7
cosiddetta II modernità. Due sono i processi che preparano e attraversano la
società in attesa di questo avvento: l’individualizzazione e la globalizzazione, i
quali sono destinati a cambiare radicalmente i principi della vita comune in tutti i
suoi ambiti. Della globalizzazione si è detto già abbastanza, mentre è necessario
approfondire il processo di individualizzazione. Quest’ultimo non si riconosce
semplicemente nella centralità dell’io rispetto alla società, ma implica tendenze
più complesse. Non si tratta di un fenomeno naturale e si concretizza nella figura
che oggi caratterizza l’individuo, per cui ciascuno è chiamato a farsi funambolico
artefice della propria vita,
4
continuamente alle prese con il rischio, in quanto nulla
è più garantito e nulla può essere dato per scontato. Beck non si riferisce solo
alla flessibilità introdotta nel mercato del lavoro, ma, anche, ai rapporti
sentimentali e familiari sempre esposti alla possibilità di essere annullati. Da una
parte l’individualizzazione provoca la dissoluzione delle forme di vita sociale
tipiche della prima modernità, come, ad esempio, il logorarsi delle categorie di
classe o ceto o dei ruoli di genere, famiglia e vicinato; dall’altra, proprio come
conseguenza del primo aspetto, sui singoli incombono nuove norme istituzionali,
nuovi controlli, nuove costrizioni. Di conseguenza gli individui si trovano
avviluppati in reti di regolamenti e, per non soccombere, devono dimostrare di
possedere requisiti e capacità precisi. Quindi, semplificando il pensiero di Beck,
mentre nella società tradizionale si nasceva con determinati privilegi - il ceto, la
religione.. – oggi, per conquistare i nuovi vantaggi, è necessario impegnarsi
attivamente e saper fare qualcosa.
4
Questa è l’interpretazione dell’individuo contemporaneo che ne dà Sandro Mezzadra
nell’introduzione al saggio I rischi della libertà di Beck, p.18.