6
2 DATI SOCIOECONOMICI E STORICI
2.1 IL CHIAPAS E IL MESSICO
(…)“La ricchezza del territorio chiapaneco convive con la miseria della
maggior parte dei suoi abitanti: il 54% della popolazione soffre la fame e si
calcola che 15mila persone muoiano ogni anno per denutrizione e diarrea,
soprattutto bambini ed anziani. C’è acqua potabile solo per metà degli
abitanti e fogne solo per i due terzi. Mancano ospedali, scuole, case. Il
governo di Salinas de Gortari ha destinato fondi per programmi di assistenza
sociale alle comunità indigene, attraverso un programma nazionale
denominato “Solidariedad”. Questi fondi, sono giunti nello stato del Chiapas
mentre nella Selva Lacadona e nelle montagne sono giunte solo
promesse.(…)”
1
Il luogo di cui parleremo in questa tesi, fa parte della confederazione degli
Stati Uniti messicani. Questo stato, fra i più inaccessibili geograficamente, da
una lato primeggia nelle statistiche di povertà e disagio della popolazione (sia
a livello nazionale, che, conseguentemente, internazionale), dall’altro sarà il
fulcro dal quale partiranno le proteste che faranno poi, incredibilmente, il giro
del mondo. Questo è lo stato del Chiapas.
Lo stato del Chiapas è una regione nel sud-est del Messico, confinante
con il Guatemala; ha un’estensione di circa 74.000 chilometri quadri,
composto da altipiani, pianure e montagne. La popolazione totale ammonta a
circa quattro milioni di persone, di cui solo il 40% risulta occupato dai
conteggi ufficiali. Di questi, quasi il 60% lavora in agricoltura, circa il 40%
guadagna meno del salario minimo, il 20% guadagna una cifra compresa fra
uno e due salari minimi (fig.1-2-3-4-)2.
Come si può vedere dalle tabelle che illustrano la situazione dei vari stati
messicani, purtroppo, questo stato, ha altri primati poco invidiabili : per
1
Marcos, Dalle montagne del sud-est messicano, Introduzione di Cristobal Muñoz, Roma: Edizioni Lavoro, 1996,
2 Fonte dati Inegi (Istituto Nacional de Estadistica). Alcune tavole di particolare rilevanza sono disponibili nell’annesso,
contrassegnate dal numero di figura.
7
esempio una percentuale di analfabetismo abbastanza inquietante: il 22,9%
della popolazione è priva di qualunque livello di istruzione primaria. Per avere
un’idea di questo valore, possiamo confrontarlo con i dati relativi all’ultimo
censimento eseguito dall’I.S.T.A.T. in Italia nel 2001: la percentuale di
popolazione senza alcun titolo di studio è il 6,8%
3
.
In questo stato invece, il tasso di abbandono scolastico, superati i 14 anni,
arriva a livelli altissimi: 61,7% di abbandono per ragazzi tra i 14 e i 19 anni.
Solo il 31,9% arriva ad un livello di istruzione che supera il livello primario.
Tutto ciò sta a significare che circa tre quarti della gente è poco più che
analfabeta.(fig. 4-5-6)
Anche i dati relativi all'assistenza sanitaria sono abbastanza avvilenti: più
dell'80% della popolazione chiapaneca non ha diritto ad assistenza sanitaria.
Ne consegue che buona parte dei motivi di decesso siano da ricercarsi nelle
forme più semplici di incidenti e malattie, come infezioni di tipo intestinale o
polmonare e denutrizione.(Fig. 7-8)
Le condizioni di vita pessime si riscontrano anche nell'analisi dei materiali
utilizzati per la costruzione delle abitazioni. Meno della metà della
popolazione (48,1%) ha accesso ai servizi di base (acqua, luce, fognature),
solo il 16,9% delle case ha un tetto vero e il 37,9% ha un pavimento in terra
battuta.(fig.8-9-10).
Ma uno sguardo a queste tabelle rende immediatamente l’idea di questa
situazione. Per esempio, in un paese come l’Italia, nelle statistiche di
abitazione per popolazione, non esiste una distinzione per materiali di
costruzione: si da per scontato che la maggior parte della popolazione già
viva in un’abitazione degna. I dati riguardano il tipo di abitazione: più o meno
grande, se di proprietà,ecc.
Situazione ben diversa da quella messicana, dove il fatto di avere
un’abitazione, significa nella maggior parte dei casi disporre di una capanna.
Fra i materiali catalogati per la costruzione di case troviamo infatti bambù,
lamine metalliche e cose che normalmente in un paese sviluppato non
possono essere considerati materiali per costruire case.
Eppure esistono moltissime risorse naturali in questa terra: petrolio, caffè,
cacao, legname pregiato, miele, mais, allevamenti di bestiame; ma anche
3
Cfr.: http://dawinci.istat.it/daWinci/jsp/MD/download/ist_comunicato.pdf
8
biodiversità ecologiche con piante di ogni genere, uccelli esotici, farfalle
uniche al mondo, mammiferi di ogni specie e un’enorme varietà di pesci
d’acqua dolce. Inoltre il 30% dell’energia elettrica di tutto il Messico è
prodotta da una centrale idroelettrica situata nel Chiapas. Ma non è difficile
concludere che lo sfruttamento di queste risorse naturali è concentrato nelle
mani di pochi.
Possiamo vedere che lo stato del Chiapas non è il solo in questa
situazione. Stati come Oaxaca o Yucatan, condividono con il Chiapas queste
tristi situazioni.
La spiegazione di questa situazione ci viene data leggendo i dati relativi
agli stati messicani e confrontandola con l’analisi compiuta dal Programma
Nazionale per lo Sviluppo indigeno e con quelli del Ciepac
4
.
Negli ultimi anni queste due istituzioni hanno compiuto studi per
aggiornare i dati relativi alla distribuzione di popolazione indigena nel
territorio. Dagli esiti di questa analisi possiamo vedere che gli stati a maggior
concentrazione indigena sono gli stati di Yucatán, Oaxaca, Chiapas e
Quintana Roo, che hanno percentuali di popolazione india rispettivamente
del 37.3%, del 37.1%, del 24.6% e del 22.9%, mentre gli altri stati hanno
concentrazioni minime.
5
La questione della definizione dell’appartenenza etnica è, come è noto,
complessa e controversa. In questo caso sono stati usati criteri
etnolinguistici: il fatto di essere o meno parlante di una lingua di origine
indigena, se si è maggiore di 5 anni, o di essere figlio di genitori che parlano
lingue indigene, se si è al di sotto di quest’età, sono i fattori determinanti
l’appartenenza a un gruppo indigeno. Ma la classificazione delle differenti
etnie indigene non si esaurisce in questo modo: è solo un tentativo di
suddivisione, poiché al giorno d’oggi risulta molto difficile riuscire a
classificare in maniera precisa le varie etnie a causa dei numerosi
sottogruppi, che non presentano a livello antropologico delle differenze
nettamente individuabili, ma che comunque vengono percepite dagli
appartenenti.
4
Centro de Investigación Economica y Politica de Acción Comunitaria: organismo civico messicano, non a scopo di
lucro, operante in Chiapas, che si occupa di analisi dei processi sociali.
Cfr.:
http://www.ciepac.org/index.html
5
Vedi tabelle.
9
Da questi conteggi risultano circa 62 differenti etnie in tutto il territorio
messicano. Queste comunità rappresentano circa il 12% della popolazione
messicana totale.
Il Messico è lo stato latinoamericano che presenta la maggior
concentrazione di popolazione indigena, e il sud-est messicano è la zona del
Messico che ne ospita la maggior percentuale.
Come dicono i rapporti del Ciepac, gli indigeni vivono in queste zone
generalmente in comunità isolate, altamente emarginate e sono soggetti a
discriminazione, come denuncia la stessa istituzione statale preposta al
monitoraggio della popolazione indigena. Un esempio della condizione di
povertà in cui vivono i gruppi etnici è che il 33% della popolazione indigena
lavorante, non ha entrate economiche
6
, e il restante 32% riceve meno di un
salario minimo. La polarizzazione della distribuzione delle entrate è evidente
nella regione. Le condizioni di precarietà e arretratezza, unite alla disastrosa
situazione dell’educazione,delle abitazioni, dell’alimentazione e della salute,
si convertono in un serio ostacolo al pieno sviluppo della popolazione e di
conseguenza della regione.
I motivi dell’attuale situazione vanno ricercati nella storia del Messico e del
suo rapporto con questa parte di popolazione.
6
Questa affermazione si riferisce a quegli indigeni che sono ancora soggetti alla condizione di peones. Peone è colui che
lavora all’interno di un’azienda agricola, non percependo un vero e proprio stipendio, ma ciò che serve per il suo
sostentamento.
10
2.2 LA SITUAZIONE INDIGENA
“Le ribellioni indigene e contadine nel Chiapas e in tutto il Messico, dopo
la conquista spagnola, fanno parte della resistenza storica che, per secoli, le
comunità hanno dovuto esercitare per la difesa dei propri diritti, della propria
cultura, della propria lingua, della propria religione… della propria vita.”
7
Ogni anno, associazioni di vigilanza internazionale sui diritti umani,
denunciano, tramite rapporti, il forte degrado in cui vive la popolazione
indigena.
Poiché vi sono moltissimi documenti che descrivono questa grave
situazione, per trattarla in questa sede, ho deciso di basarmi sul rapporto
pubblicato nel 2003 dalla commissione sui diritti umani delle Nazioni Unite
8
,
che appare tra le fonti più “obbiettive” e comunque di grande prestigio
internazionale.
Il Chiapas, come si è appena visto, è tra le regioni messicane a maggior
concentrazione indigena.
Le origini della resistenza indigena coincidono con il primo incontro con gli
esploratori europei: nel 1992 se ne é ricordato il cinquecentesimo
anniversario. Ma nonostante questo impegno la situazione non sembra
migliorare.
Possiamo dire che dal punto di vista storico il rapporto tra il Governo
messicano e le comunità è sempre stato caratterizzato da una certa
ambiguità. Infatti fin dalla prima rivoluzione messicana, quella per
l’indipendenza dalla corona spagnola, lo stato messicano riconosce agli
7
Marcos, Dalle montagne del sud-est messicano, Roma: Edizioni Lavoro, 1996
8
Rapporto delle Nazioni Unite della Commissione dei Diritti Umani, datato 1.12.2003, reperibile in:
http//www.ciepac.org
11
indigeni da una parte lo status di abitanti originari delle terre messicane, e
dall’altro trova difficoltà nel legiferare in loro favore.
“Nel ‘Plan de Iguala’ , proposta sorta dal vecchio ordine per porre fine alla
guerra che durava già da undici anni (dal 1810 fino al 1821), si stabilì
l’uguaglianza di tutti gli abitanti della Nuova Spagna, senza distinzione alcuna
fra europei, africani, né indios, riconoscendo tutti come cittadini con
uguaglianza di diritti, ma allo stesso tempo ignorando l’esistenza dei popoli
indigeni.
Ma la realtà era più complessa e il potere costituente non poteva eluderla
tanto facilmente, poiché appariva dove meno ce lo si aspettava. Nell’Atto
Costituzionale della Repubblica Messicana del 1824 si stabilì che era facoltà
del Congresso dell’Unione (ndr Unione degli Stati Messicani) regolare il
commercio con le nazioni straniere, tra i differenti stati della federazione e tra
le differenti ‘tribù di indios’, disposizione che si reiterò nell’articolo 49, frazione
XI, della Prima Costituzione Federale del Messico come paese indipendente il
4 ottobre 1824.
Questa disposizione era fuori dal contesto, non rispondeva a una realtà
sociale e per tanto non rappresentava nessuna diritto per i nostri popoli
indigeni poiché i loro problemi andavano molto al di là di questioni
commerciali, che erano invece sconosciute alla maggior parte di loro, che
stavano lottando in difesa della propria identità collettiva e delle proprie terre
comunali, che da allora furono assediate dalla classe governante e aggredite
con leggi statali che spingevano al loro frazionamento. L’unica spiegazione
coerente sull’inclusione di questa disposizione nella Carta Magna allude al
fatto che fu copiata testualmente dall’articolo 1.8.3. della Costituzione Federale
degli Stati Uniti d’America, dove lo Stato riconobbe lo status giuridico agli
indigeni, anche se sotto la propria tutela.”
9
Durante la rivoluzione agraria messicana, nel 1910, le comunità furono fra
le forze chiave del movimento. Furono proprio i fautori della rivoluzione
zapatista che per la prima volta decisero di considerare gli indios come parte
del tessuto sociale, e quindi di difenderne i diritti durante e dopo la
rivoluzione.
9
Lopez Barcenas, Francisco, Autonomia y derechos indigena, Mexico: Conaculta, 2002, p.55. In tutti i casi in cui non si
specifica il traduttore, le traduzioni sono da me effettuate.
12
Nel 1917, la distribuzione agraria beneficiò alcuni di loro, a cui furono
assegnati appezzamenti di terreno a diverso titolo. Ma questo periodo fu
breve, presto cambiò la situazione post-rivoluzionaria messicana, e le
comunità indigene furono fra le prime a perdere i benefici e a subire le
angherie della nuova dirigenza politica che si assestava al governo e creava
una fitta rete di protezionismo e particolarismi. Infatti, anche questa volta ci
furono difficoltà nel trovare un giusto equilibrio nel legiferare, e le stessi leggi
emanate in difesa della distribuzione agraria, finirono per danneggiare coloro
che dovevano usufruirne.
In ogni caso, bisognerà attendere fino agli anni quaranta del novecento
affinché vengano create istituzioni pubbliche a favore delle comunità
indigene: nel 1937 viene creato il Dipartimento di Educazione Indigena,
dipendente dalla Segreteria di Educazione Pubblica; nel 1938 questo centro
passa al Dipartimento delle Questioni Indigene, convertito in Centro di
Potenziamento Economico, il cui obiettivo era apportare insegnamenti di
tecniche agricole e industriali agli indigeni. Nel 1940, il presidente Lazaro
Cardenas sollecitò la realizzazione del Primo Congresso Indigenista, che si
tenne in Patzcuaro. A partire da questo evento si decise la creazione
dell’Istituto Indigenista Interamericano (III) e gli organi conseguenti per
ognuno degli stati messicani.
L’articolo primo della Costituzione messicana recita così:
“Negli stati Uniti messicani tutti gli individui godranno delle garanzie che
fornisce questa costituzione, le quali non potranno essere limitate o sospese,
se non nei casi e nelle condizioni che essa stessa stabilisce.
Negli Stati Uniti Messicani è proibita la schiavitù. Gli schiavi provenienti
dall’estero, che entrino in territorio nazionale conquisteranno, con questo
stesso atto, la libertà e la protezione delle leggi.
Sono proibite tutte le discriminazioni per cause etniche, di sesso, di età, per
differenti capacità, condizione sociale, condizioni di salute, di religione, di
opinione, di preferenze, di stato civile o di qualunque altra cosa che leda la
dignità umana e miri ad annullare o diminuire i diritti o le libertà delle
persone”.
10
10
Cfr. http://www.georgetown.edu/pdba/Constitutions/Mexico/mexico2001.html
13
Si nota così che, dal punto di vista legislativo, il Messico si è sempre reso
conto delle differenze presenti a livello sociale. Ma emanare leggi giuste,
anche se magari poche, non è sufficiente. È necessario che queste
provochino dei cambiamenti nella realtà. E la situazione, per la popolazione
indigena, sembra immobile da cinquecento anni.
“Aldilà dell’insufficienza delle leggi, nessuna istituzione del Governo fu
riformata per rendere possibile la loro applicazione, motivo per cui rimasero
parole al vento. Due esempi: la legislazione penale fu riformata dal 1985,
incorporando il diritto degli indigeni sotto processo ad avere un traduttore o un
interprete, e che si tenga conto dei loro usi e costumi, ma ancora oggi non
esiste nessuna istituzione che presti questi servizi, e i giudici conoscono ben
poco gli usi e i costumi. Nello stesso modo, alla legislazione sul diritto
d’autore, all’inizio degli anni novanta, fu aggiunto il diritto delle comunità
indigene di registrare le proprie opere, ma questo non avviene nella Direccion
General de Derechos de Autor, poiché non esiste una sezione dedicata a
fornire questo servizio.”
11
Si percepisce una forte distanza fra ciò che recitano le leggi e ciò che
avviene nella pratica. Il problema centrale delle popolazioni indigene è il
trovare un posto in cui stabilirsi e poter così riacquistare la propria
dignità.
“Indio- dice Alfonso Caso- è colui che vive in una comunità indigena; e una
comunità indigena è un tutto integrale nel quale l’uomo e la terra si
compenetrano. Quando si introduce una soluzione di contiguità in questa
indissolubile situazione, la comunità indigena si estingue come istituzione, si
disorganizza e l’indio che vive in essa, passa alla categoria di ‘senza casta’.
Può mantenere, e di fatto mantiene, molte delle caratteristiche che
superficialmente definiscono l’indigeno; ma, nel fondamento, smette di essere
indio e si trasforma in un ‘mestindio’. Termine, quest’ultimo, che la
classificazione coloniale razzista utilizzò per definire le peculiari caratteristiche
di un individuo che non era completamente indio, né completamente
‘mestizo’.”
12
11
Lopez Barcenas, F., Autonomia y derechos indigena, op. cit., p.76
12
Aguirre Beltran, G. Instituciones indigena en el Mexico actual, Mexico : Instituto Nacional Indigenista y Secretaria
de educacion publica, 1973, p.75
14
Infatti come denuncia Barcenas nella sua opera su diritti e cultura indigeni:
“Nella progettazione di queste istituzioni non ci fu chiesto quali fossero le
nostre necessità, e nemmeno ci considerarono per l’amministrazione e il
funzionamento; infatti non si partiva dal presupposto di riconoscerci come
popoli con diritto a un’esistenza differente, ma come minoranza culturale che
col tempo avrebbe dovuto scomparire. Questa politica, anche quando non fu in
contraddizione con la nostra Costituzione, non può essere ignorata.”
13
Per settanta anni, l’unico partito al potere in Messico, è stato il Partito
Rivoluzionario Istituzionale (Pri). Grazie a questa situazione di ristagno
politico, è stato facile per partiti e singoli creare reti di corruzione e
favoritismi.
Questa disgraziata situazione politica, unita agli interessi agro-
commerciali, ha fortemente danneggiato le comunità indigene, che si trovano
al di fuori della scena politica e vittime degli interessi economici che ruotano
intorno alle loro terre. I loro possedimenti vengono continuamente ridotti o
spostati, di modo che diventa assai difficile continuare a vivere del prodotto
della propria terra.
Tra gli anni ’50 e ‘70, il Chiapas conobbe un periodo di rifioritura
economica, aiutato dal Governo che investì nelle infrastrutture energetiche.
Ma non solo. I settori commerciali tradizionali crebbero: la produzione delle
principali coltivazioni e materie prime si espanse; l’estensione delle terre
coltivate si triplicò; gli allevamenti si consolidarono come una delle principali
attività produttive e il guadagno dello stato in questo settore si moltiplicò di
cinque volte. Però questo comportò che le terre che potevano essere
dedicate alla coltivazione, commerciale o di autoconsumo, furono trasformate
in pascoli.
L’iniqua distribuzione della proprietà terriera e dei guadagni, unita a un
tasso di crescita demografica molto alto in questo periodo, crearono le
condizioni che resero nuovamente insostenibile il mantenimento di migliaia di
famiglie campesinas. Il governo rispose con una distribuzione dei terreni,
ripartendo circa il 50% delle terre coltivate tra le comunità di coltivatori,
13
Lopez Barcenas, F., Autonomia y derechos indigena, op. cit., p.72
15
duplicando il numero di terreni comunitari nello stato. Ma non bastò a
diminuire la povertà.
Cominciò allora un’emigrazione di massa dalla regione de Los Altos, alla
Cañadas nella Selva Lacandona. Ebbe inizio così un processo di
colonizzazione della Selva. Un’ingente parte dei boschi fu distrutta per creare
terreni di coltivazione o pascoli.
Nel 1972, con un decreto presidenziale, vennero affidati 600,000 ettari di
terreno a 66 famiglie di indios. Ma questi rappresentavano solo una minima
parte delle comunità insediate nel territorio della Selva. In questo modo il
Governo tentò di scoraggiare il flusso migratorio verso la zona, riuscendovi
anche per un certo periodo, ma esacerbando ulteriormente i problemi della
restante parte delle Comunità indigene presenti nella Selva, quelle che non
beneficiarono della distribuzione dei terreni e divennero abusive, ma senza
altro luogo in cui andare.
Un primo tentativo di dialogo fra governo e comunità fu fatto nel 1974,
quando, in conseguenza di due violente ribellioni, su iniziativa del governo
statale viene organizzato un Congreso Indígena, in occasione
dell’anniversario della morte del vescovo Bartolomè de Las Casas(1484-
1566)
14
, difensore degli indigeni.
Viene incaricato di organizzare l’incontro, il vescovo Samuel Ruiz
15
, della
diocesi di San Cristóbal, il quale accetta a condizione di disporre di sei mesi
di tempo e di avere dei rappresentanti realmente eletti dalle comunità indie
nelle delegazioni che le dovranno rappresentare al congresso. Il vescovo
mobilita all’interno delle comunità centinaia di catechisti, diaconi e pastori,
che insegnino agli indios a leggere e scrivere nelle loro lingue madri e a
tradurre simultaneamente.
14
“Domenicano spagnolo, aderì alla campagna della Chiesa per l’evangelizzazione degli indios, denunciando le violenze
dei conquistadores. Nel conflitto che vide contrapposti nella gerarchia cattolica i sostenitori della dignità umana degli
indios, ai teorici della superiorità razziale dei colonizzatori, si schierò con le popolazioni indie. Scrisse la famosa
Brevissima relazione della distruzione delle Indie (1552) e la Storia delle Indie, pubblicata postuma nel 1875.” Tratto
da S. Benenati, op. cit.
15
Samuel Ruiz, vescovo di San Cristóbal de Las Casas, comincia ad operare in Chiapas nel 1960 all’età di 35 anni. È
un personaggio molto importante per le comunità indigene della zona poiché, ispirandosi agli insegnamenti di Fray
Bartolome, diventa sostenitore della causa della liberazione indigena dall’oppressione. Nel 1988 fonderà il Centro Fray
Bartolomè de las Casas, centro che si occupa della denuncia e della documentazione della violazione dei diritti umani in
Chiapas.
Nel 1993, probabilmente per la scomodità della sua posizione, gli fu chiesto di rinunciare al suo incarico. A tale notizia,
più di 2.000 idigeni organizzarono una marcia in protesta.
Quando alle proteste che egli portava avanti da anni, si unirono gli zapatisti, egli li accolse di buon grado e diventò,
insieme al Centro Fray Bartolomè, fra i sostenitori della rivolta zapatista.
16
Il tentativo di dialogo fallisce: il giorno dell’inaugurazione del Congreso, un
gruppo di indigeni di San Juan Chamula, vicino a San Cristóbal, assale il
municipio per denunciare una frode elettorale. Il governo ne approfitta per
dichiarare illegale il Congreso, accusandolo di essere politicizzato e
sovversivo. Da questo momento le comunità indie cominciano a formare
organizzazioni di lotta per riappropriarsi delle terre e dei propri diritti.
La situazione non si smuove, anzi nel 1978 il Governo dichiara il territorio
della Selva, Riserva Naturale della Biosfera, rendendo ancora più difficile la
sopravvivenza di quelle Comunità che di fatto erano insediate nella zona, ma
che rimanevo abusive.
A partire dagli anni ’90, ricomincia in maniera massiccia l’esodo degli
indios che cercano rifugio nella Selva e contemporaneamente aumentano le
richieste di sfruttamento privato di questa preziosa regione.
Infatti la necessità di trovare un posto tranquillo in cui stare e vivere delle
comunità indigene si scontra con gli interessi economici del Governo e dei
privati che vedono nella Riserva un’occasione per lo sfruttamento delle
numerose materie prime.
“Nel 1995, per esempio, si commercializzarono 525.607 tonnellate di conifere e,
attualmente l’industria del legname e della carta possiede la maggior partecipazione
relativa (tra le diverse industrie manifatturiere dello Stato) nell’industria nazionale.
Compagnie transnazionali come Simpson, International Paper e Lousiana Pacific si
sono interessate, nell’ottica del Trattato di Libero Commercio, all’investimento nella
produzione di carta; e l’impresa regiomontana (cioè originaria di Monterrey, capitale
dello Stato messicano di Nuevo Leon, ndt) Pulsar, che possiede investimenti nei
boschi di Ocosingo, ha manifestato il desidero di espandere il proprio mercato nello
stato.
Altre fonti naturali di ricchezza in Chiapas sono sfruttate da imprese parastatali
dipendenti dal governo federale: Petroleos Mexicanos sfrutta i giacimenti petroliferi
che si trovano nello stato e che, per norma cosituzionale, appartengono all’intera
nazione. Lo stato contribuisce con circa il 6,5% della produzione petrolifera
nazionale e apporta circa un quarto del gas naturale che si produce nel paese.
L’elettricità generata in Chiapas dalla Commissione Federale di Elettricità nelle
centrale elettriche di Malpaso, la Angostura, Chicoasen e Peñitas rappresenta quasi
la metà dell’energia idroelettrica prodotta in Messico e l’8% del totale dell’energia
elettrica (utilizzato in Messico, ndt). Nel 1993 si produssero 11831,74 gigawatts per
ora, necessari a portare l’energia elettrica nella maggior parte della valle del
17
Messico. Però nel 1990 il 15% delle abitazioni non aveva una cucina, e una terza
parte non aveva energia elettrica. La ricchezza che si produce in Chiapas è
particolarmente mal distribuita tra gli abitanti dello stato. In ottemperanza coi
parametri ufficiali, si tratta dell’entità col maggior grado di ‘emarginazione’.”
16
La situazione va via via peggiorando, poiché il flusso dei migranti non
accenna a diminuire.
“Nel 2000 arrivano a 32 le comunità irregolarmente presenti all’interno della
riserva e della Zona Lacandona e nello stesso anno alcune organizzazioni
ambientaliste (Conservation International e WWF), iniziano una campagna
pubblica di pressione per chiedere l’allontanamento forzato degli indigeni
invasori. Lo chiedono “per il bene della nazione”, accusando le comunità
indigene di attuare una deforestazione illegale. A partire dall’estate del 2001, la
SEMARNAT (Ministero dell’Ambiente e delle Risorse Naturali), la PROFEPA
(Procura Federale di Protezione Ambientale) e Conservation International
organizzano un’offensiva per sfrattare le comunità tzotziles, tzeltales, choles e
tojolabales della Riserva, non disdegnando l’uso della violenza in caso di
mancata collaborazione.
Il titolare della PROFEPA, José Campillo, intervistato il 25 dicembre del
2001 dal quotidiano El Universal, ammette quelli che sono gli interessi reali:
"fintanto che non verranno recuperate queste zone di alta ingovernabilità
(segnalando, tra esse, quella dei Montes Azules, N.d.R.), non arriverà
l’investimento privato e ciò si ripercuote negativamente in tutto il paese". Le
pressioni si fanno sempre più forti a partire dall’agosto del 2002, quando le
azioni di gruppi paramilitari (il cui leader è il deputato locale eletto nella file del
PRI, Pedro Chulin) portano alla morte di 5 persone tra le basi d’appoggio
dell’EZLN”
17
Il Governo, continua a negare ogni implicazione con i frequenti episodi di
violenza nei confronti degli appartenenti alle comunità interessate; inoltre
continua a sostenere che i provvedimenti presi sono in difesa del delicato
ecosistema della zona. Ma questa tesi viene continuamente smentita nella
16
Zebadua, E. Breve historia de Chiapas, Mexico: Colegio de Mexico, 1999, p.165-166
17
.Martinelli,L., Sensi, G. “La Riserva della Biosfera dei Montes Azules” in:
www.manitese.it/mensile/404/chiapas.htm
18
pratica dalle concessioni di sfruttamento di parti della foreste a imprese
private, messicane e straniere.
Ma non solo. Dal 2000 si parla dell’entrata in vigore di un particolare
trattato internazionale, per iniziativa del presidente Fox: il Plan Pluebla-
Panamà.
Questo piano prevede la creazione di un virtuale corridoio biologico
protetto che va appunto da Panama, passando per Puebla (paese
chiapaneco), che unisca idealmente l’America Centrale e del Sud.
Questo Piano, organizzato, secondo il governo messicano, con lo scopo di
favorire le popolazioni del sud del Messico, presenta molte contraddizioni:
“Nell'aspetto biologico (corridoio biologico mesoamericano, CBMA) fu elaborato
nel vertice di Rio de Janeiro sulla biodiversità e cominciato ad usare nel 1993 nel
Costa Rica, ed è consistente in un programma di uso integrale di tutta la
biodiversità.
Fox cominciò 3 mesi dopo la vittoria alle elezioni del luglio del 2000 a parlare
della proposta di un grande piano di sviluppo del Sudest del paese integrato con un
piano che avrebbe incluso Guerrero, Oaxaca, Veracruz, Chiapas, Campeche,
Yucatan, Puebla e Quintana Roo in unione con Belize, Guatemala, Honduras,
Nicaragua e Panama.
Questa mossa fu da parte del governo un'offesa agli stati del sudest messicano,
così rinchiusi in un piano in collaborazione con l'America Centrale e ritenuti non
all'altezza del tenore e della crescita messicana del nord del paese.
Il PPP è un programma che non è stato costruito da Fox ma elaborato da diverse
componenti capitalistiche nei suoi diversi punti secondo una tipologia formulata già
da più di dieci anni dalla Banca Mondiale.
Il piano introdotto da Fox include molteplici aspetti d'intervento come costruzione
di infrastrutture, strade ed autostrade, gasdotti, elettricità, centrali idroelettriche in
tutto il corridoio mesoamericano includendo anche l'accesso alle fibre ottiche, porti
marini e aeroporti.
Il programma del piano è stato accompagnato da un documento, intitolato
"Anche il Sud esiste", scritto che descrive in termini paternalistici la situazione dei
popoli del sudest del paese, che ha l'obiettivo di "commuovere" sulla situazione di
povertà degli indigeni e la necessità che hanno di ricevere l'investimento di grandi
capitali per risolvere i problemi che da secoli li affliggono. In questo articolo si
afferma che basilare per la possibilità del piano è stata la modifica dell'art. 27 della
costituzione del 1992 per la possibilità di aumentare le piantagioni a monocultura.
19
E' un piano di supposta unione ecologica fra Panama e Selva Lacandona ma in
realtà permette in quella area il transito di tutte le ricchezze biologiche includendo
infiniti programmi che riguardano lo sfruttamento privato di aree idrogeologiche,
produttive, banche genetiche, banche di germoplasma, attività di bioinvestigazione
con l'obiettivo di brevettare le specie secondo lo stampo giuridico preciso
proveniente dal Vertice di Rio.(...)
La ETC groupl
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ha definito la bioprospezione come "biopirateria". Questa attività
è cresciuta negli anni '90. Non è stata proposta per la prima volta da Fox: l'azione
del presidente messicano rientra in un programma globale di creazione di corridoi
biologici in tutto il pianeta. Nella zona dell'America Latina punta a connettere le
regioni centrali al Sudamerica e in particolare all'Amazzonia.
Il corridoio del PPP racchiude il 10,35% della ricchezza genetica di tutto il
pianeta.
Quando Fox nel 2000 parlò per le prime volte del PPP, non includeva l'esistenza
del CBMA, ma durante il 2001 sono apparsi diversi documenti della Banca Mondiale
e della Banca Interamericana per lo Sviluppo (rispettivamente BM e BID) che hanno
incluso pienamente e come parte centrale il CBMA nel PPP.”
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L’entrata in vigore di questo trattato, secondo molte associazioni di Difesa
dei Diritti Umani, ma anche di alcune di quelle che si occupano di Ecologia,
sarebbero tragiche, sia per l’ambiente che per le comunità.
Il Ciepac, riassume così i motivi di protesta nei confronti di questo
programma:
“Attualmente in Messico e nei paesi centroamericani, che saranno coinvolti nel
PPP, molte organizzazioni civili stanno protestando contro il Piano. Gli oppositori del
Piano dicono che beneficerà pochi (le grandi corporations e le multinazionali), e che
sottrarrà alla regione la ricchezza di risorse e di biodiversità. Nelle zone di libero
commercio creeranno maquiladoras, e i contadini, che saranno cacciati dalle loro
terre per l’industrializzazione, forniranno la mano d’opera a poco prezzo. Le critiche
sottolienano che per poter imporre il piano, i governi abbiano bisogno di un piano di
militarizzazione della regione.”
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E' una ONG che studia i problemi legati allo sfruttamento dei patrimoni genetici:
www.etcgroup.it
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Cfr.: Andres Barrida, L’esperienza nella 3° CCIOD: la situazione in Messico e Chiapas ad un anno dalla marcia,
pubblicato dalla 3° Commissione Internazionale di Osservazione dei Diritti Umani:
http://www.ipsnet.it/chiapas/2002/mt0110.htm
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Cfr.: