9
Nel nuovo, articolato compito assegnato agli uffici stampa,
l’amministrazione non può prescindere dall’impiego in tali strutture di
professionalità adeguate, che garantiscano al cittadino un’informazione
corretta e completa. In riferimento a quest’ultimo aspetto, la legge 150 ha
così previsto la possibilità per le amministrazioni di dotarsi di uffici stampa
e sancito la presenza in queste strutture di personale iscritto all’Albo dei
giornalisti.
Le motivazioni, legittime ai nostri occhi, che hanno spinto il legislatore a
scegliere la professionalità giornalistica per l’espletamento delle funzioni
affidate all’ufficio stampa, e non, come alcuni avrebbero preferito, esperti
in pubbliche relazioni o in comunicazione, sono di diversa natura. Da un
punto di vista pratico, l’esigenza è stata quella di affidare l’informazione
pubblica nelle mani di chi, con l’informazione, ha un rapporto per così dire
privilegiato: il mestiere e la preparazione del giornalista sono tali da
consentirgli un trattamento delle informazioni sicuramente agevole. Non
solo: fattori quali l’accresciuta complessità del sistema mediatico, il «caos
informativo» e la spettacolarizzazione dell’informazione, richiedono
professionalità in grado di sapersi orientare abilmente nell’arena dei media,
di cui il giornalista conosce logiche, meccanismi e linguaggi. Nella
sovrabbondanza di notizie, l’abilità richiesta al giornalista è quella di saper
porre all’attenzione dei mezzi di comunicazione, e quindi dei cittadini, le
informazioni che provengono dall’amministrazione. Compito, questo, non
facile, soprattutto a causa di una preoccupante indifferenza, da parte dei
massmedia, nei confronti dei temi pubblici, fatta eccezione per quelle
notizie che marcano le inefficienze delle amministrazioni. Il giornalista,
trattando e confezionando adeguatamente le informazioni che riguardano
l’amministrazione, può renderle «notiziabili» e appetibili per i mezzi di
comunicazione, agevolando, in questo modo, il flusso di informazioni che
dall’Ente viene trasferito ai suoi utenti.
10
Ma le prime caratteristiche che la notizia proveniente da un’istituzione
deve possedere, sono la correttezza, la completezza e l’imparzialità. Anche,
e soprattutto, da quest’angolazione, il giornalista è la figura più adatta a
tutelare un’informazione «pulita»: il giornalista, infatti, in virtù delle regole
insite allo svolgimento della sua professione, è vincolato dal rispetto di
un’etica professionale (sancita anche a norma di legge
1
) che lo rende,
almeno in teoria, garante di un’informazione corretta. Verità, lealtà, buona
fede: sono solo alcune delle regole cui il giornalista non può sottrarsi
nell’esercizio della sua professione. E’ però d’altra parte impossibile negare
la distanza, più volte verificatasi, tra i principi sanciti (con la legge, i codici
deontologici, le regole dettate dall’Ordine dei giornalisti) e la pratica
quotidiana del lavoro. L’esistenza di norme che regolano la professione,
cioè, pur costituendo un buon punto di partenza per la tutela del diritto del
cittadino ad un’informazione corretta, non può essere considerata in alcun
modo esaustiva e proporzionata alla necessità.
Si pone dunque l’esigenza di garanzie ulteriori, che offrano, da una parte,
il diritto all’informazione della collettività, e, dall’altra, il diritto
dell’amministrazione ad informare. Il fulcro della questione è, come
sostenuto in questo lavoro, nella ridefinizione dell’attività dell’ufficio
stampa secondo il principio di imparzialità, che di fatto impedisca la
discrezionalità e la faziosità dell’informazione. Forte è ancora, infatti, la
tentazione, da parte dei vertici politici dell’amministrazione, di
condizionare l’informazione rendendola a loro favorevole e, quindi, di
trasformare l’attività di ufficio stampa da attività istituzionale, quale
dovrebbe essere, in attività di comunicazione prettamente politica. Ma tali
tentativi andrebbero a ledere proprio quel diritto all’informazione che i
1
Il principale riferimento è alla legge n.69 del 1963, sull’«Ordinamento della professione
giornalistica», che, seppure visibilmente annosa, contiene diritti e doveri del giornalista ancora
validi per l’esercizio della professione
11
cittadini hanno conquistato, a loro spese, dopo anni di propagandismo e
dominio politico. L’informazione di tipo politico, d’altra parte, è legittimata
ad esistere, ma non attraverso l’ufficio stampa, bensì tramite la figura del
portavoce (così come sancito dalla stessa legge 150/2000). L’informazione
che dagli uffici stampa, passando per i media o raggiungendoli per via
diretta, arriva ai cittadini, deve essere, lo ribadiamo, di tipo istituzionale.
L’ufficio stampa deve «passare» le informazioni dell’amministrazione, non
le comunicazioni dei suoi vertici. Questa struttura, pur essendo soggetta
all’indirizzo politico, deve dunque svolgere la propria attività senza vincoli
e incursioni della politica, perché l’informazione sia obiettiva e completa.
Perché ciò avvenga si rende necessaria una specificazione legislativa,
nazionale o perlomeno a livello statutario delle singole amministrazioni,
che conceda meno discrezionalità alle p. a. (rispetto a quella offerta dalla
150) nell’esercizio della funzione di informazione. Le soluzioni a tale
incertezza proposte in questo lavoro, se non esaustive, possono però
quantomeno far comprendere quanto sia necessario compiere passi ulteriori
verso la piena autonomia di queste strutture.
Infine, al termine del lavoro, ci occuperemo dell’aspetto pratico del
lavoro di ufficio stampa: mezzi, linguaggi e strumenti di cui si deve
avvalere per una comunicazione efficace. Le evoluzioni tecnologiche
avvenute negli ultimi anni stanno cambiando ulteriormente il volto
dell’amministrazione: l’ufficio stampa per il suo operato non può in alcun
modo prescindere dall’uso dei nuovi media, Internet in particolare. Ma
l’uso delle nuove tecnologie, oltre a garantire maggiore trasparenza
all’amministrazione nel suo complesso, è per l’ufficio stampa, a nostro
parere, l’elemento essenziale per rivolgersi direttamente ai cittadini. Ecco
che, quindi, i nuovi media diventano i nodi principali di comunicazione
diretta tra amministrazione e amministrato, che può ora saltare la
12
«mediazione dei media» e conoscere l’operato dell’istituzione senza
intermediari.
Concluderemo il lavoro con l’analisi di un caso concreto: quello
dell’ufficio stampa della Provincia di Perugia. La rilevazione delle
informazioni utili ai nostri fini è avvenuta durante un’esperienza di stage
presso tale struttura. L’idea dello studio di questo caso è nata dalla
constatazione che l’utilizzo delle nuove tecnologie, di cui l’ufficio stampa
della Provincia di Perugia dispone e si avvale ampiamente per trasmettere le
notizie dell’Ente, sta profondamente sovvertendo gli schemi e i canoni
tradizionali su cui da sempre l’ufficio stampa ha organizzato il suo lavoro:
non più i media, ma i cittadini possono ora essere considerati di fatto i
destinatari privilegiati dell’attività di informazione dell’amministrazione.
13
CAPITOLO I
L’INFORMAZIONE PUBBLICA: DEFINIZIONE ED
EVOLUZIONE STORICA E LEGISLATIVA
1. Verso una definizione di «informazione»
Come accade quando ci si trova a dover dare la definizione di un
concetto che racchiude dentro di sé un’infinità di idee, risvolti e
sfaccettature, così ora definire l’informazione risulta piuttosto complesso.
Informazione è un termine dall’estrema polivalenza e che, oltretutto, ha
subìto un’evoluzione nel tempo. Meloncelli fa notare che «informare» ha
perduto nell’impiego più comune l’antico ed originario significato, secondo
cui vuol dire dare forma a qualcosa
2
. Ora, invece, il termine farebbe più
riferimento al «notum facere» e quindi informazione sta per “attività
tendente a portare qualcosa a conoscenza di altri”
3
. «Dare forma» e
«rendere noto»: questi due significati sono quanto meno correlati,
“considerato il fatto che il notum facere a favore di qualcuno, il portare
qualcosa a conoscenza di qualche soggetto, produce, o per lo meno rende
possibile, una modificazione della sua psiche in conformità al contenuto
dell’attività informativa”
4
. Informazione designa anche l’attività di
acquisizione di conoscenze e il mero stato di possesso della conoscenza.
Senza trattare l’aspetto sociologico dell’argomento, quello che a noi qui
interessa è definire l’informazione sotto il profilo giuridico e più nello
specifico l’informazione prodotta da soggetti pubblici, o informazione
amministrativa. Naturalmente il concetto cambia a seconda dei soggetti
coinvolti, cioè di chi produce e chi riceve le informazioni: questo studio
2
MELONCELLI A., L’informazione amministrativa, Rimini 1983
3
MELONCELLI A ., L’informazione amministrativa, Rimini 1983
4
MARSOCCI P., Poteri e pubblicità. Per una teoria giuridica della comunicazione
istituzionale.,cit. pg.39, Padova 2002
14
vuole esaminare il caso in cui sia l’amministrazione il soggetto informante e
l’amministrato il soggetto ricevente
5
. Complessivamente si può dare
dell’informazione amministrativa la definizione di “trasmissione di
conoscenza dall’amministrazione pubblica al cittadino”
6
. Più ampliamente
Merloni ha definito la funzione “informazione pubblica” come “il
complesso delle attività volte ad assicurare alla generalità dei cittadini la
disponibilità delle informazioni di pubblico interesse in possesso delle
pubbliche amministrazioni alle condizioni economiche e operative più
favorevoli”
7
. La dottrina ha classificato la fattispecie a seconda delle sue
diverse manifestazioni, componendola in vari elementi, tra cui: la
dichiarazione in sé, che l’amministrazione deve elaborare codificando la
propria conoscenza; il contenuto, che può descrivere la realtà o in termini di
scienza o in termini di giudizio; l’oggetto dell’informazione amministrativa;
la trasmissione dell’informazione al cittadino-amministrato attraverso i
canali della comunicazione, della notificazione, della pubblicazione e più
genericamente della pubblicità; la rilevanza giuridica in sé
dell’informazione in quanto prodotta dalla p.a. in adempimento di un
dovere.
8
Merloni offre una distinzione tra le diverse attività di informazione
svolte dalla pubblica amministrazione, suddividendole tra le attività a fini
conoscitivi, quelle destinate alla produzione di certezze, quelle con finalità
partecipativa e di garanzia e quelle finalizzate alla comunicazione.
Soffermandoci su questa quarta tipologia, essa è costituita da quel
particolare tipo di trasmissione di informazioni che ha lo scopo di mettere
in comune conoscenze e quindi di indurre specifici comportamenti in chi
5
Per una trattazione più completa degli aspetti non esaminati in questo studio, si rinvia a
MELONCELLI A., L’informazione amministrativa , Rimini 1983 e a GIANNINI M.S., Diritto
amministrativo
6
MELONCELLI A . L’informazione amministrativa, Rimini, 1983
7
Per approfondimenti sulla informazione come funzione si veda MERLONI F., Sull’emergere
della funzione di informazione nelle pubbliche amministrazioni,pg.17 ss., in F.MERLONI(a cura
di) L’informazione delle pubbliche amministrazioni, Rimini 2002.
8
VIGNUDELLI A., La comunicazione pubblica, Rimini 1992
15
riceve queste informazioni
9
. Informazione e comunicazione, dunque. Sono
questi gli aspetti che a noi qui interessano. Merloni e Arena hanno
evidenziato rispettivamente come informazione e comunicazione siano
diventati per la pubblica amministrazione vere e proprie funzioni
10
. Ma
informazione e comunicazione sono la stessa cosa? Le due facce di una
stessa medaglia, oppure sono e devono essere due concetti totalmente
distinti? Cercheremo di capirlo meglio nel paragrafo seguente.
1.1 Informazione e comunicazione, i due «estremi del pendolo»
La maggior parte degli studiosi è concorde nel ritenere che i due concetti
siano legati da un rapporto di continuità. Di tale opinione è Arena, che
sottolinea come tra le due attività non possa esistere una rottura netta poiché
informare e comunicare sono sì due attività distinte, ma esse “utilizzano la
medesima «materia prima», cioè le informazioni: in entrambi i casi, infatti,
ciò che circola da un soggetto all’altro sono informazioni ed è la finalità di
tale circolazione di informazioni che cambiando determina il sorgere di un
rapporto di informazione o di comunicazione”
11
. Lo studioso si rifà al
significato letterale dei due termini per esemplificare la questione.
Informare è per Arena il «dare forma», quindi plasmare, modellare secondo
9
Le attività di informazione a fini conoscitivi sono quelle strumentali alla assunzione di decisioni
pubbliche; le attività di informazione destinate alla produzione di certezze, legali e notiziali,
riguardano i casi in cui l’amministrazione adotta atti destinati a produrre certezze, sia a fini
direttamente strumentali all’adozione di provvedimenti amministrativi, sia a fini non strumentali.
La terza categoria, attività con finalità partecipativa e di garanzia, è finalizzata all’acquisizione di
informazioni nel procedimento e alla messa a disposizione di informazioni sul procedimento.Per
chiarimenti e approfondimenti si veda MERLONI F., Sull’emergere della funzione di
informazione nelle pubbliche amministrazioni,pg.17 ss., in F.MERLONI(a cura di) L’informazione
delle pubbliche amministrazioni, Rimini 2002.
10
Per la funzione di informazione si veda MERLONI F., L’informazione delle pubbliche
amministrazioni, Rimini 2002 e per la funzione di comunicazione si faccia riferimento a ARENA
G., La funzione pubblica di comunicazione, in G.ARENA (a cura di), La funzione di
comunicazione nelle pubbliche amministrazioni, Rimini 2001
11
ARENA G., La funzione pubblica di comunicazione, cit. pg.46, in G:ARENA (a cura di), La
funzione di comunicazione nelle pubbliche amministrazioni, Rimini 2001
16
una determinata forma e struttura. Dunque informazione è la notizia, il dato
che informa su qualcosa. Comunicare invece, dal latino “commune”,
composto di cum e di un derivato di munus (incarico, compito), per cui
letteralmente significa «che svolge il suo compito insieme ad altri». Dunque
il comunicare implica condivisione, il rendere partecipi più soggetti. E la
comunicazione è l’atto o l’effetto del comunicare. Partendo dai significati,
si può giungere alla conclusione che le informazioni «danno forma alla
realtà», mentre per l’atto del comunicare è fondamentale il rapporto che si
instaura tra i soggetti che «mettono in comune» qualcosa. Anche in questo
caso l’oggetto è la realtà, ma mentre prima si trattava di dare una forma a
quel mondo, ora si tratta di dare ad esso un significato condiviso. Ciò
significa che nell’informare prevale il rapporto tra un soggetto e la realtà e
che le informazioni danno ordine alla realtà e sono fornite per facilitare il
muoversi all’interno di questa realtà. Pensiamo all’esempio più banale e
classico, una situazione in cui ognuno di noi si è trovato almeno una volta a
vivere nella sua quotidianità: quando dobbiamo arrivare in un punto, ma
non sappiamo come arrivarci, chiediamo informazioni. Ciò che riceviamo
(a mano che non si tratti di informazioni errate o date in modo inesatto)
sono informazioni che ci portano alla soluzione del nostro problema,
facilitandoci, dunque, l’esistenza. Le informazioni mirano dunque a
facilitare il rapporto con il mondo, ad agevolare il soggetto che le riceve
rendendo intelligibile la complessità che lo circonda. Il soggetto che
informa deve farlo in modo tale da facilitare al massimo le attività
successive dei soggetti che le ricevono. Ma lo scopo di chi informa non è
quello di influire su tali attività. Ovvero: se dopo aver chiesto informazioni
sulla strada da percorrere per arrivare in un dato punto, noi decidiamo di
prendere un’altra strada, chi ci ha fornito le informazioni ha comunque
raggiunto il suo scopo, che era quello di risolvere il problema che noi stessi
gli avevamo posto. Ovvero: “I comportamenti che i destinatari delle
17
informazioni concretamente adotteranno esulano completamente dagli scopi
e dal raggio d’azione di chi informa”
12
. Nel comunicare, invece, l’obiettivo
di chi comunica è proprio incentrato sul comportamento che il destinatario
delle informazioni assumerà dopo la comunicazione. Un soggetto che
comunica, lo fa sempre per modificare il comportamento o la visione del
mondo del soggetto ricevente. “Se la comunicazione ha successo molti
soggetti condividono la visione del mondo comunicata e, modificando di
conseguenza i propri comportamenti, influiscono sul mondo nel senso
desiderato dal soggetto fonte della comunicazione”
13
. Ma informazione e
comunicazione differiscono anche per i soggetti coinvolti nelle due attività.
Infatti, nell’informare si ha un soggetto attivo, la fonte delle informazioni, e
uno o più soggetti passivi, chi le riceve: si tratta dunque di un rapporto
unidirezionale. Nella comunicazione, invece, sia chi comunica e sia chi è
bersaglio della comunicazione, sono soggetti attivi, perché, come già detto,
la comunicazione raggiunge il suo scopo solo se il ricevente ne condivide il
contenuto e quindi modifica il suo comportamento.
Polemiche ha invece suscitato, tra studiosi e professionisti del settore, la
distinzione che tra informazione e comunicazione ha operato l’ultima legge
in materia, la 150/2000, di cui questo lavoro si occuperà soprattutto in
riferimento agli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni
14
. La legge
ha infatti utilizzato come criteri distintivi, da una parte i destinatari delle
due attività, dall’altra i soggetti competenti all’interno della pubblica
amministrazione a svolgere queste funzioni.
12
ARENA G., La funzione pubblica di comunicazione, in G.ARENA (a cura di), La funzione di
comunicazione nelle pubbliche amministrazioni, Rimini, 2001, pg. 50
13
ibidem, pg.50
14
Si tratta della legge intitolata “Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle
pubbliche amministrazioni”. Per gli aspetti che riguardano gli uffici stampa vedi il II capitolo di
questo lavoro, per tutti gli altri aspetti vedi manuali di comunicazione pubblica come GRANDI R.,
La comunicazione pubblica, Roma 2002 o MANCINI P., Manuale di comunicazione pubblica,
Roma-Bari 2002
18
Secondo questi parametri, dunque, i destinatari dell’informazione
sarebbero i mezzi di comunicazione di massa, mentre per l’attività di
comunicazione sarebbero direttamente i cittadini (comunicazione esterna) e
i dipendenti (comunicazione interna). Seguendo l’altro parametro, i soggetti
preposti all’informazione sono portavoce e uffici stampa, quelli preposti
alla comunicazione gli Uffici per le relazioni con il pubblico
15
. Questa
distinzione appare inappagante, innanzitutto perché tenta di operare una
frattura netta tra informazione e comunicazione che, invece, appaiono,
utilizzando un’efficace immagine fornita da Arena, come i due estremi
dell’oscillazione di un pendolo: una situazione che rende difficile se non
impossibile distinguerle nettamente e in cui si passa dall’una all’altra e
viceversa. Dunque, come è possibile dire che un ufficio stampa farà sempre
e solo attività di informazione e un U.r.p. sempre e solo comunicazione? E
l’altro dubbio è: davvero gli uffici stampa si rivolgono solo ai mass media e
le strutture di comunicazione solo ai cittadini? Nei capitoli successivi di
questo studio si cercherà di dimostrare come le mutate condizioni
dell’amministrazione pubblica, l’ampio rilievo che in essa sta ricoprendo la
comunicazione (che, di seguito verrà utilizzata quasi indistintamente al
termine informazione) e la variazione avvenuta nell’arena dei media portino
esiti negativi a queste domande. Al nuovo volto della pubblica
amministrazione italiana, un’amministrazione finalmente relazionale e
colloquiale, non più separata e autoritaria, hanno contribuito ampiamente
l’informazione e la comunicazione, che stanno tuttora dando un ingente
apporto a rendere trasparente l’apparato amministrativo e alla realizzazione
di diritti fondamentali per il cittadino.
15
Recita, infatti, l’articolo 6, 1° comma della 150/2000: «le attività di informazione si realizzano
attraverso il portavoce e l’ufficio stampa e quelle di comunicazione attraverso l’Ufficio per le
relazioni con il pubblico, nonché attraverso analoghe strutture quali gli sportelli unici della
pubblica amministrazione, gli sportelli polifunzionali e gli sportelli per le imprese».
19
Uno di questi è appunto il diritto all’informazione. Cercheremo di capire
come l’emergere del diritto all’informazione sia andato di pari passo con
l’emergere di un dovere, da parte dell’amministrazione, di informare i suoi
cittadini e come tale diritto sia collegato con le nozioni di accesso e
partecipazione.
20
2. Il diritto all’informazione. In particolare: il diritto ad essere cittadini
informati
Negli ultimi anni si è sempre più fatta strada una concezione molto
ampia del diritto all’informazione, che comprende il diritto inteso come
diritto di informare, di informarsi e di essere informati. Si parla cioè di un
diritto di diffondere informazioni, diritto di cercare informazioni e diritto di
ricevere informazioni. Per una amministrazione aperta, trasparente e
“condivisa”, secondo l’immagine fornita da Arena
16
, cioè fondata sulla
collaborazione tra amministrazione e cittadini, il diritto all’informazione
costituisce una sorta di pre-condizione all’espressione del diritto di
cittadinanza, inteso come partecipazione consapevole e informata al
processo decisionale pubblico. Ma esiste, per le pubbliche amministrazioni,
un dovere di raccogliere, elaborare e dunque diffondere informazioni, un
dovere che garantisca al cittadini piena partecipazione alla vita
democratica?
Il diritto all’informazione, da cui poi far scaturire un dovere per le
pubbliche amministrazioni ad informare, non è sempre stato interpretato
secondo questa triplica accezione. Una prima traccia di questo significato si
rinviene nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, firmata a New
York nel 1948, che riconosce all’articolo 19 ad ogni individuo “il diritto
alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto a non essere
molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere
informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo alle frontiere”.
La nostra Costituzione, invece, non tutela esplicitamente il diritto
all’informazione inteso come risvolto passivo della libertà di informazione.
L’articolo 21 della Costituzione, infatti, tutela il diritto di espressione ma
16
ARENA G., Introduzione all’amministrazione condivisa, in N. GRECO e P. BIONDINI (a cura
di), Diritto e amministrazione pubblica nell’età contemporanea, Roma 2001
21
solo parzialmente soddisfa l’esigenza di conoscere. Ma l’articolo 21 non è
stato interpretato in maniera univoca. E’ possibile infatti individuare due
diverse soluzioni di questo articolo. Secondo la prima, che corrisponde
all’impostazione del liberalismo classico, l’articolo 21 tutelerebbe solo la
libertà di informazione, vista più che altro come diritto ad informare. E’
l’impostazione tesa a difendere il sistema delle comunicazioni di massa.
Non dimentichiamo, d’altra parte, che la stesura di questo articolo è
avvenuta nell’Italia post-fascista, che aveva vissuto il dramma
dell’autoritarismo che aveva portato a un controllo assoluto sull’opinione
pubblica, la stampa e tutto il sistema delle informazioni. Sempre secondo
questo primo impianto, dunque, non esisterebbe un diritto
costituzionalmente tutelato dei cittadini all’informazione; anzi, l’esistenza
di un contrapposto diritto soggettivo dei cittadini ad essere informati, di
fatto, secondo questa tradizione, verrebbe a comprimere e a negare la libertà
di chi diffonde le notizie. La seconda visione, invece, postula l’esistenza di
un diritto all’informazione sulla base della lettura evolutiva dell’articolo 21,
vale a dire letto congiuntamente con altri principi contenuti nella
Costituzione. Tale diritto, cioè, si ricava non solo da tutte quelle libertà che
garantiscono una scelta (e per scegliere bisogna conoscere), ma anche da
quelle che tutelano e garantiscono un'effettiva uguaglianza tra tutti gli
individui. Ecco l’articolo 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari
dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso,
di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali
e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere ostacoli di ordine
economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori alla organizzazione politica, economica e
sociale del Paese”. Sebbene l’articolo non faccia riferimento diretto alla
libertà di informazione, contiene però dei princìpi, quello dell’uguaglianza e
22
della partecipazione, i quali non potrebbero essere tutelati con una
mancanza, parziale o inadeguata, di informazione. Ma anche l’articolo 1,
che stabilisce la sovranità popolare, e l’articolo 2, che custodisce la garanzia
del pieno sviluppo della persona umana, insieme all’articolo 3
presuppongono che le scelte operate dai governanti debbano essere
conosciute dai governati. Inoltre l’articolo 97, che fissa il principio di
imparzialità della pubblica amministrazione, unito a quello di democraticità
dell’ordinamento (articolo 1), stabiliscono che il potere pubblico deve
svolgersi non nel mistero e nel segreto, ma nel modo più trasparente
possibile. La dottrina costituzionalista è stata concorde nel ritenere che
dall’articolo 21 si deduca sia il diritto dei cittadini ad essere informati e sia
il dovere per l’amministrazione di utilizzare tutti mezzi disponibili per dare
effettiva garanzia di partecipazione ai cittadini e di conoscenza del proprio
operato. Fois ha rilevato all’interno della categoria dei nuovi diritti
17
“il
diritto di sapere come versione dinamica del diritto ad essere informati; il
diritto di accedere alle informazioni che individualmente ci riguardano; il
diritto ad essere informati in maniera obiettiva, corretta e completa; il diritto
di cercare, ricevere e trasmettere informazioni come distinto da quello di
manifestare il pensiero; più in generale si è parlato del complesso dei diritti
relativi all’informazione come qualcosa da ricomprendere in un nuovo
«diritto alla democrazia»”
18
. Il dibattito sull’articolo 21 è tuttora aperto.
Senza riaprirlo in questa sede, in questo lavoro è comunque sostenuta l’idea
secondo cui, se anche non ci fosse un esplicito riferimento costituzionale
17
I diritti definiti nuovi sono quelli nati dalla nuova complessità sociale, dalla maggior presa di
coscienza da parte degli individui delle proprie libertà e dalla ridefinizione del rapporto Stato-
cittadini. Tra questa categoria si inseriscono, ad esempio, il diritto alla salute, alla salubrità
dell’ambiente di vita e di lavoro, all’abitazione, all’identità personale, all’identità sessuale.
All’interno di questi, si pone, dunque, anche il diritto all’informazione.
18
FOIS M., Nuovi diritti di libertà, in A. VIGNUDELLI (a cura di), La libertà di informazione,
Rimini 1991.