6
dell’Unione Europea l’area più dinamica e competitiva dell’economia globale, ad
aumentare l’occupazione e la produttività del lavoro, a promuovere la conoscenza
e l’innovazione.
In un pianeta globalizzato ma al contempo frammentario, l’Europa deve
assumersi proprie responsabilità nella partecipazione alla gestione della
globalizzazione.
In tutto ciò, quali sono le attese e le aspettative dei cittadini europei? I
cittadini europei approvano i grandi obbiettivi dell’Unione, però chiedono alle
istituzioni meno complessità e rigidità, e soprattutto più trasparenza.
Questa tesi illustra gli sviluppi del sistema di bilancio comunitario dalle
sue origini ai giorni nostri, mettendo a fuoco le principali tematiche e
problematiche relative ai rapporti interistituzionali, all’allargamento ed alla
Costituzione Europea. Tutto ciò nel quadro del processo di formazione dello
spazio pubblico europeo e della crescente partecipazione della società civile.
7
CAPITOLO 1
NASCITA ED EVOLUZIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE
Parte Prima
STORIA: DALLA NASCITA DELL’EUROPA COMUNITARIA
ALL’INTRODUZIONE DELL’EURO
1.1 IL SORGERE DELL’EUROPA COMUNITARIA
Agli inizi del XIV secolo il grande giurista francese Pierre Dubois
auspicava la formazione di una confederazione europea retta da un consiglio di
uomini saggi e fedeli. Questo illustre precedente non ebbe, però, alcun seguito e
soltanto dopo la prima guerra mondiale alcuni uomini politici tornarono a
concepire una forma di UNITA’ EUROPEA.
Gli orrori e le devastazioni della seconda guerra mondiale non crearono le
premesse per un suo concreto rilancio
1
: furono infatti la volontà di prevenire un
altro conflitto e le necessità di organizzare la ricostruzione del continente su base
più ampia e quindi economicamente più efficiente di quella costituita dalle singole
potenze, a mettere in moto il PROCESSO DI UNIFICAZIONE
2
.
1.2 LA RICOSTRUZIONE ECONOMICA E IL PIANO MARSHALL.
L’OECE ED IL COMECON
L’opera di recupero economico e morale dell’Europa dopo la seconda
guerra si realizzò in un clima di tensioni, di contrasti e di crescenti
contrapposizioni tra le principali potenze vincitrici. La ricostruzione europea
costituiva infatti una irripetibile opportunità di legare all’area economica degli
1
VERRILLI A., Diritto dell’unione europea. Istituzioni e politiche comuni, Napoli, 2003, p. 7 ss.
2
TESAURO G.,Diritto comunitario, Padova, 2003, p. 3 ss.; GAJA G., Introduzione al diritto
comunitario, Bari, 2003, p. 3; CASSESE S., Lo spazio giuridico globale, Bari, 2003, p. 3 ss.
8
USA alcuni paesi del ”vecchio“ continente, creando un blocco economico e
politico
3
.
Nel 1947 il segretario statunitense Gorge Marshall delineò i tratti
fondamentali del programma di aiuti promosso dall’amministrazione statunitense
per favorire ed incentivare la ricostruzione degli Stati europei sconvolti dalla
guerra; tale programma conosciuto come PIANO MARSHALL
4
denominato
anche ERR (European Recovery Program). Il piano prevedeva un consistente
afflusso di aiuti americani ai paesi dell’Europa occidentale, sia sottoforma di
prodotti finiti che attraverso l’erogazione di prestiti il cui impiego doveva, però,
essere sottoposto alla supervisione e al controllo del governo americano
5
.
Clausola molto importante fu la gestione in forma coordinata ed organizzata degli
incentivi americani attraverso la costituzione di un organismo delegato alla
ripartizione degli aiuti. Sulla base di questa spinta iniziale venne costituita
l’OECE (Organizzazione europea per la cooperazione economica)
6
, che
rappresentò la prima, seppure embrionale, struttura di coordinamento a livello
europeo. Contava tra i suoi membri sedici stati dell’Europa occidentale, compito
immediato fu quello di ripartire fra gli Stati firmatari gli aiuti del Piano Marshall e
di procedere al controllo di tale operazione
7
.
Nel 1949, in risposta all’istituzione dell’OECE, gli Stati socialisti
dell’Europa orientale davano vita ad una propria organizzazione per la
cooperazione economica, il COMECON (Consiglio di aiuti economico reciproco)
segnando così la spaccatura definitiva in due dell’Europa, sia sul piano politico
che su quello economico
8
.
3
POCAR F., Diritto dell’Unione e delle Comunità europee, Milano, 2000, p. 12 ss.
4
DRAETTA U., Elementi di diritto dell’Unione Europea. Parte istituzionale. Ordinamento e
struttura dell’Unione Europea, Milano, 2004, p. 10.
5
ORSELLO G. P., Ordinamento comunitario e Unione Europea, Milano, 2001, p.10 ss.
6
CASSESE S., Lo spazio giuridico globale, Bari, 2003, p. 3 ss.
7
NUGENT N., Governo e politiche dell’unione europea, Bologna, 2001, p. 24 ss.
8
VERRILLI A., Diritto dell’unione europea. Istituzioni e politiche comuni, Napoli, 2003, p. 9;
CONFORTI B., Diritto internazionale, Napoli, 2003, p. 178/179; CASSESE S., Lo spazio
giuridico globale, Bari, 2003.
9
1.3 IL PATTO ATLANTICO ED IL CONSIGLIO D’EUROPA
Nel 1949, i paesi dell’Europa occidentale si organizzarono anche sul piano
militare con l’istituzione della NATO (Organizzazione del Trattato dell’Atlantico
del Nord) che, pur non essendo limitata ai soli Stati europei in quanto ne facevano
parte anche Stati Uniti e Canada, rappresentò la prima forma di integrazione a
livello strategico-militare
9
. Nello stesso anno venne istituito il Consiglio
d’Europa, con lo scopo di favorire una più stretta collaborazione tra Stati
membri
10
.
Nel corso degli anni si delinearono successivi aspetti di integrazione
europea
11
:
ξ la tesi dei federalisti, il loro obiettivo era quello di creare uno Stato
federale europeo che, pur rispettando le singole identità nazionali, fosse in
grado di instaurare una vera coesione tra i popoli europei;
ξ la tesi dei confederalisti, secondo la quale la cooperazione in ambito
europeo doveva ricalcare sostanzialmente un modello di cooperazione
intergovernativo, che lasciasse intatte tutte le prerogative sovrane dei
singoli Stati aderenti;
ξ la tesi detta funzionalista, l’integrazione europea doveva attuarsi attraverso
il graduale trasferimento di compiti e funzioni in settori ben determinati a
istituzioni indipendenti dagli Stati, capaci di gestire in modo autonomo le
risorse comuni, il cosiddetto Sector by sector approach.
1.4 LA DICHIARAZIONE SCHUMAN, LA NASCITA DELLA CECA, IL
PROGETTO CED ED IL SUO FALLIMENTO
In linea con la tesi funzionalista il 9 maggio 1950 l’allora Ministro degli
esteri francese Robert Schuman propose di mettere in comune le risorse europee
nella produzione di carbone e di acciaio. In realtà, il cosiddetto piano Schuman
9
GAJA G., Introduzione al diritto comunitario, Bari, 2003, p.15.
10
NAVA M., La finanza europea, storia, analisi e prospettive, Roma, 2002, p. 13 ss.
11
VERRILLI A., Diritto dell’unione europea. Istituzioni e politiche comuni, Napoli, 2003, p. 9
ss.; NUGENT N., Governo e politiche dell’unione europea, Bologna, 2001, p. 43; CONFORTI
B., Diritto internazionale, Napoli, 2003, p. 178/179;
10
aveva come obiettivo fondamentale la formazione di una unione economica tra
Stati europei
12
. Proprio in vista del raggiungimento di tale traguardo fu avviata la
cooperazione limitatamente ad un settore solo, quello del carbone e dell’acciaio,
finalizzata anche al riavvicinamento tra Francia e Germania che erano stati i
maggiori antagonisti delle due guerre mondiali
13
.
Il 18 aprile 1951 a Parigi i sei paesi aderenti firmarono vari atti
comprendenti il Trattato istitutivo della Comunità europea del carbone e
dell’acciaio (CECA)
14
.
Vennero in tal modo gettate le basi dell’Europa comunitaria intesa come
aggregazione associativa tra Stati con possibilità di espansione, di potenziamento,
di stabilizzazione e, nel tempo di integrazione con vincoli sempre più stretti.
Il modello CECA esercitò la sua prima influenza nel settore militare.
Infatti, in seguito allo scoppio della guerra in Corea, che aumentò il timore di una
sempre più profonda divisione del mondo in due blocchi contrapposti, prese vita il
progetto di una Comunità militare europea sul modello della CECA. Tale
progetto, che prevedeva l’istituzione di una Comunità europea di difesa (CED),
incontrò numerose difficoltà sopratutto per il contrasto legato al riarmo della
Germania, ostacolato dalla Francia e favorito dagli Stati Uniti, nel quadro della
ricostruzione della efficienza militare occidentale. In ogni caso l’esperienza
positiva della CECA e, sopratutto, il crescente entusiasmo dell’opinione pubblica
europea intorno ai primi dibattiti su un progetto relativo all’istituzione di un
mercato comune diedero nuovo slancio al processo di integrazione
15
.
1.5 DALL’INCONTRO DI MESSINA AI TRATTATI DI ROMA
Nel 1955 ebbe luogo lo storico incontro di Messina fra i ministri degli
esteri dei paesi membri della CECA, dove vennero delineate le tappe del processo
12
LUCIANI M., Legalità e legittimità nel processo di integrazione europea, Bologna, 2001, p.
82; PREDA D., Hallstein e l’amministrazione europea (1957-1967), in “Storia Amministrazione
Costituzione. Annale ISAP”, 2000, p. 79; si veda anche a p. 80 Spaak P. H..
13
TESAURO G., Diritto comunitario, Padova, 2003, p. 5; CUOCOLO F., Lezioni di diritto
pubblico, Milano, 2004, p. 91.
14
POCAR F., TAMBURINI M., Norme fondamentali dell’Unione e della Comunità europea,
Milano, 2002, p. 19 ss.
15
NUGENT N., Governo e politiche dell’unione europea, Bologna, 2001, p. 33.
11
d’integrazione europeo prendendo come base due campi che si consideravano
interdipendenti, quello del MERCATO COMUNE e quello dell’ENERGIA
NUCLEARE
16
. In sostanza a Messina si abbandonò la precedente politica
d’integrazione europea per settori e si cominciò ad operare in vista della
integrazione orizzontale, cioè l’unione economica dell’Europa nel suo insieme da
realizzare mediante la creazione di un mercato comune in cui avrebbe avuto libera
circolazione i vari fattori della produzione (lavoro, capitali, merci e servizi)
17
.
Il 30 maggio 1956 i ministri degli esteri dei sei paesi membri della CECA
si riunirono a Venezia per negoziare la trasformazione del Rapporto Spaak in veri
e propri trattati
18
. Tale rapporto proponeva l’istituzione di una Comunità
economica europea (CEE) e di una Comunità europea per l’energia atomica
(CECA/EURATOM). I negoziati si protrassero fino al febbraio del 1957 e il 25
marzo dello stesso anno si giunse alla firma a Roma dei TRATTATI ISTITUTIVI
della CEE e dell’EURATOM, entrarono in vigore il 1°gennaio1958. Mentre il
Trattato CECA prevedeva l’instaurazione di un’area di libero scambio
limitatamente al settore del carbone e dell’acciaio, i Trattati CEE ed EURATOM
gettavano le basi per la creazione di un’unione doganale che prevedeva anche
l’adozione di una tariffa doganale comune nei confronti dei paesi terzi
19
.
L’obiettivo dell’instaurazione dell’unione doganale fu raggiunto nel 1968 allorché
fu fissata una tariffa doganale comune (TDC); dopo questa data tutti gli sforzi dei
paesi membri furono indirizzati alla realizzazione di una UNIONE
ECONOMICA, cioè di uno spazio interno in cui fosse assicurata la piena libertà
di circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone, nonché il
perseguimento di politiche economiche comuni
20
.
16
TESAURO G., Diritto comunitario, Padova, 2003, p. 6.
17
ZANGHI C., Istituzioni di diritto dell’Unione Europea, Torino, 2003, p. 18 ss.; PREDA D.,
Hallstein e l’amministrazione europea (1957-1967), in “Storia Amministrazione Costituzione.
Annale ISAP”, 2000, p. 79.
18
VERRILLI A., Diritto dell’unione europea. Istituzioni e politiche comuni, Napoli, 2003, p.
15/16; Si veda a p. 80 Spaak P. H.. in “Storia Amministrazione Costituzione. Annale ISAP”.
19
POCAR F., Diritto dell’Unione e delle Comunità europee, Milano, 2000, p. 21ss.; PREDA D.,
Hallstein e l’amministrazione europea (1957-1967), in “Storia Amministrazione Costituzione.
Annale ISAP”, 2000, p. 79.
20
NUGENT N., Governo e politiche dell’unione europea, Bologna, 2001, p. 49 ss.
12
1.6 IL PERIODO TRANSITORIO (1957-1969)
I Trattati di Roma furono approvati dai Parlamenti nazionali dei sei paesi
firmatari con larghe maggioranze nel giro di pochi mesi. Tuttavia, si evitò di
prevedere l’immediata instaurazione del mercato comune e si optò per una
realizzazione graduale dello stesso
21
. Venne previsto pertanto un periodo
transitorio, suddiviso in tre tappe, ciascuna della durata di quattro anni, nel corso
delle quali l’integrazione si sarebbe attuata progressivamente. Inizialmente si
cominciò con l’adozione di misure economiche, finanziarie e monetarie necessarie
a ravvicinare le legislazioni dei vari Stati al fine di fronteggiare la nuova realtà del
mercato comune
22
.
Una crisi scoppiò nel 1965 allorché la Commissione propose un bilancio
autonomo della Comunità da finanziare non più con i contributi versati dagli Stati
membri, bensì con i versamenti dei prelievi e dei diritti doganali, ed un
rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo
23
.
La reazione della Francia fu estremamente dura e disertò i lavori della
Comunità.
Il 29 gennaio 1966 i Ministri degli esteri dei sei paesi membri si
incontrarono a Lussemburgo e riuscirono a raggiungere un’intesa che pose fine
alla crisi. In quella sede, si decise che il principio dell’unanimità avrebbe
sostituito il criterio del voto a maggioranza in seno al Consiglio tutte le volte in
cui sarebbero stati in gioco interessi molto importanti anche per uno solo degli
Stati membri
24
.
Nel luglio 1967 entrò in vigore il Trattato di Bruxelles sulla fusione degli
esecutivi tale prevedeva l’istituzione di un Consiglio unico e di una Commissione
21
Già nel 1960 cominciarono a palesarsi gli effetti positivi sulle economie nazionali della
riduzione dei dazi e delle barriere doganali e dell’allargamento dei contingenti. Tra il 1961 e il
1963 la Comunità stipulò vari accordi di associazione con Grecia, Turchia e con 17 Stati africani.
Contemporaneamente un gruppo di altri 7 paesi europei guidati dalla Gran Bretagna si andavano
organizzando nell’EFTA (European free trade association), un’area di libero scambio limitata per
lo più ai prodotti industriali.
22
NAVA M., La finanza europea, storia, analisi e prospettive, Roma, 2002, p. 17.
23
BILANCIA F., L’Europa, Bari, 2002, p. 20.
24
BALLARINO T., Manuale di diritto dell’Unione Europea, Padova, 2001, p. 19 ss.
13
unica per tutte e tre le Comunità europee
25
. Nel maggio 1967 i governi inglese,
irlandese e danese inoltrarono nuove domande di adesione alle Comunità.
Verso la fine di quell’anno il confronto fra i sei si era arenato in seno al
Consiglio
26
.
1.7 IL PERIODO (1969-1972)
Primo presidente della Commissione, dopo la fusione degli esecutivi, fu
Jean Rey, cui spettò il difficile compito di uscire dalla crisi, fronteggiò con
successo il suo compito dando nuovo slancio alla politica agricola comune (Piano
Mansholt)
27
.
Nel dicembre del 1969 ci fu il Vertice dell’Aja che scaturì gli Accordi sul
finanziamento della politica agricola comune, ed il rafforzamento dei poteri di
bilancio del Parlamento europeo.
Il 21 aprile 1970, venne raggiunto a Lussemburgo un accordo per la
realizzazione di quella sostituzione dei contributi finanziari degli Stati membri
con risorse proprie in tal modo si conferiva alla Comunità una solida autonomia
finanziaria.
Il nuovo indirizzo della politica finanziaria comunitaria e le nuove
attribuzioni degli organi comunitari resero anche necessaria l’istituzione di una
Corte dei conti comunitaria, subentrata alla precedente Commissione di controllo
del bilancio
28
.
1.8 LA CRISI ECONOMICA DEGLI ANNI’70
La crisi economica scoppiata all’inizio degli anni’70 causata dal vorticoso
aumento del prezzo del petrolio segnò un rallentamento, se non un vero e proprio
25
TESAURO G., Diritto comunitario, Padova, 2003, p. 8.
26
GAJA G., Introduzione al diritto comunitario, Bari, 2003, p.17; PREDA D., Hallstein e
l’amministrazione europea (1957-1967), in “Storia Amministrazione Costituzione. Annale ISAP”,
2000, p. 79;
27
MENEGAZZI MUNARI F., Lezioni di diritto internazionale e dell’Unione Europea, Padova,
2003, p. 16.
28
VERRILLI A., Diritto dell’unione europea. Istituzioni e politiche comuni, Napoli, 2003, p.
19/2.
14
regresso, nel processo di integrazione europea. Gli Stati membri non erano ancora
forti per poter dare una risposta comune a tale crisi e mostrarono la tendenza ad
affrontare la problematica con provvedimenti ed iniziative nazionali, ritenendole
più facilmente adeguabili alle rispettive necessità interne
29
.
1.9 L’ADESIONE DI NUOVI PAESI
Il 1°gennaio 1973, Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca in seguito ai
responsi popolari favorevoli, entrarono a far parte delle Comunità, anche se
soltanto dal 1°gennaio 1978 ne diventeranno membri effettivi. Successivamente
presentarono domanda di adesione i paesi dell’Europa mediterranea quali: Grecia,
Spagna e Portogallo. L’allargamento della Comunità ai paesi del Mediterraneo
indubbiamente offriva nuove prospettive di sviluppo all’Unione europea, ma
presentava anche notevoli problemi in quanto si temeva potesse alterare equilibri
politici e commerciali esistenti tra i paesi della Comunità. La Grecia entrò a far
parte della Comunità dal 1°gennaio1981, mentre la Spagna e il Portogallo dal
1°gennaio 1986
30
.
1.10 DAL LIBRO BIANCO, PASSANDO PER L’ATTO UNICO EUROPEO
AL RAGGIUNGIMENTO DEL MERCATO UNICO
Con il raggiungimento dell’originario obiettivo dell’unione doganale e
l’ampliamento ad altri paesi europei, si rese necessaria, a partire dalla metà degli
anni 80, una completa revisione della struttura e degli obiettivi della Comunità.
Dopo la crisi mondiale che caratterizzò gli anni 70 ed il rallentamento del
processo d’integrazione comunitario che ne seguì, era ormai unanimamente
avvertita l’esigenza di ridare nuovo slancio e vigore alla cooperazione europea
31
.
L’impulso decisivo venne dalla Commissione presieduta da J.Delors, che nel 1985
29
ORSELLO G. P., Ordinamento comunitario e Unione Europea, Milano, 2001, p. 21ss.
30
NUGENT N., Governo e politiche dell’unione europea, Bologna, 2001, p. 64; Adesione della
Spagna e del Portogallo G.U. n. L 302 del 15/11/1985; Adesione della Grecia G.U. n. L 291 del
19/11/1979; Adesione del Regno Unito, della Danimarca e dell’Irlanda G.U. n. L 73 del
27/03/1972, G.U. n. L 2 del 01/01/1973.
31
POCAR F., TAMBURINI M., Norme fondamentali dell’Unione e della Comunità europea,
Milano, 2002, p. 23.
15
presentò un Libro bianco per il completamento del mercato interno. In questo
documento vennero analizzati tutti gli ostacoli che si frapponevano ad una
completa realizzazione dell’unione economica tra gli Stati della Comunità e si
avanzarono proposte volte a superare tali ostacoli
32
. I tre obiettivi principali del
programma:
ξ integrare i mercati nazionali della Comunità per trasformarli in un
immenso mercato di oltre 300 milioni di consumatori;
ξ rendere questo mercato unico un mercato in espansione, estremamente
dinamico;
ξ garantire la necessaria flessibilità, al fine di canalizzare al meglio le risorse
umane, materiali e finanziarie verso i settori di utilizzazione ottimali.
I problemi e le soluzioni individuate nel Libro bianco della Commissione
costituirono la base della Conferenza intergovernativa che si riunì a Lussemburgo
nel 1985 nella quale vennero gettate le basi per il rilancio del processo di
integrazione europea
33
. I lavori della Conferenza, infatti ebbero termine a
Bruxelles nel 1986 con l’adozione dell’Atto unico europeo entrato
successivamente in vigore nel 1987, in Italia l’Atto fu ratificato e reso esecutivo
nel 1986. L’obbiettivo più importante dell’Atto unico fu la realizzazione entro il
31 dicembre 1992 del mercato unico cioè di uno spazio senza frontiere interne, nel
quale fu assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e
dei capitali. Altri obiettivi erano contenuti nell’Atto unico:
ξ la ricerca di una coesione economica;
ξ il miglioramento della politica sociale;
ξ il rafforzamento della cooperazione monetaria;
ξ l’introduzione di norme in materia di tutela dell’ambiente, di ricerca
scientifica e tecnologica.
Il periodo che va dall’entrata in vigore dell’Atto unico europeo alla fatidica data
del 1°gennaio 1993, fissata per l’avvio del mercato unico, fu un periodo di intensa
attività per gli organi comunitari. La necessità di procedere ad una completa
armonizzazione delle diverse legislazioni degli Stati membri, al fine di eliminare
32
TESCAROLI S., Diritto delle comunità e dell’Unione Europea, Padova, 2000, p. 21 ss.
33
VERRILLI A., Diritto dell’unione europea. Istituzioni e politiche comuni, Napoli, 2003, p.
25/26.
16
tutte le barriere che si frapponevano al processo di integrazione comunitaria, ha
reso necessario un lungo e paziente lavoro da parte della Commissione.
Nonostante le inevitabili difficoltà l’obiettivo è stato comunque centrato e a
partire dal 1°gennaio 1993, tra i paesi membri della Comunità europea sono caduti
tutti gli ostacoli di natura burocratica e tariffaria che ostacolavano la circolazione
dei beni e dei servizi tra gli Stati membri. Il laborioso ed interessante lavoro
finalizzato al completamento del mercato unico è proseguito parallelamente ad
un’intensa attività volta a creare le basi per delineare le future tappe
dell’integrazione comunitaria. Le istituzioni comunitarie hanno avviato già dal
1988 i contatti che poi sarebbero sfociati nella firma del Trattato di Maastricht.
Quello del Trattato di Maastricht ha portato ad una completa unione economica e
monetaria
34
.
1.11 IL TRATTATO DI MAASTRICHT
Con la firma del Trattato di Maastricht ufficialmente noto come Trattato
sull’Unione europea (TUE), avviando la costruzione di una vera federazione e
mettendo in moto un processo le cui conseguenze saranno rilevanti sia per quanto
riguarda i rapporti dell’Europa con il resto del mondo, sia per quanto riguarda
l’ordine interno europeo
35
. Il Trattato istituì l’Unione Europea, dichiarandola
fondata sulle comunità europee, creò un triangolo, il cui vertice l’Unione e gli
angoli costituiti dalle Comunità e dalle politiche e forme di cooperazione, il
Consiglio Europeo assunse rilevanza quale punto di raccordo fra le istituzioni
comunitarie e le altre competenze dell’Unione, il Parlamento vide allargata la sua
competenza normativa e divenne un interlocutore, sia pure in modo limitato, del
Consiglio Europeo, il mandato della Commissione allungato a 5 anni ed il suo
rapporto col Parlamento Europeo fu reso più stretto e alla Corte di Giustizia le
34
NUGENT N., Governo e politiche dell’unione europea, Bologna, 2001, p. 62/63, 68 ss.; Atto
unico europeo G.U. n. L 169 del 29/06/1987.
35
Si parlerà di Comunità europea e si utilizzerà la sigla CE per indicare quella Comunità nata con
il nome di Comunità economica europea (CEE): ciò in linea con quanto previsto dallo stesso
Trattato di Maastricht che ha così modificato la denominazione di questa organizzazione. Quando
si farà riferimento all’Unione europea si parlerà di quell’organizzazione fondata sulle Comunità
europee (CECA, CE ed EURATOM) e sulle politiche e forme di cooperazione previste dallo
stesso trattato.
17
vennero attribuite nuove competenze in relazione alle nuove istituzioni finanziarie
ed acquistò giurisdizione per sanzionare gli Stati membri in caso di persistente
inadempimento di obblighi comunitari, si ebbe l’introduzione del principio di
sussidiarietà
36
accanto al principio di attribuzione delle competenze
37
. La struttura
dell’Unione europea, così come delineata dal Trattato di Maastricht, rappresentò
una struttura tripolare. I tre pilastri:
ξ la dimensione comunitaria;
ξ la politica estera e di sicurezza comune (PESC);
ξ la cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni (CGAI)
38
.
La struttura a tempio fu il risultato di un compromesso faticosamente raggiunto
fra le volontà contrapposte degli Stati membri al momento della firma del Trattato
di Maastricht
39
. La parte più innovativa dell’intero Trattato con un alto valore
simbolico fu attribuito alla disposizione che sostituì l’espressione “Comunità
economica europea” con “Comunità europea”, la modifica fu un evidente segnale
della volontà di non limitare più l’azione della Comunità alle sole relazioni
economiche ma di estenderla anche ad altri campi i quali erano considerati di
esclusiva competenza degli Stati membri.
L’enorme entusiasmo suscitato dalla firma del Trattato è stato ben presto
smorzato dal difficile processo di ratifica e dall’opposizione di diversi Stati. A
rallentare ulteriormente il processo di integrazione comunitaria contribuì anche la
notevole instabilità a livello internazionale e la grave crisi economica dei paesi
membri. In questo contesto vanno inquadrate alcune scelte operate dai paesi
membri e dalle istituzioni comunitarie:
ξ l’istituzione dell’IME nel 1994 che ha gestito la prima fase del processo
di unione economica e monetaria e che è stato successivamente sostituito
dalla BCE;
36
Principio di sussidiarietà secondo il quale la Comunità, nelle materie che non sono di sua
competenza, può intervenire soltanto qualora gli Stati membri non possono agire o quando è
preferibile procedere ad un’azione comune. Tale principio viene affiancati anche dal Principio di
proporzionalità in base alle quale la Comunità deve utilizzare mezzi legislativi adeguati e
proporzionali agli scopi fissati.
37
Principio di attribuzione delle competenze sia in ordine alle competenze dell’Unione sia a quelle
della CE.
38
TESAURO G., Diritto comunitario, Padova, 2003, p. 8.
39
VERRILLI A., Diritto dell’unione europea. Istituzioni e politiche comuni, Napoli, 2003, p. 28
ss.
18
ξ la presentazione al Vertice di Bruxelles del 1993 di un Libro bianco su
crescita, competitività e occupazione, nel quale vengono delineate le
azioni da intraprendere per affrontare l’aumento della disoccupazione e
creare la premessa per il rilancio economico dell’Europa.
Nel corso del 1993 le istituzioni comunitarie hanno avviato una serie di
negoziati con quattro paesi che avevano da tempo fatto richiesta di adesione
all’Unione: l’Austria, la Finlandia, la Svezia e la Norvegia.
Dal 1°gennaio 1995 gli stati membri passarono da 12 a 15 in quanto la
Norvegia nel 1994 ha avuto bocciatura dal referendum cittadino
40
.
1.12 IL TRATTATO DI AMSTERDAM
Il Trattato di Amsterdam fu approvato nel corso del vertice tenutosi
appunto ad Amsterdam il 18 giugno 1997. Il nuovo Trattato fu ufficialmente
firmato il 2 ottobre 1997 e entrò in vigore nel 1999. Molte delle riforme attuate
dal trattato si rilevarono deludenti, soprattutto perché si aspettavano una serie di
cambiamenti radicali che non sono avvenuti
41
. I due aspetti che hanno indotto a
parlare di un parziale fallimento dell’operazione di riforma dei trattati fu la
mancata definizione di un nuovo assetto istituzionale e gli scarsi progressi nel
campo della politica estera e di sicurezza comune. Nel primo caso si trattava di
dotare le istituzioni di procedure più semplice e più efficaci, abbandonando la
complessa e spesso macchinosa procedura decisionale. Nel campo della politica
estera e di sicurezza comune ci si aspettava un ulteriore sviluppo, in particolare si
era auspicata una maggiore incisività dei meccanismi decisionali. Ciononostante
vennero introdotte alcune novità: l’Unione poteva adottare strategie comuni per le
azioni da intraprendere, venne introdotto il principio dell’astensione costruttiva
che permetteva di raggiungere gli obbiettivi prefissati pur in assenza di unanimità
e venne creata una cellula di programmazione politica e di tempestivo allarme.
Ma le più importanti novità riguardavano altri settori, in particolare:
40
NUGENT N., Governo e politiche dell’unione europea, Bologna, 2001, p. 73 ss.; CONFORTI
B., Diritto internazionale, Napoli, 2003, p. 164 ss.; Trattato che istituisce la Comunità europea
G.U. n. C 224 del 31/08/1992.
41
TESAURO G., Diritto comunitario, Padova, 2003, p. 12.
19
ξ la promozione di un più alto livello occupazionale;
ξ il Parlamento europeo divenne un colegislatore;
ξ il Consiglio vota a maggioranza qualificata;
ξ il Presidente della Commissione assunse un ruolo più incisivo dell’intero
organo.
Il terzo pilastro (cooperazione in materia di giustizia e affari interni) venne
comunitarizzato, cioè si ebbe il passaggio dalla procedura intergovernativa in cui
gli Stati avevano il maggior peso decisionale, a quella comunitaria in cui i singoli
Stati cedettero il passo alle decisioni delle istituzioni
42
. Venne istituzionalizzata la
facoltà di procedere ad una integrazione differenziata attraverso il meccanismo
della cooperazione rafforzata
43
(vedi il Trattato di Nizza).
1.13 IL TRATTATO DI AMSTERDAM E L’ALLARGAMENTO
DELL’UNIONE
La questione era stata toccata anche nel corso dei negoziati per
l’approvazione del Trattato di Amsterdam, anche se alla fine fu deciso di
accantonare momentaneamente le problematiche connesse al riassetto
istituzionale dell’Unione. Tuttavia in quella sede fu aggiunto al Trattato CE un
Protocollo sulle istituzioni nella prospettiva dell’allargamento dell’Unione
europea. Con tale atto si stabiliva che “alla data di entrata in vigore del primo
allargamento… la Commissione sarà composta da un cittadino di ciascuno Stato
membro, a condizione che, entro tale data, la ponderazione dei voti in sede di
Consiglio sia stata modificata…” gli Stata membri si impegnarono, almeno un
anno prima che il numero degli Stati membri dell’Unione fosse superiore a venti a
convocare “una Conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri allo
scopo di procedere ad un riesame globale delle disposizioni dei Trattati
concernenti la composizione e il funzionamento delle istituzioni” (vedi il Trattato
42
NUGENT N., Governo e politiche dell’unione europea, Bologna, 2001, p. 87 ss.; Trattato di
Amsterdam G.U. n. C 340 del 10/11/1997.
43
Il Trattato di Amsterdam ha in qualche modo istituzionalizzato la facoltà di procedere ad una
integrazione differenziata attraverso il meccanismo della cooperazione rafforzata, sancisce il
diritto per quegli Stati membri che intendono perseguire determinate politiche comuni a procedere
anche in assenza di una volontà comune di tutti i membri.
20
di Nizza). In pratica le problematiche relative all’allargamento, la composizione
della Commissione, la ponderazione dei voti in Consiglio e l’estensione del voto a
maggioranza qualificata sono stati i temi centrali sui quali si sarebbe concentrato
il lavoro della Conferenza intergovernativa che portò all’approvazione del
Trattato di Nizza
44
.
1.14 IL TRATTATO DI NIZZA
Uno dei nodi irrisolti con l’approvazione del Trattato di Amsterdam era il
nuovo assetto istituzionale da dare all’Unione europea in previsione del futuro
allargamento.
Il problema era quello di dotare le istituzioni comunitarie di procedure più
semplici ed efficaci, abbandonando la complessa e spesso macchinosa procedura
decisionale. Proprio per dare una risposta a questi problemi il 14 febbraio 2000 fu
convocata una Conferenza intergovernativa, incaricata di elaborare una bozza di
trattato contenente le necessarie modifiche istituzionali in vista dell’allargamento
dell’Unione. L’avvio della Conferenza intergovernativa fu preceduto da un
intenso lavoro di preparazione delle istituzioni comunitarie, in particolare della
Commissione
45
. Questa istituzione aveva dato incarico ad un gruppo di
personalità indipendenti di presentare un rapporto sulle implicazioni
dell’allargamento ma anche di rivedere le disposizioni sulla cooperazione
rafforzata, quelle relative al settore della difesa nonché di esaminare la possibilità
di procedere ad una riorganizzazione dei trattati
46
. Il nuovo testo apportò ai trattati
modifiche estremamente tecniche, ma indispensabili per delineare il futuro
equilibrio istituzionale dell’Unione. A differenza dei precedenti trattati non fissò
nessun obiettivo di ampio respiro ma offrì un quadro istituzionale dell’Unione che
le consentisse di assorbire in modo efficace il più grande allargamento della
storia
47
.
44
NUGENT N., Governo e politiche dell’unione europea, Bologna, 2001, p. 88/89.
45
TESAURO G., Diritto comunitario, Padova, 2003, p. 17.
46
POCAR F., SECCHI C., Il Trattato di Nizza e l’Unione Europea, Milano, 2001, p. 21 ss.
47
NUGENT N., Governo e politiche dell’unione europea, Bologna, 2001, p. 113 ss.; Trattato di
Nizza G.U. n. C 80 del 10/03/2001.