1. J.D.MOUTON, L'Etat souverain à l'aube du XXI siècle, Pedone 1994
Se si prende in considerazione lo spazio transfrontaliero tutti questi principi si trovano temperati da
numerose ragioni, infatti anche se lo stato resta sovrano territorialmente è costretto alla
cooperazione per assicurare la continuità geografica dei servizi pubblici e favorire le iniziative
locali in materia di prevenzione di taluni problemi .
Come abbiamo detto, però le esigenze di una politica transfrontaliera hanno portato ad un
progressivo accantonamento della sovranità dello stato in favore delle collettività territoriali
decentralizzate, poco a poco all'interno dell'Unione Europea gli stati membri hanno preso coscienza
della necessità di favorire certi tipi di cooperazione internazionale tra organi inter-statali.
La cooperazione transfrontaliera interregionale tra Piemonte, Liguria e PACA rappresenta un nodo
economico, commerciale e finanziario degno d'interesse(2).
E' per questo che il Dipartimento delle Alpi Marittime, le province di Cuneo ed Imperia coscienti
della possibilità offerte dal Trattato sull'Unione Europea del 1992 hanno deciso di creare "una
grande regione transfrontaliera" spesso chiamata per ragioni pratiche "Euro-Regione".
E io proprio di qui son voluta partire, dalla realtà che più mi è vicina e che in concreto conosco,
dopo aver sondato in prima persona il terreno friabile delle zone di confine, per andare a studiare il
fenomeno ampio e complesso della cooperazione transfrontaliera.
Processo storico
Nelle zone frontaliere dei paesi comunitari uno degli obbiettivi fondamentali da raggiungere è
prima di tutti quello dell'armonizzazione dei sistemi in termini d'infrastrutture, d'organizzazione
giuridica e istituzionale e di condizioni di conoscenza reciproca.
2. Cfr. documento: Pour une économie transfrontalère intègrèe, Piemonte, Liguria, Provences Alpes Côte
d'Azur,1998.
3
Dal punto di vista geografico, le regioni situate sulle frontiere sono di solito ai margini dei grandi
assi nazionali di sviluppo, di circolazione, di vita culturale e sociale; ragioni storiche e culturali
possono ugualmente favorire la cooperazione: una lingua comune praticata correntemente da una
parte e dall'altra della frontiera, strutture mentali vicine, eredità storica in comune sono fattori di
cooperazione la cui forza non si misura sempre facilmente, ma che non risultano comunque meno
efficaci(3).
Tra la Francia e l'Italia, la cooperazione transfrontaliera è un fenomeno molto risalente visti i
numerosi contatti e le vicissitudini storiche di queste zone.
Guerre e concessioni territoriali si sono susseguite nei secoli, spostando la linea di confine secondo
il capriccio dei potenti.
Dal 1338 le Alpi Marittime hanno conosciuto la frontiera comune del Var, nel 1860 con il
ricongiungimento della contea di Nizza la situazione cambia e la frontiera diviene quella delle Alpi,
con il trattato del 10 febbraio 1947 si rettifica il tracciato del 1860-61 e i comuni di Tende e di la
Brigue sono riconnessi alla Francia.
In questo quadro geo-politico i rapporti e i legami tra le popolazioni e le istituzioni da una parte e
dall'altra della frontiera hanno potuto essere annodati.
Alla fine della seconda guerra mondiale i primi contatti tra collettività locali sono cominciati,
interessando comuni frontalieri, amministrazioni dipartimentimentali e provinciali, gruppi di
opinione che si incontravano per cercare soluzioni, caso per caso, ai problemi legati alla ripresa e
modernizzazione del traffico nella Valle della Roya, separata tra la sovranità francese e quella
italiana. Molto importante fu l'azione di orientamento portata avanti dall'Unione federalista
Intemelia che all'origine aveva come scopo di creare un porto franco transfrontaliero tra la città di
Mentone e Ventimiglia, ma che arrivò a creare nel gennaio '46 "la Voce Intemelia" e prese inoltre
l'iniziativa di creare una Commissione italo-francese incaricata di studiare i problemi frontalieri dei
comuni interessati dall'inquinamento terrestre e marino e la ricerca di soluzioni concrete(4).
3. OCSE, Lignes directrices pour la coopèration internationale en vue de la protection de l'anvironnement dans les
règions frontières, 1986.
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4. Sono state citati solo i tratti più salienti e significativi legati alla collaborazione tra Italia e Francia, quindi, per avere
un quadro chiaro e completo ci si può rifare ai vari autori che hanno affondato il rpoblema, tra cui: G. DELLI ZOTTI E
B. DEMARCHI, J. BIRAUD, T. BAIL.
Il primo vero passo verso l'istituzione di una vera cooperazione transfrontaliera nella regione fu il
congresso di Digne del 7 dicembre 1971, in quell' occasione nacque l'idea del cosiddetto triangolo
(Nizza-Imperia-Cuneo).
Sempre nel 1971 l'Institut europèen des Hautes Etudes Internationales (creato a Nizza nel 1965)
pose l'accento su "inquinamento e gestione: Côte d'Azur-Riviera dei Fiori" che vide la
partecipazione monegasca francese e italiana dibattere sui temi dello sviluppo industriale e del
turismo, sviluppo urbano e protezione dell'ambiente con particolare accento posto sull'ecologia
marina e infine sulle vie di comunicazione.
Anche l'Organizzazione della Cooperazione e Sviluppo Economico OCSE, sotto l'egida del
Consiglio d'Europa, avendo preso coscienza dei pericoli che l'inquinamento fa pesare sul futuro
della terra, creò negli anni '70 del secolo scorso il Comitato dell'ambiente.
Gli studi intrapresi da quest'ultimo dimostrarono facilmente la negligenza degli Stati, che spesso
svolgono le loro operazioni inquinanti nelle zone frontaliere.
È quindi per questo il Consiglio raccomandò nel 1976 "che i paesi membri studino (…),
l'opportunità di concludere, nel quadro geografico adeguato e in funzione della specificità dei loro
sistemi giuridici, degli accordi sulla protezione dell'ambiente miranti a garantire l'applicazione del
principio di uguaglianza di accesso e di non discriminazione nella misura in cui il principio
d'uguaglianza di accesso lo implica"(5).
Il fenomeno dell'inquinamento e soprattutto il rischio che questo comporta per l'ambiente delle
regioni transfrontaliere ha sviluppato un'evoluzione quasi naturale dei rapporti di cooperazione .
Infatti gli stati toccati da questo problema non avrebbero potuto affrontarlo se non cedendo a una
apertura delle competenze delle collettività territoriali, le quali, soltanto essendo direttamente
chiamate in causa possono fronteggiare il fenomeno in maniera pragmatica.
5.OCSE Raccomandazione C(76)55 dell'11 maggio 1976, p.169.
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Un altro problema che tocca in maniera considerevole le regioni transfrontaliere è quello della
gestione del territorio (6).
Spesso le problematiche dovute alla gestione sono della stessa natura da una parte e dall'altra di una
stessa frontiera. Per questo motivo questo fenomeno è stato oggetto dei primi movimenti di
cooperazione transfrontaliera. Esiste già all' interno dell' Unione Europea, il Comitato dei Ministri
responsabili della gestione che già all'epoca della sua prima riunione nel 1970 sollecitava i governi
a creare delle commissioni regionali che dovevano riunirsi periodicamente per coordinare i piani e
tempi di realizzazione.
La Conferenza ha adottato nel 1983 la Carta Europea della Gestione del Territorio che prevede tra
l'altro una migliore partecipazione dei cittadini ai dibattiti .
L'evoluzione politica del Comitato dei Ministri, allo scopo di addivenire ad un'apertura maggiore
degli stati verso una cooperazione transfrontaliera all'interno delle questioni di gestione, si
arricchisce quindi nel corso degli anni. Al giorno d'oggi, la Convenzione Quadro sulla cooperazione
transfrontaliera prevede modelli di accordi da negoziare direttamente tra collettività o autorità
territoriali sulle possibilità di gestione per il reciproco aiuto in caso di catastrofe naturale.
Al fine di rispondere alle esigenze delle comunità transfrontaliere di oltrepassare le barriere
amministrative e lavorare su un territorio comune, è stato creato il programma INTERREG (7).
Questo strumento è stato studiato soprattutto per dare mezzi finanziari e giuridici alla cooperazione,
secondo delle direttrici di integrazione delle regioni, troppo spesso dimenticate dagli stati centrali.
Ho tentato di tracciare un quadro il più completo possibile di quello che è oggi la cooperazione
transfrontaliera, partendo dalle sue origini.
Sicuramente vi sono delle lacune o degli aspetti a cui non è stata assegnata considerevole
importanza, non perché non intendessi farlo, ma perché non era questa, a mio modesto avviso la
sede più opportuna per farlo.
6. A titolo di esempio dei problemi sulla gestione del territorio nella regione delle Alpi Marittime, si veda il rapporto di
BOUSQUET, La planification territoriale dans le cadre de la coopèration transfrontalière de proximité,1993.
7. PARLAMENTO EUROPEO, Risoluzione sulle iniziative comunitarie in favore delle regioni frontaliere (programma
Interreg) J.O n C175 del 16 luglio 1990.
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Le relazioni transfrontaliere italo-francesi risultato della cooperazione tra Stati all'interno della
politica del Consiglio d'Europa.
Già 30 anni orsono Charles de Visscher attirava l'attenzione sui problemi specifici delle regioni
frontaliere designandoli sotto il tema evocatore di "confini"(1).
Egli mostrava così le difficoltà delle popolazioni vicine per cultura e interessi, ma separate dalla
legislazione, troppo spesso condannate a sottostare a finanziamenti provenienti da lontano, per poter
stabilire legami internazionali quando sarebbe stato più naturale stabilirli a livello regionale e
locale.
Amministrazioni e collettività pubbliche di queste zone decentrate, percependo ogni giorno di più la
necessità di contatti immediati al fine di coordinare la pianificazione del territorio, la protezione
della natura e la lotta contro i sinistri, hanno provato a sottrarsi alle costrizioni venute dall'alto
ricorrendo a processi diversificati, spesso in modo sporadico ed embrionale(2).
Inoltre, anche se limitati alla cooperazione frontaliera di vicinato, lo sviluppo di accordi di
cooperazione interstatale e l'apparizione di commissioni interstatali volte a regolare i problemi
comuni ad entrambi i versanti di una stessa frontiera, hanno sicuramente contribuito a sbriciolare i
tabù che impedivano alle autorità locali decentralizzate di collaborare con i loro vicini di nazionalità
diversa.
Sono state essenzialmente le necessità pratiche o le eredità storiche che hanno portato gli Stati a
prendere in considerazione la realtà della cooperazione frontaliera.
L' empirismo che ha caratterizzato i primi accordi è la conseguenza del fatto che per lungo tempo
gli Stati europei hanno agito senza alcun tipo di coordinamento e optato per formule giuridiche
molto diverse, che spaziavano dalla consacrazione esplicita al silenzio, fino alla tolleranza
amministrativa.
Il Consiglio d'Europa, che ha voluto impegnarsi al fine di elaborare una Convenzione rivolta
cooperazione transfrontaliera, presentata a Madrid il 21 maggio 80, si è dovuto scontrare con realtà
molto diverse e soprattutto con problemi di non sempre facile soluzione, causati dalle reticenze
degli Stati.
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1 CH.DE VISSCHER, Problèmes de confins en droit international public, Pedone 1969.
2 P.-M. DUPUY, La coopération transfrontalière et le droit international, AFDI 1977op cit pp. 837-860.
Le difficoltà verso la creazione della Convenzione
La Convenzione Quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle Collettività e Autorità
Territoriali fu stata sottoscritta a Madrid il 21 maggio 1980, sedici anni dopo che l'idea era stata
lanciata dall'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa(3).
La sua caratteristica principale risiede nell' essere diretta ad uso esclusivo della cooperazione
transfrontaliera(4).
Essa però non è creatrice di un diritto direttamente applicabile agli Stati, in quanto l'impegno da essi
assunto si limita a "facilitare e promuovere la cooperazione transfrontaliera tra le collettività o
autorità territoriali " oltre che "la conclusione degli accordi e intese che si renderanno necessari a
tal fine, nel rispetto delle norme costituzionali proprie di ciascuna parte" art.1.
La Convenzione quadro quindi entrò in vigore il 22 dicembre 1981 ed è stata eseguita dalla Francia
il 15 maggio 1984 e dall'Italia il 30 giugno 1985.
In seguito il governo francese e italiano, desiderosi di contribuire al rinforzo delle relazioni
tradizionali di cooperazione transfrontaliera, nel quadro dell' integrazione europea, hanno firmato a
Roma, il 26 novembre 1993, un accordo quadro concernente la cooperazione transfrontaliera tra le
collettività territoriali. È con legge del 5 luglio 1995 e con il decreto n 96-8 del 2 gennaio 1996 che
questo accordo quadro è divenuto esecutivo in Italia. Nonostante i suoi limiti, la sua importanza
risiede nel fatto di dare una veste giuridica alle numerose iniziative di cooperazione frontaliere
intavolate dalle collettività locali situate a ridosso della frontiera italo francese(5). L'attivismo in
materia di politica estera da parte delle collettività territoriali costituisce infatti un fenomeno del
tutto spontaneo che si è sviluppato nel corso degli anni per ragioni pratiche. Legati per la storia del
popolo, dalle tradizioni e dalla cultura, complementari in termini di territorio e economia, l'Euro-
regione italo-francese delle Alpi Marittime ha conosciuto un numero impressionante di contatti tra
comuni, dipartimenti e autorità pubbliche e private dei due Stati, i primi risalenti alla fine della
seconda guerra mondiale(6).
3 R.LOCATELLI, La décentralisation de la coopération transfrontalière en Europe, Pouvoirs, 1981, p 60.
4 A.M. CALAMIA, Sul ruolo degli enti minori in materia internazionale: la convenzione sulla cooperazione
transfrontaliera del 21 maggio 1980, in Riv Dir.Int.Priv e proc., 1981 p 879.
5. Notizie estrapolate dal sito del ministero dell'Interno.
6. Il problema dell'autonomia delle collettività territoriali, connesso alla riforma del titolo V della Costituzione, verrà
trattato nella 3° parte.
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