3.5. La Campania nel terzo millennio: la continua ricerca della condizione di equilibrio
socioeconomico
In seguito alla diffusione dei Piani di Sviluppo Regionale, emanati dopo il terremoto dell’80,
305
la
Campania ha attraversato una fase di trasformazione positiva che però non si è tradotta in una solida
e concreta evoluzione economica ed industriale, confermando la consueta condizione di ritardo di
sviluppo rispetto alla media comunitaria (il Pil pro-capite è passato dal 66,8 nel 1988 al 61,5 nel
1998).
306
La crisi dell’industria pesante non poté contare su nuovi investimenti per cui il tasso di
disoccupazione regionale continuò a seguire il consueto trend negativo, assestandosi ben oltre il 20
% (22,5 nel 2001).
307
Anche il settore edilizio dovette affrontare un nuovo momento di crisi, che tra
l’altro, si accentuerà con la fine del Piano di intervento straordinario per la ricostruzione e la
concomitante paralisi delle opere pubbliche. Le politiche di sostegno hanno avuto una rilevante
incidenza sulla struttura produttiva regionale, soprattutto in quelle aree ad alto impatto demografico
e di conseguenza, con la fine del sostegno pubblico, inizierà una nuova fase di indigenza e povertà
diffusa. Il settore turistico appare fortemente ridimensionato e non in equilibrio con il potenziale
regionale che, oggettivamente, offre un patrimonio naturalistico e storico tra i più apprezzati del
mondo.
Il raggio d’azione della crisi non può che inglobare il settore agricolo che vede ulteriormente ridotta
la propria redditività, confermando il trend negativo degli anni Novanta, costantemente inferiore
alla media, sia nazionale che del Mezzogiorno. L’agricoltura regionale continuava a perdere
posizioni, principalmente a causa delle esigue dimensioni delle aziende agricole: il 50% di queste
risultava avere una superficie inferiore all’ettaro, mentre circa il 90% aveva a disposizione meno di
cinque ettari.
308
305
Piano di assetto territoriale del 1986, che tre origine dalla legge 219; Piano di sviluppo regionale del 1990, elaborato
in base alla legge 64; Piano triennale di sviluppo 1985-1987 (delibera CIPE del 2 maggio 1985) redatto sulla base della
legge 80 84; Programma triennale di intervento (delibera CIPE 10 luglio 1985) elaborato sulla base della legge 651 83;
Programma triennale di sviluppo articolato su base annuale conseguente alla legge 64 86 (i tre piani annuali sono ap-
provati con delibere CIPE del 29 dicembre 1986, 3 agosto 1988, 29 marzo 1990). L’eredità della pianificazione territo-
riale in Campania, www.sito.regione.campania.it, novembre 2020
306
Crescita del Pil e della popolazione nei paesi beneficiari del Fondo di coesione, 1988-2003, www.ec.europa.eu, no-
vembre 2020
307
D’Antonio M., Il mercato del lavoro nel Mezzogiorno, Quaderni di sociologia, 29/2002, pp. 9-28
308
Programma operativo regionale “Campania”, www.ec.europa.eu, novembre 2020
109
Un’altra particolare caratteristica delle aziende agricole regionali, riguarda la manodopera utilizzata
nel complesso delle attività produttive, prettamente a carattere familiare. Questa prerogativa muterà
gradualmente, accogliendo progressivamente un numero maggiore di addetti salariati, pur
mantenendo una conduzione e una partecipazione attiva di tipo familiare. Nel complesso, dall’inizio
degli anni 90, i processi di fuoriuscita dal settore primario e la dinamica strutturale del sistema
economico regionale non sembravano aver intaccato il ruolo preponderante svolto dall’agricoltura,
senza negare un effettivo ridimensionato rispetto al passato.
309
Dal 1973 al 2003 il valore medio della produzione agricola regionale, rispetto a quella nazionale,
era passato dall’8,9 % al 7%, confermando una crisi del comparto, le cui cause vanno ricercate
anche nell’utilizzo inappropriato dei fondi strutturali messi a disposizione dalla Comunità Europea
per garantire uno “sviluppo equilibrato, armonioso e sostenibile”.
310
L’apporto fornito al sistema produttivo dalla politica di coesione territoriale si disperde nelle regioni
che non riescono a sfruttare al meglio le proprie risorse specifiche. È ciò che accade in Campania,
dove la politica agricola è fortemente sbilanciata verso la realizzazione di piani di mantenimento,
mancando di una pianificazione tesa allo sviluppo produttivo, così come auspicato dalla CEE.
311
La provincia di Avellino risulta essere una delle zone più colpite dalla riduzione dell’attività
agricola in quanto, già dagli anni Settanta, le politiche di consolidamento erano maggiormente
rivolte allo sviluppo dell’attività manifatturiera. Successivamente, i Piani di sviluppo destinati alla
valorizzazione delle aree interne colpite dal terremoto, in un ottica di rilancio produttivo, diedero un
forte impulso all’industrializzazione con la creazione di 20 nuclei industriali, a conferma della
volontà di minimizzare il ruolo dell’agricoltura nell’economia del territorio. Tale processo di
trasformazione era già in corso da diversi anni, lo dimostrano i dati del 1990, relativi alla
formazione del reddito provinciale dipendenti dall’apparato industriale irpino passati da meno del
20% a più del 31%.
312
309
Marotta G., La riforma della politica agricola comunitaria.analisi dell’impatto in Campania, Milano, 2005
310
Commissione Europea, Orientamenti strategici comunitari in materia di coesione 2007-2013, Bruxelles, 2006
311
La Comunità Economica Europa (CEE), diventa Unione Europea con il Trattato di Maastricht firmato il 7 febbraio
1992. Da questo momento si rafforzeranno ulteriormente le connessioni, a tutti i livelli di governo, tra gli Stati
dell’Unione europea. Costanzo R., Cupo C., Tosco D., Scenari di politica agricola in Campania. Dalla prima conferen-
za agricola regionale alla P AC del mercato globale, Napoli, 2009, cit., pp.119 e 241
312
Castiello N., L’industria In Irpinia negli anni dal 1960 al 1990, Economia irpina, anno XXXI, 1993, n. 1, p. 12
110
In ambito regionale, l’occupazione nel settore industriale restava legata alla presenza di piccole
imprese del tessile abbigliamento, dell’agroalimentare e delle costruzioni, ma nel complesso,
persisteva una condizione di forte disoccupazione e diffusione del lavoro nero. Lo stato di
incertezza generale favorì una ripresa dei flussi migratori in uscita,
313
in particolare dalla provincia
di Napoli da cui si parte verso le province emiliane del Nord-Est, la Toscana e l’Emilia Romagna.
314
A metà degli anni Novanta gli indicatori economici regionali mostravano un consuntivo
insufficiente, anche nel confronto con altre aree europee in ritardo di sviluppo. Nella graduatoria
riferita al Pil pro-capite nominale, redatta dall’Eurostat a parità dei poteri d’acquisto, tra il 1995 e il
2005, la Campania è scesa dal 38º al 52º posto sul totale delle 60 aree che, a metà degli anni
Novanta, risultavano beneficiarie dei fondi strutturali destinati alle regioni dell’Obiettivo 1.
315
All’alba del nuovo millennio si profilava una nuova forma di dualismo territoriale e nel
Mezzogiorno aumentavano le differenze interne, con regioni come l’Abruzzo, il Molise, la
Basilicata e la Puglia che maturavano la rispettiva condizione di sviluppo, ed altre, come la
Campania, la Calabria e la Sicilia che non riescono ad avanzare, a trovare l’agognato equilibrio
socioeconomico, che ideologicamente diventa utopia, in particolare per la moltitudine di persone
succubi dell’illegalità e dell’impossibilità di lavorare regolarmente.
316
In questo quadro di precarietà diffusa, non mancano però esempi di competitività e progresso.
È il caso della cittadella industriale di Marcianise che, con i suoi trecento insediamenti, fra piccole e
medie imprese, è divenuta una delle punte più avanzate sul piano della managerialità
imprenditoriale. Una delle realtà più rilevanti presenti sul territorio è certamente quella del Tarì, la
cosiddetta “cittadella dell’oro” in attività dal giugno 1996. L’allora Presidente della Repubblica,
Ciampi, dopo la visita ufficiale del 2003, commentava con tono di apprezzamento “Qui, vedo
trasformato in realtà il mio sogno delle piccole aziende in grado di sviluppare una capacità
313
Questa volta, però, al contrario di quanto era avvenuto negli anni successivi alla fine della guerra, l’emigrazione non
riguardò soltanto lavoratori generici, ma soprattutto lavoratori qualificati. Graziani A., Lo sviluppo dell’economia ita-
liana, dalla ricostruzione alla moneta europea, Torino, 1998, pp. 203-219
314
Negli anni Novanta in Toscana il 53, 1% dei residenti nati in un’altra regione proviene dalla Campania, in Emilia-
Romagna il 41,3%, La Campania è la prima regione in Italia per numero di emigrati: lo studio, www.napolitoday.it,
novembre 2020
315
L’economia della Campania, Rapporto annuale “ Economie regionali. L’economia delle regioni italiane”, giugno
2008, www.bancaditalia.it, novembre 2020
316
Sapelli G., Storia economica dell’Italia contemporanea, Milano, 2008, p. 97
111
competitiva che, nel chiuso delle specifiche individualità, non potrebbe mai avere reale opportunità
di concretizzarsi. È questa capacità di ottimizzare le risorse e di valorizzare i singoli che rende il
Tarì un vero esempio e un prestigioso modello sul piano internazionale”.
317
La consapevolezza del ruolo che si prestava ad assumere il consorzio di imprese orafe
nell’economia regionale, e non solo, lo si legge anche dalle parole del primo presidente del Tarì,
Gianni Carità: “Il contributo che dà all’economia della regione è decisivo. Pensiamo all’indotto
che suscitano le 3500 persone che ogni giorno vengono da noi. Pensiamo al movimento che
provocano, soprattutto fra Napoli e Caserta, le due fiere che ogni anno promoviamo” .
318
Come spesso avviene, da un successo può scaturire una scia di altrettanti eventi positivi, ed ecco,
che poco distante dal Tarì, nasce il Polo della Qualità, che accoglierà circa 400 aziende, tra queste,
nomi e marchi famosi della moda internazionale come Eddy Monetti, Kiton di Ciro Paone,
Maurizio Marinella, Rubinacci e lo stesso Gianni Carità.
319
E se dal buon esito di un progetto innovativo e lungimirante, può scaturire la spinta giusta per
accelerare un processo di sviluppo più ampio, ecco che il passo per nuove vittorie sul piano
economico ed industriale si fa breve, dando vita a realtà importanti come l’Interporto Sud Europa,
leader della logistica infrastrutturale italiana, con un’estensione operativa che supera i 4 milioni di
metri quadrati, garantendo uno sviluppo sostenibile e intermodale mare/ferro/gomme/cargo.
320
A livello europeo, la Commissione ha deciso di partecipare attivamente allo sviluppo del
Mezzogiorno cofinanziando il programma Obiettivo 1 della regione Campania durante il periodo
2000-2006. Il programma contribuisce all’attuazione del quadro comunitario di sostegno adottato
per le regioni italiane integrate nell’Obiettivo 1. La partecipazione dei fondi strutturali ammonta a
3825 milioni di euro a fronte di un bilancio globale di 9216 milioni di euro. Il programma di
sviluppo attribuisce particolare importanza ai progetti di sviluppo integrati che rendono possibile
una valorizzazione più efficace delle specificità locali, con priorità, in ordine di rilevanza, alle
317
Corsi E., op. cit., p.123
318
Il Tarì estende la propria presenza anche sul piano internazionale. Già dal 2005 veniva avviata una prima intesa con
la Spagna e la città di Cordoba si gemellava con Marcianise. Si continuerà con Portogallo, Tunisia, Sudafrica e Brasile.
Corsi E., op. cit., pp.124,125
319
Ibidem
320
www.interportisudeuropa.it, novembre 2020
112
risorse naturali, risorse culturali, risorse umane, sistemi locali di sviluppo, città, reti e nodi di
servizio.
321
Se da un lato è evidente la volontà politica e sociale del territorio campano di riaffermare il proprio
ruolo a livello nazionale ed internazionale, attraverso progetti di sviluppo creativi e concreti,
dall’altro, non possiamo evitare di analizzare le conseguenze che l’insieme delle trasformazioni
demografiche e produttive hanno prodotto sul territorio. Mi riferisco soprattutto ai danni ambientali
dovuti all’utilizzo intensivo dei suoli, al massiccio impiego di fertilizzanti e fitosanitari in
agricoltura, alla gestione illegale dei rifiuti (quest’ultimo aspetto ha portato la Campania in cima
alle classifiche nazionali per il numero di reati ambientali). Si tratta di una vera e propria emergenza
ambientale, confermata delle indagini dell’Agenzia Regionale Campana per la Protezione
dell’Ambiente (ARPAC) secondo cui, su 5281 siti potenzialmente inquinati rilevati nel 2008, solo
13 risultavano essere bonificati.
322
L’ escalation di degrado ambientale ha costituito un ulteriore grande limite per lo sviluppo del
territorio, ciò impone un imminente cambio di direzione verso una crescita produttiva sostenibile e
soprattutto, da realizzarsi nell’esclusivo ambito della legalità.
La sostanziale stagnazione dell’economia della prima parte degli anni 2000 ha interessato
soprattutto Napoli (+0,55%) e Salerno (+0,48%), mentre il prodotto dell’economia di Benevento si
riduce in media dello 0,16% all’anno. Le conseguenze della recessione hanno maggiore
connotazione di gravità nelle province interne, in particolare per il settore manifatturiero. Il valore
aggiunto nella provincia di Benevento registra un (-2,97%); Avellino (-2,91%); Caserta (-2,60%).
Nelle province costiere di Napoli e Salerno, la diminuzione risulta essere meno intensa (-1,95%
medio all’anno), per l’incidenza più elevata del settore terziario nel tessuto economico, meno
colpito dalla crisi e maggiormente presente nelle aree metropolitane.
323
321
La Campania rientra nelle zone ammissibili al programma europeo per la propria condizione di ritardo di sviluppo
rispetto alla media comunitaria (il Pil pro capite passato dal 66,8 nel 1988 al 61,5 nel 1998). Inoltre, la crisi
dell’industria pesante non è stata compensata da nuovi investimenti e il tasso di disoccupazione del 25% nel 1999 è su-
periore alla media del Mezzogiorno. L’edilizia, l’attività turistica e quella agricola risultano anch’esse fortemente ridi-
mensionate. Programma operativo regionale “Campania“, Commissione europea, www.ec.europa.eu, novembre 2020
322
Marra M., Di Nardo T., Celentano R., op. cit., pp. 40,41
323
Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT, anno di riferimento 2010 in Regione Campania: Piano di sviluppo strategico.
Zona Economica Speciale della Campania, pp. 12,13. www.sipotra.it, novembre 2020
113
L’industria manifatturiera campana si è trovata dunque ad affrontare il lungo periodo di recessione
in posizione di debolezza. Il risultato di tale sofferenza alla fine del periodo recessivo, appare del
tutto scontato, calcolando che il valore degli investimenti industriali nel 2014 risulta essere meno
della metà di quello del 2008. Nel 2016, il 55,6% del prodotto si concentrava nell’area di Napoli in
cui risiede il 53,2% della popolazione, mentre il restante 44,4% veniva prodotto nella restante parte
della regione (Salerno 18,9%, Caserta al 14,1% , Avellino e Benevento rispettivamente al 7,9% e al
4,9% del totale regionale). Il rapporto tra la distribuzione della popolazione e quella del prodotto
evidenzia forme di squilibrio nella distribuzione regionale della produzione, alimentate anche da un
differente livello di produttività aggregata espresso dai sistemi economici provinciali. La provincia
di Napoli ha un prodotto pro capite pari al 104,5 di quello medio regionale, Salerno raggiunge il
99,9 e Avellino il 95,8%; più distanti dalla media regionale risultano invece Benevento (90,0) e
Caserta (89,8).
324
La distribuzione delle attività industriali in Campania, evidenzia un quadro di diversità tipico del
territorio nel suo insieme. Nel corso degli anni i diversi piani di sviluppo hanno cercato di
equilibrare tali disparità tra le provincie, ma al 2007 persiste una condizione di divario: Avellino con
un indice pari a 73,5 ogni 1000 abitanti (nel 2000 era 70,6), risultava essere la provincia con un più
elevata presenza di attività manifatturiere, seguita a distanza da Salerno con 52,4 addetti ogni 1000
abitanti (57,8 nel 2000) e il resto della regione impiegava in media circa 50 addetti per 1000
abitanti.
325
Sebbene in termini assoluti, il numero di imprese presenti in Campania al 31 dicembre 2007 sia il
secondo in Italia, con quasi 460.245 unità, se rapportiamo questo dato alla popolazione residente
nella regione, otteniamo un valore della densità imprenditoriale di 7,92 imprese ogni 100 abitanti
che, nella graduatoria nazionale, fa precipitare la Campania al quartultimo posto.
326
Il ridimensionamento delle attività durante i lunghi anni della crisi di inizio secolo, ha comportato
un sostanziale riequilibrio industriale tra le province campane: se il divario industriale nel 2007
324
De Falco G., Campania: i dati della crisi. Istituto di ricerche economiche e sociali Campania.
www.irescampania.com, novembre 2020
325
Elaborazioni Svimez su dati ISTAT in Regione Campania: Piano di sviluppo strategico. Zona economica speciale
della Campania, pp.12,13. www.sipotra.it, novembre 2020
326
De Falco G., op. Cit.
114
connotava una differenza di quasi 25 punti tra la più industrializzata e quella meno (73,5 di Avellino
contro 48,9 di Napoli), nel 2014, la distanza tra le due province di riferimento si accorcia di cinque
punti. La perdita di attività produttive industriali appare in tutta la sua gravità ad Avellino, che passa
da 73,5 a 55,8 addetti ogni 1000 abitanti, con Caserta, fanalino di coda che passa da 50 a 35,7
addetti ogni 1000 abitanti.
327
Sarà proprio il bacino di Caserta ad accusare le perdite maggiori in
termini di riduzione dell’attività industriale a causa di una crisi che coinvolgerà persino aziende
leader nei propri settori come Ixfin (ex Olivetti), Formenti Seleco, Sital (ex LG Elettrodomestici),
Finmek (ex Italtel), Itel, Morteo, DM Elektron, Castelmar. Il settore terziario mostra un andamento
parzialmente indipendente dal ciclo negativo riuscendo ad affrontare le difficoltà della crisi con più
slancio, principalmente perché le dinamiche settoriali continuano ad essere caratterizzate da un
processo di terziarizzazione dell’economia che coinvolge tutti i settori e anche direttamente i
consumatori. Se nel periodo 2001-2016, i settori dei servizi sono stati il comparto trainante delle
economie centrosettentrionali avanzando dell’8%, nel Mezzogiorno i dati saranno ancora una volta
contrastanti (nello stesso periodo si registrerà una flessione dello 0,3%, e ancor meno in Campania
-2,2 % ).
328
Il nono censimento ISTAT su Industria e servizi, Istituzioni pubbliche e e Non Profit, con periodo
di riferimento 31 dicembre 2011, mostra una situazione di miglioramento economico industriale
oggettiva: sono 337.775 (il 7,6% del totale nazionale), le imprese rilevate sul territorio della
Campania, una variazione percentuale rispetto al 2001 in aumento del 13,2% con un incremento
superiore rispetto alla media nazionale dell’ 8,4%. Le istituzioni Non Profit rilevate sul territorio
sono 14.472, il 4,8% del totale nazionale (192.242 impiegati nel settore), con un incremento
dell’11,2% rispetto al Censimento 2001.
329
Tuttavia, importanti studi economici evidenziano aspetti contrastanti e talora preoccupanti,
mostrando uno scenario di difficoltà e precarietà tutt’altro che superato: in Campania dal 2009 al
327
Elaborazioni Svimez su dati ISTAT in Regione Campania: Piano di sviluppo strategico. Zona economica speciale
della Campania, pp. 12,13. www.sipotra.it, novembre 2020
328
Elaborazioni Svimez su dati ISTAT in Regione Campania: Piano di sviluppo strategico. Zona economica speciale
della Campania, p. 9. www.sipotra.it, novembre 2020
329
9 Censimento Industria e Servizi, Istituzioni e Non Profit, pubblicato il 06 settembre 2013, www.istat.it, novembre
2020
115
2015 sono fallite circa 7500 imprese, incidendo sul trend nazionale per il 9%. Non mancarono però
dati confortanti che auspicavano una lieve ripresa: a livello nazionale, dal 2014 al 2015 c’è stato un
calo dei fallimenti di impresa del 5-6%, un dato positivo che avrà ripercussioni anche in
Campania.
330
Nel 2016, nella regione risiedono 5.839.084 abitanti che rappresentano il 9,7% del totale nazionale,
con un prodotto interno lordo di 104.000 427 milioni di euro, pari al 6,2% nazionale (un terzo
inferiore al peso demografico della regione). Il numero di occupati in attività produttiva è il 41,2%
della popolazione attiva a fronte del 57,2% nazionale (il 20,4% della popolazione attiva è
disoccupata rispetto all’11,7% nazionale e all’8,4% del centro Nord), con un livello di ricchezza
medio prodotta da ciascun residente di 17.866 euro, il 64,8% di quello medio nazionale.
331
Il processo di ripresa economica regionale può contare su un nuovo strumento legislativo: il d.l. 20
giugno 2017, n. 91, recante “ Disposizioni urgenti per la crescita economica del Mezzogiorno” che
individua la disciplina generale in materia di Zone Economiche Speciali (ZES), che per definizione
è “una zona geograficamente delimitata e chiaramente identificata, situata entro i confini dello
Stato, costituita anche da aree non territorialmente adiacenti purché presentino un nesso economico
funzionale, e che comprenda almeno un’area portuale con le caratteristiche stabilite dal regolamento
dell’Unione Europea 11 dicembre 2013, n. 1315”.
332
Nell’ambito delle Zone Economiche Speciali, al fine di promuovere lo sviluppo delle attività già
presenti nell’aria e favorire l’insediamento di nuove imprese e nuovi investimenti, le aziende
possono beneficiare di specifici interventi e di condizioni favorevoli in termini doganali, fiscali,
finanziari e amministrativi. Il Piano di Sviluppo Strategico formulato dalla regione Campania ai fini
della costituzione della “ZES Campania”, si iscrive all’interno delle strategie definite dalla Giunta
regionale attraverso la delibera 13 dicembre 2016, n. 720, in linea con il Patto per lo Sviluppo della
Campania ratificato con la delibera del 26 aprile 2016, n. 173.
333
330
Corciulo M., In Campania fallite 7500 imprese negli ultimi sei anni, UE – Economia – Finanza del 16 gennaio 2016.
www.ilmezzogiorno.info, novembre 2020
331
Regione Campania: Piano di sviluppo strategico. Zona economica speciale della Campania, p. 6 www.sipotra.it,
dicembre 2020
332
Zone Economiche Speciali. Guida per iniziative di sviluppo nel Mezzogiorno; Ufficio Studi PwC, pp. 10,11.
www.pwc.com, novembre 2020
333
Le ZES si sono affermate nel mondo come laboratori per l’attrazione degli investimenti e come incubatori di innova-
116
In ambito regionale per il 2017 si conferma una costante ripresa delle attività, anche se risulta essere
ancora disomogenea tra i principali settori: nel comparto industriale, gli investimenti fissi hanno
ripreso a crescere ed è aumentato anche il fatturato con livelli però ancora ampiamente inferiori a
quelli pre-crisi; nel comparto dei servizi, che ha risentito in misura più contenuta della crisi, il
fatturato e gli investimenti sono cresciuti a ritmi moderati e il valore aggiunto si avvicina
gradualmente ai livelli pre-crisi; il mercato del lavoro mostra segnali positivi, sebbene inferiori ai
livelli 2016. Nonostante il numero di occupati sia cresciuto in tutti i principali comparti, la ridotta
domanda di lavoro rivolta a figure professionali altamente qualificate, ha contribuito ad alimentare,
ancora una volta, l’esodo dei laureati verso le atre regioni. Per le famiglie, si conferma il trend
positivo dei consumi, direttamente proporzionale all’aumento del reddito disponibile e alle migliori
condizioni occupazionali, anche se in termini pro-capite, il reddito disponibile in Campania rimane
ampiamente inferiore rispetto alla media nazionale e maggiore risulta essere l’incidenza delle
persone a rischio di povertà o esclusione sociale.
334
Nel 2018, la dinamica del Pil, pur rimanendo positiva, rileva segnali di rallentamento in tutte le
macro aree del paese. L’indicatore trimestrale dell’economia regionale (ITER),
335
elaborato dalla
Banca d’Italia, evidenzia un indebolimento nelle aree più fragili del Mezzogiorno. Tali tendenze si
riscontrano anche nel primo semestre del 2019 in cui, rispetto al periodo corrispondente del 2018,
l’attività economica avrebbe subito una ulteriore frenata. Con riferimento al 2018, il Pil del
Mezzogiorno risulta ancora di circa 10 punti percentuali inferiore a quello del 2007. Nel comparto
industriale, gli investimenti risentono del quadro di incertezza generale, mentre per il settore delle
costruzioni, i cui livelli di attività sono ancora ampiamente distanti da quelli pre-crisi, si sono
registrati alcuni segnali di recupero.
336
È proprio la crisi del settore delle costruzioni, che
zioni, in grado di promuovere lo sviluppo produttivo e ridurre la disoccupazione. Sono più diverse migliaia le Zone E-
conomiche Speciali istituite in più di 135 nazioni, che contribuiscono al mantenimento di circa 70 milioni di posti di la-
voro. Ivi, p. 9
334
Banca d’Italia, Economie regionali: l’economia della Campania; giugno 2018, n.15, pp.5,6
335
L’Indicatore Trimestrale dell’Economia Regionale (ITER) è un indice che si caratterizza per la tempestività e per la
coerenza con i dati ufficiali sull’economia a livello nazionale. Considerando che le statistiche ufficiali sull’attività
economica delle regioni sono rilasciate con frequenza annuale e con un ritardo di circa un anno rispetto al periodo di
riferimento, l’ITER permette di anticipare il tasso di crescita annuale dell’economia territoriale con un buon grado di
accuratezza. Di Giacinto V ., et al., ITER: un indicatore trimestrale dell’economia regionale, Questioni di Economia e
Finanza, www.bancaditalia.it, dicembre 2020
336
Banca d’Italia, Economie regionali: l’economia delle regioni italiane; novembre 2019, n. 37, p.5
117
contribuisce in maniera rilevante al sistema economico regionale (in termini di investimenti
rappresenta l’8,7 % del Pil regionale ed in termini di occupazione il 33,9 % degli addetti
nell’industria e il 7,3 % dei lavoratori operanti nell’insieme dei settori di attività economica), a
fornire la fotografia più nitida della congiuntura economica degli ultimi anni.
337
In controtendenza le esportazioni, aumentate in misura sostenuta nel 2019 pressoché in tutti i
principali settori di specializzazione regionale. Così anche il turismo internazionale, la cui crescita
ha portato notevoli benefici alle imprese dei servizi di trasporti. Anche il traffico container è
aumentato nei porti campani, così come quello passeggeri, sia portuale che aeroportuale.
338
Tali andamenti non sono stati tuttavia sufficienti a contrastare la flessione dei livelli occupazionali,
ampliatesi in misura significativa nel corso del 2019.
Insieme ad una riduzione dell’intensità di utilizzo del fattore lavoro, si registra un notevole
incremento delle ore autorizzate di Cassa Integrazione Guadagni.
339
L’offerta di lavoro risulta
anch’essa diminuita, riflettendosi in una riduzione sia del tasso di disoccupazione sia del tasso di
attività. Ciononostante, nel settore privato le assunzioni a tempo indeterminato sono aumentate,
trainate dalle trasformazioni dei rapporti a termine. Il credito alle imprese si è ridotto, arrestando la
crescita in atto dalla metà del 2015. La contrazione ha coinvolto il comparto delle costruzioni e
quello dei servizi in maniera rilevante, così anche il settore manifatturiero. Il quadro congiunturale
nel settore terziario è stato nel complesso favorevole nel 2019, registrando un incremento di
fatturato rispetto al 2018 (che riportava al contrario una prevalenza di imprese con fatturato in
flessione), nella maggior parte delle imprese campane dei servizi privati non finanziari con almeno
20 addetti. Il turismo internazionale registra un aumento sia di arrivi, sia delle presenze degli stessi
turisti stranieri in Campania, con una spesa sostenuta cresciuta di oltre il 2%. Tale andamento
positivo del turismo internazionale ha avuto riflesso sul traffico aeroportuale e portuale.
340
337
Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE), Le costruzioni in breve: Campania, giugno 2019, a cura della Di-
rezione Affari Economici e Centro Studi, p.7
338
Banca d’Italia, Economie regionali: l’economia delle regioni italiane; novembre 2019, n. 37, p.5
339
Solo per citare qualche esempio, secondo i dati forniti dall’Inps relativi alla Cassa Integrazione Guadagni dei settori
calzaturifici, componentistica, concerie, pelletterie (Area Pelle), le ore autorizzate nella filiera pelle nel corso del 2019
hanno sfiorato gli 8,3 milioni (+28% rispetto ai 6,5 milioni del 2018). L’incremento risulta addirittura superiore rispetto
a quello registrato per il totale settori italiano che è pari al +20,2 % Trend aziende/addetti calzaturifici e componentisti-
ca in Campania, anno 2019 e precedenti, Assocalzaturifici, www.ildenaro.it, dicembre 2020
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Banca d’Italia, Economie regionali: l’economia delle regioni italiane; novembre 2019, n. 37, pp. 6,7
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