Gli strumenti finanziari derivati nel bilancio delle banche pagina 6
1.2 CLASSIFICAZIONE
Come già affermato, i contratti derivati sono strumenti finanziari, il cui prezzo
dipende, quindi deriva, dal valore di un’attività sottostante, reale (materie prime o
merci) o finanziaria (tassi di interesse, tassi di cambio, titoli, azioni, indici di borsa,
crediti) e sono essi stessi sottoinsieme del più ampio e articolato insieme delle
operazioni a termine.
Oltre alla presenza di un’attività sottostante di riferimento, gli strumenti
finanziari derivati sono accomunati dall’ulteriore elemento dell’esiguità delle
movimentazioni finanziarie al momento della stipulazione del contratto, in quanto in
tale occasione si procede unicamente al versamento di somme a titolo cauzionale, il
cui importo in ogni caso è molto ridotto rispetto al valore nominale del prodotto
derivato [Petrella 1997, pp. 8 e 9]. E’ per tale motivo che essi sono compresi nelle
operazioni fuori bilancio (off-balance sheet transaction): all’atto della conclusione del
contratto, infatti, non si procede ad alcuna rilevazione contabile sopra la linea (dei
totali dell’attivo e del passivo dei prospetti di sintesi d’esercizio), ma si registra
l’impegno assunto nei conti d’ordine, ossia tra le operazioni fuori bilancio o sotto la
linea, quelle cioè che non generano, secondo le convenzioni contabili dominanti,
attività o passività oggetto di iscrizione nel corpo del bilancio [Villa 1993, pp. 30-39]
1
.
Al fine di agevolare il lettore nella comprensione dei concetti esposti
nell’elaborato, sono state qui di seguito fornite alcune descrizioni introduttive degli
strumenti finanziari derivati, con l’avvertenza che un’analisi più approfondita delle
diverse tipologie contrattuali è presente nel seguito della trattazione. Inoltre, essendo
una fonte normativa rilevante ai fini del presente studio, si è scelto di basare questa
prima determinazione dei contratti derivati sulle definizioni incluse nel Provvedimento
della Banca d’Italia del 16 gennaio 1995, Istruzioni per la redazione del bilancio
d’impresa e del bilancio consolidato delle banche e delle società finanziarie
capogruppo di gruppi bancari e relative successive modificazioni
2
.
1
La mancanza di variazioni finanziarie ha fatto in modo che le operazioni fuori bilancio
siano state definite, secondo una descrizione nota alla dottrina ragionieristica, “operazioni
inidonee a influire quantitativamente sulla misura dell’utile dell’esercizio e del patrimonio di
funzionamento” [De Angeli 1987 (a cura di), p.46].
2
Questo provvedimento di normazione secondaria (cioè atto avente natura ed effetto
amministrativo), pubblicato nel Supplemento ordinario n. 14 alla Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31
gennaio 1995, è il primo aggiornamento al Provvedimento della Banca d’Italia del 15 luglio
1992, contenente le Istruzioni per la redazione del bilancio dell’impresa e del bilancio
consolidato degli enti creditizi e degli enti finanziari, a sua volta pubblicato nel Supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 179 del 31 luglio 1992. Successivamente è stato parzialmente
modificato dal Provvedimento Banca d’Italia del 7 agosto 1998, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 191 del 18 agosto 1998.
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Le principali categorie di contratti derivati sono le seguenti:
i future;
le option;
gli swap;
i forward rate agreement;
i warrant.
Il future è, secondo la Banca d’Italia, il contratto derivato standardizzato (a
termine) con il quale le parti si impegnano a scambiare a una data prestabilita
determinate attività oppure a versare o a riscuotere un importo determinato in base
all’andamento di un indicatore di riferimento. Il future, oltre a poter rappresentare
impegni per l’acquisto o la vendita di materie prime o merci (commodity future), può
riferirsi alle seguenti grandezze finanziarie (financial future):
future su tassi di interesse, (interest rate future);
future su valute, (currency future);
future su titoli;
future su indici di borsa, (stock index future).
L’option è, secondo la Banca d’Italia, il contratto derivato che attribuisce a una
delle parti, dietro pagamento di un corrispettivo detto premio, la facoltà – da
esercitare entro un dato termine o alla scadenza di esso - di acquistare o di vendere
determinate attività a un certo prezzo oppure di riscuotere un importo determinato in
base all’andamento di un indicatore di riferimento. L’option, di acquisto (call option) o
di vendita (put option), oltre a poter rappresentare il diritto, ma non l’obbligo, dietro
pagamento di un premio, per l’acquisto o la vendita di materie prime o merci di largo
mercato (commodity option), può riferirsi alle seguenti grandezze finanziarie (financial
option):
option su tassi di interesse, (interest rate option);
option su valute, (currency option);
option su titoli, (stock option);
option su indici di borsa, (stock index option).
option su financial future, (future option);
option su swap, (swap option).
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Del contratto di swap la Banca d’Italia ha preso in considerazione solamente
alcune fattispecie tipiche, specificamente: l’interest rate swap, e il domestic currency
swap. In base a tale definizione: il primo è il contratto derivato con il quale le parti si
impegnano a versare o a riscuotere a date prestabilite importi determinati in base al
differenziale di tassi di interesse diversi; il secondo è il contratto derivato con il quale le
parti si impegnano a versare o a riscuotere a una data prestabilita un importo
determinato in base al differenziale del tasso di cambio contrattuale e di quello
corrente alla data di scadenza dell’operazione. In generale, per quanto risulti
azzardata qualsiasi generalizzazione in proposito, risultando doveroso procedere
nell’esame delle caratteristiche delle diverse fattispecie per le relative appropriate
definizioni, lo swap può riferirsi alle seguenti grandezze finanziarie (financial swap):
swap su tassi di interesse, (interest rate swap, yield curve basis swap);
swap su valute, (currency swap, domestic currency swap);
swap su indici di borsa, (equity index swap);
swap su crediti, (credit swap).
Il forward rate agreement è, secondo la Banca d’Italia, il contratto derivato con
il quale le parti si impegnano a versare o a riscuotere a una data prestabilita importi
determinati in base al differenziale di tassi di interesse diversi. Il forward rate
agreement appartiene insieme al forward forward deposit e al forward rate
agreement con opzione di uscita all’insieme più ampio delle operazioni su tassi futuri,
che hanno come grandezza finanziaria di riferimento i tassi di interesse.
Il warrant è il titolo negoziabile che attribuisce al possessore la facoltà di
acquistare dall’emittente (call warrant) o di vendere a quest’ultimo (put warrant) una
determinata attività finanziaria entro o a una certa data di scadenza e a un prezzo
prestabilito, detto prezzo d’esercizio o strike price
1
. Il warrant può riferirsi alle seguenti
grandezze finanziarie:
warrant azionari;
warrant sintetici;
warrant valutari, (currency warrant).
1
Accanto a queste categorie principali di strumenti finanziari derivati esiste una
molteplicità di altri contratti derivati, che verranno definiti oltre e di cui sono citati i seguenti:
I.
i forward spread agreement e i domestic forward spread agreement;
II.
i contratti a premio su titoli.
Infine, l’evoluzione del mercato dei contratti derivati ha generato una nuova categoria
di strumenti finanziari rappresentati dai prodotti finanziari sintetici o complessi, (strumenti
composti e titoli strutturati).
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1.3 CLASSIFICAZIONE (SEGUE)
Sul piano operativo, i contratti derivati possono distinguersi per i seguenti
aspetti:
[1] Obiettivo di utilizzo.
Sotto il profilo dell’utilizzo, i contratti derivati possono rappresentare:
operazioni di copertura;
operazioni di negoziazione.
Premesso che nella categoria delle operazioni fuori bilancio, rientrano,
secondo la Banca d’Italia, oltre alle garanzie rilasciate e agli impegni a erogare
o a ricevere fondi diversi da quelli di seguito indicati:
i contratti di compravendita non ancora regolati (a pronti o a termine) di
titoli e di valute;
i contratti derivati con titolo sottostante, su valute, ovvero senza titolo
sottostante collegati a tassi di interesse, a indici o ad altre attività;
i depositi e i finanziamenti stipulati e da erogare o da ricevere a una data
futura predeterminata (a pronti o a termine).
Le operazioni fuori bilancio di copertura (hedging) sono quelle effettuate dalla
banca o dall’ente finanziario con lo scopo di proteggere dal rischio di avverse
variazioni dei tassi di interesse, dei tassi di cambio o dei valori di mercato, il
valore di singole attività o passività in bilancio o fuori bilancio (copertura
specifica o puntuale) o di insiemi di attività o passività in bilancio o fuori
bilancio, denominati talvolta portafogli (copertura generica o in monte). Per la
Banca d’Italia, un’operazione fuori bilancio è considerata di copertura quando:
vi sia l’intento della banca o dell’ente finanziario di porre in essere tale
copertura;
sia elevata la correlazione tra le caratteristiche tecnico-finanziarie delle
attività o passività coperte e quelle del contratto di copertura;
le condizioni di cui ai punti precedenti risultino documentati da evidenze
interne della banca o dell’ente finanziario.
Le posizioni in contratti derivati che non soddisfano le suddette condizioni
sono classificate come operazioni di negoziazione, le quali, a loro volta, nel
caso delle banche, possono riguardare le seguenti attività:
attività di intermediazione, consistente in compravendite di contratti
derivati, normalmente effettuate per esigenze della clientela, con
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l’obiettivo di conseguire tra queste il miglior accoppiamento o
pareggiamento possibile;
attività di speculazione (trading), in cui rientrano le compravendite di
contratti derivati non pareggiate da correlate operazioni di segno
opposto, giustificate da un eventuale vantaggio economico, derivante da
previste favorevoli variazioni nei tassi di interesse, nei cambi o nei valori di
mercato di determinate attività o passività;
attività di arbitraggio, rappresentata dall’acquisto o vendita di due
operazioni di segno opposto al fine di lucrare l’eventuale differenza che
potrebbe crearsi a causa di imperfezioni di mercato.
La distinzione fra operazioni di copertura e operazioni di negoziazione è
rilevante sul piano contabile, come vedremo meglio nel capitolo dedicato alla
rappresentazione nel bilancio delle banche degli strumenti finanziari derivati.
Infatti, il principio generale che regola la contabilizzazione delle operazioni di
copertura prevede che i componenti di reddito originati da tali operazioni
devono essere iscritti in bilancio in modo correlato con i costi e i ricavi generati
dalle operazioni oggetto di copertura. Le operazioni di negoziazione, invece,
originano autonomi componenti di reddito [Dezzani, Pisoni, Puddu 1997, p.
3].
[2] Mercato di negoziazione
Sotto tale profilo, i contratti derivati possono essere oggetto di compravendita
in mercati:
organizzati o regolamentati;
non organizzati o non regolamentati.
Un mercato è definito organizzato o regolamentato quando funziona in base
a una specifica disciplina, emanata da un istituzione di controllo, regolante:
l’accettazione o la revoca degli strumenti finanziari e degli operatori alle
negoziazioni, le modalità di svolgimento delle contrattazioni, la formazione e la
rilevazione dei prezzi, la pubblicità di svolgimento delle compravendite, i tipi di
contratto ammessi alle quotazioni. Inoltre esso deve soddisfare le seguenti
condizioni:
esistenza di un organismo centrale, denominato clearing house o cassa di
compensazione e garanzia, che ponendosi quale controparte di tutti gli
operatori del mercato, assicuri l’adempimento delle obbligazioni
contrattuali e garantisca la liquidità del mercato;
negoziazione su contratti tipo o standardizzati e con riferimento a un
quantitativo fisso e scadenze uniformi;
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obbligo di versamento, da parte degli operatori di un deposito di garanzia
del buon fine dell’operazione (cosiddetto margine di garanzia), calcolato
in una certa misura percentuale sul valore della negoziazione;
accredito o addebito quotidiano, da parte dell’organismo centrale, delle
variazioni dei suddetti margini, derivanti dalle mutazioni del valore dei
contratti in corso.
Invece, un mercato è definito non organizzato o non regolamentato,
denominato anche over the counter, quando risulta essere non soggetto a
norme specifiche e nel quale le contrattazioni sono liberamente regolate e
determinate dai contraenti. Esso risulta comunque organizzato secondo
schemi di autoregolamentazione determinati dal consolidarsi di prassi
operative collaudate nel tempo. In tali casi non esiste la garanzia
dell’adempimento del contratto e la liquidità del mercato non sempre è
assicurata.
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1.4 ORIGINI STORICHE
Gli operatori economici hanno da sempre manifestato la necessità di
fronteggiare l’incertezza relativa alla dinamica futura delle variabili economico-
finanziarie [Petrella 1997, p. 11]. Per delimitare questa perenne fonte di rischio e per
neutralizzarne gli effetti, già in secoli lontani, furono creati e utilizzati i contratti a
termine, sebbene si scambiassero solo su particolari mercati, il che ne rendeva
modesta la diffusione nell’economia [Banca d’Italia 1995, p. 59*].
In un primo tempo, tali contratti sono nati e si sono diffusi nei mercati delle
merci, per soddisfare appunto l’esigenza della copertura di un dato rischio, derivante
dal sovente imprevedibile andamento delle sopraindicate variabili. Inizialmente,
invero, nelle negoziazioni a termine, si manifestava semplicemente l’accordo di un
compratore e di un venditore, originante un contratto, che poteva assumere le più
differenti articolazioni e le cui caratteristiche fondamentali erano la futura data di
consegna e di regolamento monetario, il prezzo, la quantità e la qualità della merce.
In questo modo, un’impresa, il cui interesse era convergente con quello della sua
controparte, poteva cautelarsi da possibili fluttuazioni dei prezzi sul mercato a pronti
stabilendo, anticipatamente rispetto alla consegna della materia prima o della merce
oggetto della negoziazione, le condizioni del contratto di vendita.
I primi accordi del genere, di cui si ha notizia, furono sottoscritti nel ‘600 da
latifondisti giapponesi produttori di riso, anche se è opinione diffusa che già ai tempi
dei greci e dei romani si stipulassero contratti con simili caratteristiche. Naturalmente
per trasformare quello che, inizialmente non era nulla più che una serie di intese tra le
parti, in un mercato vero e proprio, è stato necessario giungere a
un’omogeneizzazione degli accordi bilaterali, prevedendo l’uniformazione dei
contratti, con la fissazione di scadenze e quantità standard per ciascun bene oggetto
di contrattazione. Se approssimativamente gli iniziali esempi di mercati organizzati a
termine si fanno risalire al XVII e XVIII secolo, sicuramente l’avvio nel 1882, presso la
borsa di Le Havre, dell’attività di una cassa di compensazione con funzione di
controparte centralizzata delle negoziazioni, testimonia la realizzazione sui mercati a
termine delle merci di tecniche affini a quelle adottate nei moderni mercati
organizzati [Banca d’Italia 1995, p. 59*].
Con il tempo, però, queste negoziazioni a termine si sono incorporate in
prodotti specifici, gli strumenti finanziari derivati appunto, che hanno iniziato a essere
scambiati in forma autonoma rispetto al mercato dei beni reali o finanziari da cui
derivavano, e che in virtù di questa evoluzione ne hanno consentito la quotazione
nei mercati finanziari. Effettivamente, un operatore economico che aveva assunto
una posizione in prodotti derivati poteva decidere, prima della data di scadenza, di
cedere il contratto a un altro soggetto, o perché non intendeva più acquistare la
merce o lo strumento finanziario oggetto della negoziazione, o perché, nel frattempo,
il suo valore sul mercato a pronti era tanto mutato da consentirgli tale cessione a un
prezzo vantaggioso.
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Il rapidissimo e straordinario processo di diffusione che ha interessato le
operazioni di finanza derivata, è comunque iniziato soltanto a partire dai primi anni
settanta: nel 1972 (presso l’IMM, International Monetary Market, affiliato al CMM,
Chicago Mercantile Exchange), infatti, presero ufficialmente avvio le contrattazioni
collegate a strumenti finanziari. Nel 1985, sulle borse americane i future su strumenti
finanziari (financial future) superano per volumi negoziati i future su beni reali
(commodity future) [Banca d’Italia 1995, p. 60*]. Negli ultimi anni gli scambi di
strumenti finanziari derivati hanno conosciuto uno sviluppo impetuoso,
comportandone l’innovazione delle caratteristiche tecniche, la diffusione presso un
crescente numero di operatori finanziari e non, nonché l’istituzione di nuovi mercati.
Le motivazioni di natura ambientale che hanno contribuito ad accrescere la
sensibilità degli operatori economici nei confronti del rischio, determinando il
successo degli strumenti finanziari derivati, sono principalmente l’instabilità e l’elevata
volatilità delle variabili economico-finanziarie, nelle sue varie manifestazioni
dell’oscillazione dei tassi di cambio, della fluttuazione dei tassi di interesse e delle
spinte inflazionistiche, e la globalizzazione dei mercati, che ha comportato una
crescente interdipendenza fra le variabili economico-finanziarie dei Paesi avanzati,
favorita anche dalla progressiva libertà di movimento dei capitali. Come fattore di
origine aziendale invece si rileva il mutato atteggiamento degli operatori economici
nei confronti del rischio: si è passati da un’amministrazione passiva dell’instabilità e
dell’incertezza a un’impostazione attiva della gestione dei rischi finanziari (financial risk
management), finalizzata alla protezione della redditività e del valore aziendale
[Petrella 1997, pp. 3-5].