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rinviene una previa definizione dell’istituto e che lascia all’interprete il delicato
compito di ricostruirne natura e funzione e di individuare un punto di equilibrio tra i
due negozi che compongono la sequenza.
La dottrina italiana, specie negli anni ‘60 e ‘70, è stata protagonista di un
interessante dibattito, incentrato, soprattutto, sull’analisi della natura giuridica del
contratto definitivo che segue il preliminare2: gli esiti dogmatici di tale impegno
costruttivo, pur interessanti, appaiono in buona parte inadeguati alle sollecitazioni
della prassi, rischiando di comprimere le potenzialità applicative dell’istituto.
L’approfondimento della dottrina, volto soprattutto a ricercare le ragioni
giustificatrici dello strumento contrattuale e ad analizzare la dinamica preliminare-
definitivo, ha spesso rischiato di porre in ombra un problema che stava nel frattempo
assumendo rilievo autonomo: la difficoltà di adattare alla prassi contrattuale, che stava
nel frattempo sviluppandosi, un istituto pensato per una realtà pratica assai diversa, ed
oggetto di interessanti applicazioni anche nel nostro ordinamento, con riferimento ad
un ben individuato settore commerciale, quello della vendita immobiliare.
1
SPECIALE, Il contratto preliminare, ne I contratti in generale, dir. da ALPA e BESSONE, III-I requisiti
del contratto, Torino, 1991, 286.
2
V., tra le opere considerate in genere dai commentatori come la base fondamentale per l’inquadramento
dell’istituto, MONTESANO, Contratto preliminare e sentenza costitutiva, Napoli, 1953; ALABISO , Il contratto
preliminare, Milano, 1966; RASCIO, Il contratto preliminare, Napoli, 1967; G. GABRIELLI, Il contratto
preliminare, Milano, 1970; SASSO , Il contratto preliminare nella dottrina e nella giurisprudenza , Milano,
1971; NICOLETTI, Sul contratto preliminare, Milano, 1974; G. GABRIELLI, Il rapporto giuridico preparatorio,
Milano, 1974; PEREGO , I vincoli preliminari e il contratto, Milano, 1974.
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I riflessi di questa difficile e spesso mancata sovrapposizione della fisionomia
reale del preliminare alla struttura concettuale che traspare dalla scarna disciplina
positiva ad esso dedicata e dalla dottrina si colgono nella casistica giurisprudenziale, la
cui analisi mostra, accanto alla riaffermazione di già note e ricorrenti massime su
alcuni aspetti classici del fenomeno3, l’apparizione - a partire dalla seconda metà degli
anni ‘70 - di una serie di ben precise sentenze, che possono essere definite come
minimo innovatrici: in tale sequenza di pronunce, che ha il proprio coronamento in una
decisione delle Sezioni unite della metà degli anni ‘80, si delinea in maniera
riconoscibile una tendenza all’ampliamento dei mezzi di tutela da porre a disposizione
del promissario-acquirente, riconosciuto come la “parte debole” del rapporto
preliminare.
In questa giurisprudenza va cercata la fonte di alcuni tra i principi e le regole
fondamentali per l’istituto in esame: si pensi al riconoscimento della figura del
preliminare “complesso”, distinto dal preliminare “puro”, al superamento della
rilevanza di questa stessa distinzione ai fini della determinazione dell’ambito di tutela
spettante al promissario-acquirente; al riconoscimento dell’ammissibilità della riserva
della facoltà di nominare successivamente la persona che deve assumere i diritti e/o
acquistare gli obblighi che sorgono dal contratto, nonché di cedere a terzi la posizione
nascente dal preliminare o di stipulare quest’ultimo a favore di terzi; al
3
Ad esempio, la distinzione tra preliminare e definitivo e minuta, i requisiti del preliminare, le invalidità e lo
scioglimento del preliminare: v. SPECIALE, op. cit., 287.
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riconoscimento dell’opponibilità, in via di eccezione o riconvenzionale, non solo della
lesione nascente dal preliminare, ma anche di quella che potrebbe sussistere in
concreto al momento in cui viene chiesta l’esecuzione specifica dell’obbligo di
concludere il contratto; alla possibilità, per il privato, di ottenere quest’ultima, ai sensi
dell’art. 2932 c.c., nei confronti della Pubblica amministrazione; al riconoscimento
della rilevanza del preliminare in caso di discordanza con il definitivo, che non
assorbirebbe così i diritti e gli obblighi contenuti nel preliminare ed in questo non
riproposti; soprattutto, si pensi all’estensione dei rimedi della vendita definitiva al
preliminare.
Un esame delle pronunce giurisprudenziali in materia consente di rilevare - senza
voler anticipare, se non sommariamente, gli esiti dell’indagine - come i giudici, pur
rimanendo fedeli, a livello di affermazioni di principio, alla tradizionale ricostruzione
dell’istituto, siano venuti elaborando, in relazione alle varie esigenze manifestate nella
prassi, una serie di regole operazionali che con quella ricostruzione si pongono spesso
in palese contraddizione4: immediata è la constatazione della scarsa aderenza ai
dettami della tradizione, per la quale unico vincolo scaturente dal preliminare è
l’obbligo reciproco di stipulare il definitivo, di quelle sentenze che - ad esempio -
riconoscono al promissario-acquirente, nell’ipotesi di scoperta di vizi o difformità del
bene promesso in vendita, la possibilità di agire giudizialmente allo scopo di ottenere
4
CENNI, Il contratto preliminare ad effetti anticipati, in Contratto e impresa , 1994, 1110.
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una condanna della controparte alla loro eliminazione o, alternativamente, una
riduzione del prezzo pattuito.
L’interrogativo sulla funzione che giustifica la scissione in due fasi del
procedimento inteso ad introdurre fra le parti un determinato assetto d’interessi è
rimasto vivo anche dopo l’espressa contemplazione legislativa dell’istituto: la dottrina
ha elaborato differenti modelli di ricostruzione dei due termini del binomio
preliminare - definitivo: la tesi prevalente, condivisibilmente, pone l’accento sulla
possibilità offerta alle parti di attuare una seconda valutazione di opportunità e di
convenienza dell’operazione economica, anche e soprattutto alla luce di eventuali
sopravvenienze giuridicamente rilevanti manifestatesi o conosciute in un momento
successivo a quello della prestazione del consenso preliminare: da quest'angolo
visuale, emerge il vantaggio che la scissione in questione offre, come possibilità di
impedire l’introduzione del nuovo regolamento di interessi, piuttosto che essere
costretti a reagire - con i relativi limiti posti dall’ordinamento - contro un
regolamento già posto.
Questa ricostruzione ha il merito di riconoscere anche al momento della
prestazione del consenso definitivo un’autonoma funzione, diversa ed ulteriore
rispetto al mero adempimento: dare spazio al controllo della permanenza dei
presupposti del giudizio di convenienza a suo tempo operato in sede preliminare.
Quest’ultimo, per parte sua, offrendo alle parti o ad una di esse lo strumento per
ottenere la stipulazione del definitivo, possiede una finalità diversa da quella di
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qualsiasi contratto tipico, che è variabile a seconda della funzione economico-sociale;
per altro verso, il fatto che il vincolo riguardi il se del negozio finale e non solo il
quomodo di quest’ultimo distingue l’istituto da altre fattispecie negoziali
riconducibili al fenomeno della formazione progressiva del contratto e lo rende come
la forma più intensa - per le conseguenze cui si espongono le parti stipulanti - tra i
vincoli di tale natura.
Questo indirizzo è coerente con un dato, che emerge dalla pratica: la fisionomia
che il preliminare ha assunto nella pratica si presenta molto diversa dallo schema
astratto che traspare dal codice, come mera obbligazione di prestare il consenso alla
stipulazione del definitivo: in realtà, il preliminare viene utilizzato come un comune
contratto con il quale le parti, nel regolare i propri rapporti prevalentemente
nell’ambito della compravendita immobiliare, distribuiscono nel tempo le prestazioni
reciproche, per ragioni di bilanciamento e garanzia; in particolare, ciò che viene
differito è l’effetto traslativo.
In sede di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto, la tendenza
che si delinea è allora verso un’estensione dei poteri di controllo del giudice
sull’equilibrio negoziale realizzato dai contraenti in sede preliminare.
Sul piano dei valori legislativi, si afferma la fungibilità della prestazione del
consenso negoziale, superando visioni legate al primato della volontà, dominanti al
tempo della codificazione precedente, e si avvalora il principio dell’affidamento nel
rispetto degli impegni contrattuali assunti.
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Tra le diverse questioni interpretative che la disposizione ha sollevato, spicca il
problema della natura giuridica: costitutiva - a dispetto della collocazione sistematica
della norma (nel capo dedicato all’esecuzione forzata) - od esecutiva - visione
coerente con l’evoluzione giurisprudenziale che ha avuto luogo dagli anni ‘70 in poi.
I risvolti pratici dell’accoglimento dell’una o dell’altra tesi emergono sul piano
dei limiti al potere discrezionale del giudice nella determinazione o integrazione della
volontà espressa dalle parti nella stipulazione preliminare: in prima approssimazione,
accogliere l’opinione circa la natura costitutiva porta all’impossibilità per il giudice di
sancire effetti non direttamente legati alle pattuizioni preliminari; viceversa, attribuire
alla sentenza la natura esecutiva consente al giudice di garantire il risultato giuridico
perseguito dal creditore, anche attraverso l’adeguamento della volontà dei contraenti
alla concretezza dell’assetto economico originariamente predisposto.
Con la crisi del dogma dell’intangibilità del preliminare, nonché con il
superamento della presunta inapplicabilità ad esso dei rimedi relativi alla vendita
definitiva, si conforta quella critica alla configurazione tradizionale della sentenza ex
art. 2932: si propone di guardare all’aspetto costitutivo come ad una tecnica
assimilabile all’esecuzione in senso stretto, tramite la quale realizzare una tutela
tipicamente satisfattiva del diritto al contratto, recuperando, anche in via analogica,
principi e regole propri dell’esecuzione forzata: in primis i poteri determinativi del
giudice ex art. 612 c.p.c.
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L’evoluzione della giurisprudenza su questo tema è assai netta, nel progressivo
affermarsi di un superamento del dogma dell’identità di contenuto tra preliminare e
sentenza ex art. 2932, smentendo quindi sul piano dello ius receptum il tentativo della
dottrina di delineare una ricostruzione omogenea delle due sequenze preliminare-
definitivo e preliminare-sentenza.
Ciò che ha permesso all’evoluzione giurisprudenziale in questione di porre in crisi
l’impostazione teorica dominante in dottrina è stata la valorizzazione di un profilo da
quest’ultima mantenuto in ombra: la natura di obbligo che il contrarre possiede già a
livello testuale nell’art. 2932: l’aspetto costitutivo della sentenza interessa come mera
tecnica, sostituendosi all’attività materiale tipica dei rimedi esecutivi.
Soprattutto, emerge una netta divaricazione tra le sequenze preliminare-definitivo
e preliminare-sentenza: nel primo caso, il profilo obbligatorio non può arrivare ad
elidere la funzione di norma assegnata dalle parti alla progressiva formazione del
contratto e non può quindi impedire la piena esplicazione dei poteri di autonomia
privata in sede definitiva; nel secondo caso, la dialettica tra le parti s'interrompe e
lascia il posto ad un’attuazione coattiva del rapporto obbligatorio, che ben può
implicare interventi correttivi od integrativi da parte del giudice, pur restando ferma, in
quest’ultima ipotesi, la funzione del preliminare come parametro di riferimento per
ricostruire l’interesse dei contraenti e lo scopo da esse perseguito.
E’ proprio sforzandosi di intrecciare i suggerimenti e le indicazioni elaborate nei
due contesti - giurisprudenza e dottrina - che è possibile tentare una panoramica delle
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risposte che di volta in volta sono state date alle concrete istanze sollevate dalla prassi
applicativa.
L’AZIONE DI ESATTO
ADEMPIMENTO
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3. L’azione di esatto adempimento
3.1 Una tappa fondamentale: la sentenza 28 novembre 1976, n. 4478
della Cassazione
L’affermazione, da parte della giurisprudenza, della possibilità di esercitare
l’azione di esatto adempimento ha rappresentato uno dei primi passi compiuti in
direzione del riconoscimento di una tutela “allargata” in capo al promissario-
acquirente: in tal senso, la sentenza 28 novembre 1976, n. 4478 della Cassazione1
segna una tappa fondamentale.
Viene raggiunta la consapevolezza che una tutela limitata ai rimedi di segno
negativo - risoluzione del preliminare o rifiuto legittimo di concludere il definitivo -
1
In Foro it., 1977, I, 669/675, con nota di LENER.
Il riferimento a tale sentenza e le citazioni testuali da essa tratte non sono da considerarsi contingenti: di
essa è fatta ampia menzione nei commenti e nelle rassegne in materia, come di uno dei momenti fondamentali di
quella sequenza di pronunce che, nell’arco di un decennio, sono andate ampliando i confini della tutela del
promissario-acquirente: v. CENNI, Il contratto preliminare ad effetti anticipati, in Contratto e impresa , 1994,
1129 e segg.; GIUSTI-PALADINI, Il contratto preliminare, Milano, 1992; E. GABRIELLI, Il “preliminare ad
effetti anticipati” e la tutela del promissario acquirente, in Riv. dir. comm., 1986, II, 319 e segg.; GUGLIELMO,
Contratto preliminare di compravendita ad effetti anticipati e garanzia per vizi, in Riv. not., 1988, 681 e
segg.; COGGI , Il contratto preliminare negli ultimi dieci anni di giurisprudenza , in Quadrimestre, 1987, 699 e
segg.; DE MATTEIS, Il contratto preliminare e l’esecuzione anticipata del definitivo, ne I contratti in
generale, dir. da ALPA e BESSONE, III-I requisiti del contratto, 333 e segg.; FASANO, Il contratto preliminare
c.d. complesso o ad effetti anticipati: quale tutela per il promissario?, in Mondo giudiz., 1990, 432.
Di tali contributi la presente analisi è debitrice.
L’AZIONE DI ESATTO
ADEMPIMENTO
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pur integrata dal risarcimento del danno, non è soddisfacente; e ciò sicuramente nel
caso in cui l’aspirante acquirente, il quale lamenta difetti o vizi della cosa, ha già
pagato, in tutto o in parte, il prezzo concordato, ma soprattutto laddove egli abbia
intrapreso un’utilizzazione non provvisoria della cosa - nei vari modi in cui ciò è
possibile - sulla base dell’aspettativa del futuro acquisto, che attribuisce al godimento
anticipato da lui conseguito un significato ed un peso ben diversi da quello - ad
esempio - di un affittuario.
Per la prima volta, con un’evidente evoluzione rispetto all’indirizzo seguito in un
caso precedente e del tutto simile, in cui il problema era stato in buona sostanza
rimosso ma non risolto2, si concede al promissario la possibilità di agire per l’esatto
adempimento del preliminare, chiedendo la condanna del promittente ad eliminare a
proprie spese i vizi della cosa3.
Sottolineato che, “nel caso di specie […] era prevista e fu effettuata la consegna
della cosa anticipatamente rispetto alla stipula del definitivo, e nel preliminare inoltre
2
Cass., n. 3250/1962, in Foro it., 1963, I, 1475: caso in cui, pur segnalando l’esigenza di accordare al
promissario una tutela di segno positivo, fu però ritenuta inapplicabile al preliminare di compravendita la
disciplina della garanzia per i vizi della cosa venduta (artt. 1490-1492 c.c.), che avrebbe consentito
all’acquirente la scelta fra la risoluzione del contratto e la riduzione del prezzo (art. 1492 c.c.): la Cassazione si
limitò a demandare al giudice di rinvio di stabilire se non ci si trovasse di fronte, piuttosto che ad un
preliminare, ad una vera e propria vendita di cosa futura con riserva di proprietà.
3
Come ogni condanna ad un facere, essa implica, in mancanza di esecuzione da parte del condannato,
l’esecuzione forzata, secondo le disposizioni degli artt. 612-614 c.p.c., e quindi, in definitiva, un credito in
denaro del promissario verso il promittente che, laddove sia ancora dovuta una parte del prezzo, si compensa
L’AZIONE DI ESATTO
ADEMPIMENTO
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erano anche ben determinate le caratteristiche che la cosa stessa doveva avere”,
secondo la Corte, sarebbe impossibile identificare l’obbligo di consegnare la cosa
immune da vizi e conforme alla pattuizione con l’obbligo che costituisce il contenuto
della garanzia per i vizi della vendita definitiva, il che si risolverebbe nell’ammettere il
diritto del promittente di consegnare la cosa con un contenuto determinato a suo
piacimento4.
Ciò che si nega, in altre parole, è il presupposto al quale è legata la garanzia per i
vizi, ma non l’esistenza di un obbligo di esatta consegna, del resto distinto e separato
da quello che è il contenuto della garanzia per i vizi, pena il venir meno dello stesso
presupposto della risoluzione ordinaria5.
con il relativo debito - giungendo così, indirettamente, ad un risultato corrispondente ad una riduzione del
prezzo.
4
La sentenza richiama brevemente i due punti qualificanti della giurisprudenza precedente in materia:
A. La non sottoposizione della consegna anticipata prevista nel preliminare, o concordemente effettuata,
ai termini di decadenza stabiliti per la garanzia per i vizi, né al termine di inizio dei relativi obblighi di denuncia.
B. La negazione della possibilità di chiedere la riduzione del prezzo.
Sempre, tuttavia, ricordano i giudici, è stata riconosciuta al promissario la possibilità di valersi dell’azione
ordinaria di risoluzione ex art. 1453 c.c., sul presupposto che nel preliminare la consegna della cosa o
l’assunzione di altri obblighi avvenga a titolo diverso da quello della vendita.
5
La sentenza in esame (Cass., n. 4478/1976, cit.) parla di “differenza ontologica tra l’obbligo di adempiere
esattamente la consegna anticipata prevista come vincolo che concorre a formare il contenuto del preliminare, e
l’obbligo della garanzia per vizi, che invece attiene alla vendita definitiva. La garanzia è un ampliamento dei
poteri del contraente che si collega all’effetto naturale della vendita stabilito in via generale nell’art. 1476 c.c.,
ed è un ampliamento in quanto è dovuta indipendentemente dalla colpa; essa in effetti vuole tutelare il
compratore rispetto al caso in cui la valutazione della cosa al momento del consenso non riveli,
indipendentemente dalla interferenza di comportamenti devianti delle parti, elementi la cui conoscenza agirebbe
senz’altro sulla formazione dell’equilibrio economico delle prestazioni corrispettive; la consegna anticipata
L’AZIONE DI ESATTO
ADEMPIMENTO
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Una volta svincolata tale obbligazione dalla garanzia per i vizi della cosa venduta,
non solo non si può far capo alla disposizione che letteralmente in proposito pone
l’alternativa tra risoluzione e riduzione del prezzo, ma non si pone neppure il problema
se tale alternativa sia tassativa o permetta di ricorrere all’azione ordinaria tramite
l’aggancio all’elemento della colpa, che non gioca invece nella garanzia tipica6.
della cosa nel preliminare, soprattutto quando è ben delineata la descrizione delle caratteristiche della cosa
stessa, resta un’obbligazione ordinaria non collegata al trasferimento di proprietà né all’esigenza che sopra si è
sottolineata, e come tale non suscettibile della tutela speciale. Ciò però, come è stato già acutamente
riconosciuto (sent. 24 gennaio 1973, n. 222, Foro it., Rep. 1973, voce Vendita, n. 19) non comporta che la
mancanza di tutela speciale si traduca in una limitazione della tutela ordinaria soprattutto per il fatto che la detta
tutela particolare non ha la portata normativa di derogare alla seconda.”
6
Subito respinta è la possibile obiezione, che, basandosi sulla normativa posta per l’esecuzione specifica
dell’obbligo di contrarre, nega l’esperibilità dell’azione ordinaria e lascia al promissario solo la scelta tra il
rifiuto di stipulare il definitivo mancando le condizioni pattuite e la domanda di risoluzione del preliminare per
colpa del promittente: “La soluzione legislativa diretta a superare le dispute insorte in tema di coercibilità o
meno dell’obbligo a contrarre non esaurisce di certo la disciplina di quelle obbligazioni aggiuntive del
preliminare che per loro natura non si sottraggono all’azione di condanna” (Cass., n. 4478/1976, cit.).
Esclusa la funzione riduttiva dell’azione di esecuzione specifica, negare l’azione di esatto adempimento
per le altre obbligazioni appare ai giudici del tutto inconciliabile con il riconoscimento della risoluzione che è
legata inderogabilmente alla scelta dell’adempimento, qualora non vi siano ostacoli obiettivi a tale seconda
vicenda.
E ancora: “A torto si opporrebbe l’obiezione basata sul rilievo che il promissario ha un diritto di credito al
trasferimento della cosa; invero nel caso di consegna anticipata l’esatto adempimento incide sul diverso titolo
costituito dal trasferimento in godimento, sicché negare l’esatta consegna significherebbe escludere ogni
tutela del promissario ove manchino gli estremi della risoluzione per colpa della controparte e la stipula del
definitivo sia lontana nel tempo. Decisiva conferma della inesattezza della tesi […] si ritrova se si fa il raffronto
con l’obbligo di pagare anticipatamente e ratealmente il prezzo: ove manchi l’estremo della risoluzione si
negherebbe al promittente la tutela del pagamento integrale, affermandosi il diritto del promissario ad un
pagamento parziale e comunque ad uno spostamento del termine alla data del definitivo; il che ovviamente non
pare sostenibile” (ibidem).
L’AZIONE DI ESATTO
ADEMPIMENTO
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La motivazione, con cui la Corte dà ingresso all’azione di esatto adempimento,
offre più di un pregevole spunto:
1. L’obbligo di “esatta consegna”, sul quale la Corte si sofferma, non concerne un
bene già esistente, di cui si debba valutare la conformità rispetto a quanto prefigurato
nel contratto, ma è in fondamentale correlazione con l’adempimento di
un’obbligazione di facere, avente per oggetto un bene, le cui caratteristiche sono state
definite nel preliminare; questo aspetto, tuttavia, resta sullo sfondo e non assume
risalto nell’economia della motivazione.
2. L’accento è invece posto sul trasferimento del godimento, anticipato rispetto
al trasferimento della proprietà (ed avente come contropartita il graduale pagamento
del prezzo, destinato a completarsi prima del trasferimento della proprietà) e
qualificato come titolo diverso da quello della vendita per esigere l’esatta consegna;
si fonda su di esso l’obbligo del promittente di eliminare i vizi che rendono al cosa
non conforme alle previsioni contrattuali, obbligo distinto e separato da quello che
è contenuto della garanzia per i vizi della cosa venduta.
La situazione di godimento pare così assumere un significato determinante, non
tanto in sé e per sé, quanto nella progressione dal preliminare al definitivo.
3. Se il riferimento al godimento segna la differenza dalle ipotesi “ordinarie” di
preliminare, nelle quali si rinviene (soltanto) la promessa reciproca di stipulare la
vendita futura e dove la consegna è coeva o successiva al trasferimento della proprietà
L’AZIONE DI ESATTO
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- e quindi, come recita la sentenza, “la relativa obbligazione si innesta sul
trasferimento stesso e non invece su un titolo diverso” - affermare che l’esclusione
dell’azione di esatto adempimento per le c.d. obbligazioni aggiuntive del preliminare è
incompatibile con l’ammissione della risoluzione per adempimento delle stesse
obbligazioni riporta in una zona indistinta, poiché la giurisprudenza ammette la
risoluzione anche del preliminare senza obbligazioni aggiuntive, se la cosa presenta
vizi o difetti che la rendono non conforme alla previsione contrattuale
7
.
Pari ratione dovrebbe consentirsi anche in questi casi un’azione di esatto
adempimento, che, escluso l’obbligo di fare del promittente, non potrebbe tradursi che
nell’aestimatio della “inesattezza”, da detrarre dal prezzo del trasferimento che è e
resta dovuto.
7
Così, ad esempio, Cass. n. 4081/1968, cit.