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INTRODUZIONE
In questo lavoro, lo studio parte da una analisi del tema della logiche di funzionamento delle
imprese nei primi anni di attività per fornire una spiegazione dei fenomeni alta di mortalità delle
nuove imprese proprio nella fase post entry cercando di fornire un quadro completo ed esaustivo
a riguardo della complessità del fenomeno. Nel fare ciò si è scelto di abbandonare le teorie
classiche manageriali improntate sull’obiettivo di ricercare dei success factor, che hanno portato a
risultati poco interessanti, per abbracciare i contributi forniti dagli schemi di indagine fondati
sulla complessità.
Altresì, appare sempre più evidente che il mercato non si configuri come un meccanismo
efficiente di allocazione delle risorse tra i soggetti che in esso si confrontano, per cui emerge in
maniera considerevole l’indispensabile ruolo degli attori pubblici nel riequilibrio globale delle
dotazioni reciproche. In particolare, nel contesto della creazione d’impresa, gli squilibri tra
imprese sono consistenti a seconda di caratteristiche quali l’ubicazione territoriale, la dimensione
e la specializzazione settoriale. Proprio per questo motivo, a livello europeo, le istituzioni
politiche provvedono periodicamente alla determinazione di piani a programmazione
pluriennale di strumenti, finanziari e non, a sostegno della creazione di impresa, per favorire una
più equa competizione e ridurre gli scompensi esistenti.
Questa tesi si pone l’obiettivo di analizzare lo status quo della materia, per garantire ai soggetti
che operano in questi ambiti alcune considerazioni specifiche in merito alla sua utilità, alla sua
congruenza rispetto alle priorità strategiche delle realtà imprenditoriali ed a quelli che potrebbero
essere eventuali adeguamenti da apportare nelle programmazioni future. In particolare, si
ragionerà con una prospettiva di analisi molto specifica, raffigurandosi nel ruolo di un’azienda
di piccola dimensione situata in territorio calabrese e studiando un’esperienza diretta di
partecipazione propria a questi strumenti finanziari, per valutarne il reale impatto in termini
concreti e la loro effettiva validità nel supportare le nuove imprese nella difficile fase post entry.
Il lavoro è articolato in tre parti. La prima offre una rapida ma significativa ricognizione generale
della teoria non classica manageriale attraverso la quale si cerca di dare risposta alle dinamiche
complesse che collegano la creazione di impresa allo sviluppo di esiti positivi.
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Nella seconda parte si è cercato di far luce sull’intricato schema della finanza agevolata cercando
di fornire un ampio ma dettagliato quadro di quelli che sono gli strumenti finanziari a sostegno
delle imprese messi a disposizione, rispettivamente, dall’Unione Europea, dall’Italia e dalla
Regione Calabria.
La terza parte, invece, è dedicata allo sviluppo del caso empirico dell’adesione della SpecialTEC
S.p.a. ad un contratto di programma e di come questa sovvenzione abbia condizionato le logiche
di funzionamento della neo-impresa e con quali ripercussioni sulla sua economia.
L’analisi è stata possibile grazie allo studio di un Master Plan di un progetto d’investimento, da
attuare attraverso l’adozione di un contratto di programma destinato al Ministero dello Sviluppo
Economico, e grazie anche ad una serie di colloqui con gli autori dell’iniziativa.
L’obiettivo finale di questo lavoro è stato stabilire quale sia la concreta efficacia delle
agevolazioni finanziarie sul difficile intreccio di variabili che governa il processo complesso che
parte dalla creazione d’impresa e arriva al suo sviluppo positivo seguendo delle logiche di
comportamento più o meno determinate. Inoltre, si tenterà di percepire quanto sia tangibile il
ruolo trainante che i fondi pubblici possono esercitare nei confronti della creazione d’impresa
cercando di coglierne sia le positività che le negatività, soprattutto con riguardo ad un contesto
come quello delle piccole e medie imprese, le quali stanno subendo in modo particolarmente
grave gli effetti del profondo aggravamento economico-finanziario avvenuto in seguito alla crisi
del 2008. Da ultimo, si cercherà di giungere alla definizione di alcuni necessari adeguamenti e
perfezionamenti, utili ad incrementare l’autorevolezza e l’efficacia di tali misure finanziarie, al
fine di garantire un prospero futuro di eccellenza alle Pmi del nostro territorio, fondamentale
per compiere un imprescindibile salto di qualità nella competizione economica globale.
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PARTE I
La teoria delle nuove imprese.
CAPITOLO 1
L’ECONOMIA DELLE NUOVE IMPRESE
1.1 La “logica di funzionamento”
Il problema centrale nei processi di creazione di nuove imprese è rappresentato gli andamenti
iniziali che queste ultime fanno registrare sui mercati.
L'analisi dell'economia iniziale costituisce il punto critico del rapporto esistente fra nascita delle
imprese e creazione di valore imprenditoriale nel senso di sviluppo e innovazione.
Gli studi sui success factor hanno evidenziato l'incapacità di fornire indicazioni significative sul
tema degli andamenti iniziali delle neo imprese. L’emergere dello sviluppo iniziale di una nuova
impresa è un fenomeno irregolare, non lineare e non destinato a ripetersi secondo regole
generali. Gli esiti del processo di nascita, e cioè gli andamenti delle neo-imprese, sono molto
sensibili alle condizioni iniziali ed a piccole variazioni di tali condizioni. Gli andamenti delle
nuove imprese sono fortemente erratici perché sottoposti all'azione stocastica dell'ambiente
esterno
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.
In presenza di tali fattori, gli studi sui fattori di successo, limitandosi ad analizzare la relazione
lineare di causa-effetto tra componenti iniziali e risultati finali del processo di nascita, perdono
di capacità interpretativa. Per raggiungere l'obiettivo di individuare i fattori in grado di garantire
il successo iniziale vi è la volontà di ricercare connessioni semplici e deterministiche che, però,
è pressoché impossibile riuscire a focalizzarle con riferimento a un processo complesso come
quello della creazione di una nuova impresa.
Ciò che invece sembra più ragionevole e tentare di capire in profondità le “logiche di
funzionamento” di questo processo, studiando le modalità con cui le variabili iniziali danno luogo
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Cfr. Sorrentino M., “Le nuove imprese. Economia delle nuove iniziative imprenditoriali”, Cedam, 2003.
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agli esiti del processo stesso, positivi o negativi che siano. In altre parole piuttosto che cercare
di determinare cosa porta al successo, analizzando le condizioni iniziali finali del processo di
nascita, sembra più opportuno studiare le logiche di funzionamento delle nuove imprese con
l'intento di generare un set approfondito di conoscenze relative all'economia iniziale della neo-
impresa.
Giova a questo punto focalizzare l'analisi sulle dinamiche di conversione delle variabili del
sistema in modalità di comportamento, costituendo dunque l'essenza del concetto di logica di
funzionamento delle nuove imprese, concetto che, in ultima istanza, risponde alla domanda
"cosa accade nei primi anni di vita delle nuove imprese".
La logica di funzionamento conferisce rilievo gli obiettivi dei soggetti, ma contempla anche
elementi di analisi rilevabili sia a livello individuale che macro-ambientale. Ad esempio il ruolo
delle caratteristiche personali dei neo-imprenditori, ruolo che gli impianti di indagine basati sulla
ricerca delle determinanti del successo tendono direttamente a misurare, viene assorbito dalla
esplorazione degli obiettivi dell'imprenditore, dato che questi emergono anche come
conseguenza dei particolari connotati psicologici posseduti soggetti.
La logica di funzionamento concentra e focalizza lo studio delle nuove imprese prevedendo
l'osservazione prolungata nel tempo (un certo numero di anni) dell’attività partendo dalla
nascita.
1.2 Cenni alla teoria della frangia periferica
Lo studio parte dall’osservazione, in quasi tutti i settori industriali, di elevati tassi di natalità e
mortalità delle imprese. La maggior parte delle cessazioni di attività imprenditoriale si verifica
nelle imprese appena nate e molte di quelle che nascono sono di piccolissime dimensioni.
Il contributo alla letteratura economica, iniziato da Marshall e ripreso da Beccatini, di questo
filone di studi è collocabile nell’ambito della demografia industriale.
I due autori propongono una rappresentazione della realtà industriale suddivisa come mostra la
figura 1 in due parti: da un lato un “nucleo stabile” di imprese e dall’altro innumerevoli piccoli
produttori che rappresentano la “frangia” del mercato. I due comparti produttivi sarebbero
divisi da una soglia dimensionale critica “S”, che rappresenta il punto di passaggio dall’area di
marginalità del fringe, caratterizzata da elevati tassi di nati-mortalità delle imprese e pressoché
assenza di barriere all’entra e all’uscita, al nucleo stabile, ove le imprese hanno ormai superato
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la fase di selezione naturale e sono riuscite a forzare le barriere all’entrata presenti al di là della
soglia e raggiungendo una dimensione minima efficiente.
Figura 1 Fonte: Contini B. e Ravelli R., “Natalità e mortalità delle imprese italiane: risultati preliminari e nuove
prospettive di ricerca”
Le imprese facenti parte della area periferica del fringe sono caratterizzate da alcuni elementi
comuni come la marcata fragilità sia a livello organizzativo e sia a livello finanziario. La formula
imprenditoriale in questione concerne sulla realizzazione di bassi investimenti iniziali,
sull’allestimento di una capacità produttiva limitata e sull’utilizzo di tecnologie di ampia
diffusione per via dell’ampio ricorso all’utilizzo di macchinari usati. Pertanto tali elementi si
possono riassumere nella assenza di costi persi sostenuti per entrare nel settore e le fragilità della
formula imprenditoriale.
Inoltre, non è facile per queste imprese reperire fonti di finanziamento esterne. Pertanto col
sopraggiungere del fabbisogno naturale di capitale per il funzionamento, che già nelle imprese
strutturate costituisce un problema comune, le imprese in questione sono spinte ad abbandonare
l’industria.
In un contesto del genere non è difficile immaginare che le imprese dell’area marginale
dipendano fortemente dai mercati di sbocco, con la conseguenza di una connotazione delle
stesse di autonomia scarsa.
È possibile ricollegare, a questo punto, il comportamento iniziale delle neo-imprese del fringe
ad una logica definibile di try and see: un’impresa che nasce tenta ed entra sul mercato e, una volta
lì, cerca di consolidarsi.