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INTRODUZIONE
Il presente lavoro si concentra sulle relazioni tra Stati Uniti e Romania in un periodo
particolarmente rilevante, ovvero il decennio che va dal 1965 al 1975. Queste due date, prese
come riferimento, sono significative. Il decennio che abbiamo preso in considerazione
rappresenta una fase in cui i due paesi si avvicinarono e in cui la Romania condusse una
politica indipendente rispetto all’URSS. Nonostante il clima di Guerra Fredda, assistiamo
infatti ad una ripresa dei rapporti tra i due paesi grazie alle figure dei presidenti americani e al
ruolo che giocherà il leader rumeno Ceausescu in questo particolare momento storico.
Quest’ultimo si presentava come il ‹‹profeta della pace dei popoli e del superamento dei
blocchi›› ﴾
1
﴿.
Il 1965 rappresenta l’anno della sua ascesa al potere. Egli guiderà il suo paese per più di
vent’anni perseguendo una politica indipendente nei confronti di Mosca e intrattenendo
relazioni con i governi occidentali.
Più tardi egli sarà bollato come un terribile dittatore e tutt’ora rimane una figura controversa.
Ma agli esordi del suo regime, egli fu molto apprezzato all’estero. Gli occidentali lo
salutavano come un nuovo tipo di leader comunista ed egli seppe utilizzare abilmente la sua
vena nazionalista e anti-sovietica per ottenere il sostegno delle grandi potenze occidentali e
per portare avanti i suoi obiettivi politici.
Di particolare rilievo fu il rapporto che il dittatore rumeno riuscì ad instaurare con gli Stati
Uniti. A partire dal 1965, con la figura di Ceausescu, ma anche grazie all’abilità diplomatica
statunitense, Stati Uniti e Romania incrementarono i loro scambi, soprattutto commerciali,
inaugurando una fase di relazioni cordiali e di amicizia nonostante le loro profonde
divergenze e l’antagonismo tra i due blocchi.
La nostra ricerca termina con il 1975, non solo perché la documentazione pubblicata non
permette di spingerci oltre, ma anche perché il 1975 segna invece l’apogeo di questa fase
felice nei rapporti tra i due paesi. È la data della firma dell’Atto finale della Conferenza di
Helsinki, fortemente voluta dallo statista rumeno e che aveva come obiettivi la ripresa del
1
PANEBIANCO SANTI ALESSANDRO, La Romania di Ceausescu, 1965-1989, ed Rubettino, 2001, p.8
2
dialogo tra i due blocchi, il riconoscimento delle frontiere europee e la sicurezza in Europa.
Questa data segna anche la fine di una parabola poiché sempre in quell’anno il dittatore
rumeno decretò la chiusura delle frontiere, inaugurando una fase più funesta nella storia delle
relazioni internazionali e nel suo paese.
L’adozione dell’Atto Finale della Conferenza di Helsinki rappresenta forse l’ultimo segno di
questa amicizia tra la Romania comunista e i paesi occidentali e in particolare gli Stati Uniti.
In realtà la politica di apertura della Romania agli Stati Uniti seguita da Ceausescu era stata
avviata da Gheorghe Gheorghiu-Dej, il quale conduceva una politica nazionalista, di
indipendenza nei confronti di Mosca e di avvicinamento a Washington, in un momento in cui
anche gli Stati Uniti stavano inaugurando un nuovo approccio al blocco orientale.
Ci siamo concentrati sul decennio 1965-1975 proprio per dimostrare la fase ascendente dei
rapporti bilaterali tra Romania e Stati Uniti. Abbiamo anche voluto mettere in luce come la
figura di Ceausescu fosse stata adulata dagli occidentali e come il leader balcanico fosse
riuscito a dare prestigio internazionale al suo paese.
Per ritracciare il corso degli avvenimenti in questi dieci anni è stato sicuramente
indispensabile ricorrere alle fonti diplomatiche, in particolare quelle fornite dal Dipartimento
di Stato americano.
Sono state interessanti anche le testimonianze dirette del Presidente Nixon e del Segretario di
Stato Kissinger, protagonisti di questo decennio, così come tratte dalle loro rispettive
Memorie.
Per avere una visione imparziale era tuttavia necessario consultare anche le fonti rumene.
Non ci sono pubblicazioni di documenti diplomatici romeni paragonabili alle FRUS né mi è
stato possibile fare ricerca negli archivi rumeni. Mi sono avvalsa quindi delle raccolte annuali
dei discorsi di Ceausescu, pubblicate e tradotte in tutte le lingue e La Romania sulla via verso
il socialismo e nella lotta contro l’imperialismo, che costituiscono sicuramente uno spunto
interessante. Lo statista rumeno enuncia qui i principi della sua politica interna e
internazionale, la sua visione dei rapporti di forza sulla scena mondiale.
3
La diplomatie roumaine, aperçu historique, del diplomatico rumeno Mircea Malita, che
svolse l’incarico di ambasciatore a Washington, ribadisce i principi di politica estera portati
avanti da Ceausescu.
Durante gli anni del regime di Ceausescu numerose pubblicazioni testimoniano l’interesse
occidentale per la figura del dittatore balcanico, presentato sempre come un leader
indipendente e coraggioso.
Nel ’67, The new Rumania: from people’s democracy to socialist republic di Stephen Fisher
Galati, professore all’ università del Colorado, specializzato sull’Europa orientale anche
perché di origine rumena, vede la Romania come il ‹‹simbolo della resistenza ai diktat di
Mosca››.
Nicolae Ceausescu è una biografia dettagliata di Antonio Acone, che mette in luce positiva
l’attività dello statista rumeno e che enfatizza sulla sua abilità in politica internazionale,
definita un ‹‹capolavoro di equilibrio politico››.
Anche il libro di Gian Luigi Berti, delegato della Repubblica di San Marino presso
l’UNESCO, Ceausescu e il ruolo internazionale dei piccoli e medi stati, con una prefazione
di Andreotti, enfatizza sul ruolo internazionale giocato dal leader rumeno, il prestigio di cui
godeva il suo paese grazie alla sua attività sulla scena mondiale e vede nella Conferenza di
Helsinki il materializzarsi dei principi da sempre propugnati da Ceausescu, ovvero la
necessità della partecipazione degli stati piccoli e medi nell’arena internazionale. A conferma
di quanto asserito possiamo notare che alla Conferenza di Helsinki parteciparono anche la
Repubblica di San Marino, il Liechtenstein, Malta, Monaco e la Santa Sede.
Il saggio del professore Joseph Harrington, presentato durante il simposio per il centenario
delle relazioni tra Stati Uniti e Romania alla fondazione Dragan a Roma, ripercorre la storia e
in particolare gli sforzi anche dell’ amministrazione americana per incrementare gli scambi
con la Romania, nonostante l’opposizione del Congresso.
Il saggio di Mary Ellen Fisher, autrice di una serie di pubblicazioni sul comunismo in
Romania, presentato durante la stessa occasione, inquadra i rapporti tra Stati Uniti e Romania
dal 1965 al 1980 all’interno di un immaginario triangolo di cui l’URSS rappresenta la terza
punta.
4
Il socialismo di Ceausescu di Ugo Ragozzino, uscito nell’87, insiste sull’ attivismo del leader
rumeno e sul suo ruolo di spicco in ambito internazionale per la sua politica estera.
Dopo la caduta del muro di Berlino e il crollo dei regimi comunisti, la cospicua produzione
sul tema tende a condannare il regime di Ceausescu.
Kiss the hand you cannot bite, the rise and fall of the Ceausescu’s, del giornalista britannico
Edward Behr è eccessivamente critico e riporta con insistenza particolari superflui per
muovere critiche allo statista rumeno, mettendo soprattutto in evidenza la megalomania e la
ricchezza o l’ignoranza del dittatore e della moglie, e costruendo anche un’immagine
caricaturale della Romania, ricorrendo a stereotipi. Ma tra le righe si può comunque evincere
il ruolo internazionale svolto da Ceausescu nel decennio da noi preso in considerazione,
nonostante la scarsa obiettività dell’autore.
Il caso rumeno di Richard Wagner, rumeno della minoranza di etnia tedesca, marito del
premio Nobel per la letteratura Herta Muller e dissidente del regime, riconosce comunque il
coraggio rumeno in particolare nel momento in cui Ceausescu rifiutò di marciare su Praga,
sfidando le direttive di Mosca.
Più di recente, nel 2001, è stato pubblicato un agevole manuale che descrive il ventennio
dominato dal dittatore rumeno: La Romania di Ceausescu, 1965-1989. L’autore, Panebianco
Santi Alessandro, enfatizza molto sul credito internazionale riscosso dal leader comunista, in
particolare durante il primo decennio del suo regime. Sostiene infatti che i primi anni furono
‹‹anni di gloria e prestigio internazionale›› per le numerose prove di indipendenza nei
confronti di Mosca e per il ruolo giocato in ambito internazionale. Lo difende anche nel
momento in cui affronta la crisi e la caduta del suo regime, attribuita ad una ‹‹congiura››
all’interno del partito comunista, dichiarando che Ceausescu fu ‹‹vittima di un colpo di stato
dall’interno››.
Il libro non è più edito e attualmente il materiale reperibile su questo tema è assai scarso.
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CAPITOLO I
DA GHEORGHIU-DEJ A NICOLAE CEAUSESCU
Gheorghiu-Dej e gli Stati Uniti
A partire dal 1945, come noto, la Romania precipitò nella sfera di influenza sovietica.
L’Unione sovietica appoggiò l’ascesa al potere dei comunisti. Inizialmente i sovietici
fecero pressioni affinché il partito comunista, fino ad allora illegale, entrasse nel
governo. Progressivamente i comunisti egemonizzarono il potere, occupando i
ministeri chiave, mentre i partiti non comunisti venivano eliminati dallo scenario
politico nazionale.
Il governo comunista di Petre Groza fu riconosciuto dagli Stati Uniti e le relazioni tra i
due paesi, che erano state interrotte nel momento della dichiarazione di guerra da parte
rumena il 12 dicembre del 1941 , ripresero il 7 febbraio del 1946 a livello di legazioni.
Il primo ottobre dello stesso anno, fu inviato a Washington il diplomatico Mihai
Ralea ﴾
2
﴿ come ministro plenipotenziario della legazione rumena, mentre a Bucarest
giunse Rudolph E. Schoenfeldt.
In Romania, i sovietici diedero vita alle Sov-Rom, joint-ventures che mascheravano il
drenaggio delle risorse rumene e che andavano ad aggiungersi alle pesanti riparazioni
di guerra già pagate dalla Romania all’URSS.
Gli oppositori politici vennero imprigionati, torturati e addirittura uccisi.
2
Mihai Ralea fu anche rappresentante rumeno all’UNESCO
6
Il 13 aprile 1948 la nuova Costituzione rumena proclamò la Repubblica popolare di
Romania e si instaurò un regime vassallo di Mosca: infatti, consiglieri sovietici
giungevano nel paese per fare rapporto a Mosca e tutta la società veniva
continuamente tenuta sotto controllo da agenti e informatori della polizia segreta.
La nuova Costituzione puniva le associazioni fasciste e anti-democratiche, da leggere
come anti-comuniste.
Negli anni ’50 la Romania era ormai a pieno titolo un paese del blocco socialista. Già
membro fondatore del COMECON ﴾
3
﴿, nel 1955 aderì al Patto di Varsavia, l’alleanza
militare del blocco orientale.
L’appartenenza della Romania alla sfera di influenza sovietica, durante la fase iniziale
della Guerra Fredda, ovviamente deteriorò i suoi rapporti con l’Occidente e in
particolare, per quanto ci interessa, con gli Stati Uniti. Infatti, il diplomatico Mihai
Magheru fu ricevuto con freddezza dal Presidente Truman, il quale era ossessionato
dal contenimento dell’avanzata comunista. In generale, i contatti tra i due blocchi
erano quasi inesistenti.
Tuttavia, nel corso degli anni ’60, le relazioni tra Stati Uniti e Romania migliorarono
quando il paese, guidato da Gheorghe Gheorghiu-Dej iniziò a prendere le distanze da
Mosca, perseguendo una politica indipendente e di avvicinamento agli americani.
Lo statista rumeno seguiva con particolare interesse l’evoluzione della politica
americana dal momento dell’elezione del Presidente J.F. Kennedy, il quale aveva
inaugurato un nuovo corso nei rapporti con i paesi del blocco orientale. Gheorghiu-Dej
desiderava un avvicinamento agli Stati Uniti, sia per non dipendere, sul piano
economico, esclusivamente dal vicino russo, sia per dare prestigio interno e
internazionale al suo regime.
3
Il Consiglio di Mutua Assistenza Economica, formato da URSS, Bulgaria, Ungheria, Cecoslovacchia e
Polonia, aveva come obiettivo la cooperazione tra le economie pianificate dell’URSS. La potenza
sovietica forniva assistenza tecnica e altre forme di aiuto alle economie socialiste dei suoi satelliti.
L’organizzazione era nata nel gennaio del 1949 in reazione al Piano Marshall. Era egemonizzata
dall’URSS, la quale deteneva da sola il 90% delle fonti energetiche, il 70% della popolazione e il 65%
delle entrate nazionali. L’obiettivo principale dell’organizzazione era quello di mantenere la leadership
sovietica sulle economie dei paesi satelliti, scoraggiando i loro scambi con l’Occidente.
7
A loro volta, come accennato, anche gli Stati Uniti avevano impresso un nuovo corso
alla loro politica estera nei confronti del blocco orientale e possiamo senza dubbio
affermare che il mandato di Kennedy segnò l’inizio della normalizzazione dei rapporti
tra Stati Uniti e Romania. Il neo-Presidente chiese al Congresso di usare gli strumenti
economici per migliorare le relazioni con il blocco orientale e in particolare con la
Romania. Le lobby americane appoggiarono la politica di Kennedy.
Tra il novembre del ’59 e il mese di marzo del ’60 si svolsero infatti dei negoziati tra
Stati Uniti e Romania per ridurre il debito rumeno da 60 a 24,5 milioni di dollari e per
incrementare i commerci tra i due paesi. La Romania impiantò un ufficio commerciale
a New York e furono avviati negoziati per scambi scientifici e culturali.
Nel dicembre del ’60, Foy Kohler, assistente del segretario di stato per gli affari
europei, e il Ministro degli Esteri rumeno George Macovescu, firmarono a
Washington accordi per gli scambi in ambito tecnico e scientifico.
La nuova politica di indipendenza, portata avanti coraggiosamente da Gheorghiu-Dej,
era dovuta soprattutto a contrasti di natura economica con il fratello russo. In
particolare, lo statista rumeno, si opponeva all’idea di specializzazione dei compiti tra
paesi socialisti, proposta da Kruscev nell’agosto del ’61 alla riunione del Consiglio del
COMECON, poiché questa avrebbe trasformato la Romania nel ‹‹granaio d’Europa››
mentre la sua ambizione era quella di diventare un paese industrializzato.
Il distacco dall’URSS era anche motivato da un certo risentimento nazionalista per il
fatto che le regioni storiche della Romania erano passate nuovamente sotto il controllo
russo con il secondo conflitto mondiale.
Un ulteriore motivo di disaffezione per il vicino sovietico era la consapevolezza delle
implicazioni del ‹‹partenariato servile›› con l’URSS. Per partenariato servile si
intendeva il fatto che, in caso di guerra tra URSS e Stati Uniti, la Romania avrebbe
dovuto necessariamente schierarsi da parte sovietica. Ciò spaventava i leader rumeni e
fu evidente soprattutto durante la crisi dei missili. Durante questo periodo, uno dei più
critici della Guerra Fredda, in cui si sfiorò il rischio di una guerra nucleare tra le due
superpotenze, Gheorghiu-Dej e il suo Primo Ministro, Gheorghe Maurer, si trovavano
a Mosca. Maurer fece notare al suo superiore che in caso di conflitto con gli Stati
8
Uniti, i rumeni avrebbero dovuto combattere al fianco della potenza sovietica. Questo
fu uno dei motivi che spinse lo statista rumeno ad allentare i legami con i russi,
aprendo anche un dialogo con gli Stati Uniti.
Tuttavia la crisi dei missili fece riemergere il fantasma del comunismo negli Stati
Uniti. È vero che il Trade Expansion Act del ’62 attribuiva al Presidente l’autorità per
ridurre le tariffe commerciali, ma la sezione 231 A dell’Atto proibiva al Presidente di
estendere la clausola della nazione più favorita.
Intanto la Romania continuava a seguire una linea politica indipendente, ma
nonostante gli sforzi di William Crawford, che cercava di illustrare agli americani i
rapidi mutamenti compiuti in Romania, queste azioni suscitarono poca attenzione a
Washington. Tuttavia, Crawford trovava un alleato nella persona del Presidente,
favorevole ad un nuovo approccio nei confronti del blocco orientale.
Nel febbraio del ’63, il Dipartimento di Stato americano approvò delle linee guida per
un nuovo approccio al blocco orientale, dando avvio ad una ‹‹politica di
penetrazione›› per modificare le restrizioni al commercio e concedere al Presidente
maggiore autorità per trattare con i singoli paesi comunisti. Il commercio con gli Stati
Uniti era importante per i paesi del blocco proprio nel momento in cui l’URSS
imponeva ai suoi satelliti una maggiore subordinazione ﴾
4
﴿.
La politica di Kennedy nei confronti del blocco orientale fu portata avanti, dopo il suo
assassinio, dal Presidente Johnson, coadiuvato da Harriman, Crawford, Vedeler
(direttore dell’Ufficio degli affari europei) e da Philp Trezise (assistente del segretario
per gli affari economici).
Gli americani sceglieranno proprio la Romania come esperimento per la nuova
politica. Nel febbraio del ’63 il Presidente Johnson permise alla Export-Import Bank
di concedere crediti per i prodotti agricoli alla Romania. In un discorso di Rusk, nello
stesso mese, si enunciava la nuova politica e i suoi obiettivi: evitare la diffusione del
comunismo, ridurre la conflittualità tra i blocchi, incoraggiare l’indipendenza
nazionale dei paesi comunisti tramite lo strumento economico.
4
J. HARRINGTON, Romanian-American relations from 1945 to 1969, in 100 years of American-Romanian
relations, edited by Radu Florescu, Roma, Nagard, 1982
9
Durante il 1963 furono molti i segni di indipendenza rumena nei confronti di Mosca.
Innanzitutto la Romania rivendicava la propria autonomia nell’ambito del
COMECON. Come abbiamo già visto, erano soprattutto contrasti di natura economica
che la opponevano al suo vicino russo.
Fu per questo motivo che, al Summit di Mosca nell’estate del ’63, la Romania dichiarò
di voler perseguire la sua corsa per la costruzione di un’economia industriale. I
rappresentanti rumeni, ancora una volta, rifiutavano le linee imposte da Kruscev,
sostenendo che il COMECON non poteva adottare decisioni se non all’unanimità e
che, in ogni caso, queste non potevano contrastare con il volere e gli interessi dei paesi
membri.
Sempre nell’ambito del Consiglio di Mutua Assistenza Economica, la Romania
resistette con fermezza ai tentativi sovietici di impiantare agenzie sovranazionali. Di
fronte alla risolutezza rumena, l’URSS si era vista costretta a tornare a forme di
cooperazione bilaterale e trilaterale con gli altri membri dell’organizzazione
economica socialista. Si noterà il parallelismo con la Francia di De Gaulle; anche il
generale francese si era opposto alla creazione di organi sovranazionali, come i rumeni
facevano nell’ambito del COMECON.
Un altro segno evidente della volontà rumena di emanciparsi dalla soggezione a
Mosca fu la chiusura dell’Istituto Gorki, il principale centro culturale sovietico in
Romania. Da quel momento, l’insegnamento della lingua russa cessò di essere
obbligatorio nel paese.
Nell’estate del ’63, inoltre, quando i russi e i cinesi accentuarono la loro rottura,
scambiandosi pubbliche accuse, di revisionismo da una parte e di dogmatismo
dall’altra, la Romania decise di rimanere neutrale nella disputa. Anzi, intensificò le sue
relazioni con la Repubblica popolare Cinese e riallacciò i rapporti con l’Albania,
schierata palesemente su una posizione filo-cinese ﴾
5
﴿.
5
L’Albania era rimasta isolata quando l’URSS si era riavvicinata alla Iugoslavia e aveva allora cercato
il sostegno cinese. durante il XXII Congresso dei partiti comunisti a Mosca, Chou En Lai criticò
Kruscev per non aver cercato di negoziare con gli albanesi invece di denunciarli pubblicamente. Per i
cinesi, l’Albania rappresentava il paese che aveva conservato la purezza della dottrina marxista
leninista, mentre i sovietici venivano accusati di revisionismo.
10
Si riaccese inoltre la polemica sulla Bessarabia, appartenuta alla Romania fino al ’40,
da quando fu divisa tra Moldavia e Ucraina.
Si può senz’altro affermare che gli americani osservavano con soddisfazione i recenti
segni di indipendenza rumena e ciò poneva le basi per un miglioramento dei rapporti
tra i due paesi, anche da un punto di vista economico. L’aspetto economico era ciò che
interessava maggiormente i rumeni, i quali avevano fretta di incrementare gli scambi
commerciali con gli Stati Uniti, chiedendo di poter esportare nel loro paese ed
eventualmente usufruire della clausola della nazione più favorita o di qualsiasi altra
tariffa vantaggiosa per alcuni prodotti chiave.
Dati questi segni di indipendenza e nel tentativo di slacciare questo paese
dall’influenza sovietica, gli Stati Uniti immaginarono anche di elevare il livello delle
missioni diplomatiche in Romania al rango di ambasciate. È quanto emerge dal
telegramma del Dipartimento di Stato indirizzato alla Francia nel settembre del ’63. La
situazione internazionale pareva essere favorevole. La Romania era il paese che aveva
manifestato la maggiore indipendenza e la volontà di avvicinarsi all’Occidente e
bisognava incoraggiarla su questa via.
Anche da un punto di vista culturale il paese si apriva alla cultura occidentale,
ospitando mostre di arte astratta e concerti di musica jazz.
Ma è soprattutto con la Dichiarazione del 22 aprile 1964 che la Romania rivendicò la
sua intenzione di esercitare l’indipendenza e l’eguaglianza nazionale nel mondo
comunista. Si trattava di una proclamazione di emancipazione dalla condizione di
satellite e segnava l’emergere di quello che gli storici definirono giustamente una
forma nuova ed originale di comunismo nazionale.
Nella dichiarazione veniva affermata la pari dignità di tutti i partiti comunisti, il diritto
per ogni paese socialista di determinare autonomamente la propria politica senza
subire ingerenze esterne. Ogni stato socialista aveva la facoltà di elaborare, scegliere e
cambiare le forme e i metodi della sua costruzione socialista. Non vi poteva essere un
partito padre e un partito figlio, un partito superiore e un partito subordinato; esisteva
solamente una grande famiglia dei partiti comunisti ed operai aventi uguali diritti.
11
La tesi sostenuta dai rumeni era quella del policentrismo: ‹‹la diversità tra gli stati
comunisti era naturale ed essenziale, ogni partito aveva il diritto esclusivo di elaborare
indipendentemente la propria linea politica, nessun partito godeva di una posizione
privilegiata o era in grado di imporre le proprie linee o le proprie opinioni sugli altri
partiti›› ﴾
6
﴿. Si trattava evidentemente di un deciso rifiuto dell’egemonia sovietica e
nella dichiarazione non veniva nemmeno menzionato il ruolo di avanguardia giocato
dal PCUS.
Agli occhi degli americani, questa dichiarazione era molto significativa e il Ministro
per la Romania, William Crawford, consigliava di tenere sott’occhio gli sviluppi futuri
nel paese.
Nel maggio del ’64 presero avvio i negoziati rumeno-statunitensi ﴾
7
﴿. La delegazione
rumena era guidata da Gaston-Marin, accompagnato da Mihail Florescu (Ministro del
Petrolio e delle industrie chimiche), George Macovescu, Mihai Petri (vice-ministro del
commercio estero) e Petre Balaceanu. Da parte americana i negoziati erano condotti da
Crawford e Harriman.
In quel periodo Johnson enunciò la politica del ‹‹bridge building››, ovvero creare dei
ponti verso i paesi dell’Europa orientale. Questi ponti avevano la funzione di
incrementare gli scambi commerciali e gli obiettivi di questa politica erano: guidare
questi paesi verso l’indipendenza, aprire le nuove generazioni ai valori della civiltà
occidentale, dare libero gioco alle forze nazionali, mostrare a questi paesi l’importanza
delle relazioni con l’occidente.
I negoziati con i rumeni affrontarono quattro argomenti: i crediti a lungo termine, la
clausola della nazione più favorita, le ambasciate e le licenze per l’esportazione.
Gaston-Marin chiedeva invano crediti a lungo termine; gli Stati Uniti erano troppo
preoccupati per la loro bilancia dei pagamenti per accettare. Tuttavia, la Romania
6
Telegram from the Legation in Romania to the Department of State, May 12, 1964, in FRUS,
document 141, vol XVII
7
Memorandum of conversation, may 18, 1964, in FRUS, document 142, vol XVII; J. HARRINGTON,
op cit
12
ottenne crediti a medio termine e il 15 giugno del ’64 Johnson concesse maggior
potere alla Export-Import Bank.
La clausola della nazione più favorita era fortemente richiesta dai rumeni, che
desideravano ottenere lo stesso trattamento di Polonia e Iugoslavia, ma il Presidente
americano aveva le mani legate. Il Congresso americano si opponeva alla concessione
di tale clausola ai paesi comunisti. Il Trade Expansion Act del ’62 rifletteva appunto la
reazione americana alla costruzione del muro di Berlino e alla crisi dei missili. L’unico
risultato raggiunto fu l’impegno da entrambe le parti per incrementare gli scambi
commerciali.
Gli americani erano disposti ad elevare le legazioni al rango di ambasciate in Romania
data la manifesta indipendenza da Mosca e per competere con l’URSS, la quale aveva
ambasciate dislocate in tutto il mondo.
I risultati dei negoziati furono annunciati il primo giugno.
Nel campo della politica internazionale, la Romania non intendeva svolgere un ruolo
passivo, accontentandosi di ratificare le decisioni prese dalle grandi potenze. Pur
appartenendo al blocco socialista, desiderava una convivenza pacifica e buoni rapporti
con tutti i popoli, nonché la soluzione dei maggiori problemi internazionali tramite
negoziati. Come sosteneva il leader comunista rumeno Gaston- Marin ﴾
8
﴿, durante la
sua visita negli Stati Uniti , la Romania aveva sempre voluto tenere una linea politica
indipendente, ma ‹‹la vera indipendenza non poteva essere portata avanti senza
acquisire una base economica indipendente›› ﴾
9
﴿. Ecco perché il rappresentante rumeno
8
leader comunista di origine ebraica; ricoprì vari incarichi governativi: consigliere alla Presidenza del Consiglio
dei Ministri, vice-Ministro per l’Economia Nazionale. Partecipò come membro della delegazione rumena alla
Conferenza di Parigi nel ’47. Tra il ‚49 e l’82 svolse importanti funzioni di responsabilità nella pianificazione
economica, come Ministro dell’Energia Elettrica e delle Industrie Elettroniche, Presidente del Comitato di Stato
per le Pianificazioni e vice-Presidente del Consiglio dei Ministri. In parallelo, ricoprì anche la carica di
Presidente del Comitato di Stato per l’Energia Nucleare. Fu anche deputato alla Grande Assemblea Nazionale e
membro del Comitato Centrale. Nel ‚63, dopo aver partecipato ai funerali del Presidente americano Kennedy,
egli consolidò le relazioni diplomatiche con il mondo occidentale, in particolare con gli Stati Uniti. Queste azioni
furono incoraggiate dal Presidente Johnson.
9
Telegram from the Legation in Romania to the Department of State, May 12, 1964, in FRUS, document 141,
vol XVII
13
sollecitava l’aiuto americano. E infatti in quell’anno, rumeni e americani avviarono
trattative per scambi commerciali.
Bundy, assistente per il National Security Council ﴾
10
﴿, suggerì al Presidente Johnson di
emanare un comunicato per annunciare i risultati raggiunti durante i negoziati con i
rumeni: l’espansione dei commerci, l’approvazione per l’acquisto di undici impianti
industriali, l’autorizzazione per trattare direttamente con i fornitori privati, in cambio
della promessa rumena di non re-esportare e non divulgare quanto fornito dagli
americani senza il loro consenso. In futuro ci si sarebbe accordati per una convenzione
consolare, sarebbero stati raggiunti accordi per scambi culturali, per impiantare uffici
turistici ed elevare le legazioni al rango di ambasciate. I rumeni avevano accettato le
offerte americane sebbene la concessione della clausola della nazione più favorita,
fortemente voluta dal governo rumeno, fosse stata rinviata. Era tenace la volontà
rumena di stabilire relazioni economiche con gli Stati Uniti, poiché queste costituivano
lo strumento essenziale per condurre una politica indipendente nei confronti di Mosca.
Nonostante il diniego americano circa la clausola della nazione più favorita, l’accordo
raggiunto con i rumeni fu il trattato più liberale riguardo il commercio con un satellite
dell’URSS.
Il primo agosto 1964, le legazioni divennero ambasciate in entrambi i paesi. La
Romania nominò Petre Balaceanu come ambasciatore negli Stati Uniti il 14 agosto; il
4 dicembre dello stesso anno, William A. Crawford, già Ministro per la Romania dal
1962, fu promosso ambasciatore, presentando le credenziali il 24 dicembre e
rimanendo in servizio fino al ’65.
In generale, possiamo affermare che il 1964 fu per i rumeni un anno d’oro. Come nota
il giornalista Edward Behr, ‹‹il fatto che la Romania avesse potuto sfidare in tutta
impunità i sovietici, era considerata una prova che esse fosse diventato un paese con
cui bisognava ormai fare i conti, sebbene in realtà era stata la disputa sino-sovietica,
10
Il Consiglio per la Sicurezza Nazionale è l’organo principale utilizzato dal Presidente americano per esaminare
la sicurezza nazionale. La sua funzione è quella di consigliare e assistere il Presidente sulla sicurezza nazionale e
sulla politica estera.
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che focalizzava l’attenzione di Mosca, ad averlo reso possibile››﴾
11
﴿. Altri grandi
problemi internazionali, infatti, preoccupavano Kruscev e ‹‹lo rendevano meno capace
di tenere sotto controllo il comportamento dei satelliti nell’Europa orientale. La
relazione tra questi ultimi e l’URSS stava cambiando lentamente›› ﴾
12
﴿.
Oltre al comportamento sicuramente più indipendente da parte della Romania di
Gheorghiu-Dej, bisogna anche notare che a partire dal ’64, l’amministrazione Johnson
si concentrò maggiormente sull’Europa orientale proprio per slacciare i paesi satelliti
dalla presa sovietica tramite una limitata assistenza economica nota come la ‹‹politica
del Bridge Building››. Questa politica, come vedremo, ebbe solo parzialmente
successo poiché si scontrò con l’opposizione del Congresso americano.
Ciò nondimeno, americani e rumeni intensificarono i loro rapporti, in maniera ancora
più significativa nel momento dell’ascesa al potere di Nicolae Ceausescu nel 1965.
11
E. BEHR, Kiss the hand you cannot bite, the rise and fall of the Ceausescu’s, Hamilton, London, 1991, p.115-
116
12
BEHR, op cit. p.112