5
La pubblicità televisiva, è una delle caratteristiche distintive delle campagne statunitensi e il suo
ruolo non pare destinato a ridursi, anche se è in corso un ripensamento dei suoi metodi per adattarli
ai cambiamenti nel sistema della comunicazione.
La terza e ultima parte analizza un caso empirico: gli spot elettorali nella campagna per la
presidenza della Casa Bianca nel 2004 tra Bush e Kerry. Le strategie dei due staff comunicativi,
quello dei Democratici e quello dei Repubblicani, sono state impostate su linee molto differenti. I
Repubblicani avevano come obbiettivo di far recuperare consenso nell’opinione pubblica per il
Presidente ancora in carica, George W. Bush, mentre i Democratici dovevano presentare e far
conoscere ai cittadini americani il Senatore John Kerry, creando un’immagine adatta per
un’aspirante alla carica presidenziale.
Da queste diverse premesse il lavora analizza le differenti strategie comunicative dei due staff
basandosi sullo studio delle immagini, dei temi trattati ed analizzando, nel dettaglio, le strategie
comunicative utilizzate.
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Capitolo 1
“La nuova comunicazione politica negli USA”
Nella maggior parte delle democrazie occidentali, la comunicazione politica ha attraversato negli
anni mutamenti significativi, nel complesso riconducibili a un percorso comune spesso anticipato
dagli Stati Uniti, che sono quindi diventati un esempio e un termine di paragone per studiosi e
professionisti.
L’osservazione scientifica ha accompagnato con grande attenzione l’evoluzione dei molteplici
fenomeni che sono connessi a vario titolo con il campo più generale della comunicazione politica,
ma che sono radicati in processi più ampi, quali la trasformazione dei valori e dei sistemi sociali (si
pensi, ad esempio, alle cause ed effetti del ’68), il progresso tecnologico e della comunicazione
(dalla televisione alla telefonia cellulare a Internet), le crisi delle ideologie e dei sistemi politici (la
guerra fredda e il crollo del muro di Berlino), la globalizzazione dell’economia e della cultura, e
così via.
Si tratta di processi complessi che si sono intersecati a più livelli e con diverse intensità nei decenni
che sono seguiti alla fine della Seconda guerra mondiale.
Parlare di comunicazione politica negli anni ’50 o ’60 poteva avere un significato molto diverso da
quello che ha oggi. Si pone dunque l’interrogativo se esistano diverse versioni di ciò che oggi
comunemente intendiamo per comunicazione politica, non tanto a livello di definizione astratta ma
come fenomenologia incarnata di un determinato ambiente sociale, politico e culturale. Jay Blumler
e Dennis Kavanagh, in un articolo dal titolo “The third age of political communication”
1
,
propongono di guardare agli sviluppi della comunicazione politica da una prospettiva temporale,
individuando tre grandi fasi dal secondo dopoguerra ad oggi: la prima, l’era pre-moderna,
nell’immediato dopoguerra e negli anni ’50; la seconda, l’era moderna, che va dagli anni ’60 agli
anni ’80; e la terza, l’era post-moderna, di cui mi occuperò qui di seguito, cha va dagli anni ’90 sino
ad oggi.
1
Blumler J. e Kavanagh D., (1999), The third age of political communication: Influence and features, in “Political
Communication”, pp. 209-230
7
1.1 L’era post-moderna
È la terza fase dell’evoluzione della comunicazione politica. È una fase ancora in fieri e molte delle
sue caratteristiche stanno prendendo forma in tempo reale: l’abbondanza di mezzi di
comunicazione, la loro pervasività in ogni anfratto della vita sociale e individuale, la velocità, la
convergenza tra telecomunicazioni e vecchi media.
La televisione come veicolo di informazione politica, oggetto da sempre del desiderio dei politici, si
è ulteriormente moltiplicata in mille canali, difficili da gestire tutti insieme per finalità politico-
partitiche, anche perché contemporaneamente si è frammentata anche l’audience.
Accanto alla televisione e ai media tradizionali, stanno conquistando una funzione di informazione
altri media, quali Internet e le attività che in Internet si sono sviluppate (posta elettronica, forum,
blog e così via) e che spesso si pongono come alternative alla informazione ufficiale o mainstream
di televisioni, radio e giornali riconosciuti dal potere.
La comunicazione politica della terza fase, secondo Blumler e Kavanagh
2
, subisce una mutazione
genetica secondo cinque principali direttrici:
1 Professionalizzazione del rapporto con l’opinione pubblica. I politici sono sempre più
costretti a ricorrere al know-how di professionisti della comunicazione per comunicare a rischio
zero con i media ma anche con i cittadini. Molti casi di news management da parte di stretti
collaboratori (spin doctors) per conto di governi e di leader politici (ad esempio, Bush, Blair) su
questioni scottanti, sono segnali della trasformazione dell’arte del governare nell’arte del
gestire l’informazione pubblica, tipici della fase post-moderna. Non tutti i media, tuttavia,
stanno a questo gioco, e in alcuni paesi hanno anche sviluppato una forte ostilità a queste
tecniche considerate manipolatorie. Nell’Inghilterra di Blair, per esempio, “essendo il New
Labour arrivato al potere attraverso il new managment, ha contribuito al sorgere di un genia di
giornalisti fieramente avversi a tali metodi”
3
.
2 Aumentata competizione tra contenuti dei media e comunicazione/informazione politica.
L’abbondanza di canali produce anche una smisurata quantità e diversità di programmi e
prodotti mediali prioritariamente con finalità di intrattenimento. Molta informazione
giornalistica è sempre più attenta al business, alla moda, al pettegolezzo, allo sport, a causa
2
Ibidem
3
Young H., (1999), Sceptical journalist, Parliament’s committees – All are swept aside, “The Guardian”, Febr. 11, cit
p.18
8
della galoppante commercializzazione dei sistemi della comunicazione, anche di servizio
pubblico. Il risultato più eclatante per quanto riguarda la comunicazione politica è il
cambiamento di visione della politica da parte dei media in chiave di infotainment: talk show o
varietà con passerelle di politici, programmi scandalistici e sensazionalistici, telegiornali rosa o
tabloid e così via.
3 Populismo. Fino a qualche anno addietro, il flusso della comunicazione politica era
essenzialmente top-down: le issues dell’agenda politica erano discusse principalmente tra
politici, giornalisti, esperti, leader di gruppi di pressione, davanti ad un pubblico passivo (o
impossibilitato a parteciparvi). Oggi, sempre di più, con il rapido declino delle ideologie, con la
diffusione delle tecniche di imbonimento degli elettori, con la crisi del “posizionamento” delle
élite del potere politico, mediatico e di altri settori della società, correnti di populismo
attraversano la società civile, ma anche gli stessi media e i territori della politica. I media, in
particolare, si “popolarizzano” puntando i riflettori sulla “varia umanità”, sui sentimenti e sul
privato, e, come si è visto, popolarizzano anche la politica con lo scopo di renderla più
conforme ai gusti e alle mode correnti. Un lato particolarmente interessante di questa tendenza
è quello evidenziato da Delli Carpini e Williams negli Stati Uniti: “il ruolo delle élite di
detentori della competenza politica sta tornando al pubblico, che sembra giocare un ruolo più
attivo nella costruzione dei significati sociali e politici, traendo spunti dalla narrativa
mediatica”
4
. Ma non manca anche un’interpretazione opposta, che la preferenza delle masse per
le agende socioindividuali rimetta la politica nelle mani delle élite meglio informate, e che
aumentino i rischi di una leadership demagogica.
4 Comunicazione centrifuga. Nell’era moderna, la comunicazione politica era soprattutto
centripeta: oggi la moltiplicazione dei canali e la frammentazione dei pubblici permette agli
attori politici di confezionare e indirizzare i proprio messaggi a determinate e specializzate
nicchie di destinatari. Ciò comporta una comunicazione dal centro alla periferia, per
conquistare il consenso di fasce di elettori “distratti” dai media nazional-popolari. Le indagini
di mercato, la segmentazione dei mercati elettorali per individuare i profili degli elettori, la
posta elettronica e l’informazione via siti web contribuiscono a questo flusso centrifugo della
comunicazione politica.
4
Delli Carpini M. e Williams B., (1998), The Politics of Popular Media, manoscritto non pubblicato, University of
Pennsylvania, citato in Mazzoleni G., (1998), La Comunicazione politica, Bologna, Il Mulino, p.42
9
5 Consumo occasionale di comunicazione politica. L’abbondanza dei media cambia anche le
modalità di ricezione da parte dei cittadini-elettori-audience. Si osserva l’emergere di abitudini
di consumo della politica che assomigliano alle modalità di acquisto in un supermercato.
Contenuti e messaggi politici possono affiorare ovunque, non necessariamente nei contenitori
informativi tradizionali. La politica infatti appare sempre più “diluita” nella programmazione
televisiva, nel cinema, nella stampa, in una sorta di contaminazione con altri generi e con altre
problematiche (come quelle legate alla “varia umanità” di cui di è detto). I contenuti politici
subiscono anche un processo di ridondanza, venendo spesso ripresi contemporaneamente da più
media.