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CAPITOLO PRIMO
Gli spazi della narrativa
1.1 La narrazione e la descrizione
Secondo la terminologia adottata da Chatman
1
, la narrazione
è una rappresentazione di eventi, la descrizione una
rappresentazione di esistenti (ambienti, paesaggi, personaggi). Se
nel poema epico, epico-cavalleresco, mitologico, sacro le
descrizioni assolvono essenzialmente una funzione esornativa
2
,
trionfante in special modo in età barocca, o allegorico-simbolica,
nell‟Ottocento si ha, viceversa, un mutamento sostanziale: i
romanzieri attribuiscono spazio e funzione rilevante alla
descrizione, che tende a perdere il carattere puramente esornativo
per divenire pienamente “significativa”. Per il romanzo moderno,
secondo Bourneuf e Ouellet, “lungi dall‟essere un‟aggiunta
decorativa più o meno parassitaria, la descrizione condiziona il
funzionamento del racconto nel suo insieme”
3
. Le talora lunghe e
articolate descrizioni di ambienti e personaggi, infatti, risultano
spesso determinanti per comprendere cause e motivazioni
dell‟agire dei personaggi: la descrizione, quanto a funzione, si
integra con la narrazione. Dunque nel romanzo, dal XVIII al XX
1 S. Chatman, Storia e discorso. La struttura narrativa nel romanzo e nel
film, Pratiche Editrice, Parma 1981, p. 15
2 Piacevoli parentesi nello sviluppo degli eventi, momenti di riposo poetico.
3 R. Bourneuf e R. Ouellet, L‟universo del romanzo, Einaudi, Torino 1976,
p. 113.
4
secolo, secondo Bourneuf e Ouellet, una sequenza descrittiva può
avere due funzioni principali: “creare ritmo nel racconto e far
vedere”
4
. Creare ritmo vuol dire che può provocare una
distensione dopo un brano ricco d‟azione o una suspense quando
interrompe il racconto in un momento critico; e può
rappresentare, talvolta, una „overture‟, nel significato musicale
del termine, che annuncia il movimento e il tono dell‟opera. La
seconda funzione di una sequenza descrittiva, si diceva, è “far
vedere”: la panoramica, la profondità di campo, gli effetti di luce,
la distanza in rapporto all‟oggetto, il cambiamento di piano per
situare il personaggio, l‟adozione di punti di vista differenziati,
attraverso quadri minuziosi o mediante tocchi “impressionistici”.
Infatti, un aspetto della rappresentazione dello spazio è costituita
dal punto di vista, dalla prospettiva da cui si immaginano
percepiti oggetti, paesaggi e personaggi. Spesso lo spazio e gli
esistenti sono rappresentati attraverso una serie di focalizzazioni
diverse che talora cooperano a creare effetti di variazione,
contrappunto o decisa contrapposizione. Inoltre la variazione di
prospettiva contribuisce a creare effetti più interessanti, regolando
il flusso di informazioni che vengono proposte al lettore.
Connesso all‟adozione del punto di vista è quello che
potremmo definire “l‟effetto lirico”
5
: un‟osservazione del
paesaggio secondo l‟ottica – gli occhi e la sensibilità – dei
4 R. Bourneuf e R. Ouellet, L‟universo del romanzo, cit.
5 H. Grosser, Narrativa, Principato, Milano 1985.
5
personaggi può arricchirsi delle emozioni che questi provano
nell‟atto del contemplare. In Senilità, il secondo romanzo di Italo
Svevo
6
, ad esempio, è frequente un gusto coloristico che
chiarisce, anche simbolicamente, i diversi atteggiamenti e
sentimenti dei personaggi e che si può definire impressionistico:
“Oggi fa bel tempo, nevvero? Il cielo dovrebb‟essere azzurro,
l‟aria dolce, il sole splendido. Io lo capisco ma non lo sento.
Vedo grigio e sento grigio”
7
.
Un importante aspetto tecnico che riguarda la
rappresentazione dello spazio è la variazione del campo visivo.
Angelo Marchese al riguardo scrive: “Il campo coglie
prevalentemente l‟ambiente in cui è inserita la figura umana, i
piani descrittivi rappresentano di preferenza le azioni, i piani
analitici „entrano‟ nel personaggio quasi distaccato dal contesto e
indagato di per sé”
8
. Qualunque narratore, proprio per
l‟impossibilità di narrare senza descrivere, dà almeno delle
indicazioni minimali sull‟ambiente in cui si svolgono le vicende
dei personaggi. Ma il “grado di attenzione” che uno scrittore
“accorda al mondo e la qualità di questa attenzione”
9
possono
variare da epoca a epoca e da individuo a individuo: non si
tratterà solo di una utilizzazione di diversi artifici tecnici, ma
6 Pubblicato nel 1898; prima a puntate nel giornale “L‟Indipendente”, poi,
utilizzando la composizione tipografica del giornale, stampato in mille esemplari,
a spese dell‟autore, presso l‟editore Vram.
7 I. Svevo, Senilità, Mursia, Milano 1990, intr. a cura di B. Maier, p. 104.
8 A. Marchese, Pratiche comunicative, Principato, Milano 1979, p. 43.
9 R. Bourneuf e R. Ouellet, L‟universo del romanzo, cit.
6
anche di un diverso significato da attribuire alla rappresentazione
dello spazio in relazione, in ultima analisi, alle varie concezioni
del mondo e della letteratura. Anche per la rappresentazione dello
spazio nella storia letteraria, si sono susseguite diverse
convenzioni e diversi gradi di convenzionalità. Vi sono, infatti,
età e generi letterari che sembrano accentuare la convenzionalità
della rappresentazione dello spazio (talora a fini simbolici): il
paesaggio può così diventare uno stereotipo, un vero e proprio
topos letterario. E‟ il caso di quei paesaggi-fondale, quali ad
esempio le selve intricate e solitarie in cui si aprono radure con
fonti e prati fioriti, o radure più ampie che rivelano la presenza di
castelli, proprie di tutta la tradizione epico-cavalleresca, o i
paesaggi agresti della tradizione bucolica e pastorale. Di fatto, si
può affermare che soprattutto a partire dal romanzo manzoniano,
in piena età romantica, tramonta la concezione puramente
esornativa o digressiva della descrizione
10
: questa e più in
generale le rappresentazioni spaziali diventano ora funzionali e
conoscitive, nel senso che, sia pure in modi differenziati,
assumono una funzione determinante per la rappresentazione e
l‟interpretazione della natura dei personaggi e delle vicende.
L‟attenzione all‟aspetto sensibile del mondo non si ferma più alla
superficie, ma ne vuole indagare il senso profondo. La narrativa
sette-ottocentesca, dunque, propone una nuova visione analitica
10 Bàrberi Squarotti riconosce al paesaggio il ruolo di “personaggio” nei
Promessi Sposi: cfr., G. Bàrberi Squarotti, Il romanzo contro la storia. Studi sui
Promessi Sposi, Vita e Pensiero, Milano 1984.
7
del reale e una nuova maniera di mettere in relazione spazio e
ambienti con l‟attività dell‟uomo.
1.1.1 Rappresentazione oggettiva e rappresentazione
soggettiva
La concezione della natura e il soggettivismo del primo
romanticismo tendono a legare profondamente la vita della natura
con la vita interiore dei personaggi (ma qualcosa di simile accade
anche per gli ambienti non naturali, domestici, urbani, sociali): le
soluzioni tecniche privilegiate sono spesso l‟adozione del punto
di vista del personaggio, talora in funzione di rappresentazione
lirica o, comunque, fortemente soggettiva della natura; o anche la
tecnica dell‟analogia, che favorirà consonanze, spesso in funzione
simbolica, tra mondo esterno e dimensione interiore
11
.
Nel modello naturalistico-veristico l‟ambiente (naturale e
sociale) tende sistematicamente a divenire una causa del
comportamento e della personalità degli individui, non più
l‟equivalente spaziale di una dimensione morale. In linea di
massima predominano rappresentazioni oggettive dello spazio. Il
concetto di milieu social (ambiente sociale) sembra legare
inscindibilmente, in un rapporto di reciproca influenza, i gruppi
sociali allo spazio (paesaggio naturale o umano) in cui si trovano
ad agire, che hanno contribuito a creare, che li rispecchia e da cui
sono necessariamente influenzati. Tendono, dunque, in questo
clima culturale, a prevalere rappresentazioni oggettive degli
11 Cfr., H. Grosser, Narrativa, cit., p. 158.
8
ambienti e domina spesso la percezione dall‟esterno, la più neutra
possibile.
Viceversa, la visione e la rappresentazione soggettiva
dell‟ambiente, in funzione spesso analogica o simbolica,
caratteristica di molta letteratura pre-romantica e romantica, sarà
ripresa, con le dovute differenze, nella narrativa che potremmo
definire di investigazione del proprio io, il cui prototipo è la
Récherche proustiana, nella quale gli ambienti e i paesaggi sono
sistematicamente filtrati, in qualche caso sino alla deformazione,
dalla coscienza del protagonista-narratore che cerca mediante un
recupero memoriale di riafferrare il proprio passato
12
. Una
tendenza tipica del Novecento sarà la rappresentazione straniata
di ambienti e situazioni normali, quotidiani; in altre parole, si
rappresenta il mondo quotidiano in termini di spazio enigmatico:
l‟uomo contemporaneo non sembra più riconoscere come naturali
e umani i luoghi e i contesti sociali in cui vive, così come non
riesce più a compiere in modo naturale i gesti e gli atti più
comuni della vita quotidiana e “normale” (il motivo
dell‟inettitudine, dell‟incapacità di vivere normalmente). E‟ noto
che questo è uno dei modi in cui si esprime il tema
dell‟alienazione dell‟uomo nella società industriale.
Quell‟insieme di atteggiamenti, sensibilità, modalità
stilistiche che, forse un po‟ genericamente, viene definito
„novecentesco‟ trova, in realtà, sufficiente elaborazione già negli
12 Ivi, p. 173.
9
ultimi anni dell‟Ottocento. E nasce da una crisi di fondo che
investe i capisaldi di quel Positivismo che aveva fornito le basi
ideologiche sia alle attività di una borghesia industriale fiduciosa
nelle leggi del progresso, sia alla produzione artistica concepita
come scientifica e oggettiva rappresentazione della realtà sociale.
L‟avanzata, sempre più preoccupante per la borghesia egemone,
del cosiddetto quarto stato provoca nella classe dirigente un
arroccamento nella gelosa difesa del proprio potere e dei propri
privilegi e, nella gran parte dei letterati, una diffusa presa di
distanza da una realtà così conflittuale. Appare evidente in questo
il loro „spiazzamento‟, in quanto si trovano ad essere estranei sia
a quei valori borghesi – che almeno da Flaubert in poi erano stati
demistificati e ironizzati – sia a quelli democratici ed egualitari
sentiti come una negazione della loro diversità e superiorità.
Dalla crisi delle certezze e delle leggi scientifiche, che via via
vengono messe in discussione e „relativizzate‟ dagli stessi
scienziati, deriva il ritorno a valori e principi „spirituali‟ e
„metafisici‟ e a una generale rivalutazione di tendenze religiose o
addirittura irrazionalistiche. L‟irrazionalismo, infatti, è
indubbiamente un tratto costante della filosofia del Novecento,
che può complessivamente definirsi come filosofia della crisi,
appunto: crisi dei valori, delle istituzioni e infine degli individui
nella loro esperienza storica e quotidiana.
L‟evasione da questa realtà porta all‟elaborazione di
poetiche e a concrete realizzazioni artistiche caratterizzate non
più da un‟esigenza veristica o naturalistica, ma da una vocazione
10
a trasfigurare il reale, ad andare oltre il fenomenico sconfinando
nel simbolo e nella dimensione irrazionale ed onirica,
esorcizzando il reale con il vagheggiamento di realtà di
complicata raffinatezza e con la teorizzazione e la pratica di
quella contaminazione tra arte e vita che si definisce estetismo.
Allora le rappresentazioni di ambienti quotidiani fortemente
straniate, i luoghi emblematici o assolutamente normali che
diventano sede di avvenimenti mostruosi o assurdi, non sono che
i casi limite di una tendenza molto più diffusa. Spesso il senso di
disagio e di estraneità con cui i personaggi ripercorrono i luoghi
in cui sono vissuti un tempo normalmente, o in cui gli altri
vivono normalmente, sono la variante realistica delle
rappresentazioni oniriche, metamorfiche o comunque assurde
13
.
Il dato che accomuna tali descrizioni è che la crisi d‟identità
del personaggio, o la sua angoscia esistenziale, investe gli
ambienti in cui egli si trova ad agire o esistere: e ciò accade tanto
nel caso che la soluzione tecnica si risolva nella rappresentazione
soggettiva, quanto nel caso in cui sia adottata quella della
rappresentazione oggettiva emblematica.
Questo insieme di nuove esigenze e di nuove modalità
espressive caratterizza quella fase della letteratura europea che
viene complessivamente definita „decadentismo‟, ma che
presenta, è opportuno sottolinearlo, una gamma assai variegata di
soluzioni in rapporto alle singole aree nazionali e ai singoli
13 Cfr. A. Marchese, Storia intertestuale della letteratura italiana. Il
Novecento, dalle avanguardie ai contemporanei, D‟Anna, Firenze 1993.
11
autori
14
. Sono certamente comuni a tanti artisti decadenti un cupo
senso di stanchezza, un‟insuperabile sfiducia nell‟agire umano,
quasi un‟ebbrezza di rovina, dovuta alla coscienza di essere gli
epigoni, la voce di un‟età che vive il suo tramonto. Nato da una
frattura fra l‟artista e la società, che col progressivo affermarsi
della civiltà di massa era destinato ad accentuarsi, il
decadentismo si esprimeva anzitutto nell‟enfatizzazione della
diversità (da Huysmans a D‟Annunzio), nell‟angoscia della
solitudine o dell‟inconoscibilità del reale (Pascoli, Pirandello),
nel privilegiamento della „malattia‟ rispetto alla salute (Mann,
Svevo), nel compiacimento vittimistico.
1.2 Il romanzo novecentesco
Nel periodo compreso fra le due guerre si assiste ad eventi
che hanno evidenti riflessi nella cultura e nella letteratura.
Innanzitutto la crisi del modello economico-politico del
liberismo, con la conseguente affermazione di ideologie
imperialistiche e nazionalistiche che, nella prima metà del
Novecento, si scontrano in due guerre mondiali dalle
conseguenze spaventose. L‟irreversibile crescita di una società di
massa, favorita e sostenuta da un prodigioso progresso tecnico-
scientifico che, soprattutto nella seconda metà del secolo, ha
decisamente cambiato il modo di vivere di grandi masse di
uomini negli stati occidentali industrialmente avanzati („società
14 Ivi.