cronologico include le fasi storiche che vanno dall’età arcaica (VI sec.
a.C.)
4
alla tarda antichità romana, sino a tutto il V secolo d.C.
5
La ricerca muove dal confronto tra la documentazione epigrafica (in
lingua latina, greca e messapica), le scarne testimonianze delle fonti
letterarie (vengono prese in considerazione anche notizie d’età alto-
medievale o più tarde, purché riconducibili all’orizzonte cronologico
considerato) e l’analisi delle conferme che i messaggi in esse contenuti
hanno trovato nei ritrovamenti archeologici degli ultimi decenni.
Per la conoscenza della topografia sacra della Calabria tra VI e III
secolo a.C. significativo è il contributo delle numerose iscrizioni in lingua
messapica
6
e greca e delle testimonianze delle fonti letterarie greche, per
quanto non sempre supportate dalla documentazione archeologica.
7
Per
quanto riguarda le iscrizioni in lingua messapica, quelle di natura religiosa,
4
A questa fase si datano i primi fenomeni di urbanizzazione e le prime realizzazioni di
edilizia sacra monumentale nella regione. Cfr . G. SEMERARO, ν νηυσί cit., p. 15.
5
La conquista romana del Salento si data al 267/6 a.C. (LIV. XV periocha; FLOR., Epit. I
14-15; ANON., de Vir. Ill., 40; CASS. DIO., Hist. Rom. X apud ZONAR., Epit. Hist. VIII, 7, 3;
EUSEB., Chron. Can., a Abr. 1749 (= s. Ol. 128,2 = 266 a.C.), p. 120 Schoene; EUTR., Brev. a. U.
c., II, 17; PAEAN., Eutr. Brev. translatio, II, 17; JORDANES, Romana, 161; Schol. Bern. in Verg.
Georg. III, 1).
6
Si veda la più recente raccolta completa delle iscrizione messapiche edite in C. DE
SIMONE-S. MARCHESINI, Monumenta Linguae Messapicae, Wiesbaden 2002 (che raccoglie tutta la
bibliografia precedente).
7
Qualunque sia il suo valore, una tradizione greca localizzava lungo la costa adriatica
della Iapigia una serie di aree sacre nelle quali a divinità del pantheon greco venivano dedicate
offerte votive da eroi viaggiatori e colonizzatori (C. PAGLIARA, Materiali epigrafici da Vaste e
Muro, in «Studi di Antichità 2», Galatina 1983, p. 215). All’espansione corinzio-corcirese
nell’area adriatica fecero eco sia aitia di culti sia ricostruzioni di viaggi eroici (v. L. BRACCESI,
Grecità adriatica, Bologna 1977, p. 108 ss.). Licofrone (v. SCHOL. ad LYC., 852 ss.; E. CIACERI,
La Alessandria di Licofrone, Catania 1901, pp. 260-1) accenna al santuario di una Parthenos
Skyletria, che conservava offerte di Menelao. Lo Pseudo-Aristotele ricorda uno hieron di Artemis
nei Peuceti, che conservava un anathema di Diomede
([ARISTOT.], de Mirab. Ausc. 110); inoltre
indica come prova del passaggio degli Argonauti una serie di altari posti da Giasone e, su un’isola
adriatica, uno hieron di Artemis eretto da Medea
([ARISTOT.], de Mirab. Ausc. 115), con funzioni
simili ai luoghi di culto scavati nelle aree successivamente più sottoposte a forti influssi greci
(per
la sponda illirica dell’Adriatico, vedi V. TOÇI, Inscriptions et reliefs de la necropole de Dyrrah
(Dyrrachium), in «Studia Albanica II (1965)», pp. 79-81 e fig. 54 a, b, c; N. G. L. HAMMOND,
Epirus, Oxford 1967, pp. 425-6 e nota 6).
III
siano esse pubbliche (dediche in santuari, anathemata) o private (ex-voto),
sono per la maggior parte presenti su frammenti di ceramica e su pareti di
grotte sacre, come quelle della Porcinara a Leuca e della Poesia di Roca.
8
Per l’età romana la presenza di culti ufficiali nella penisola Salentina è
attestata da poche testimonianze epigrafiche
9
e archeologiche, che, per
quanto isolate, sono verisimilmente ricollegabili ad antichi edifici e aree
sacre.
10
Laddove possibile, vengono inoltre considerati aspetti di storia
sociale e politica riconducibili alla sfera cultuale: la peculiarità di alcune
aree sacre; la loro frequentazione da parte di determinate categorie di
persone; il carattere privato o ufficiale del culto con riferimento a interventi
di edilizia sacra da parte delle autorità.
8
S. MARCHESINI, Confini e frontiera nella grecità d’occidente: la situazione alfabetica,
in «Atti Taranto XXXVII (1997)», Napoli 1998, p. 184.
9
Per le iscrizioni in lingua latina v. D. A. MUSCA, Apuliae et Calabriae Latinarum
inscriptionum lexicon, Bari 1966. pp. 226-37 (V. ad Sacra et Religiosa Pertinentia); C.
MARANGIO, Gli studi di epigrafia latina sulla regio secunda nell’ultimo decennio (1986-1995), in
«Studi di Antichità 8, 2», Galatina 1995, pp. 146-9 (6-Res Sacrae), pp. 151-2 (9-E. Augustales et
Similes Ordines).
10
Allo stato attuale delle conoscenze la regione è povera di attestazioni epigrafiche in
lingua latina; le poche evidenze si concentrano per lo più a Leuca, Torre dell’Orso, Roca Vecchia,
Tarentum e Brundisium. C. MARANGIO, L’epigrafia nella ricerca topografica. Edifici di culto ed
aree sacre nella regio secunda, in «Atti I Congr. Top. Ant.» (Roma 1993) [= Riv. Top. Ant., IV
(1994)], Torino 1996, pp. 38-40.
IV
I. IL SANTUARIO DI LEUCA
Sin dall’età preistorica la baia di Leuca ha offerto un punto di sosta
chiave nei collegamenti tra l’Adriatico e lo Ionio, al riparo dalle correnti
marine provenienti dai quadranti settentrionali grazie all’alto profilo
roccioso di Punta Meliso.
La rada fu scalo obbligato lungo la rotta privilegiata che collegava le
città greche continentali con quelle della Magna Grecia e della Sicilia, a
cominciare da Taranto, almeno fino a quando i romani non preferirono
potenziare il porto brindisino.
1
Lasciate le coste della Grecia, la rotta faceva
tappa nel porto di Corcyra (l’odierna Corfù)
2
, di qui puntava a Nord fino a
superare il canale che separa l’isola dal continente per poi piegare
decisamente verso Ovest e giungere dopo un tragitto di circa 170 km al
Capo di S. Maria di Leuca, estrema punta del Salento.
3
La natura rocciosa del promontorio, che i greci chiamavano ΄άκρα
΄lαπυγία
4
, la sua pressoché esclusiva accessibilità dal mare, sono stati gli
ostacoli principali alla formazione di un centro costiero di dimensioni
1
R. VAN COMPERNOLLE, La pointe de l’Iapygie et Leuca sur la route maritime
conduisant de Grèce en Italie méridionale et en Sicile, in AA. VV., Leuca, Galatina 1978, pp. 1-6;
C. PAGLIARA, Le iscrizioni, in Leuca cit., p. 185 s.; . F. D’ANDRIA, La Puglia romana, in AA. VV.,
Civiltà e Culture in Puglia, I (La Puglia dal paleolitico al tardo romano), Milano 1979, p. 339; C.
PAGLIARA, Santuari costieri, in «Atti Taranto XXX (1990)» cit., p. 506; C. MARANGIO,
L’epigrafia nella ricerca topografica cit., p. 40.
2
Sul ruolo chiave di Corfù nei collegamenti marittimi tra Grecia e Italia: C. MARANGIO,
Κέρκυρα nelle linee di rotta di età greca e romana tra la Grecia e l’Italia, in G. LAUDIZI-C.
MARANGIO (a cura di), Porti, approdi e linee di rotta nel Mediterraneo antico, Galatina 1998, pp.
79-104 e relativa bibliografia.
3
C. PAGLIARA, Santuari costieri cit., pp. 503-526. SERV., In Verg. Aen. III, 400; MELA,
II, 4, 66-8; PLIN., Nat. Hist. III 100; 103 (promunturium Iapygium).
4
Tra gli altri: THUC. VI, 44, 1-2; VII, 33, 3-4; [ARISTOT.] de Mirab. Ausc. 97-8; POLYB.,
Hist. X, 1; DION. HAL. I, 51, 3; STRAB. VI, 3, 1. Con gli omonimi ΄ά κρα ΄l απυγία – nell’area di
Capo Rizzuto, nell’antico Bruzio – quelli salentini erano considerati i limiti naturali del golfo di
Taranto: cfr. STRAB. VI, 1, 11. Sulla toponomastica di questi promontori vedi G. NENCI,
Intervento, in Salento arcaico [Atti Coll. Intern.], Galatina 1979, pp. 38-9.
1
urbane. In realtà tracce di un insediamento sono state riconosciute sul
versante occidentale di Punta Meliso.
5
Le fasi di vita di questo villaggio
vanno dalla prima età del Bronzo all’età del Ferro, quando venne
abbandonato al pari di altri centri messapici, contestualmente alla
sistemazione di una serie di abitati d’altura situati a breve distanza dalla
costa.
Tra questi va annoverato l’abitato arcaico della Madonna di
Vereto/Varito, alla periferia di Patù, sede in epoca storica del municipium
romano di Veretum, il cui territorio si estendeva verso ovest probabilmente
fino a comprendere la baia di Leuca
6
, dove si sarebbe sviluppato un piccolo
nucleo insediativo dotato di approdo.
7
La località viene ricordata dalla
maggioranza degli scrittori antichi come promontorio
8
e più che un vero e
proprio scalo dotato di servizi portuali pare sia stata un luogo di sosta per
naviganti diretti a porti lontani almeno dalla seconda metà del III sec. a.C.
(quando fu potenziato il porto nella più settentrionale cala di S. Gregorio).
Le testimonianze delle fonti letterarie sui diversi culti praticati nell’area
degli α∼κρα Ίαπυγία, per quanto sporadiche, conservano il ricordo
dell’importanza riconosciuta al Capo di Leuca lungo le rotte della
navigazione antica.
9
L’identificazione di un’area di culto connesso ai riti
5
C. PAGLIARA, Santuari costieri cit., p. 509.
6
CIL IX, 6; G. SUSINI, Fonti per la storia greca e romana del Salento, Bologna 1962, pp.
75-6. Sull’estensione possibile dell’agro di Veretum vedi M. SILVESTRINI, Le città della Puglia
romana. Un profilo sociale, Bari 2005, pp. 168-9.
7
E. PAIS, Storia della Sicilia e della Magna Grecia, Torino 1894, p. 552, considera Leuca
un vicus di Veretum. Cfr. GUIDO, 29, 71 (Beretos quae nunc Leuca). Vedi anche M. BERNARDINI,
Panorama archeologico dell’estremo Salento, Trani 1955, p. 54 e C. MILLER, Itineraria Romana,
Roma 1964, p. 224, che riporta invece dalla Tabula Peutingeriana un port(us) Salentinum presso il
promontorio omonimo.
8
CIC., ad Att. XVI, 6, 1 (Leucopetrae Tarentinorum); STRAB. VI, 3,5 (τ Λευκ) ; LUC.,
Bell. Civ. V, 376 (Leuca); It. Marit. 489 (Leucae).
9
M. LOMBARDO, I Messapi e la Messapia cit. (con indice dei passi richiamati a p. 262).
2
della navigazione gravitante attorno alla Grotta della Porcinara, poche
centinaia di metri a NNE di Punta Ristola, estremità occidentale della baia,
sembra dar credito a tali tradizioni (vedi infra pag. 5).
Anche per altre realtà del Salento le ricerche archeologiche hanno di
fatto confermato le indicazioni delle fonti, che collegavano i punti di
approdo della Calabria antica non ad insediamenti veri e propri, ma a
santuari e aree sacre indigeni. Nonostante la documentazione povera e
sporadica attualmente a disposizione, la frequentazione di tali luoghi di
culto è attestata a partire almeno dal VI sec. a.C., per tutta l’età romana ed
in alcuni casi anche oltre.
Tra i vari miti e leggende riguardanti il passaggio di divinità ed eroi
nella penisola salentina, la tradizione letteraria riferisce nel contesto del
racconto dell’arrivo di Enea in Italia dell’esistenza di un santuario costiero
dedicato ad Atena-Minerva
10
, dotato di approdo che prese nome dalla dea
Afrodite (λιμην ⁄Aφροδίτης), il cui culto sarebbe stato introdotto nella
penisola dai troiani accanto a quello preesistente di Pallade-Atena.
11
La presenza dei due culti lungo le coste salentine – ne rimangono
tracce nella toponomastica locale – è da mettere in relazione con il legame
delle due divinità con il mare e la navigazione.
12
Oltre al noto Castrum
Minervae
13
richiamano il culto di Atena-Minerva i seguenti toponimi:
Borgo Minerva (colle S. Giovanni, della Minerva), immediatamente a Sud
10
DION. HAL. loc. cit. (ΑΤήναιον); VERG., Aen. III, 531 (…templumque… in arce Minervae);
STRAB. VI, 3, 5 (⁄Aθηνα∼ς iερόν).
11
E. PAIS, Storia cit., p. 553 ss.
12
R. SCHILLING, La religion romaine de Venus, Paris 1954, p. 236 s. Cfr. infra nota 47.
Per richiami tra alcuni epiteti di Pallade Atena ed il mare vedi K. KERÉNYI, Gli dei della Grecia,
traduz. di V. TEDESCHI, Milano 1998, p. 111 s.
13
VARRO, Ant. Hum. III apud PROB., ad Buc. et Georg. VI, 31; C. MILLER, Itineraria
Romana loc. cit. (Castrum Minervae).
3
di Otranto; Minervino di Lecce (TAV. Muro Leccese); Torre Minervino
(TAV. S. Cesarea Terme). Al culto di Afrodite-Venere sembrano rimandare,
con qualche incertezza, Torre Vèneri (TAV. Frigole)
14
e Borgo Vènneri
(TAV. Gemini).
15
Il problema della localizzazione dell’ ΑΤήναιον, del λιμην
⁄Aφροδίτης e del Castrum Minervae continua ad essere oggetto di
discussioni tra gli studiosi. Secondo alcuni
16
un tempio di Atena doveva
essere situato proprio sul Capo di Leuca, in virtù della posizione
privilegiata del sito lungo la rotta che collegava Mediterraneo orientale e
occidentale.
Un’antica tradizione, da confermare a livello archeologico,
localizzava il tempio a Punta Meliso, nel luogo oggi occupato dalla chiesa
di S. Maria de Finibus Terrae, non lontano dal faro.
17
Per rispondere alle
esigenze del culto e ai servizi connessi, attorno al santuario si sarebbe
sviluppato un abitato in posizione elevata (il Castrum Minervae) e più in
basso, al riparo della baia di Leuca, un porticciolo. Nonostante la mancanza
di resti riferibili al tempio antico o a strutture ad esso collegate, ancora
nell’800 molti eruditi hanno continuato a ritenere che il sito occupato dalla
chiesa cristiana fosse stato sì lo stesso del santuario di Atena, ma che in
relazione a questo si fosse formato il solo vicus di Leuca, mentre il centro
romano di Castrum Minervae andrebbe ricercato più a nord, nell’area
14
Sulle evidenze rinvenute in questo sito v. R. AURIEMMA, Salentum a salo. Porti,
approdi, merci e scambi lungo la costa adriatica del Salento, I, Galatina 2004, p. 149.
15
G. SUSINI, Fonti cit., pp. 199 e 206.
16
Su tutti: E. PAIS, Storia cit., p. 550 ss.; G. RUOTOLO, Il santuario antico di S. Maria di
Leuca, in «Arch. St. Pugl. V (1952)», pp. 403-9; cfr. anche G. SUSINI, Fonti cit., p. 23.
17
Notizie di ruderi attribuiti ad antichi edifici monumentali da Galateo e Tasselli in C.
PAGLIARA, La Grotta di Porcinara al Capo di S. Maria di Leuca. I, Le iscrizioni, in «Ann. Fac.
Lett. e Filos., Univ. Lecce» VI (1971-73), p. 53 nota 111.
4
dell’odierna Castro. Recenti scoperte archeologiche sembrano sciogliere
ogni dubbio e dar credito alla localizzazione sull’altura di Castro non solo
del Castrum Minervae ma anche del santuario di Atena ricordato dalle
fonti.
18
L’ipotesi tradizionale che l’ΑΤήναιον si trovasse al Capo di S. Maria
di Leuca resta comunque suggestiva se la si confronta con situazioni simili
ben attestate nell’antichità.
19
Tuttavia va accolta con le dovute riserve, dal
momento che né le indicazioni degli antichi, né le testimonianze
archeologiche sono tanto precise da consentire di localizzare con sicurezza
un santuario dedicato alla dea anche a punta Meliso.
20
Allo stesso tempo una conferma alle testimonianze delle fonti che
collegavano i luoghi di approdo del Salento antico a santuari ed aree di
culto è offerta dall’identificazione di un santuario rupestre a Punta Ristola,
sul versante opposto della baia di Leuca.
Le ricognizioni qui condotte alla fine degli anni ’50 hanno rivelato
l’esistenza di un’area sacra facente capo a una delle tante cavità accessibili
solo dal mare, la grotta artificiale della Porcinara (o Portinara).
21
Scavi
condotti nella prima metà degli anni ’70 nell’area della grotta e delle
terrazze antistanti hanno restituito documenti che attestano la
18
G. DOTOLI, F. FIORINO, Il viaggio di F. Lenormant in Viaggiatori francesi in Puglia
nell’Ottocento, IV, Fasano 1989, p. 349. Per la localizzazione del santuario di Atena e del Castrum
Minervae a Castro, vedi R. VAN COMPERNOLLE, La pointe loc. cit.; C. MARANGIO, Κέρκυρα cit., p.
83; cfr. anche più avanti il capitolo relativo.
19
In Italia basti ricordare l’Heraion presso il promunturium Lacinium (l’odierno Capo
Colonna, in Calabria) o l’Athenaeum presso punta Campanella, di fronte a Capri; per la Grecia
continentale, il santuario di Atena a capo Sunio, in Attica.
20
Gli α∼κρα Ίαπυγία, ai quali le fonti associano il tempio, possono ben indicare tutta
l’estremità della penisola salentina e comprendere più sporgenze rocciose, come gli omonimi
α∼κρα del Bruzio.
21
G. SUSINI, Fonti loc. cit. Per la storia delle prime segnalazioni, osservazioni e saggi di
scavo, vedi C. PAGLIARA, La Grotta di Porcinara cit., p. 5 ss.
5
frequentazione di questo luogo a scopo di culto dall’VIII sec. a.C. fino alla
fine del II d.C., quando ogni attività religiosa sembra cessare
improvvisamente.
22
In particolare, su un tratto di terrazza oggi franata per l’azione
secolare del mare ma che in antico degradava verso l’interno della baia,
sono state riconosciute tracce di antichi interventi di spianamento e muri di
contenimento anch’essi crollati, che è possibile riferire a strutture collegate
alla grotta. In evidenza la testa di un concio di tufo squadrato –
probabilmente un ε⎢σχάρα
23
– sistemato nel VI secolo a.C. con materiali di
recupero, tra i quali una stele-cippo (che documenta la presenza nel
santuario del culto aniconico del pilastro) e un frammento litico di ancora.
24
Sulla parete rocciosa sottostante, la Grotta della Porcinara si apre con due
bocche all’interno delle quali l’uomo ha scavato tre ambienti comunicanti
di diverse dimensioni.
L’area offre testimonianze di scrittura dalla metà del VI sec. a.C.,
dapprima dediche su vasi in messapico e greco (fino al IV a.C.), seguite da
iscrizioni greche e latine d’età repubblicana e imperiale incise sulle pareti
interne della cavità. Le iscrizioni graffite sui frammenti fittili offrono un
quadro chiaro della frequentazione del sito tra la metà del VI e la fine del
IV sec. a.C. Già in queste fasi la baia di Leuca era un punto d’approdo
22
C. PAGLIARA, Le iscrizioni, in Leuca cit., p. 221; F. D’ANDRIA, Note sull’impianto
cultuale, in Leuca cit., p. 86. L’area sacra di età storica si dispone su tre terrazze rocciose sistemate
nel corso del IV sec. a.C. e degradanti sul mare verso Est, ben integrata nel paesaggio roccioso
secondo un gusto tipicamente ellenistico (v. anche AA. VV., Missione archeologica a Malta 1965,
Roma 1966, p. 168).
23
Il grande altare di ceneri, spostato nel VI sec. a.C. di fronte all’ingresso della grotta.
Cfr. M. R. PALUMBO, Le terrecotte figurate di tipo greco in Daunia, Peucezia e Messapia,
Galatina 1986, p. 153. Per le ipotesi relative alla topografia di questa parte del santuario, diverso
dai santuari monumentali posti di norma sulla parte alta di un promontorio, v. F. D’ANDRIA, Note
sull’impianto cultuale loc. cit.
24
C. PAGLIARA, Santuari Costieri cit., p. 509.
6
chiave lungo la rotta che collegava Corcyra e l’Italia
25
e la Grotta della
Porcinara non era solo un luogo di culto indigeno. La secolare
frequentazione del luogo da parte di indigeni e di naviganti di lingua greca e
latina, fruitori del sito in particolari occasioni, ha lasciato tracce di
consuetudini cultuali disparate
26
. Tuttavia, la compresenza di differenti
pratiche cultuali non ha impedito di trovare punti di contatto tra formule di
dedica messapiche, greche e latine.
Purtroppo nessuno dei culti indicati dalle fonti letterarie per l’area di
Leuca sembra trovare conferme nei graffiti di grotta Porcinara. Tra questi si
segnala un gruppo di iscrizioni dedicate da naviganti a Iuppiter, al quale in
alcuni casi viene associata l’epiclesi Batius – Vatius – Βάτειος
27
, sulla quale
è opportuno soffermarsi.
Alcune iscrizioni in lingua messapica
28
, contenenti varianti della
medesima parola (idde, idd[e-i], idi) presenti anche su due are votive
salentine – quindi sempre in contesti cultuali –, sono state lette dall’Arena
come varianti locali del messapico Zis, etimologicamente corrispondente al
greco Zeus.
29
In base a questa lettura Zis sarebbe la divinità venerata nelle
più antiche fasi di vita del santuario e pare che tanto gli indigeni quanto i
25
Vedi nota 1.
26
I graffiti incisi da marinai sulle pareti della grotta, sia invocazioni propiziatorie sia ex
voto, sono principalmente rivolte a Iuppiter Batius, divinità cui era consacrata la grotta. Cfr. C.
MARANGIO, L’epigrafia loc. cit.
27
C. PAGLIARA, La Grotta di Porcinara cit.: p. 15-18, n. 4 (= AE 1979, 186): I(ovi)
O(ptimo) M(aximo) Batio; p. 23-4, n. 14 (= CIL IX, 6093; AE 1979,187): I(ovi) O(ptimo)
M(aximo) Vat(io); n.22: Κύρι< ώ > Βατείώ.
28
C. PAGLIARA, Le iscrizioni cit., p. 177 ss.: n. E 4 ed E 5 (fine VI-inizi V sec. a.C.), E 28
(metà IV a.C.).
29
R. ARENA, Note messapiche I, in «Rend. Ist. Lomb. 98 (1964)», pp. 271-286; ma v. C.
SANTORO, Nome di divinità su un’epigrafe prelatina da Ceglie Messapico (a proposito della
nuova IM 7.122), in «Taras I, 2 (1981)», pp. 217-25, per il quale il teonimo *iddis non ha nulla a
che fare con Zis-Ζεύς.
7
greci vi si rivolgessero invocando Batas
30
, epiclesi che in origine individua
una divinità ctonia encoria assimilata in epoca successiva a Iuppiter, come
indicano alcune delle dediche in lingua latina e greca graffite sulle pareti
interne della grotta.
31
Fenomeni simili di assimilazione cultuale si hanno in aree anche più
interne del Salento antico. Oltre la testimonianza di Paolo Diacono sul culto
di Iuppiter Menzana
32
e la dedica a Diovei Mourc[o] da Muro Maurizio
33
,
si ricollegano allo Iuppiter Batius di Leuca alcune iscrizioni dell’area
messapica. Uno skyphos da Mesagne (III sec a.C.) reca graffita sotto l’ansa
la sequenza Bati, forma che sembra latina. Un’iscrizione da Nardò tra le più
antiche in lingua messapica (VI sec. a.C.), forse pertinente ad una stele
funeraria
34
, reca la forma Bataos, genitivo maschile da un nominativo in
-as, da cui si risale alla base Bat-, alle cui varianti daz-, avi- , bale-, baled,
si rifanno i nomi messapici (tra parentesi i rispettivi esiti latini) dazos (lat.
Dasius), avitas/-os (lat. Avitius), baleθas (lat. Valetium).
35
La forma *Batas
indica una divinità indigena o eventualmente un’epiclesi, la stessa che
abbiamo visto associata allo Iuppiter di Leuca in epoca più tarda.
Nel tentativo di definire caratteristiche e funzioni di questa divinità,
le epiclesi Menzana e *Batas paiono riconducibili a una stessa entità, solare
30
Vedi le iscrizioni frammentarie su vasi di produzione locale E 13-E 18 (tutte del V sec.
a.C.) in C. PAGLIARA, Le iscrizioni cit., p. 180.
31
In C. PAGLIARA, Le iscrizioni cit., oltre quelle già citate a nota 28, vedi le n. 5, 17 (=
AE 1979, 189; G. SUSINI, Fonti cit., n. 3 pp. 72-3) e 31; in G. SUSINI, Fonti cit., n. 4 e 5, pp. 73-4.
32
PAUL. ex Fest., p. 190 L, s.v. October equus; cfr. O. PARLANGELI, Studi Messapici,
Milano 1960, pp. 401-2.
33
C. MARANGIO, Osservazioni sul processo di romanizzazione del centro messapico di
Muro Maurizio, in M. LOMBARDO, C. MARANGIO (a cura di), Il territorio brundisino dall’età
messapica all’età romana [«Atti IV Conv. Studi Pugl. Rom.», Mesagne 1996], Galatina 1998, p.
129 ss.
34
C. PAGLIARA, La Grotta di Porcinara cit., p. 54, nota 115.
35
J. UNTERMANN, Die Messapischen Personennamen, in H. KRAHE, Die Sprache der
Illyrier, II, Wiesbaden 1964, pp. 209-13.
8
e fulguratrice come lo Zeus dei Greci
36
, identificabile con lo Zis cui sono
dedicate varie iscrizioni messapiche. Il probabile carattere pubblico di
queste è una riprova dell’importanza che tale divinità godeva nel pantheon
indigeno. Di qui il passaggio da Zis-Zeus a Iuppiter
37
è facilmente intuibile.
Tornando al caso di Leuca non è chiaro però se i caratteri originari di Zis
*Batas persistano nelle epoche successive. Solo un’iscrizione reca un
simbolo che sembra richiamare la forma del disco solare.
38
Per il resto, le
dediche sulle pareti di grotta Porcinara danno a Iuppiter Batius i caratteri di
una divinità sentita dai frequentatori del santuario come propiziatoria per la
rotta da intraprendere
39
e, più in generale, protettrice del βατει⎯ν
40
, l’andare
per mare.
Il legame peculiare coi riti della navigazione giustifica, nel santuario
di Leuca come in altri punti di approdo della Calabria, la dedica da parte
dei naviganti di antiche navi, in segno di ringraziamento alla divinità per
l’esito favorevole di una traversata. A Iuppiter Optimus Maximus furono
dedicate la Rhedon e la Medaurus da un equipaggio con funzioni militari
(pleroma) sotto la guida di C. Cordius Aquil(l)inus.
41
La presenza di
piccole forze navali di stanza nei porti e negli approdi del Salento, tra cui la
stessa Leuca, è confermata anche dalle fonti letterarie in riferimento a
episodi del I sec. a.C. e del I d.C.
42
36
Per ulteriori dettagli vedi C. PAGLIARA, La Grotta di Porcinara cit., p. 55 ss.
37
Anche presso i romani Giove veniva identificato con l’aria, col cielo, coi fenomeni
atmosferici. Basti pensare alle espressioni del tipo sub divo, sub Iove (HOR., Carm. I, 1, 25) usate
per indicare il nudo cielo.
38
C. PAGLIARA, La Grotta di Porcinara cit., n.14, p. 23 ss.
39
C. MARANGIO, Κέρκυρα cit., p. 102.
40
Cfr. HESYCH., s.v. βατει⎯ν – πορεύειν.
41
CIL IX, 1; AE 1979, 189; C. PAGLIARA, Le iscrizioni cit., n. 17 pp. 27-9; G. SUSINI,
Fonti cit., n. 3 pp. 72-3.
42
TAC., Ann. 4, 27 (per il 24 d.C.); LUC., Bell. Civ. V, 374-8; CAES., Bell. Civ. III, 2.
9
Anche la Άφροδίτες di un’altra iscrizione
43
dalla grotta è da leggere
come il nome di una nave dedicata alla divinità del santuario come ex voto,
pratica che trova puntuali riscontri in iscrizioni del tipo εΰπλοιά
44
dall’isola
di Taso. Tale denominazione potrebbe non avere alcun legame col culto di
Afrodite (anche se qualcuno ritiene l’iscrizione una dedica alla dea
45
), tanto
più che nella letteratura antica non di rado si associa la nave a una figura
femminile.
46
L’offerta votiva di una nave può essere letta come
l’esaudimento di una promessa fatta da un marinaio scampato a un
naufragio
47
; oppure come il dono di un’imbarcazione che ha compiuto
felicemente il suo ultimo viaggio. Per quanto riguarda la Άφροδίτες
potrebbe anche esserci una qualche relazione tra il nome e un’immagine
della dea che l’imbarcazione poteva portare dipinta o scolpita a poppa.
48
Il primato numerico di dediche rivolte a Iuppiter (Batius), siano esse
formule di ringraziamento o invocazioni propiziatorie, se da un lato fa di
grotta Porcinara un luogo consacrato a questa divinità, dall’altro non
esaurisce il panorama cultuale di un’area sacra nella quale sembrano trovare
43
CIL IX, 5, 3; C. PAGLIARA, Le iscrizioni cit., n. 23: [---]ηρα / Άφροδίτ[η=] τη∼ /
εύτυχη∼ Έφε/σία= εύτυχ[ω∼ς].
44
Contenenti formule augurali di buona navigazione. Vedi N. SANDBERG, ΕΥΠΛΟΙΑ,
Etudes épigraphiques, Göteborg 1954: iscrizioni n. 22, 27, 28, 31, 39, 41, 42. Cfr. pure C.
PAGLIARA, EYPLOIA SOI, in S. ALESSANDRÌ (a cura di), στορίη. Studi offerti dagli allievi a G.
Nenci in occasione del suo settantesimo compleanno, Galatina 1994, pp. 345-57.
45
C. DE GIORGI, La Grotta Porcinara al Capo di S. Maria di Leuca, in «Il Giusti» I, 18,
Lecce 1884; ID., La Provincia di Lecce. Bozzetti di viaggio, II, Lecce 1888, p. 108, nonostante
l’indecifrabilità del testo, ritiene la dedica rivolta a Venere-Afrodite. L. DE SALVO, Economia
privata e pubblici servizi nell’Impero romano. I corpora naviculariorum, Messina 1992, p. 291.
46
In un passo di Aristofane (Cavalieri, v. 1300) le triremi sono invocate come vergini.
47
I naufraghi scampati alla morte, per mantenere un voto fatto al dio del mare nel
momento del pericolo, gli offrivano ciò che rimaneva loro (nel caso in cui avessero perso tutto,
anche i soli vestiti) e una tavoletta votiva (un graffito nel caso della grotta di Leuca). Cfr. HOR.
Carm. I, 5, 13-16, in A. LA PENNA, Q. Orazio Flacco, le opere. Antologia, Firenze 1968, pp. 197-
8.
48
Secondo un costume antico, v. HOR., Carm. I, 5, 14 (pictis… puppibus). Cfr. HOM., Il.
II, 637, che dice le navi μιλτοπάρη=οι «dalla guance dipinte di rosso».
10
spazio manifestazioni devozionali eterogenee, con una continuità che dura
fino a tutto il II secolo d.C.
Tra i documenti epigrafici più antichi il Pagliara segnala, su un
frammento di coppo databile al IV sec. a.C., l’iscrizione graffita ainas[, che
l’A. riferisce al culto per una qualche entità femminile.
49
La difficoltà di
attribuire il testo alla lingua messapica piuttosto che alla greca non consente
di stabilire con sicurezza a quale divinità sia dedicato. Nella prima ipotesi si
tratterebbe di un’epiclesi attribuita alla Afrodite indigena
50
; se l’iscrizione è
greca, l’epiteto indicherebbe l’esistenza a Leuca di un culto femminile
accanto a Batas
51
, da confrontare forse con un frammento fittile di testa
femminile
52
e con la tarda dedica a Ino άνηλία, che presenta formule tipiche
del lessico marinaro.
53
L’epiclesi άνηλία richiama forse un culto locale identificato con Ino
dai naviganti e certo è il riferimento al mondo sotterraneo, alle profondità
oscure delle grotte,
54
come quella assai vicina del Diavolo, frequentata dalla
preistoria, che potrebbe aver fatto parte del complesso sacro della
Porcinara. Questa entità femminile potrebbe aver subito un’evoluzione
analoga a quanto detto a proposito di Batius: dapprima divinità ctonia
indigena, poi epiclesi associata a divinità del pantheon greco e venerata
49
C. PAGLIARA, Le iscrizioni, in Leuca cit., p. 182 s. (iscrizione E 33). Ma vedi M.
LOMBARDO, Nota sul graffito ‘ainas’, in «Studi di Antichità 8, 2» cit., pp. 69-70, il quale segnala
che l’iscrizione torna identica su uno skyphos tardo-arcaico (databile tra il primo e il secondo
quarto del V sec. a.C.) da una tomba (n. 4) di Rocavecchia. Il contesto spinge l’A. a ritenere Ainas
un antroponimo messapico, come a Roca così anche nell’iscrizione di Leuca.
50
Secondo quanto suggerisce R. ARENA, Note messapiche cit., p. 117.
51
C. PAGLIARA, La Grotta di Porcinara cit., p. 63.
52
Inizi del V sec. a.C.: F. D’ANDRIA, L’esplorazione archeologica, in Leuca cit., p. 80.
53
Vedi l’iscrizione n. 8a in C. PAGLIARA, La Grotta di Porcinara cit., p. 20.
54
AESCH., Prom. 453; SOPH., Oedip. col. 675; EURIP., Herc. f. 607; Alc. 852; Andr. 533-
4; C. PAGLIARA, La Grotta di Porcinara cit., p. 63.
11
come protettrice, nel contesto specifico del santuario di Punta Ristola, da
naviganti in sosta nella rada di Leuca.
Alcuni graffiti più recenti, databili al I-II sec. d.C.
55
, pur essendo di
difficile lettura, suggeriscono l’esistenza anche di forme di devozione per
altre divinità. Il testo mutilo di un graffito bilingue Afroditi Iul(ius) A[----] /
εύχαν / [----]
56
rimanda al culto di Afrodite. Similmente, al culto di Venere
sembra riferirsi un’iscrizione inedita, anch’essa assai mutila, graffita sulla
parete esterna della grotta.
57
Se l’interpretazione è corretta, la presenza di
tali divinità sarebbe una conferma ulteriore del legame riconosciuto tra il
santuario e i riti legati alla navigazione.
58
Analogo significato si può
attribuire a quella che pare una dedica alla Fortuna.
59
Altre testimonianze indirette non hanno ancora trovato conferme
nella documentazione epigrafica o archeologica disponibile. La tradizione
letteraria ricorda l’esistenza περὶ τὴν α̃κραν τὴν ́lαπυγίαν di un luogo di
culto dedicato a Eracle
60
collegato ad una fonte d’acqua solforosa
61
da
ricercare a Leuca o nelle vicinanze.
55
G. SUSINI, Fonti cit., p. 71 (I - Leuca); C. PAGLIARA, Le iscrizioni cit., p. 218.
56
G. SUSINI, Fonti cit., n. 1 p. 71-2, vuole riconoscervi l’iscrizione aphrodo SENTλILI…
citata da L. TASSELLI DI CASARANO, Antichità di Leuca, Lecce 1693, p. 201 e da T. MOMMSEN,
Inscr. Neap., 437. Cfr. G. M. GIOVENE, Lettera al Signor Abate Carlo Amoretti del Signor Abate
G.M. Giovene, «Mem. di Matem. e Fis. della Soc. Ital. delle Scienze», XV, 2 (1810), p. 286
( φροδί…/…). Cfr. pure supra nota 47.
57
G. SUSINI, Fonti cit., n. 6 p. 74, propone, con qualche dubbio, la lettura Vener[i] / [-----]
/ [v]ot(um) [sol(vit)]. Per un confronto con CIL IX 5, 3 v. L. TASSELLI DI CASARANO, cit. in C.
PAGLIARA, Le iscrizioni cit., n. 23.
58
L’Anthologia Palatina conserva alcuni epigrammi (IX, 143 di Antipatro di Tessalonica;
IX, 144 di Anite; X, 21 di Filodemo; V, 17 di Getulico) nei quali Afrodite è invocata sia come dea
dell’amore che come divinità marina protettrice dei naviganti.
59
CIL IX, 2; AE 1979, 188; C. PAGLIARA, Le iscrizioni cit., p. 21 e ID., Le iscrizioni, in
Leuca cit., p. 199 n. 8b: Fortuna(e) / s(acrum) h(ic) f(actum). Ma vedi G. SUSINI, Fonti cit., n. 2 a
p. 72.
60
C. PAGLIARA, La Grotta di Porcinara cit., p. 51. Eracle, dio errante, era considerato
propizio ai cercatori di nuove terre. STRAB. VI, 3-5, pone genericamente il culto di Eracle e la
sorgente nella Λευτερνία, una regione costiera non meglio identificata, ma prossima a Leuca.
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