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Le aziende produttrici di farmaci hanno, per ovvi motivi, mediamente poca
conoscenza del mondo di super e ipermercati, e viceversa. In Italia ci sono circa 300
ipermercati (superficie > 5.000 mq) e circa 8.000 supermercati. Il loro fatturato si
aggira sui 90 miliardi di euro, con però un trend negativo dal 2004 (a parità di
superficie, -1,4% progressivo a giugno 2005), indice di un cambiamento nel
comportamento del consumatore verso una scelta più ‘price sensitive’ dei prodotti di
largo consumo.
Le risposte della GDO negli ultimi anni sono state molteplici: apertura di nuovi
concetti come i discount (soft ed hard-discount, questi ultimi apparsi nel ’94, sebbene
inizialmente senza grosso successo), introduzione delle referenze ‘primi prezzi’ negli
scaffali di Super e Iper per controbattere i discounter ed, infine, creazione del
marchio di distributore o Private Label (ad esempio: i prodotti a marchio Coop ed a
marchio Esselunga). Quest’ultimo fenomeno è sicuramente il più importante poiché
le Private Label hanno raggiunto quota 15% a valore con un trend nettamente
positivo e, se si guarda la media europea che ha raggiunto il 23%, sembra siamo
solo all’inizio. Le catene distributive stanno quindi competendo per attirare i
consumatori nei loro punti vendita. Su 680 categorie di prodotti che rappresentano il
cosiddetto ‘grocery’ (prodotti alimentari, per la pulizia della casa e per la cura della
persona, di consumo non durevole), 500 vedono la presenza di Private Label che
hanno un posizionamento di prezzo inferiore di circa il 20% rispetto al prodotto di
marca. A questi ultimi rimane soltanto la possibilità di essere venduti scontati per
rimanere competitivi: si vedono così promozioni durante tutto l’anno di un prodotto su
tre negli ipermercati e di uno su quattro nei supermercati. È il concetto dell’EDLP,
‘every day low price’. La contromossa dei discounter è quella di referenziare i prodotti
di marchio nei propri scaffali, dove negli ultimi mesi si vedono prodotti di oltre 20
marchi tra i più famosi.
Il consumatore, dal canto proprio, non sta più scegliendo soltanto la comodità del
punto vendita ma la convenienza dei prodotti. Le famiglie italiane frequentano oggi
mediamente tre diverse insegne, e, soprattutto, di format diverso (fenomeno, questo,
ribattezzato “multicanalità”): una sorta di “nomadismo” alla ricerca di convenienza.
Tutto questo incide sul conto economico delle aziende produttrici di prodotti di
marchio, che sono obbligate a ridurre il loro margine per permettere al distributore di
9
essere più competitivo sia nell’offerta promozionale sia nella comunicazione ai suoi
clienti.
Proviamo ad ipotizzare le possibili dinamiche di inserimento degli OTC in questo
scenario.
Vista la competizione esistente fra le diverse grandi catene di distribuzione della
GDO per attrarre il consumatore, la vendita del medicinale potrebbe, in un primo
momento, offrire un posizionamento di prezzo sensibilmente più competitivo rispetto
alla farmacia. Una riduzione di cui si farebbe carico la sola GDO, abbassando i propri
margini. Infatti, al contrario di altri beni dove è il produttore del brand a farsi
generalmente carico dell’onere economico di offerte speciali e promozioni, le
particolari caratteristiche del mercato farmaceutico renderebbe maggiormente difficile
alle industrie di OTC differenziare i prezzi ex-factory alla GDO rispetto alle farmacie.
Le compagnie produttrici non avrebbero infatti grande convenienza economica, a
meno che non venisse realizzato un sensibile incremento dei volumi di vendita;
difficilmente immaginabile però, date le caratteristiche della domanda del “bene”
farmaco.
Per la GDO un elemento favorente consiste nel servizio al cittadino: la comodità di
trovare medicinali facendo la spesa per la famiglia, in esercizi sempre aperti per
pranzo e, solitamente, anche sette giorni su sette.
Un primo problema per la grande distribuzione potrebbe però venire dal rischio di
“svalutazione”, nella psicologia del consumatore, del label posto al supermercato
rispetto alla farmacia. Purchè uguali, il prodotto acquistato al supermercato è, per
definizione, di qualità inferiore rispetto ad un articolo acquistato in un punto vendita
specializzato. Tale fenomeno potrebbe essere contrastato, però, contestualizzando
lo spazio espositivo dei farmaci, creando cioè una sorta di farmacia nel
supermercato.
Un altro forte elemento frenante per la GDO è quello di dover occupare gli spazi di
esposizione sui propri scaffali con gli OTC, categoria dalle circa 1.000 referenze e
che mediamente ha una rotazione per singola referenza molto bassa, sottraendo gli
spazi ad altre referenze di Mass Market a rotazione molto più elevata, ovvero più
profittevoli in un arco temporale definito. Quello della selezione da parte della GDO
delle referenze in base alla velocità di rotazione, come noto, è uno degli elementi
10
gestionali più critici del super ed ipermercato: a fronte di qualche centinaia di migliaia
di referenze esistenti nel Mass Market, gli Iper hanno spazio sugli scaffali
mediamente per 22.000 di esse, i supermercati per circa 5.000. Si può, in questa
logica, ipotizzare una buona offerta di OTC solo nel grande ipermercato (e,
limitatamente, anche nel superstore) da più di 4.000 metri quadri di superficie media;
molto più difficilmente nel supermercato. Però con una eccezione: quella dei
cosiddetti supermercati di ‘vicinanza’, quelli di superficie medio-piccola presenti in
centro città ed aperti durante la pausa pranzo e nel week-end. In questo caso,
tuttavia, è facile ipotizzare prezzi non significativamente inferiori alle farmacie,
essendo la competitività giocata sul servizio anziché sul risparmio.
Ripercorrendo le vicende di altri beni di consumo di prima necessità, risulta subito
evidente che la reale convenienza per la GDO si avrebbe con il lancio di marchi
propri, i Private Label, anche in questa categoria. La sfida risiede dunque
nell’accettazione del consumatore ad acquistare l’antidolorifico, lo sciroppo o
l’antiacido Coop o Auchan, tanto per fare qualche esempio, come del resto già è
stato fatto di recente con il latte sostitutivo per bambini (Coop). Viste le suddette
criticità ad essere competitivi sui prezzi dei medicinali di marchio, il marchio privato
appare una scelta ottimale per avere un posizionamento di prezzo ed una redditività
interessante nel lungo termine. Le industrie forse ne risentirebbero, sfavorite rispetto
a terzi produttori a basso costo (magari da India, Cina o Brasile) o “costrette” a
produrre per il Private Label a prezzi inferiori, pur mantenendo inalterata la struttura
dei loro costi. Ne conseguirebbe poi, nel medio termine, un trascinamento verso il
basso da parte dei Private Label dei prezzi degli analoghi prodotti branded. Per il
consumatore si accrescerebbero i vantaggi attraverso una spinta concorrenziale nel
sistema. Ma questi vantaggi sarebbero sufficienti a convincerlo ad acquistare queste
linee di prodotti? Pur se il paragone non è così calzante, si continua ad osservare
una resistenza del paziente all’uso dei generici.
Riassumiamo quali conseguenze potrebbero esserci sui vari attori della filiera del
farmaco da una apertura dei farmaci alla GDO.
Iper: considerate le varie ragioni esposte, in un primo momento la loro strategia
potrebbe essere focalizzata sull’applicazione di prezzi scontati del 20-30% sui
farmaci di marca, per poi ampliare (e, chissà, un giorno sostituire completamente)
11
l’offerta con i prodotti a marchio privato. La loro logica sarà di attrarre il cliente con il
servizio, il one-stop-shopping, tutta la spesa in un unico posto, facendo leva, rispetto
alle farmacie, sugli orari di apertura e sulla visibilità dei prodotti e dei prezzi sugli
scaffali. Gli svantaggi risiedono ovviamente nella localizzazione fuori città.
Super: non hanno un’estesa superficie espositiva e quindi potrebbero non avere
estrema convenienza ad inserire tutta la gamma OTC; dovrebbero in quel caso infatti
sottrarre spazio a merci con margini pressoché simili, o di poco inferiori, ma a
rotazione molto maggiore. I Super di “vicinanza” hanno però il vantaggio della
localizzazione in centro città e degli orari di apertura; potrebbero però avere poche
referenze (i principali OTC) a prezzo non particolarmente scontato.
Consumatori: usufruirebbero di prezzi concorrenziali negli Iper, sensibilmente inferiori
solo con le (eventuali) Private Label, che potrebbero poi trascinare verso il basso i
prezzi dei farmaci a marchio conosciuto. Godrebbero del vantaggio degli orari di
apertura (Iper e Super) e per la vicinanza (Super di vicinanza).
Produttori: presumibilmente cercherebbero di applicare per i farmaci a marchio
conosciuto gli stessi prezzi in entrambi i canali, farmacie e GDO, e registrerebbero
un leggero aumento dei volumi dalla GDO. Si sentirebbe sicuramente, anche se in
un futuro non vicino, la concorrenza delle Private Label prodotte da terzi, o da essi
stessi per conto terzi, ma con margini inferiori. In questo caso si potrebbe persino
ipotizzare una conseguente riduzione dei prezzi dei marchi noti.
Farmacie: Private Label a parte, accuserebbero soprattutto la concorrenza dei servizi
offerti dalla GDO (lunghi orari di apertura e prezzi più bassi). Ciò potrebbe essere
contrastato sia con orari e giorni di apertura più estesi, sia proponendo in modo più
aperto e trasparente i prodotti più convenienti, aumentando così la potestà di scelta
del consumatore; senza escludere di arrivare un giorno ad elementi di promozione. E
tutto ciò continuando ovviamente a fare leva sulla loro distribuzione diffusa, sulla
localizzazione in centro città e sulla elevata percezione qualitativa da parte
dell’opinione pubblica.
L’apertura alla vendita nella GDO dei farmaci da banco, in una logica di maggiore
efficienza allocativa e tecnica del sistema, appare, in complesso, quindi molto
positiva. Ne deriverebbe ultimativamente un notevole vantaggio per il consumatore.
La dottrina economica, ma ancora di più la storia, insegnano che i mercati si aprono
12
alla concorrenza con atti normativi concreti ed efficaci, che rimuovano direttamente o
indirettamente condizioni di protezione o privilegio. Qualunque evoluzione del
mercato, in sintesi, dovrebbe essere sapientemente indirizzata dal legislatore verso
criteri di concorrenzialità tesi a migliorare i servizi e contenerne i prezzi.
L’apertura alla GDO, tuttavia, potrebbe in un certo senso portare a sommare una
forma di monopolio (le farmacie) ad un altro (le grandi catene della GDO). Meglio
allora, unitamente all’apertura a Super ed Iper, liberalizzare sul serio i prezzi di
vendita al consumatore di questi farmaci. E magari anche svincolare le farmacie dai
vari permessi e concessioni (numero e dislocazione sul territorio, abolendo la pianta
organica), mettendole così in reale concorrenza tra loro su prezzi e servizi al cliente.
Probabilmente ci sarebbero più farmacisti al lavoro e prezzi al pubblico
maggiormente competitivi. La farmacia, pur se con il proprio personale qualificato
che ne aggiunge un importante plusvalore specifico, rimane pur sempre infatti un
punto vendita, e come tale non può sottrarsi a quelle logiche concorrenziali che il
mercato, inevitabilmente, impone in termini di efficienza, prezzi e servizi al
consumatore.
Ma andiamo con calma e per gradi e cerchiamo, dopo questa ‘infarinatura’ iniziale, di
comporre il ‘puzzle’ della situazione del mercato farmaceutico odierno e cercare di
capire se e come l’introduzione dei farmaci in GDO potrebbe essere un vantaggio
per il consumatore oppure no.
Il presente studio prende quindi in considerazione il tema della recente
liberalizzazione della vendita di alcuni tipi di farmaci, ora acquistabili anche presso le
insegne della grande distribuzione organizzata. Il testo si compone di cinque capitoli,
a loro volta suddivisi in sotto-capitoli.
Il primo capitolo ci introduce al mercato farmaceutico italiano. Viene in primis
inquadrata la classificazione dei farmaci, per poi entrare nel merito della spesa
farmaceutica italiana ed il suo andamento negli ultimi anni. Viene quindi presentata la
filiera del settore e gli attori in essa presenti. In ultima istanza vengono studiate le
dimensioni del marketing farmaceutico: il farmaco ed il suo processo di sviluppo, il
ciclo di vita ed il pricing.
13
Il secondo capitolo si occupa dei mercati farmaceutici dei principali paesi europei e
dei rispettivi sistemi distributivi. Per Francia, Germania, Inghilterra ed Italia vengono
quindi presentati gli inquadramenti legislativi relativi al settore, i numeri del mercato,
gli attori che ne caratterizzano la filiera ed il sistema di distribuzione dei farmaci.
Il terzo capitolo ci introduce alla liberalizzazione dei farmaci. Partendo dall’esempio di
come è stato gestito tale processo in Inghilterra, viene presentato il Decreto Bersani,
le tappe attraverso cui vi si è giunti, le conseguenze che ha apportato al mercato
farmaceutico italiano e gli avvenimenti che sono seguiti alla sua emanazione.
Il quarto capitolo ci presenta le varie tappe attraverso cui sono stati inseriti i farmaci
nel canale GDO. Attraverso il 2006, anno di emanazione del Decreto Bersani, ed il
2007, fino ad arrivare a metà 2008. Vengono poi riportate le azioni di “difesa”
implementate dai farmacisti e la reazione dei consumatori alla possibilità di
acquistare i farmaci nei punti vendita della grande distribuzione. Il capitolo si chiude
contemplando alcune considerazioni e prospettive per il futuro.
Il quinto ed ultimo capitolo, che rappresenta il “cuore” di questo testo, mette a
confronto i modelli di corner farmaceutici realizzati dalle quattro insegne che più di
tutte hanno creduto in questo mercato e che più di altri vi hanno, ad ora, investito. Si
tratta, ovviamente in primis, di Coop, seguita dai player francesi Auchan e Carrefour,
per chiudere con Conad-Leclerc. Verranno così analizzati i loro modelli di
parafarmacia attraverso l’utilizzo di foto e di interviste effettuate agli addetti del
reparto e verrà anche presentato un confronto fra i quattro modelli, facendone così
risaltare differenze e similitudini.
Il testo si conclude quindi “tirando le somme” di tutta la situazione. Verrà fotografato il
mercato con i dati più aggiornati, e delineate le prospettive per il futuro, sia in
un’ottica di prosecuzione della politica di liberalizzazione della vendita dei farmaci,
sia in quella della risposta che ci si attende dal canale di distribuzione tradizionale,
ovvero la farmacia.
14
15
CAPITOLO 1
IL MERCATO FARMACEUTICO
1.1 Introduzione
’Italia è uno dei principali mercati mondiali per il consumo dei farmaci ma la
struttura del suo apparato industriale e, soprattutto, l’organizzazione della
ricerca nel settore si sono modificate in negativo con la perdita di autonomia
dei principali gruppi farmaceutici operanti nel nostro paese e con l’accentuazione
della microdimensione di altre imprese, operanti, per lo più, su licenza.
Uno tra i motivi della crisi della industria farmaceutica, ed in particolare della ricerca
nel settore, può essere individuato nell’esplosione del consumo di farmaci (e nel
conseguente incremento dei costi per il servizio sanitario nazionale) e nelle politiche
utilizzate nel tentativo di contenere tale crescita. Si è trattato di un ventaglio di
opzioni per il controllo della spesa che hanno oscillato tra l’esclusione di un numero
crescente di farmaci dall’elenco di quelli integralmente rimborsabili dal SSN
1
e
politiche di predeterminazione di tetti alla spesa (con conseguenti procedure di
recupero degli sforamenti) e di contenimento dei prezzi di vendita.
Il meccanismo fondato, a monte, su una determinazione del prezzo dei farmaci
erogati a carico del servizio sanitario, su una determinazione del peso percentuale
della spesa farmaceutica pubblica sul totale della spesa sostenuta dal sistema della
sanità pubblica ha consentito di ottenere i previsti effetti in termini di spesa pubblica
ma si è rivelato inadeguato a contenere l’espansione quantitativa del consumo di
farmaci.
Le regole stabilite per il recupero del surplus di spesa attraverso una ripartizione pro
quota sull’intero territorio nazionale tra le diverse categorie di operatori (produttori,
distributori, farmacisti) si sono rivelate manifestamente incompatibili con la reale
1
Servizio Sanitario Nazionale (SSN)
L
16
distribuzione della spesa, i cui valori pro capite sono molto diseguali tra le varie
Regioni.
In questa situazione di fatto una procedura di recupero degli esuberi di spesa
farmaceutica che ripartisce gli oneri non solo sulle imprese (che consolidano il loro
fatturato nazionalmente) ma anche su distributori e farmacisti che operano in aree
territoriali con spesa pro capite largamente inferiore alla media nazionale, risulta del
tutto incomprensibile.
Anche la pratica di tagli lineari sui prezzi, in presenza di una rilevante espansione
quantitativa dei consumi non è servita a contenere gli sfondamenti.
D’altra parte, l’eccesso di spesa farmaceutica deriva non solo da un eccesso di
consumi ma anche da una composizione del mix di tali consumi, tra specialità e
farmaci generici, particolarmente squilibrato in direzione delle specialità.
Le misure assunte invece di operare per rimuovere tale anomala composizione della
spesa farmaceutica hanno fornito una risposta allo squilibrio attraverso una
determinazione dei prezzi che penalizza le specialità. In Italia i prezzi dei farmaci
sono nel complesso inferiori di oltre il 40% a quelli USA ma mentre per le specialità
lo scarto negativo sale a circa il 60% (il 10% in più della media europea) per i
generici la situazione si rovescia con prezzi italiani che superano di oltre il 25% la
media USA (ed anche in questo caso di oltre il 10% quella europea).
Si è trattato di un complesso di interventi che, per l’erraticità delle decisioni
amministrative, ha impedito qualsiasi programmazione aziendale ed in particolare
l’impostazione di politiche per la ricerca che, per loro natura, prevedono rientri in
tempi medio lunghi.
Non è, peraltro, pensabile rovesciare tale prassi favorendo incrementi di prezzi dei
farmaci innovativi attraverso una rimozione, indiscriminata, dei vincoli amministrativi
sui prezzi. Nella situazione data della finanza pubblica (di cui la spesa sanitaria
rappresenta una quota rilevante sia in termini di valori assoluti che di dinamica)
occorre affrontare, insieme, il nodo della ricaduta sul bilancio della maggiore spesa
sanitaria.
Non è neanche pensabile praticare, come talora si è fatto, una politica di esclusione
generalizzata dei farmaci innovativi dal prontuario di quelli rimborsabili, scaricando, di
17
conseguenza, i costi (e una eventuale dinamica superiore a quella dell’inflazione) sui
cittadini.
Qualsiasi intervento in materia deve essere, dunque, articolato su un ventaglio di
misure che migliorino la qualità dell’assistenza e siano in grado di rendere
immediatamente percepibile, ad un’opinione pubblica su questi temi particolarmente
sensibile, come non vi sia correlazione diretta tra la limitazione della spesa pro capite
per il consumo dei farmaci e la qualità dell’assistenza.
Nell’esperienza italiana, la migliore qualità dell’assistenza si combina, con valori
particolarmente bassi di spesa farmaceutica. Si tratta, dunque, di mettere in campo
un mix di misure che affrontino, insieme, i temi della qualità delle prestazioni del
servizio sanitario nazionale, di una dinamica della spesa, sanitaria e farmaceutica,
coerente con i più generali obiettivi di finanza pubblica, di una politica di sviluppo del
settore che privilegi ricerca e innovazione. In tale prospettiva si tratta di operare per
determinare mutamenti significativi di tutti gli operatori del settore: amministratori
delle ASL, produttori e distributori nel settore farmaceutico, sanitari.
Importanti anche gli interventi rivolti alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica.
Occorre, naturalmente, operare sia sul versante della domanda che su quello
dell’offerta.
1.2 Il contesto europeo
L'industria farmaceutica europea reca un contributo insostituibile al benessere
dell'Europa fornendo medicinali e favorendo la crescita economica e l'occupazione. Il
settore farmaceutico è stato e resta un settore strategico fondamentale per l'Europa.
Dal 1965, l'azione comunitaria nel settore dei medicinali ad uso umano ha sempre
avuto la duplice missione di proteggere la salute pubblica creando al tempo stesso
un ambiente in grado di stimolare l'innovazione e di sostenere la competitività
dell'industria europea. Molto è stato realizzato durante gli ultimi quarant'anni.
Tuttavia, l'Europa deve affrontare ormai, all'inizio del XXI° secolo, nuove sfide
scientifiche ed economiche nel settore della salute pubblica:
• la globalizzazione del settore e la crescente internazionalizzazione della catena del
valore;
18
• il buon funzionamento del mercato interno in un'Europa che si sta allargando;
• i progressi della scienza e della tecnologia.
La mondializzazione genera contemporaneamente sfide ed opportunità. L'apparire a
livello mondiale di minacce per la salute, come il crescente numero di medicinali
contraffatti, la pandemia di influenza, l'internazionalizzazione della catena del valore
e l'emergere di nuovi attori nella competizione mondiale rappresentano motivi che
obbligano ad intensificare la cooperazione internazionale. Devono essere raggiunti
due obiettivi: in primo luogo, proteggere al meglio la salute dei cittadini dell'UE, ma
anche rafforzare la competitività della società europea, eliminando gli ostacoli
regolamentari e non regolamentari che impediscono l'accesso ai mercati esteri e
garantendo una concorrenza internazionale giusta.
L'attuale mondializzazione significa anche che a causa di fattori strutturali che
superano il settore farmaceutico (ad esempio, il costo della manodopera), il centro di
gravità degli investimenti internazionali nella ricerca e sviluppo si sposta
progressivamente verso gli Stati Uniti e l'Asia. L'Europa dovrebbe sforzarsi di
riguadagnare il terreno che occupava durante la maggior parte del XX° secolo,
quando era al centro dell'innovazione farmaceutica.
Anche il buon funzionamento del mercato interno costituisce una sfida importante per
il futuro. Sul piano regolamentare, l'applicazione e l'interpretazione della legislazione
comunitaria da parte degli Stati membri creano ancora ostacoli alla libera
circolazione dei medicinali. Requisiti eccessivi ostacolano inoltre la competitività,
soprattutto per le piccole e medie imprese, senza arrecare sempre vantaggi per la
salute pubblica. Vi sono margini per una migliore regolamentazione, ad esempio per
quanto riguarda la modifica delle autorizzazioni esistenti, nonché per le prove
cliniche.
Sul piano non regolamentare, e malgrado gli sforzi attualmente compiuti nel quadro
del Forum farmaceutico
2
, coesistono ancora regimi di fatturazione e di rimborso
differenti e ciò provoca una frammentazione del mercato, un commercio parallelo,
disparità tra i prezzi e ritardi nei tempi di commercializzazione. In alcuni paesi, i
medicinali non sono neppure resi disponibili a causa dei requisiti amministrativi e
della bassa redditività. La mancanza di trasparenza e di armonizzazione per quanto
2
http://ec.europa.eu/enterprise/phabiocom/comp_pf_en.htm
19
riguarda la fissazione dei prezzi, i rimborsi e l'efficacia relativa continuano a costituire
una sfida.
Recenti avvenimenti come l'affare ‘Vioxx’
3
o l'insuccesso della prova clinica nel
Regno Unito
4
hanno dimostrato che la sicurezza dei medicinali rimane un problema
importante nel mercato interno dell'UE. Recenti analisi hanno dimostrato l'esistenza
di requisiti multipli e spesso inefficaci per quanto riguarda la farmacovigilanza
nell'ambito dell'UE. La sfida consiste quindi nel rafforzare e razionalizzare il controllo
della sicurezza dei medicinali evitando al tempo stesso i requisiti inutili che
impedirebbero l'accesso dei malati alle cure.
Un'altra tendenza che configura il settore farmaceutico dell'UE è il crescente ruolo
proattivo dei pazienti per quanto riguarda la loro salute. I pazienti chiedono un
migliore accesso ad informazioni di qualità. Al tempo stesso, attualmente le
informazioni fornite variano da uno Stato membro all'altro e i mezzi di
comunicazione, come ad esempio Internet, non possono sempre fornire dati
affidabili. L'industria possiede informazioni sui medicinali ma, per motivi legali, esse
non possono sempre essere fornite ai pazienti nell'ambito dell'Unione europea.
Emergono infine nuove tecnologie, terapie e medicinali, tra i quali la medicina
rigenerativa, i trattamenti più personalizzati e lo sviluppo della nanomedicina. Queste
evoluzioni influenzano già la strategia di impresa delle società dell'Unione europea,
la struttura dell'industria - con la creazione di piccole e medie imprese molto
innovative -, l'elaborazione delle prove cliniche e il modo in cui i medicinali sono
prescritti. Questi elementi devono essere gradualmente introdotti nel contesto
farmaceutico europeo del XXI° secolo.
1.2.1 Il mercato farmaceutico italiano all’interno del contesto europeo
Nel 2006 la domanda interna di medicinali ha confermato per l'Italia una dinamica più
lenta rispetto a quella dei principali Paesi europei e degli USA.
3
Vedi http://en.wikipedia.org/wiki/Vioxx
4
TGN1412, vedi http://en.wikipedia.org/wiki/TGN1412
20
Le vendite in farmacia a prezzi ex factory sono cresciute del 2,3%, meno della media
dei principali Paesi europei (+3,7%), a sua volta inferiore a quella degli USA (+7,0%).
In un'ottica di medio periodo, ovvero a partire dal 2002, l'Italia si conferma il Paese in
Europa che è cresciuto meno, con un incremento medio annuo inferiore al 2%, meno
sia della media degli altri Paesi europei (circa +5% annuo), sia del tasso di inflazione
in Italia.
Le vendite totali di farmaci in Italia (prezzi ex factory) sono state pari a oltre 16,4
miliardi di euro (farmacia+ospedale), a fronte di un mercato mondiale pari a 482,5
miliardi (rappresentandone il 3,4%), dopo gli USA (218,6 miliardi), il Giappone (45,2),
Francia (27,1) e Germania (25,4) e molto vicino a quello del Regno Unito (16,3).
Tabella 1.1
Fonte: IMS