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Le precedenti teorizzazioni in ordine al significato giuridico dello sport appaiono infatti superate
dinanzi alle più recenti conclusioni cui è giunta l’analisi sociologica.
L’ipotesi fondamentale che si intende verificare è dunque che l’autonomia giuridica di cui godono
gli organismi sportivi sia strettamente da commisurare alla funzione sociale primaria svolta dallo
sport nella società.
In generale, vista la genericità e la frammentarietà della normativa statale sulle basilari nozioni di
sport, ordinamento sportivo e autonomia sportiva, durante la ricerca – pur tenendo presenti i
principali dati legislativi – viene privilegiata l’analisi della dottrina e della giurisprudenza.
La prima parte della tesi si articola in tre capitoli di analisi dottrinaria.
Nel primo capitolo si accenna brevemente alle principali teorie in base alle quali, storicamente, si è
cercato di inquadrare giuridicamente il fenomeno sportivo, evidenziando i problemi pratici intorno a
cui si è sviluppata la riflessione dei giuristi. Si esaminano, pertanto, la tesi contrattualista, la prima
formulazione della tesi ordinamentale del diritto sportivo, ad opera di Cesarini Sforza, la successiva
elaborazione pluralista da parte di Massimo Severo Giannini, per poi accennare, in conclusione, ai
più recenti orientamenti normativisti e monisti.
Nel secondo capitolo si procede all’approfondimento del concetto di sport quale particolare
fenomeno sociale, ricercandone una definizione non solo strutturale ma anche e soprattutto di tipo
funzionale, che ne evidenzi, cioè, il tipico valore all’interno della società.
Secondo gli orientamenti sociologici più recenti, la funzione precipua dello sport consiste
nell’offrire una particolare forma di divertimento-relax, che si realizza nello svolgimento di esercizi
fisici di tipo ludico-agonistico. Inoltre, tramite il meccanismo psicologico dell’identificazione, il
divertimento provato dagli atleti nel “giocare” lo sport può trasformarsi nel divertimento degli
spettatori che assistono al gioco praticato da altri.
Si evidenzia, di conseguenza, come le attuali nozioni giuridiche di sport, che si soffermano quasi
esclusivamente sugli aspetti agonistici, risultino inidonee ad un adeguata comprensione del
fenomeno, specialmente alla comprensione del suo valore come forma di intrattenimento. Si
propone in conclusione una diversa nozione di sport, che offre spunti di riflessione sia in ordine ad
una più attenta valutazione sociale ed economica del fenomeno, sia in rapporto all’individuazione
dell’imprescindibile ambito di autonomia di cui necessita qualsiasi organizzazione sportiva.
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Nel terzo capitolo si precisa il significato della terminologia ordinamento giuridico, proponendone
un’accezione dinamica e non statica. L’ordinamento giuridico è un processo di interazione e
autodeterminazione reciproca tra norme, organizzazione e gruppo sociale di riferimento, che
utilizza la forza allo scopo di garantire il rispetto delle proprie istanze.
Ciò non conduce tuttavia a negare all’organizzazione dello sport la qualità di ordinamento giuridico
originario; si osserva infatti che ciascun ordinamento, pur dovendosi mostrare idoneo a garantire sé
stesso anche attraverso l’uso della forza, non necessariamente deve possedere esso stesso il
monopolio della forza di cui si serve. In ciò sta la differenza tra ordinamento generale o statale, che
è originario (cioè autodeterminantesi) e sovrano, e ordinamenti particolari, che sono originari ma
non sovrani, e nondimeno si giovano in modo stabile della forza coercitiva che lo Stato (ossia
l’organismo mediatore tra i gruppi), mette a loro disposizione.
Può così legittimamente attribuirsi all’organizzazione sportiva, finché essa opera per la
realizzazione della essenziale funzione-sport, la qualifica di ordinamento giuridico originario. In
particolare, nell’ambito relativo alla determinazione, applicazione e interpretazione delle regole del
gioco sportivo (di cui si critica la fuorviante definizione quali regole tecniche), emerge l’assoluta
originarietà e capacità di autodeterminazione di tale ordinamento.
La seconda parte della tesi si compone di tre capitoli, dedicati all’esame della giurisprudenza.
Nel quarto capitolo si prende in considerazione la tradizionale teoria del difetto assoluto di
giurisdizione statale rispetto ai provvedimenti “tecnici” degli organismi sportivi.
Si chiarisce come le regole tecniche dello sport debbano piuttosto essere considerate regole ludiche,
e si evidenzia come i provvedimenti disciplinari adottati dalle organizzazioni sportive solo in alcuni
casi possono ritenersi sottratti al controllo giurisdizionale, ossia quando riguardano fatti attinenti
allo svolgimento delle gare. In ciò essi si differenziano dai provvedimenti sanzionatori o disciplinari
adottati dalle organizzazioni sportive a causa, ad esempio, di riscontrate irregolarità amministrative.
Nel quinto capitolo si considerano le situazioni soggettive di cui sono titolari i soggetti interessati
dall’attività sportiva, distinguendo tra diritti soggettivi, interessi legittimi e situazioni di tipo ludico-
sportivo (ad es., la pretesa del calciatore che batte una punizione a che la barriera rispetti la distanza
prescritta). Tracciato un quadro di riferimento fondato sulla giurisprudenza di Cassazione, si prende
in esame anche l’orientamento fatto proprio dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee nella
famosa sentenza Bosman.
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Nel sesto capitolo si illustra il recente “caso Catania”, commentando alcuni provvedimenti adottati
dai giudici toccati dalla vicenda ed esaminando brevemente il cosiddetto “decreto salva-calcio”,
emanato d’urgenza dal Governo al fine di consentire la ripresa dei campionati di calcio di serie A e
B. Si sottopone ad esame, in particolare, la nozione di interesse pubblico al regolare svolgimento
delle competizioni sportive.
Nelle conclusioni sono esposti i principali risultati della ricerca ed alcune linee di intervento
legislativo.
Si conferma che l’autonomia sportiva, in senso stretto, si esplica nell’interazione di quei soggetti e
di quelle strutture organizzative che determinano lo sport nei suoi aspetti motori, ludici e agonistici.
In tale ambito, l’ordinamento generale sembra ritrarsi o, più correttamente, presta la propria forza in
modo incondizionato a sostegno delle determinazioni adottate dagli organismi sportivi, che si auto-
affermano competenti, attraverso la tecnica del “difetto assoluto di giurisdizione”.
Diversa considerazione, ossia non in termini di ordinamento giuridico in senso proprio, spetta
invece all’operato delle organizzazioni sportive che attiene alle ulteriori applicazioni dello sport:
economiche, di promozione sociale, educative, etc. In questi ambiti il diritto statale ha la sua
massima espansione e pienezza di giurisdizione; ciononostante, gli stati riconoscono al fenomeno
associativo in materia di sport le stesse garanzie e la stessa autonomia riconosciuta in via generale a
tutte le formazioni associative.
Si individuano quindi diversi concetti di autonomia sportiva: in primo luogo, una particolare
autonomia che ha specifico riscontro nel difetto di giurisdizione statale in materia tecnico-sportiva
(ossia in ambito ludico, da intendersi comprensivo dell’ambito ludico-disciplinare). In secondo
luogo, l’autonomia privata di tipo associativo contrattuale e l’autonomia pubblica, cui possono fare
ricorso le organizzazioni sportive ed i loro membri al fine di regolare particolari rapporti di tipo
ulteriore rispetto alla realizzazione della funzione-sport in senso stretto.
Ne deriva che in ambito ludico può correttamente parlarsi di ordinamenti giuridici sportivi originari;
mentre in ambito economico, amministrativo, civilistico, l’organizzazione dello sport forma al più
un ordinamento di settore, sottoposto in ultima analisi alla supremazia del diritto statale.
In prospettiva, si suggeriscono alcuni concreti interventi normativi in materia di sport, tra cui: a) la
più razionale suddivisione delle competenze tra i organi di giustizia sportiva, attribuendo a specifici
organi solo ed esclusivamente poteri di tipo tecnico; b) una più incisiva applicazione della tecnica
della responsabilità civile (con eventuale ricorso all’assicurazione contro i danni) nei confronti di
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quegli organi che sono garanti della regolarità degli incontri sportivi, facendo comunque salvi i
risultati determinati dalle competenti strutture tecniche.
Si conferma la necessità di attribuire a organi statali una funzione generale di controllo sullo
svolgimento dell’attività sportiva in ambito nazionale e, movendo dalla constatazione che
l’organizzazione dello sport forma, per molti aspetti, un vero e proprio ordinamento di settore, si
tratteggia la possibilità di una eventuale riforma del CONI che ne limiti i poteri gestionali (da
conferire massimamente alle Federazioni) ma che ne accentui i poteri di controllo e le competenze
lato sensu promozionali e di tutela della salute, avvicinandolo al tipo dell’autorità indipendente.
La ricerca è completata da una bibliografia giuridica ed extragiuridica in materia sportiva,
comprensiva di alcuni siti internet.