2
circuito di comunicazione politico-istituzionale
2
dagli attori
protagonisti dell’evento.
Partendo da questi presupposti, è necessario capire
quali relazioni possano esistere tra “gli attori in gioco” ed il
rapporto tra interessi economici, politica e consenso
dell’opinione pubblica
3
.
In questo quadro, le ipotesi di base divengono le
seguenti:
ξ Esiste una relazione ciclica tra gli attori
4
?
ξ Quale è il ruolo dell’approfondimento della
stampa italiana? Le diverse testate affrontano l’evento
seguendo diversi temi, con diversi approcci? Oppure il
clima di generalizzato favore e la necessità di parlare lo
stesso linguaggio di tipo economico finisce per
omologare i quotidiani, dando un’impressione di
omogeneità complessiva?
ξ L’opinione pubblica è favorevole all’euro perché
condizionata dalle promozioni del Governo? Oppure
2
Cfr. l’interpretazione delle tesi di Edelman nel Capitolo I.
3
Schema 1.1.
4
Schema 1.2.
3
perché pensa che l’Unione monetaria europea sia la
panacea di tutti i mali sociali del Paese?
ξ Quale è quindi il clima d’opinione risultante
dall’analisi di come i media e l’opinione pubblica
italiana hanno vissuto l’evento? Che forma ha
“l’eurottimismo diffuso”, anche in rapporto al clima
registrato negli altri Paesi?
ξ Come l’Unione monetaria condizionerà gli eventi
che vedranno protagonista l’Europa ed i suoi cittadini?
Perché l’Europa è un “oggetto politico non
identificato”
5
?
A queste ed altre questioni si cercherà di rispondere alla
fine del lavoro, dopo un attento approfondimento.
Dopo il primo capitolo introduttivo, che si propone di
trovare un filo teorico di riferimento, l’approfondimento
verrà effettuato attraverso due momenti fondamentali:
5
Definizione di J. Delors, il padre fondatore simbolico dell’UEM.
4
Il primo è rappresentato dall’analisi di quattro quotidiani
italiani scelti, in particolare per il diverso pubblico di
lettori ad essi legato
6
.
Verranno studiati tutti gli articoli inerenti all’argomento
“Unione monetaria europea” che i quotidiani hanno
dedicato da ottobre 1997 a gennaio 1999.
Tutti gli articoli verranno archiviati attraverso l’utilizzo
di un data base ed analizzati con il software appropriato.
Il secondo momento è caratterizzato dall’indagine sulle
tendenze dell’opinione pubblica italiana riguardo
l’evento, anche in rapporto all’opinione dei cittadini
degli altri Paesi dell’UE.
Verranno quindi analizzati tutti i sondaggi realizzati sul
tema da Eurobaromètre: periodico pubblicato dalla
Commissione europea, che effettua indagini
sull’opinione pubblica dei 15 Paesi UE.
Saranno oggetto di studio le ricerche realizzate dal 1992
al 1998 da tale periodico, inoltre verranno proposte le
indagini più interessanti per lo studio, pubblicate da
6
I quattro quotidiani in oggetto sono: Il Corriere della sera, Il Sole 24-ore, Il Giornale ed il
Manifesto. Le ulteriori motivazioni che hanno portato allo studio e le metodologie di analisi di
questi quotidiani, si rinviano al Capitolo di riferimento (il II)
5
quotidiani e riviste fino al 1999, ed uno studio
dell’ABACUS teso a comprendere l’opinione
sull’Unione monetaria degli elettori degli schieramenti
politici italiani.
In ultima analisi, dopo aver costruito il clima d’opinione
italiano relativo all’evento, si cercherà di comprendere il
futuro dell’integrazione europea studiando l’eventuale
influenza dell’avvento dell’euro sulle dinamiche
politiche locali in rapporto a quelle sovranazionali (in
particolare si comincerà ad analizzare il clima delle
imminenti elezioni per il rinnovo del Parlamento
europeo).
6
CAPITOLO I
Usi simbolici della politica ed evento UEM.
Nuovi paradigmi di ricerca.
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PREMESSA.
“…Per intanto, già in ogni parte d’Europa si assiste
al germinare di una nuova coscienza, di una nuova
nazionalità (perché, come già si è avvertito, le nazioni non
sono dati naturali, ma stati di coscienza e formazioni
storiche); e a quel modo che, or sono settant’anni, un
napoletano dell’antico Regno o un piemontese del regno
subalpino si fecero italiani, non rinnegando l’essere loro
anteriore ma innalzandolo e risolvendolo in quel nuovo
essere, così e francesi e italiani e tedeschi e tutti gli altri si
innalzeranno a europei ed i loro pensieri indirizzeranno
all’Europa e i loro cuori batteranno per lei come prima per
le patrie più piccole, non dimenticate già, ma meglio
amate.”
(Benedetto Croce – Storia d’Europa nel XIX secolo)
7
7
B. CROCE, Storia d’Europa nel secolo Decimonono, Laterza, Bari, 1972.
8
Può l’introduzione di una unica moneta in Stati
culturalmente assai diversi
8
, storicamente spesso in
conflitto, riuscire a creare una coscienza comune che
permetta di crescere in diritti e sviluppo economico ?
Questo studio si propone di fornire qualche risposta
che possa essere utile a capire, in particolare, che tipo di
coscienza europea viene maturandosi dopo la raggiunta
Unione. Ci si muoverà, quindi, all’interno del rapporto tra
simbologia politica rappresentante l’evento ed interesse
economico caratterizzante l’evento stesso.
La dimensione simbolica dell’evento sarà la base della
ricerca proprio per approfondire gli aspetti che lo
caratterizzano da un punto di vista rappresentativo, affinchè
sia possibile comprenderne gli elementi significativi per
Governo, informazione ed opinione pubblica nell’ambito
della comunicazione politica.
8
36 sono le lingue diverse parlate nei paesi dell’Unione Europea, 18 i diversi gruppi religiosi (fonte:
http://europa.eu.int/eurostat.html-sito generale per le statistiche europee-)
9
E’ possibile, attraverso tali premesse, elaborare delle
ipotesi che permettano di immaginare possibili scenari
futuri per noi italiani e per i cittadini dei Paesi appartenenti
all’UEM.
Le parole e gli auspici di Benedetto Croce
9
che, con
grande pregio, aprono il capitolo, sono esemplificative delle
motivazioni che stanno alla base del presente lavoro e che
espliciterò dopo una breve e doverosa premessa.
Il desiderio e la speranza di creare una grande area
europea, integrata economicamente, ma specialmente
realmente politicamente coesa, risale agli inizi del secolo, e
fin da allora era viva la preoccupazione di evitare
un’Europa unita su basi esclusivamente economiche: le
ragioni sono sempre storicamente determinate e
politicamente condizionate
10
.
Pensatori e filosofi politici (oltre al Croce) come
Machiavelli, Hobbes, Locke, Kant, così come economisti
importanti (citando gli italiani: Giovanni Agnelli, Attilio
Cabiati, Pasquale Jannaccone, Ernesto Rossi, Gino
9
Una recente e raffinata edizione critica dell’opera di Benedetto Croce è stata realizzata da: M.
MAGGI, La filosofia di Benedetto Croce, Napoli (1998), Bibliopolis.
10
Per approfondimenti: G. GIOLI (a cura di), L’Europa e gli economisti italiani del Novecento.
Federalismo, integrazione economica, fiscalità, Milano (1997), Franco Angeli.
10
Luzzatto, Giuseppe Di Nardi, Francesco Vito, Pasquale
Saraceno, Marco Fanno, Luigi Einaudi, Cesare Cosciani e
Giovanni Demaria) proponevano o speravano di
trovare modelli di integrazione politici ed economici per
portare ordine e stabilità in Europa.
Anche i gruppi di interesse nelle varie nazioni,
organizzati a rete, hanno dato un fondamentale contributo al
superamento dello stato nazionale, lanciando e dando
impulso alle tematiche europeiste di oggi
11
. Così come va
sottolineata, a livello politico, la vocazione europeista del
liberalismo italiano dei primi del ‘900.
Dopo la Prima guerra mondiale, i temi che ricorrono
sono quelli di edificare un ordine internazionale capace di
evitare una nuova guerra mondiale, di impedire l’affermarsi
del sogno pangermanista fondato su vasti interessi di
egemonia nazionale, di contrapporre guerra totale a pace
armata.
11
Dall’intervento di A. Mola (prof. all’Università di Milano) alla conferenza “L’opinione pubblica e
l’Europa. Le resistenze e le opposizioni – Storia dell’integrazione europea: i precedenti storici ”. La
conferenza è stata tenuta all’Istituto italiano per gli studi filosofici in Napoli, nei giorni 25 e 26
febbraio 1998.
11
Anche John Maynard Keynes aveva le stesse
preoccupazioni e ricorse a passi di evidente retorica per
convincere i suoi connazionali a far proprie tesi non
nazionalistiche per “ricostruire l’Europa”. Nel 1919, li
invitò ad “affermare la verità, distruggere le illusioni,
dissipare gli odi, aprire gli animi ed istruire le menti”
12
.
Va sottolineato il “vuoto generazionale”, rispetto alle
politiche di integrazione europea, rappresentato
storicamente dal ventennio nazionalista-fascista che non ha
permesso di superare l’idea del sentimento forte dello stato-
nazione tradizionale anche negli anni successivi alla
seconda guerra mondiale.
L’idea europeista, quindi, non è mai stata veramente
sentita e condivisa, se si tiene anche conto che essa
storicamente è nata nella mente di pochi illuminati, isolati e
senza potere all’interno dei loro stessi Stati. E che si è poi
via via imposta grazie all’opera tenace e spesso sotterranea
dei loro seguaci e di politici particolarmente ispirati.
Godendo quasi sempre da parte dei grandi partiti politici di
12
Cfr. G. GIOLI, op. cit..
12
un adesione di facciata, se non di vera e propria
indifferenza.
All’inizio di questa storia possiamo sicuramente porre
il “Manifesto per l’Europa libera ed unita” che un piccolo
gruppo di antifascisti italiani redasse nel 1942; e che oggi è
noto come “Manifesto di Ventotene”, dal nome dell’isola di
confino in cui fu scritto. Questo gruppo si fece promotore
dei primi incontri internazionali fra i federalisti delle varie
Resistenze già prima della fine della guerra. E poi fondò il
Movimento federalista europeo.
Il leader riconosciuto era Altiero Spinelli, che alla
causa dedicherà, anche in seguito, tutte le sue energie.
Spinelli partiva da una considerazione: le due guerre
mondiali hanno rappresentato, rispettivamente, l'apogeo e
l’esplosione del sistema europeo degli Stati nazionali.
Compito dei federalisti deve essere quello di ricostruire
l’Europa in modo unitario. Pur nella differenza di genio o
attitudini delle singole nazioni, ad esse tutte deve
necessariamente essere comune l’ordinamento politico che
salvaguardi la pace fra di loro, ispirandosi ai principi del
13
diritto e della libertà, rispettando le regole della vita
democratica.
Spinelli proponeva perciò di sottrarre alla sovranità
nazionale alcune funzioni dei vecchi Stati (la politica estera,
quella militare, la politica economica e monetaria) e di
affidare ad istituzioni politiche democratiche comuni (un
governo, un parlamento ed una corte di giustizia europei).
Alla cittadinanza nazionale si sarebbe affiancata perciò una
cittadinanza europea secondo quei principi di sussidiarietà
che sono alla base di tutti gli ordinamenti federalisti (si
pensi agli USA).
Sempre nel corso della seconda guerra mondiale, ma
sollecitata da esperienze concrete più che da ragionamenti
ideali, nacque la seconda corrente europeista che si può
definire “funzionalista” e che fa capo ad un alto funzionario
francese che diverrà poi uno dei padri politici delle nuove
istituzioni europee: Jean-Luis Monnet, che era stato messo
a capo di alcune agenzie internazionali da parte degli
Alleati. I quali si erano resi conto che, per evitare
dispersione di energie e di risorse, era opportuno creare
delle autorità indipendenti dalle nazioni (ed in certa misura
14
dal potere politico) con il compito di coordinare e
controllare l’attuazione di determinati obiettivi comuni.
Monnet pensò che un meccanismo del genere avrebbe
potuto funzionare anche in tempo di pace: un’unità europea
era necessaria, ma era possibile costruirla soltanto creando
di volta in volta obiettivi ed interessi comuni da affidare ad
authority sopranazionali e da sottrarre alla sovranità dei
singoli Stati. Il processo in questo modo sarebbe stato
indolore ma sicuro.
L’impostazione di Monnet sarà in effetti alla base
della costruzione europea: dalle politiche comuni del
carbone e dell’acciaio al progetto (fallito per il voto
contrario del parlamento francese) di una difesa
sovranazionale, dalla creazione di un mercato comune
europeo fino all’Euro.
Successivamente, diversi leader politici nazionali
seguiranno le orme ed il metodo di Monnet: Schuman,
Adenauer e De Gasperi negli anni Cinquanta; Brandt,
Schimidt e Giscard D’Estaing più tardi; Mitterand e Kohl a
cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta.
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Seppur sconfitta dalla storia non si può però non fare
riferimento ad una terza corrente europeista i cui maggiori
esponenti possono essere considerati Charles De Gaulle e
Winston Churchill. Essi credevano fermamente nella pace
tra i popoli europei e nella necessità di una loro
confederazione democratica, ma assegnavano ai loro
rispettivi Paesi, per motivi storici ed ideali, un ruolo di
guida nel processo unitario. I confederalisti affermavano
che un’istituzione unitaria fra diversi funziona quando c’è
un leader che li tenga uniti e che, con la sua autorevolezza,
possa redimere le eventuali discordie (l’Alleanza Atlantica
in un certo senso funziona così).
Il limite di questa visione è che inevitabilmente
riproponeva uno schema nazionalistico; il pregio, invece,
era di essere realisticamente suffragata dalla storia.
A meno che … con le mutate condizioni storiche, i
“diversi” non fossero apparsi sempre un po’ meno diversi.
Che poi è il lato utopico dell’idea europeistica, che non a
caso è nata, con Spinelli, nell’ambito del radicalismo
democratico ed antipolitico di un gruppo di intellettuali.