Capitolo 2 Il paradosso della ricchezza petrolifera
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Capitolo 2 Il paradosso della ricchezza petrolifera
2.1 Il fenomeno della maledizione delle risorse
Secondo la mitologia greca, il re Mida, come ricompensa per aver compiuto una
buona azione, chiese alla divinità di poter trasformare in oro tutto ciò che avrebbe
toccato. Non ebbe però il tempo di gioire per l’avverarsi del suo desiderio, rendendosi
subito conto che la sua ricchezza era in realtà una maledizione generatrice di tristezza.
Il boom petrolifero del 1973 e quello successivo del 1980, quando il prezzo del
petrolio raggiunse la prima soglia storica di $ 40 al Barile, accesero nuove aspirazioni di
crescita sia per i paesi membri dell’OPEC sia per quelli che non vi aderivano. Dal 1985
fino al 2000 il prezzo del petrolio è oscillato tra i $ 12 e i $ 28 al barile, con una media
di $ 19. Dal 2001 i prezzi sono cresciuti continuamente, raggiungendo quota $ 97 nel
2008, per poi abbassarsi a $ 57,2 nel 2009 [ENI 2009].
La recente impennata del prezzo del petrolio indusse i governi e l’opinione
pubblica a pensare che l’era della prosperità, dell’autonomia e dell’equità fosse alle
porte e che sarebbe stato possibile trasferire la ricchezza creata dalla vendita del petrolio
in altri settori produttivi, promuovendone lo sviluppo. Fatta eccezione per pochi paesi,
nel corso degli anni questa speranza è purtroppo svanita: i governi esportatori di
petrolio
1
hanno sperimentato “colli di bottiglia” e inefficienze produttive delle loro
imprese pubbliche. Inoltre, questi stessi paesi sono spesso stati colpiti da un aumento
del tasso d’inflazione e da un apprezzamento considerevole delle loro valute, il tutto in
una situazione politica il più delle volte instabile
2
[Karl 1997]. Emblematico è, a questo
proposito, il caso di numerosi paesi dell’America Latina che, già nel periodo tra le due
1
Si definiscono esportatori di petrolio quei paesi in cui il PIL e le esportazioni sono costituiti
principalmente dai proventi petroliferi, che fanno dell’oro nero la fonte principale dell’accumulazione
economica.
2
«The exporting countries were plagued by bottlenecks and breakdowns in production, capital
flight, drastic declines in the efficiency of their public enterprises, double-digit inflation, and overvalued
currencies» [Karl 1997, p. 4].
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guerre mondiali, hanno sofferto gravi crisi economiche, a seguito della caduta globale
dei prezzi dei commodities [Sacks, Warner 2001, p. 828].
Gli economisti hanno iniziato ad interessarsi all’impatto dell’industria petrolifera
nelle varie economie solo a partire dal secondo dopoguerra. Nel corso dei decenni
successivi hanno evidenziato che l’afflusso di proventi derivanti dal petrolio tende a
creare una serie di conseguenze problematiche, quali il deterioramento dei termini di
cambio, la limitata connessione con gli altri settori industriali, la negativa influenza
dell’apprezzamento delle valute sull’industria domestica, e infine, come avvenuto in
molti paesi negli anni 90, il legame sempre più stretto tra afflusso di ricavi da petrolio e
gas e l’affermarsi nei paesi esportatori di sistemi politici autoritari oppure a democrazia
ibrida
3
carenti di trasparenza e di controllo legale efficiente nella gestione dei fondi
statali [ Stevens 2003, p.3; Heller 2006, pp. 25 - 26].
Tutto ciò genera ciò che è stato eloquentemente definito “maledizione o tragedia
delle risorse” – in inglese resource curse - situazione per la quale paesi con abbondanti
dotazioni in risorse naturali ottengono risultati peggiori in termini di crescita del settore
non minerario rispetto ai paesi in cui tali risorse scarseggiano. I risultati negativi si
verificano principalmente nei paesi in via di sviluppo. Tra questi paesi, quelli ricchi di
petrolio e gas presentano una crescita economica del settore produttivo generalmente
inferiore (eccetto qualche rara eccezione) rispetto ai paesi con poca disponibilità di
risorse minerarie [Humphreys et al 2007, p. 1]. Infatti, i boom petroliferi offrono una
crescita temporanea e di prima linea, seguita da depressioni tanto profonde che la
crescita nel lungo periodo si rivela essere minore a confronto di quella di un paese privo
di risorse naturali [Shaxson 2007, p.1123].
Karl osserva inoltre come il fenomeno provochi una rapida e distorta crescita
economica davanti alla quale i policy makers sembrano impotenti [Karl 1997, p.5].
L’evidenza empirica della connessione tra crescita e dotazioni di risorse naturali è
ampia e robusta [Sachs, Warner 2001, pp.828 - 829]. Per Auty le prestazioni deludenti
dei paesi con abbondanti risorse minerarie sono comprovate dalla classifica dei paesi in
termini di dotazione di risorse naturali. La classifica rivela che per il periodo 1970 –
3
Hybrid democracies have many of the electoral forms of democracy, but lack internal checks and
balances, transparency and accountability in budgetary processes, reliable enforcement of legally stated
rights [Heller 2006, p. 26].
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1993 la crescita percentuale del PIL nei paesi non dotati di risorse naturali è stata
maggiore rispetto alla crescita dei paesi con una dotazione elevata di queste risorse
[Auty 2001, p. 3]. Al momento non c’è un consenso sulla misura standard
dell’abbondanza delle risorse naturali [Auty 2001 p. 3; Sachs, Warner 2001, p. 833]. Ci
sono comunque poche evidenze del fatto che l’omissione di qualsiasi variabile possa
cambiare i risultati di base sulla fragilità dei paesi ricchi di petrolio a sostenere una
crescita durevole [Sachs, Warner 2001, p.837].
Inoltre, la prospettiva di arricchimento nazionale fornita dal petrolio raramente è
supportata da una buona governance e da uno sviluppo sostenibile. Il fallimento nel
creare connessioni tra la ricchezza ottenuta dal petrolio e le industrie manifatturiere ha
spesso originato gravi fragilità del sistema economico, con conseguenti crisi profonde.
Nel corso del tempo, per la maggior parte dei paesi sottosviluppati, le risorse minerarie
sono state sinonimo d’istituzioni democratiche deboli, corruzione diffusa, guerre civili e
grandi ineguaglianze sociali [Humphreys et al 2007, p. 1].
È quindi forte la preoccupazione per coloro che investono nel settore del petrolio
e del gas, giacché lo spettro della maledizione delle risorse aumenta il rischio politico
legato ai progetti di estrazione di queste risorse. L’opinione pubblica richiede allora
maggiore responsabilità sociale alle grandi compagnie petrolifere, soprattutto quando la
loro attività ha un impatto diretto sul degrado dell’ambiente, sulla protezione dei diritti
umani e sul finanziamento dei conflitti interni [Stevens 2003, p.3].
2.2 La teoria economica della maledizione delle risorse
2.2.1 Peculiarità delle risorse naturali
Il paradosso dell’abbondanza delle risorse minerarie risulta, in primo luogo, dal
fatto che il loro sfruttamento non richiede necessariamente connessioni - “linkages” -
con gli altri settori industriali dell’economia. La risorsa naturale, una volta estratta, può
già essere venduta, senza essere necessariamente sottoposta a trasformazioni da parte di
altri settori industriali.
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Il petrolio e il gas sono considerate risorse non rinnovabili perché le loro riserve
si possono riformare solo dopo tantissimi anni; questa caratteristica fa sì che essi siano
considerati più come bene industriale che come fonte di reddito. In effetti il
compromesso tra estrazione e non estrazione di petrolio dipende da due elementi: il
tasso di rendimento e le aspettative sul prezzo del petrolio
4
. Gli effetti devastanti
sull’economia e sul processo politico governativo si ricollegano quindi alla completa
esclusione dell’industria locale dai possibili benefici derivanti dallo sfruttamento di
questi beni e alla natura non rinnovabile degli stessi [Humphreys et al 2007, p. 4].
2.2.2 Attività di rent seeking behavior
Nell’industria petrolifera la differenza tra il valore dell’output e il costo della sua
estrazione, nota come rendita economica - “economic rent” - è molto elevata e il più
delle volte porta al fenomeno del rent seeking behaviour. Con questa espressione si fa
riferimento al comportamento delle compagnie petrolifere che, in un contesto di elevata
rendita economica, cercano di appropriarsi di buona parte di questi guadagni (rent),
colludendo con i governi detentori delle risorse, interessati ad accaparrarsi anch'essi,
dell’elevata rendita economica derivante dalla produzione del petrolio, servendosi a tal
fine di una leadership dittatoriale della quale un defunto presidente africano parlava in
modo deterministico come di «unica strada percorribile» [Humphreys et al 2007, p.4;
Shaxson 2007, p. 1123].
La rendita in questo contesto è un ricavo ottenuto dai privilegi sociali, dalle
pressioni politiche e legali concessi per il controllo della produzione; non è quindi un
guadagno che deriva dalle transazioni economiche. Lo sfruttamento del petrolio genera
dei rendimenti straordinari che derivano dall’organizzazione del mercato mondiale del
petrolio (rendita monopolista), dalla qualità del petrolio e dal suo status come risorsa
strategica. Il petrolio è un prodotto a domanda inelastica; esso è associato a un numero
ridotto di colossi che operano in questo settore a livello mondiale, a causa dell’elevata
barriera all’entrata esistente in questa industria, delle difficoltà a trovare un valido
4
«In effect, the tradeoff between extracting minerals and leaving them in the ground depends on
both the expected rates of return on investment from oil revenues and projected oil prices» (Jabarti 1977)
[Karl 1997, p.48].
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sostituto e della peculiarità di aver un processo produttivo diverso dal settore
manifatturiero domestico
5
. Nei paesi esportatori di petrolio la rendita che lo stato riceve
dalle industrie estrattive è molto elevata ed è il fattore trainante di tutta l’economia. Per
questo motivo, il governo può trarre risorse straordinarie nella sua attività di rent
seeking senza dover sostenere alcun investimento addizionale [Karl 1997, p.15].
I leader nazionali dei paesi ricchi di risorse naturali sembrano preferire “l’uovo
oggi piuttosto che la gallina domani”. Questa attitudine li induce a trattare le risorse
naturali come un bene (Asset) da cui ricavare nel più breve tempo possibile tutta la
ricchezza, trascurando prospettive di ulteriore sviluppo, per esempio, investendo nei
mercati finanziari al fine di guadagnare in futuro interessi [Humphreys et al 2007, pp. 8
- 9]. Controcorrente è, a questo proposito, il caso del fondo sovrano norvegese
(Government Pension Fund of Norway)
6
in cui il surplus di ricchezza petrolifera viene
depositato per l’investimento nei mercati finanziari esteri [Norges Bank 2010].
Il diffuso sentimento di spreco è associato alla dinamica economica del tragedy
of the commons
7
, che descrive come la vorace concorrenza nello sfruttare la risorsa
5
«The significance of its role leads to a relatively inelastic demand, which, when combined with
the small number and large size of resource owners, the high entry costs into the industry, and the
difficulties inherent in energy substitution, produces extraordinary rents with a distinctive character: they
have almost nothing to do with the productive processes of the domestic economy» (Hughes 1975, Davis
1983, Gelb 1986) [Karl 1997, p.48].
6
Il fondo non è in realtà un fondo pensione, sebbene il rendimento possa garantire i piani
pensionistici futuri. La gestione del fondo è affidata dal Ministero delle Finanze, che ne definisce la
strategia, alla banca d’investimento Norges. L’investimento avviene in strumenti finanziari internazionali,
coerenti con il codice etico del fondo [SWF 2009].
7
Il termine tragedy of the commons è stato coniato da Garrett nel 1968 per descrivere quanto le
risorse naturali (common pool resources) siano difficili da gestire in modo sostenibile quando
appartengono a più proprietari (o meglio quando l’accesso è libero e non è regolato), ognuno dei quali,
perseguendo razionalmente e liberamente la massimizzazione del suo proprio interesse, porta a
distruzione accelerata la risorsa disponibile in quantità limitata. Qui il concetto di bene comune va distinto
dal concetto di bene pubblico che gode dei principi di non rivalità e di non esclusione (tutti beneficiano
del servizio del bene pubblico senza diminuirne la quantità e la qualità altrui). Al contrario, il bene di
comune proprietà (common pool resources)è un bene che ha la caratteristica di essere sottratto, sovrausato
e ad accesso libero [De Young 1999]. Garrett illustra questo dilemma prendendo ad esempio un pascolo
aperto a tutti i pastori per fare pascolare il proprio bestiame. In un contesto di stabilità sociale tutti i
pastori saranno motivati dal profitto marginale individuale ottenuto da ogni capo di bestiame addizionale
nel pascolo. Così facendo ogni pastore è imprigionato in un sistema che lo obbliga a incrementare senza
limiti il suo bestiame in un pascolo limitato nello spazio, poiché il costo del degrado di un animale
addizionale è minore del profitto addizionale ottenuto. Ogni capo di bestiame procura un beneficio al suo
proprietario e contemporaneamente un danno agli altri pastori. La dinamica porta alla rovina del pascolo,
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mineraria e petrolifera il più velocemente possibile e con il maggior guadagno nel breve
termine, provochi un veloce esaurimento della stessa. La dinamica porta i governanti a
favorire il loro interesse egocentrico, a discapito della popolazione e delle generazioni
future. In due parole, abbiamo a che fare con la corruzione e la fragilità del potere
[Shaxson 2007, p. 1128].
Sachs nell’elencare le quattro alternative di gestione a lungo termine delle
risorse petrolifere (la non estrazione, l’investimento negli strumenti finanziari, le
infrastrutture e il capitale umano) ritiene che per un paese a basso reddito sia meglio
investire nel capitale umano e fisico per potersi assicurare una crescita a lungo termine.
Tuttavia, l’instabilità di molti stati con abbondanza di risorse naturali e la fragilità delle
loro democrazie esacerba la mancanza di una visione lungimirante [Humphreys et al
2007, p. 189].
2.2.3 Il Dutch Disease
Maggior parte dei paesi che sperimentano una decrescita graduale della
competitività nell’industria domestica sono colpiti da quello che viene descritto dal
1960 come Dutch disease
8
. Questo fenomeno offre una spiegazione esogena della
dovuta a un sovrasfruttamento nel lungo periodo [Garrett 1968, p.1244]. A seguito dell’aumento del
bestiame di ogni pastore, il pascolo raggiunge presto il suo massimo sostenibile per decrescere
gradualmente, fino a rendere l’attività di tutti i pastori non profittevole. La massimizzazione del profitto
individuale viene paragonata da Ostrom al dilemma del prigioniero con una sola interazione secondo la
formulazione canonica [Ostrom 2001, p.4]. Non si può in quel caso contare sulla coscienza morale delle
persone perché, se uno restringe il consumo e gli altri non lo fanno, la risorsa comune deperirà e anche
colui che ha ristretto il consumo avrà comunque perso la possibilità di realizzare un profitto nel breve
periodo [Ostrom 2001, p. 3]. La dinamica descritta si rivela particolarmente utile nell’analizzare i temi
ambientali, quali la polluzione. Per un agente economico, infatti, è meno costoso disperdere i rifiuti
tossici nell’ambiente che sottoporli ad adeguati trattamenti.
Neppure la regolamentazione delle tendenze comportamentali alla massimizzazione dell’interesse
individuale attraverso la coercizione (le tasse, la legge) oppure l’alternativa della privatizzazione associata
a un sistema legale efficace garantisce l’eliminazione di questo dilemma [De Young 1999]. Per Ostrom la
comunicazione, la fiducia, l’anticipare le interazioni future e l’abilità a definire delle regole spesso fa si
che la tragedia non avvenga [Ostrom 2001, p.5].
8
Nel 1960 gli Olandesi si resero conto che lo sfruttamento del giacimento di gas presente sul loro
territorio – North Sea - danneggiava pesantemente l’industria domestica [Humphreys et al 2007, p. 181].
Il fenomeno ha le radici nel xvi secolo quando la Spagna ha fatto l’esperienza di nuovi influssi di
ricchezza derivante dalle risorse naturali e dell’oro. Il Dutch Disease viene usato prevalentemente per
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frequente prestazione deludente dei paesi dotati di abbondanti risorse naturali, in cui il
boom nel settore minerario e petrolifero esercita una pressione sugli altri settori.
L’analisi del boom petrolifero in una economia viene fatta dagli economisti illustrando
gli effetti negativi del settore traded delle risorse naturali sui settori traded
dell’industria manifatturiera e nontraded.[Auty 2001, p. 7] La vendita del petrolio sul
mercato in Dollari fa aumentare le riserve valutarie del paese esportatore e
conseguentemente aumenta il suo tasso di cambio reale
9
indipendentemente dal regime
di cambio anche se con manifestazioni diverse
10
[Ebrahim 2003]. I beni commerciabili
sul mercato internazionale (cacao, caffè e prodotti manifatturieri, petrolio e gas), –
traded goods -, diventano, quindi, relativamente meno costosi rispetto ai beni
commerciabili solo sul mercato locale – non traded goods. I termini di scambio
favorevoli per il paese rendono più conveniente importare piuttosto che sviluppare
l’industria domestica. A pensarci bene, i proventi petroliferi aumentano il reddito
nazionale con conseguente aumento della domanda di tutti i beni (consumo e
investimento) da parte dei consumatori. L’incremento di spesa derivante dalla vendita
del petrolio fa aumentare solo i prezzi dei non traded goods, dal momento che si
verifica un eccesso di domanda di tali beni che può essere soddisfatta solo da una
produzione nazionale, a causa dei costi di trasporto proibitivi. La stessa dinamica non si
verifica invece con i traded goods, giacché l’apprezzamento del cambio riduce i prezzi
domestici dei beni di esportazione e i relativi prezzi dei prodotti concorrenti importati
[Auty 2001, p. 7].
Sachs analizza la geometria del Dutch Disease e deduce che alla presenza di un
incremento dei prezzi del petrolio il settore manifatturiero si contrae perché
descrivere il negativo impatto della scoperta delle risorse naturali sull’economia, tuttavia, il suo effetto
deriva in generale da ogni dinamica economica che risulta da un largo influsso di valute straniere: un
aumento del prezzo delle risorse naturali, gli investimenti diretti esteri, l’assistenza straniera [Ebrahim
2003].
9
Il tasso di cambio reale viene definito come un aumento relativo del prezzo dei beni nontraded
rispetto al quello dei beni traded il che significa che una unità di valuta straniera compra meno beni
nontraded rispetto al periodo precedente all’apprezzamento.
10
In un regime di cambio fisso l’afflusso di valute viene convertita in moneta domestica con un
conseguente aumento del reddito che speso localmente innalza il prezzo dei beni nontraded. Nel caso
invece di regime di cambio flessibile sarà la valuta nominale nazionale ad aumentare causando anche in
questo caso gli stessi effetti di apprezzamento del cambio reale.
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l’apprezzamento dei cambi reali causa uno spostamento del lavoro e del capitale verso il
settore dei beni commerciabili solo sul mercato locale – “resource movement effect” -.
Auty aggiunge che se il settore nontradable necessita in modo relativamente intenso del
fattore lavoro, mentre il settore manifatturiero registra eguale bisogno in termini di
capitale, lo spostamento a favore del settore nontradable tenderà ad aumentare i salari in
quel settore e a ridurre i rendimenti su capitale nel settore tradable, riducendo così
l’accumulazione di capitale [Auty 2001 p. 7]
11
. Un’altra causa della riduzione
dell’accumulazione di capitale è il fatto che nel settore nontradable i costi di fattori
aumentano, rendendo più caro per l’industria manifatturiera utilizzarli nel processo
produttivo. Riesce difficile in un simile contesto rimanere competitivi essendo i prezzi
dei prodotti traded fissati sul mercato internazionale [Sachs, Warner 2001, p. 833]
12
. Lo
spostamento si giustifica come risultante dell’apprezzamento che rende i beni
commerciabili solo sul mercato locale relativamente più costosi. Sachs sottolinea inoltre
che l’effetto di questo aggiustamento è dannoso solo se il settore manifatturiero colpito
è strategico per tutta l’economia e rappresenta una quota importante del PIL.
Inoltre,tutta l’economia perde un impulso del settore manifatturiero caratterizzato a
volte dal fattore apprendimento – “learnig by doing” –
L’effetto negativo può essere mitigato, con delle efficaci strategie
d’investimento graduali nel tempo, sussidiando ad esempio il settore manifatturiero
oppure attuando degli investimenti pubblici in infrastrutture che garantiscano una
crescita di produttività in tutta l’economia. In aggiunta, il Dutch disease può essere
evitato con una efficace mossa di politica monetaria consistente nella sterilizzazione
13
dell’effetto dell’apprezzamento dei cambi. Nei paesi poveri prevalentemente agricoli, se
11
«If the non-tradable sector is relatively labour-intensive while the tradable sector is capital-
intensive, the movement in favour of the non-tradable sector will tend to raise wages and lower returns to
capital, thereby reducing capital accumulation».
12
«Positive wealth shocks from the natural resource sector (along with consumer preferences that
translate this into higher demand for non-traded goods) creates excess demand for non-traded products
and drives up non-traded prices, including particularly non-traded input costs and wages. This in turn
squeezes profits in traded activities such as manufacturing that use those non-traded products as inputs yet
sell their products on international markets at relatively fixed international prices».
13
La sterilizzazione è un meccanismo che permette alla banca centrale di ridurre la base monetaria
nell’economia vendendo titoli oppure comprando valuta straniera in cambio delle valute domestiche
[Ebrahim 2003].
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le risorse petrolifere sono investite per aumentare la produttività dei coltivatori, si può
addirittura avere un deprezzamento del tasso di cambio reale [Humphreys et al 2007,
pp.183-186].
Una situazione di Dutch Disease incoraggia quindi il governo a basare
l’economia industriale su l’importazione di capitale - circostanza questa acuita
dall’esenzione di tasse all’importazione di attrezzature industriali - piuttosto che
sviluppare una strategia di esportazione attraverso investimenti domestici che
promuovano il lavoro locale a qualificazione media [Auty 2001, p. 68]. D’altra parte, il
settore petrolifero richiede capitale fisico disponibile dall’estero fornendo un impulso
minore per l’industrializzazione domestica [Karl 1997, p. 52].
Nel complesso l'estrazione delle risorse naturali mette in moto una dinamica che dà
il primato a due settori nazionali - il settore delle risorse naturali e il settore nontradable
come la costruzione - a scapito di settori industriali di esportazione [Humphreys et al
2007, p. 5]
14
.
2.2.4 Una carente spiegazione economica del Dutch
Disease
L’aspetto politico ed istituzionale che regola il funzionamento del mercato dei
minerali, e che a volte ostacola i vari aggiustamenti necessari per evitare l’impatto del
Dutch Disease, sembra non essere preso adeguatamente in considerazione dagli
economisti. Il trasferimento della ricchezza petrolifera finalizzato al benessere della
popolazione dipende in larga misura dalle politiche attuate dal governo. Una specifica
traiettoria di sviluppo economico associata a un determinato contesto istituzionale
progressivamente trasforma le istituzioni politiche e sociali in un circolo virtuoso o
vizioso che a sua volta incoraggia o scoraggia la produttività nei settori agricoli e
manifatturieri. Come ogni attività economica è radicata in una rete di istituzioni sociali,
abitudini, culture e credenze, allo stesso modo lo sfruttamento delle risorse minerarie
14
«All in all the extraction of natural resources sets in motion a dynamic that gives primacy to two
domestic sectors -the natural resource sector and the non traded sector such as the construction - at the
expense of more traditional export sectors».