IV
INTRODUZIONE
L’idea di affrontare questa ricerca sugli Internati Militari Italiani
(IMI) nasce come prosecuzione dei temi affrontati durante il corso
tenuto presso la cattedra di Storia Contemporanea della facoltà di
Sociologia, nell’Anno Accademico 2008-2009, orientato
all’approfondimento degli aspetti ideologici del fascismo italiano.
Il presente studio parte da un concetto: il sistema di potere
mussoliniano aveva acquisito caratteri sempre più autoritari e tendenti
all’instaurazione di uno stato totalitario, attraverso la creazione di un
ampio consenso popolare basato sulla forza del mito, sulla natura dei
simboli e sulla ritualità religiosa con cui avveniva l’autocelebrazione del
regime
1
.
Secondo questo aspetto, le dittature europee del XX secolo non
evidenziano grosse differenziazioni
2
, tuttavia esiste sempre un limite oltre
il quale le grandi masse popolari acquisiscono coscienza e non si fanno
più ingannare.
Ascoltando le testimonianze di ex militari italiani che vissero
l’esperienza della Seconda guerra mondiale, emerge che questo limite
viene raggiunto e superato con i fatti dell’8 settembre 1943; la firma
dell’armistizio, determinò e rese evidente il fallimento del progetto
mussoliniano di dare all’Italia un ruolo stabile tra le potenze mondiali.
A molti è capitato spesso di ascoltare “racconti di guerra” dalle
voci di uomini che maturarono le loro esperienze di soldato nei diversi
fronti europei ed africani durante il secondo conflitto mondiale.
1
P.G. Zumino, L’ideologia del fascismo, miti, credenze e valori nella stabilizzazione del regime,
Ed. Il Mulino, Bologna 1995
2
L.Zani, Fascismo e comunismo:rivoluzioni antagoniste ,in E. Gentile (a cura di) Modernità
totalitaria, il fascismo italiano, Ed. Laterza, Bari 2008
V
Le loro storie spesso raccontano della presa di coscienza
dell’inganno di cui furono vittime quando constatarono le falsità
veicolate per decenni dalla propaganda di regime.
L’esperienza più dura fu di certo quella dei militari italiani che, a
seguito dell’armistizio dell’8 settembre 1943, patirono le sofferenze e le
frustrazioni conseguenti al disarmo, alla cattura, alla deportazione ed al
loro internamento nei campi di concentramento nazisti, operato dalle
forze armate tedesche con le quali fino a quel momento avevano
combattuto fianco a fianco contro gli Alleati.
Negli ultimi anni, si è sviluppato un nuovo filone storico che ha
prodotto una serie di ricerche riguardanti le vicende di questi uomini che,
rifiutandosi di collaborare con i tedeschi dopo la loro cattura, spesso
pagarono con vita la loro ostinazione. Gli studi hanno portato a una
rivalutazione del fenomeno che può essere ritenuto una forma di
resistenza “ad oltranza”, una decisa presa di distanza da quel regime
fascista che aveva portato l’Italia in guerra. Il loro rifiuto palese ostacolò
concretamente l’ideologia nazi-fascista che proseguiva verso la catastrofe
attraverso la creazione della Repubblica di Salò.
Un rifiuto che, di fatto, avrebbe poi contribuito certamente, ad
accorciare i tempi del conflitto e a contenere la catastrofe italiana.
Nel complesso, comunque, gli IMI non possono essere giudicati
come ‹‹un esempio di ignavia e di opportunismo, né un modello di
resistenza e di consapevole antifascismo, più semplicemente sono stati lo
specchio del paese, della crisi di una generazione, delle sue lacerazioni,
del difficile e tormentato trapasso dalla dittatura alla democrazia
3
››.
La forza di volontà di questi uomini, come emerge dalle
testimonianze dirette, era alimentata dagli stessi sentimenti che sarebbero
3
L. Zani, Le ragioni del no, pubblicato su La Critica Sociologica n.170, 2009, pag. 25
VI
stati alla base della carta costituzionale italiana approvata nell’immediato
dopoguerra.
Le regole fondanti dello Stato italiano furono improntate con
chiarezza nella direzione di una società antifascista ed egualitaria che
‹‹ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e
come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali
4
››.
Negli ultimi anni sono state pubblicate una serie di ricerche sugli
IMI che hanno contribuito a fare luce su molti aspetti inediti del
fenomeno. Alcuni di questi studi hanno rappresentato il nucleo di
partenza, nonché il punto di riferimento della presente ricerca
5
.
Oltre alla ricostruzione storica vera e propria, gli aspetti sociali di
questo fenomeno ci vengono illustrati dalla memorialistica che e dai
racconti dei protagonisti
6
.
Dallo studio della storiografia è stato possibile anche apprendere
l’approccio metodologico per avviare la presente ricerca; a maggior
ragione questa ricerca si concentra sulla provincia di Latina ove,
malgrado la presenza di un numero considerevole di IMI, negli anni non
sono stati prodotti studi approfonditi riguardanti le vicende di questi
uomini di cui solo una piccola parte ancora in vita.
I militari più giovani catturati dai tedeschi nel settembre del 1943,
oggi hanno 86 anni, pertanto non sono molti i testimoni viventi di quella
vicenda storica. Questo è stato di sicuro un ostacolo alla ricerca, ma allo
stesso tempo uno stimolo in più per mettersi sulle tracce degli ultimi
sopravvissuti in provincia di Latina con l’obiettivo di rintracciarne
almeno uno vivente che potesse raccontare la sua esperienza, e, se
4
Art. 11 della Costituzione italiana
5
Vedi bibliografia, pag. 94
6
L. Zani, Resistenza ad oltranza. Storia e diario di Federico Ferrari,internato militare italiano
in Germania, Ed.Mondadori Università, Roma, 2009;
R. Ropa, Prigionieri del Terzo Reich . Storia e memoria dei militari bolognesi internati nella
Germania nazista, Ed. Clueb, Bologna, 2008.
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possibile, fornire una documentazione certa, inedita e utile ad apportare
nuovi elementi e conoscenze all’intero filone storico. Purtroppo, va detto
subito, al di là di qualche foto ricordo, nemmeno riferita al periodo
dell’internamento, non sono emersi nuovi documenti e lo studio si è
dovuto accontentare di trascrivere le testimonianze dirette ricavate
tramite la somministrazione di un questionario strutturato a domande
aperte.
La griglia di domande presenti nel questionario poteva garantire
una narrazione corretta sotto l’aspetto cronologico ma, va precisato, che
le “risposte aperte” spesso anticipavano alcune delle domande presenti
nel questionario. In questo caso l’intervistatore doveva stare attento a
non ripetere tali domande onde evitare inutili ridondanze.
Inoltre, ogni volta che, durante l’intervista, veniva notata una
volontà di approfondire taluni aspetti dell’esperienza di IMI, il ricercatore
aveva cura d’incoraggiarne il racconto attraverso la formulazione di
domande idonee allo scopo ed improvvisate al momento.
Lo studio partiva dalla consultazione dei ruoli matricolari militari
conservati presso l’Archivio di Stato di Latina, limitatamente alle classi
1923 e 1924, arruolate nelle forze armate italiane, rispettivamente, nel
1942 e nel 1943.
Man mano che lo studio proseguiva nella consultazione dei
registri, emergeva l’elevato numero di militari provenienti dalla provincia
di Latina che subirono l’internamento nei campi di concentramento
nazisti (oltre il 10% dei militari arruolati).
Aldilà del mero dato statistico, ciò che interessava maggiormente,
durante quella prima fase consultiva, era individuare qualche ex IMI
ancora vivente che potesse testimoniare la sua esperienza personale.
Pertanto, dalla lista di 6800 nomi in totale di militari iscritti ai ruoli,
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venivano individuati 754 IMI. A questo punto, la ricerca sugli IMI
viventi si concentrava sui residenti nell’area dei Monti Lepini, ed in modo
particolare nei comuni di Sezze, Priverno, Roccagorga, Bassiano, Cori,
Sermoneta, Maenza, Sonnino, Norma e Prossedi.
La priorità ricadeva maggiormente sul comune di Sezze per una
serie di motivi: la conoscenza diretta del territorio e l’alto numero di IMI
(49) individuati tramite i ruoli matricolari militari.
Dal numero degli IMI individuati il ricercatore arrivava ad
accertare che almeno tre di loro risultavano ancora in vita ed in
condizione di salute idonea a rendere attendibili le loro testimonianze.
Oltretutto accertava la loro piena disponibilità, nonché quella dei loro
familiari, a essere sottoposti all’intervista predisposta in precedenza,
prendendo spunto dai questionari somministrati nel corso di una ricerca
svolta sugli ex IMI siciliani.
7
Di questi tre IMI individuati ed ancora viventi, due risultavano
nati e residenti nel comune di Sezze, mentre il terzo era nativo e
residente nel comune di Priverno.
A questo punto il ricercatore procedeva a somministrare i
questionari riportati nell’ultimo capitolo della presente ricerca.
La descrizione iniziale tratta dalla storiografia militare esistente,
risultava necessaria a fotografare la dislocazione delle forze armate
italiane e tedesche al momento dell’armistizio, le circostanze in cui
avvenne il disarmo e la cattura dei militari italiani, al di là del racconto dei
nostri testimoni.
7
http://www.imiedeportati.eu/archivio.php, La deportazione e l’internamento degli IMI siciliani
nei campi nazisti, progetto a cura dell’A.N.R.P. e Audiodoc, 2009