INTRODUZIONE
In questo lavoro si tratterà di quelle fondazioni eremitiche che nascono
in Toscana e nei territori limitrofi come piccoli movimenti laicali e che
ottengono in seguito il riconoscimento dalla Santa Sede. Non si tratterà delle
comunità Camaldolesi e Vallombrosane poiché, pur nascendo dalla vocazione
eremitica del fondatore si sviluppano in comunità monastiche con vocazione
cenobitica, né si tratterà delle numerose esperienze eremitiche individuali che
caratterizzano i secoli del pieno Medioevo ma che non hanno nel tempo alcuna
continuità (basti pensare alle figure del beato Benedetto Ricasoli
1
di cui
rimane oggi la cella denominata ‘Eremo del beato Benedetto’, collocato tra
Siena e Montevarchi. Al beato Gargalini di Montieri sulla cui cella è stata
costruita la Canonica di San Giacomo
2
; e Santa Verdiana di Castelfiorentino
3
alla cui memoria rimane un santuario costruito sul suo rifugio).
Si parlerà degli eremiti ‘di Fratel Giovan Bono’, dei Brettinesi, faremo
luce sugli Eremiti toscani e sugli Agostiniani, distinguendo l’eremitismo sorto
in Occidente tra XI e XIV secolo dal precedente orientale, diffusosi tra V e
VIII secolo.
Il fenomeno eremitico ha una vastissima estensione ed è difficilmente
inquadrabile in un preciso momento storico. Nonostante sia un fenomeno
antichissimo, ne sono i primi protagonisti i profeti biblici e, in successione
gerarchica, i Padri del deserto. Nella presente occasione ci interessa il periodo
che va dall’XI al XIV secolo in quanto l’eremitismo in Occidente assume
proporzioni considerevoli e caratteri che lo differenziano da quello precedente
orientale. Quest’ultimo era un eremitismo anacoretico per cui il monaco
conduceva una vita all’insegna della solitudine individuale, favorita dal ritiro
1
Benedetto Ricasoli da Coltibuono: monaco vallombrosano nell’abbazia di Coltibuono e
successivamente in ritiro come eremita in un eremo detto “il castellaccio” non lontano
dall’abbazia. Vedi, su questo argomento, Bibliotheca Sanctorum, vol. II, pp. 1097-1098.
2
G. VATTI, Montieri, notizie storiche, Sarno, 1970.
3
Santa Verdiana: vissuta tra XII e XIII secolo rimase chiusa in un eremo costruito per lei
dai concittadini sulla riva dell’Elsa, dedita alla preghiera e alla penitenza per ben 34 anni. Vedi su
questo argomento: Bibliotheca Sanctorum, vol. XIII, pp. 1023; 1027.
3
in luoghi particolarmente impervi fino all’insostenibilità. Da ciò si capisce che
era per loro più importante l’aspetto dell’espiazione dei peccati per il
perfezionamento spirituale piuttosto che la missione apostolica.
Diversamente l’eremitismo occidentale dell’XI-XIII secolo, che è il
periodo della riforma ecclesiastica, in cui si assiste al fiorire di numerose
manifestazioni delle rinnovate esigenze dei laici e della loro sempre più
intensa partecipazione alla vita della Chiesa, non ricerca più la solitudine
assoluta come unico mezzo di perfezionamento spirituale, ma punta
sull’evangelizzazione delle popolazioni circostanti l’eremo, non tradendo
comunque l’antica tradizione nella scelta di “luoghi appartati, infecondi e
disagevoli”
4
. Sarà l’intento apostolico di questi nuovi eremiti a spingere la
Santa Sede a riconoscerli come ordini con proprie costituzioni in quanto li
ritiene importanti per il proprio rinnovamento.
Lo studio si suddivide in due capitoli. Il primo, storico, inquadra i
caratteri del fenomeno in Occidente, per poi passare alla descrizione degli
ordini eremitici del Centro Italia che è la zona in cui si verifica la maggior
diffusione e si trova il maggior numero di insediamenti. Si cercherà di dare
una risposta a tre punti controversi che ruotano attorno all’ordine degli
Agostiniani. Il primo riguarda l’origine dell’Ordine degli Eremiti toscani, in
quanto non si conosce il fondatore ed è relativo anche alla natura dell’Ordine
poiché i monaci che lo compongono vengono erroneamente considerati
Agostiniani, dal momento che sin dalla fondazione seguono la regola
dell’Ipponate. Il secondo è l’adozione della Regola di Sant’Agostino da parte
di numerose comunità religiose non eremitiche (come gli Ordini ospedalieri e i
Canonici regolari) sorte nei primi anni dell’XI secolo. Questo ha infatti creato
una difficoltà di individuazione di un distinto ordine di Sant’Agostino, poiché
la regola del Santo è adottata nel seno delle istituzioni ecclesiastiche molto
prima della sua creazione, avvenuta nel 1256. Il terzo punto controverso è
relativo alla vera data di fondazione dell’Ordine agostiniano.
4
C. VIOLANTE, Presentazione, in VAN LUIJK, Gli eremiti neri nel Dugento. Con
particolare riguardo al territorio pisano e toscano. Origine, sviluppo e unione, Biblioteca del
“Bollettino Storico Pisano” Collana Storica 7, p. VIII.
4
Fine ultimo del lavoro è quello di verificare attraverso la schedatura
degli insediamenti, questo è compito del secondo capitolo, l’esistenza di
un’architettura propriamente eremitica almeno in ambito senese, poiché
l’eremitismo ha una grande e rapida diffusione in tutto l’Occidente e non
sarebbe contraddittorio che si fosse creato uno stile peculiare. Certo è che la
repentina scelta papale e degli Ordini stessi di aderire ad un unico ordine più
grande, quello Agostiniano, non ha permesso alle singole congregazioni di
espandersi individualmente e propagare i propri canoni stilistici adeguati ai
dettami delle regole seguite. Un filone indipendente risulta invece essere
quello guglielmita, che non cederà alla volontà unificatrice della Santa Sede,
ma continuerà per lungo tempo ad osservare la Regola di San Benedetto e ad
espandersi al di fuori della nostra penisola. Percorreremo con interesse la
storia di questo ordine, l’unico veramente ‘toscano’, poiché sorto nelle
vicinanze di Castiglione della Pescaia, nelle Diocesi e Provincia di Grosseto. È
l’unico ad aver dato il nome del proprio ‘fondatore’ alla casa madre situata in
zona anticamente detta “Malavalle” e ad aver lasciato segni nella topomastica
maremmana, (pensiamo all’antica strada detta “di San Guglielmo” che passava
davanti al romitorio di Santa Maria Maddalena presso Montepescali; o al
podere San Guglielmo nei pressi dell’abbazia di Giugnano). Le considerazioni
tratte dall’osservazione degli eremi di quest’ordine hanno dato lo stimolo
iniziale per questa ricerca, dato che si riscontrano negli insediamenti da loro
occupati singolari affinità costruttive. La schedatura degli eremi del territorio
senese permetterà di evidenziare tipologie simili agli insediamenti
maremmani.
Una difficoltà riscontrata è data dal fatto che tutti gli edifici presi in
esame si trovano, al giorno d’oggi, in completo stato di degrado, quindi
difficilmente leggibili. Ciò ha una precisa motivazione storica: essi furono tutti
abbandonati dalla seconda metà del XIII secolo quando gli Ordini eremitici
vennero convogliati negli Agostiniani e quindi trasferiti in sedi cittadine.
CAPITOLO PRIMO
L’EREMITISMO MEDIEVALE
(XI - XIV SECOLO)
6
§1.1 - L’EREMITISMO DELLE ORIGINI
E’ sul finire del II secolo d.C. che si assiste ad una notevole fioritura di
esperienze eremitiche nell’Oriente cristiano in protesta a tutta la tradizione di
cultura classica e del mondo greco-romano. Le prime manifestazioni sono
caratterizzate da una rigida pratica dell’ascesi all’interno delle singole
comunità cristiane, dal digiuno e veglie prolungate e dall’osservanza della
castità. Questa necessità di ricorrere ad una più rigida condotta morale è un
“frutto del tempo” poiché tutto il mondo orientale è percorso da un filone di
pensiero dualistico che oppone l’anima al corpo, e quindi il Bene al Male,
individuando nella materia la dimora del Male e nello spirito la sede del Bene.
Le esperienze eremitiche di uomini che scelgono di abbandonare i centri
abitati e gli stessi confratelli per ritirarsi a vita solitaria in luoghi deserti,
dedicandosi alla meditazione e alla preghiera, si diffondono così dal II all’VIII
secolo. Alla base del nuovo movimento eremitico sta anche una motivazione
“politica”. Dal momento in cui il Cristianesimo diviene la religione ufficiale
dell’Impero, i Cristiani ne vengono a costituire il nuovo ceto dirigente. In tal
modo la Chiesa assume su di sé l’intero carico delle opere di assistenza e tende
ad accumulare patrimoni; la tensione morale dei primi tempi, di una religione
fatta di eroi perseguitati per la loro fede, decade, indebolendosi sempre più
rapidamente. Essa viene allora recuperata da chi desidera ancora la profonda
povertà e la purezza che hanno distinto il Cristianesimo delle origini e, per
riviverla, si sceglie la strada dell’isolamento e del ritiro dalla società.
Ecco che viene delineandosi sempre più chiaramente la figura di questo
nuovo personaggio: l’eremita, il monaco (termine che deriva dal latino
“monus”, cioè “colui che vive da solo”). Il suo rifugio prediletto è un riparo di
fortuna, come una caverna o un’antica tomba abbandonata; la sua
alimentazione è prevalentemente basata sui prodotti della natura selvaggia,
come radici, bacche, erbe selvatiche o datteri. Per coloro che invece approdano
a questo stato di vita da una condizione abbiente, il sostentamento proviene in
principal modo dal lavoro come copisti di codici. Un altro aspetto
7
fondamentale, che ritroveremo nell’eremitismo tra XI e XIV secolo in
Occidente, è la grandissima quantità di visite ricevute giornalmente da parte di
moltitudini di fedeli affascinati dal loro coraggio, dalla loro saggezza e dalla
condotta di vita all’insegna dell’espiazione dei peccati
1
. Per il mondo cristiano
gli asceti diventano così i nuovi “martiri”, testimoni viventi della fede e della
realtà del mondo soprannaturale. La penetrazione in Occidente degli ideali del
movimento raggiunge il suo compimento proprio quando il centro della
cristianità è vittima delle invasioni barbariche. Esponenti dei pensieri laico e
spirituale (pensiamo a San Girolamo) si recano in pellegrinaggio in Oriente
dando il via alla propaganda del monachesimo
2
. Da qui la rapida diffusione in
ambito europeo per mezzo di monaci missionari come San Patrizio, San
Martino, San Onorato e Cassiano.
§1.2 - LA SECONDA FIORITURA DELL’EREMITISMO IN
OCCIDENTE (XI-XIV SECOLO)
Con la caduta dell’Impero carolingio e il disgregamento dell’autorità
dello stato, con il pericolo e le devastazioni delle invasioni barbariche anche la
Chiesa attraversa una profonda crisi, dovuta al suo disgregamento interno
causato dal processo di laicizzazione che la vede più attenta ai beni temporali
che a quelli spirituali. Citando Christopher Dawson: “ancora una volta, come
nel V e VI secolo, il Cristianesimo mostrava la sua indipendenza dalle
condizioni esteriori e dava prova della sua capacità col creare nuovi organi di
rigenerazione spirituale”
3
. Sorge infatti un nuovo movimento “destinato a far
1
Vedi C. LEONARDI, La spiritualità monastica dal IV al XIII secolo, in Dall’eremo al
cenobio. La civiltà monastica in Italia dalle origini all’età di Dante, Milano, Jaca Book, 1987,
pp. 183-274; G. PENCO, Storia del monachesimo in Italia dalle origini alla fine del medioevo,
Roma, Jaca Book, 1961.
2
C. DAWSON, Il Cristianesimo e la formazione della civiltà occidentale, Biblioteca
Universale Rizzoli, Milano 1997, p. 61.
3
DAWSON, ivi, p. 158.
8
fronte ai recenti pericoli creati dalla secolarizzazione feudale”
4
.
Il movimento nasce come monastico e ascetico prendendo la forma di
una “fuga dal mondo e dalla vita pubblica verso il deserto e il chiostro”
5
in
quanto l’istituzione monastica rappresenta il principio di un ordine cristiano
autonomo e indipendente in cui si può trovare un punto di partenza per un
ritorno all’osservanza della regola benedettina (norma ufficiale per la vita
monastica). Per questo è capace di portare un rinnovamento per l’intera
Chiesa
6
. Infatti il nuovo movimento di riforma spirituale trova le sue basi
proprio nei nuovi monasteri, primo tra tutti Cluny in Borgogna, fondato nel
910. Questo perché fin dalle origini caratteristica del monachesimo
occidentale era stata quella di un’acuta consapevolezza della responsabilità
sociale e dell’impegno missionario ispirandosi agli ideali di Sant’Agostino e di
Gregorio Magno, secondo i quali la grazia divina è una fonte di energia
soprannaturale che si rinnova continuamente e che ha la capacità di
trasformare la natura umana e di cambiare il corso della storia
7
.
Nell’ambito della riforma ecclesiastica, in particolare nel periodo di
reggenza gregoriana (1073-1085) si assiste ad una notevole fioritura e ad un
cospicuo sviluppo del movimento eremitico, le cui prime fondazioni
riguardano territori toscani quali il Monte Pisano, il Lucchese, la Garfagnana e
la Maremma tra Pisa e Grosseto
8
. Prevalentemente per iniziativa di laici
9
i
quali adottano il modello benedettino di povertà cenobitica, sorgono numerosi
insediamenti di piccole comunità, situati in luoghi appartati, non troppo
distanti dall’abitato in modo che sia possibile svolgere la missione di
apostolato privilegiando la rinuncia volontaria del singolo ritenuta il mezzo
4
Ibidem.
5
Ibidem.
6
Ivi, p. 159.
7
Ivi, pp. 159-160.
8
F. DAL PINO, Scelte di povertà all’origine dei nuovi movimenti religiosi in La conversione
alla povertà nell’Italia dei secoli XII-XIV, p. 83; K. ELM, Un eremita di Grosseto di fama
europea: San Guglielmo di Malavalle, p. 60.
9
DAL PINO, Scelte di povertà cit., p. 74- 75; C. VIOLANTE, Discorso di apertura, in
L’eremitismo in Occidente nei secoli XI e XII, Atti della seconda Settimana Internazionale di
studio, Mendola 30 agosto-6 settembre 1962, Milano, Vita e Pensiero, p. 19.
9
più efficace per raggiungere la povertà di spirito
10
. Ma il fenomeno eremitico
della nuova epoca (XI-XIV secolo) esordisce con caratteristiche diverse
rispetto al precedente. Innanzitutto esso è caratterizzato dal fondamentale
rinnovamento dell’ideale spirituale, e di conseguenza da manifestazione
“individuale” si evolve in “comunitario”: attorno alla figura di un singolo
eremita si viene a formare un piccolo gruppo di ‘simpatizzanti’ solitari uniti
tutti dallo stesso ideale di povertà assoluta come imitazione di Cristo. Molti di
questi gruppi orientandosi verso un’osservanza cenobitica, sono da stimolo al
rinnovamento del monachesimo tradizionale pur conservando alcuni caratteri
dell’antica espressione ascetica come la scelta di luoghi impervi e la
purificazione attraverso la mortificazione corporale
11
.
La maggiore diffusione di tale movimento si ha tra il XIII e il XIV
secolo in Italia. Sappiamo infatti che, dal IV Concilio Lateranense, del 1215,
ogni comunità religiosa, volendo essere riconosciuta dalla Santa Sede, deve
crearsi un’organizzazione centralizzata, basandosi sull’esempio cistercense e
seguire una delle regole approvate dal Concilio stesso, in modo tale che la
Santa Sede riesca ad operare un’adeguata gestione delle forze che
abbandonano progressivamente le giurisdizioni locali per sottoporsi al diretto
controllo della Chiesa di Roma
12
.
10
Dizionario degli Istituti di Perfezione, p. 1479; DAL PINO, Scelte di povertà cit., p. 83; B.
VAN LUIJK, Gli eremiti neri cit., p. 50.
11
Vedi, su questo, DAL PINO, Scelte di povertà cit., pp. 75-76; Dizionario degli Istituti di
perfezione, vol. 5, p. 1232, vol. 5; K. A. FINK, Chiesa e Papato nel Medioevo, Roma, Il Mulino,
1987, p. 102.
12
“Con il Concilio Lateranense IV, che impone alle nuove fondazioni di adottare una delle
regole approvate, la Regula Benedicti viene a svolgere la funzione di copertura giuridica per
nuovi istituti che, sotto di essa intendono però condurre vita propria”, cit. Dizionario degli Istituti
di Perfezione, vol. 7, p. 1563.
10
§1.3 - NUOVE ESIGENZE TRA XI E XIV SECOLO: LA POVERTÀ
ASSOLUTA
Per quanto detto prima, il carattere fondamentale dei movimenti
religiosi di questo periodo è una assoluta esigenza di povertà, sia come
reazione alla contemporanea realtà ecclesiale colpita da mali morali derivanti
dalle ormai frequenti ingerenze nell’economia curtense e nella struttura della
società feudale
13
, sia come reazione a vecchi modelli di vita cenobitica tipici
del monachesimo benedettino. Infatti questi ultimi non rispondono più al
mutamento dei tempi, poiché il ritiro che prevedevano era un temporaneo
allontanamento dalla comunità monacale per giungere ad un più alto grado di
perfezione personale
14
. Allora i nuovi eremiti rifiutano la costruzione di grandi
e fastosi edifici, prediligendo strutture semplici e spoglie, contestano le
proprietà e le rendite ecclesiastiche rifiutano poi la lussuosità delle chiese e la
preziosità delle suppellettili e arredamenti sacri, indossando abiti poveri e privi
di colore
15
. Unici mezzi di sostentamento ritornano così ad essere i lavori
manuali e l’elemosina, mentre si recuperano le rigide pratiche ascetiche.
Riassumendo: la formazione di istituzioni eremitiche comunitarie risulta
essere un fenomeno del tutto nuovo e il primo passo verso il totale connubio
povertà - comunità che troverà la sua più intelligente e originale realizzazione
con la nascita degli Ordini mendicanti, e con essi un nuovo stile
architettonico
16
corrispondente ai loro ideali.
13
R. MORGHEN, Medioevo cristiano, II ed., Bari, Laterza, 1958.
14
VIOLANTE, Discorso cit., P. 14.
15
VAN LUIJK, Gli eremiti neri; VIOLANTE, Discorso cit., pp. 13-14.
16
VIOLANTE, ivi, pp. 22-23; vedi A. M. ROMANINI, L’architettura degli ordini mendicanti:
nuove prospettive di interpretazione, in “Storia della città”, n. 9, pp. 5-15.
11
§1.4 - POVERTÀ E ORDINI DELLA RIFORMA ECCLESIASTICA
Quali sono gli aspetti che denotano lo stile di vita degli ordini
eremitici? L’esigenza di povertà si traduce, ‘nella ricerca di solitudini alpestri
o rurali’ ripetendo da una parte i caratteri del primitivo eremitismo e dall’altra
mostrando una tendenza all’apostolato che li condurrà a chiedere alla Santa
Sede l’autorizzazione a confessare e predicare
17
.
Citando Dal Pino: “Tale povertà non può escludere, in un’economia
prevalentemente agricola e in seno a strutture feudali, possedimenti terrieri ma
tende a ridurli al necessario e a sfruttarli con il lavoro manuale degli stessi
monaci e dei conversi, e si estende normalmente alla qualità delle vesti, al
materiale usato per gli utensili e alla struttura stessa degli edifici monastici e
delle chiese”
18
. Sono proprio la decentralizzazione e il particolarismo della
società feudale che rendono possibile al singolo fondatore di creare una nuova
comunità religiosa senza interferenze da parte del re o del vescovo. Nascendo
e sviluppandosi come enti autonomi sono alle immediate dipendenze della
Santa Sede, per cui non hanno più rapporti con le istituzioni locali: sia
temporali che spirituali. Questo inoltre permette di estendere l’influsso come
uno stato feudale, possedendo numerose dipendenze
19
. All’interno di questi
gruppi si manifesta la tendenza all’apostolato rappresentato da alcuni eremiti
chierici divenuti predicatori ‘poveri ed itineranti’
20
; essi sono autorizzati dal
Papato a svolgere opera di evangelizzazione verso la popolazione più umile
anticipando i Francescani e i Domenicani del XIII secolo. Sembra però,
secondo Dal Pino che i risultati ottenuti da questa evangelizzazione siano stati
inferiori rispetto a quelli previsti con l’unico effetto di aver condotto i
convertiti all’interno degli eremi, dando origine alle prime comunità
21
.
17
DAL PINO, Scelte di povertà cit., p. 74.
18
Ivi, pp. 74 - 75.
19
DAWSON, Il Cristianesimo cit., pp. 162-163; MICCOLI, La storia religiosa cit., p. 518.
20
Ibidem.
21
DAL PINO, Scelte di povertà cit., pp. 74-75; VIOLANTE, Discorso cit., p. 19.