Introduzione
2
la possibilità di sviluppo di nuove iniziative industriali;
l’autonomia energetica locale per piccolo-medie collettività.
In quest’ ottica è nata la società Bioenergia Fiemme S.p.A.: reimpiegare i
sottoprodotti delle lavorazioni del legno per soddisfare il fabbisogno di calore e
acqua calda del paese di Cavalese.
Sfruttamento energetico: la biomassa cresce in continuazione secondo il ciclo
vegetativo naturale ed è quindi una fonte rinnovabile
Accumulo di
energia tramite la
fotosintesi
Pioggia
CO
2
H
2
O
CO
2
Combustione e
produzione di energia
Ceneri
Rete di
teleriscaldamento
H
2
O + minerali
Preparazione del
combustibile
Introduzione
3
L’impianto di teleriscaldamento di Cavalese produce calore per il riscaldamento
domestico in una centrale termica che utilizza come combustibile cascami di
segheria (trucioli e cippato di legno, corteccia, segatura e simili) e residui da
lavorazioni forestali e di pulizia dei boschi. Con il termine teleriscaldamento si
intende un sistema composto da una rete di trasporto e di una centrale di produzione
del calore, messi entrambi al servizio contemporaneo di più edifici.
L’energia prodotta sotto forma di acqua calda viene immessa in un sistema di
tubazioni sotterranee che provvede alla distribuzione all’utenza pubblica e privata.
Ogni utenza allacciata preleva l’energia dalla rete tramite una sottocentrale,
composta essenzialmente da uno scambiatore di calore e dai necessari dispositivi di
regolazione, misura, protezione e sicurezza.
In centrale termica sono installate due caldaie a biomassa, un gruppo endotermico a
gas naturale – alternatore per la produzione combinata di energia elettrica e calore
secondo il principio della cogenerazione, e due caldaie di integrazione e
“emergenza”, a combustione di gas naturale, per la copertura delle punte più elevate
della richiesta dell’utenza, che si verificano durante il periodo invernale.
La potenza nominale installata ammonta, a fine estate 2002,
complessivamente a 21200 kW, e risulta così composta:
- 10000 kW dalle 2 caldaie a biomassa.
- 10000 kW dal gruppo endotermico a gas naturale (“soccorso” e
integrazione invernale).
- 400 kW dalla cogenerazione (produzione combinata d’energia elettrica
e calore).
- 800 kW dal recupero fumi.
Considerando, a fine estate 2002, l’allacciamento di 383 utenze (suddivise in
4 categorie: civili < 100 kW, civili > 100 kW, artigianali e pubbliche) per un
equivalente di una potenza di allacciamento complessiva di 13900 kW (punta
Introduzione
4
verificatesi nella stagione 2001-2002), il fabbisogno annuo di combustibile
dell’impianto ammonta a ca. 34000 ms (metri steri) di biomassa (per lo più
cippato) e di circa 380000 mc di gas metano.
Questa esperienza verrà analizzata in modo approfondito nei capitoli che
seguono, trattando i seguenti aspetti:
Approvvigionamenti (possibilità d’impiego della biomassa legnosa
nella Provincia Autonoma di Trento e, in particolar modo in Valle di
Fiemme).
Funzionamento e gestione dell’impianto.
Impatti ambientali.
Prospettive future per l’impianto e mezzi di sostegno per le fonti
rinnovabili.
5
NORMATIVA DI RIFERIMENTO
¾ Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (“Decreto Ronchi”): individua la
definizione di rifiuto e i principi generali che regolano lo svolgimento di
attività di recupero di rifiuti, sia come materia prima che come combustibile.
¾ Decreto Ministeriale 5 febbraio 1998: individua i rifiuti non pericolosi che
possono essere sottoposti ad attività di recupero (sia come materia prima che
come combustibile) in “procedura semplificata”, nonché i limiti alle
emissioni e le prescrizioni tecniche per svolgere tali attività.
¾ Circolare interpretativa del Ministero dell’Ambiente del 28 giugno 1999:
fornisce elementi e indicazioni per chiarire la definizione di rifiuto e, quindi,
il campo di applicazione del D.lgs 22/97 e del D.M. 5/2/98.
¾ Decreto del Presidente del Consiglio 8 marzo 2002: disciplina le
caratteristiche merceologiche dei combustibili e le caratteristiche
tecnologiche degli impianti di combustione. Questo provvedimento
sostituisce e abroga il precedente D.P.C.M. 2 ottobre 1995.
In particolare, l’allegato n.3 titola “Individuazione delle biomasse e delle loro
condizioni di utilizzo”.
Le biomasse vengono così individuate, per tipologia e provenienza:
a. materiale vegetale prodotto da coltivazioni dedicate;
b. materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente
meccanico di coltivazioni agricole non dedicate;
c. materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da
manutenzioni forestali e da potatura;
Normativa di riferimento
6
d. materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente
meccanica di legno vergine e costituito da cortecce, segatura,
trucioli, chips refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami di
legno vergine, tondelli, non contaminati da inquinanti, aventi le
caratteristiche previste per la commercializzazione e l’impiego;
e. materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente
meccanica di prodotti agricoli, avente le caratteristiche previste per
la commercializzazione e l’impiego;
Tali fonti di energia primaria fanno inoltre parte di quelle fonti di energia
rinnovabili e di cui le norme di attuazione del Programma Energetico
Nazionale Energia Rinnovabile da Biomasse (PNERB) del 24/6/1998 e del
conseguente Programma Nazionale per la Valorizzazione delle Biomasse
Agricole e Forestali (PNVBAF) del 18/6/1999 ne promuovono e ne
incentivano l’utilizzo. Inoltre, in coerenza con tali programmi, il 15/2/2000 è
stato deliberato il Programma Nazionale “Biocombustibili” (PROBIO), il
quale si propone di avviare le azioni nazionali derivanti dall’applicazione
delle determinazioni adottate dalla Conferenza di Kyoto per la riduzione delle
emissioni gassose.
Nel seguito vengono riportati i limiti e le prescrizioni tecniche per le attività
di combustione.
Approfondimenti richiesti dall’applicazione di questo provvedimento:
1. definire il campo di applicazione del D.p.c.m. 8/3/02 e del D.m. 5/2/98-
Allegato 2. Entrambi, infatti, disciplinano la combustione di alcuni
materiali vegetali; il primo, come combustibili; il secondo, come
rifiuti. Pertanto il regime autorizzatorio, i limiti alle emissioni e le
prescrizioni tecniche per l’esercizio sono differenti;
2. la collocazione dei pellets.
Normativa di riferimento
7
¾ Decreto Ministeriale 20 luglio 2002, n.337, Allegato n.1: vengono indicati
una serie di interventi dedicati alla produzione di energia da fonti rinnovabili
per l’anno 1999, tra cui il cofinanziamento, nella misura massima del 40%,
della realizzazione di impianti per la produzione di energia con biomasse,
preferibilmente integrati con impianti di teleriscaldamento.
Per quanto riguarda la normativa comunitaria bisogna inoltre tenere conto della
Direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti
energetiche rinnovabili, tra le quali le biomasse così definite “parte bodegradabile
dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze
vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie correlate, nonché la parte
biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”.
L’attuale Quadro Comunitario di Sostegno 2000-2006 offre diverse opportunità di
finanziamento. In generale, sono previsti finanziamenti per la realizzazione di
piccole centrali con capacità di soddisfare la domanda di energia a livello aziendale.
Infine, il programma specifico ALTENER è finalizzato ad accrescere l’uso
energetico delle risorse rinnovabili, con una forte dotazione distribuita in 5 anni.
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1. FONTI E APPROVVIGIONAMENTI DI MATERIE
PRIME
1.1 DISPONIBILITA’ ED USO RAZIONALE DELLA BIOMASSA
LEGNOSA NELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
1.1.1 Inquadramento territoriale e vegetazionale
Per introdurre l’argomento e, soprattutto, per chiarire bene il contesto in cui sono
state fatte le analisi, è importante tenere in considerazione alcuni aspetti.
Il territorio trentino è collocato per il 70% sopra la quota di 1000 m e rientra quindi
tra quelli delle regioni montuose [2].
Le foreste occupano il 55% dell’intero territorio provinciale, la cui superficie
forestale è soggetta da tempo a pianificazione. In effetto di queste pianificazioni,
sono note le produzioni e programmati i prelievi (il rapporto tra gli uni e gli altri è
del 54%).
Tutti i dati sono archiviati in sistemi informatici e georeferenziati; le conclusioni cui
si giungerà non sono quindi basate su rilievi specifici effettuati durante il lavoro di
tesi, ma derivano dall’elaborazione degli archivi informatizzati che contemplano,
nella fustaia (che si distingue dal bosco ceduo per il fatto che gli alberi sono cresciuti
da un seme), i volumi sopra la soglia di cavallettamento, cioè tronchi di diametro
superiore ai 17,5 cm.
In base alla pianificazione, il 20% della superficie forestale è classificato di
protezione (ad evoluzione naturale). Nell’ambito di tale classe nessun intervento
viene fatto dall’uomo, lasciando il bosco al suo libero sviluppo secondo i processi
naturali. In esso è dunque esclusiva la funzione protettiva (fasce d’alta quota).
Capitolo 1 – Fonti e approvvigionamenti di materie prime
9
Il resto è formato da boschi di produzione (evoluzione controllata), per i quali è
previsto un regolare e cadenzato utilizzo attraverso il programmato prelievo di masse
legnose, quantificato e qualificato operativamente secondo precisi criteri
silvicolturali.
La proprietà è per il 76% pubblica e registra le maggiori quantità di massa e di
produzioni forestali.
Nell’ambito della proprietà privata non esistono, salvo pochi casi, dimensioni
fondiarie ed interessi che sostengano razionali forme di gestione e di produzione.
Il bosco pubblico è tutto soggetto al diritto d’uso civico, perciò l’ente proprietario
deve garantire le disponibilità di legna per i censiti, ovviamente secondo le
possibilità di prelievo indicate dal piano di assestamento forestale.
1.1.2 Disponibilità forestali
Per passare all’individuazione delle masse vegetali di risulta è necessario capire la
differenza tra volume cormometrico e volume dendrometrico di una pianta. Il primo
è dato dal tronco della pianta con esclusione dei rami e del cimale, il secondo è
quello che comprende anche questi ultimi.
La differenza tra i due quantifica quindi il volume di biomasse, o meglio, fitomasse
destinabili a scopi energetici, il cui calcolo è stato basato sui rilievi appositamente
effettuati in occasione dell’elaborazione delle tavole di cubatura per la Regione
Trentino Alto Adige. Esse hanno fornito valori medi per ciascuna specie forestale,
indicando le percentuali da adottare per passare dal volume cormometrico a quello
dendrometrico.
I risultati, riportati in tabella 1.1.1, indicano per una percentuale media del 16,3% per
i cimali e le ramaglie riferita al volume cormometrico per le specie abete rosso, abete
bianco, larice e pino silvestre, e del 15% per il faggio e le altre latifoglie.
Capitolo 1 – Fonti e approvvigionamenti di materie prime
10
Tabella 1.1.1 Produzione vegetale e percentuali di rami e cimaie
Fustaia Sup.lorda (ha)
269637,29
Vol.
cormometrico (mc)
% rami e cimaie Vol. rami e
cimaie (mc)
Vol.
dendrometrico
(mc)
Abete rosso 30508182 16,3% 4972834 35481016
Abete bianco 5511200 16,3% 898326 6409526
Larice 8934326 16,3% 1456292 10390621
Pino silvestre 2554222 16,3% 416338 2970560
Pino nero 525004 16,3% 85576 610580
Pino cembro 721309 16,3% 117573 838883
Faggio 1992886 15% 298933 2291819
Latifoglie 502387 15% 75538 577745
TOTALE 51249516 8321233 59570749
Ai fini del lavoro di tesi, d’ora innanzi si farà riferimento unicamente ai boschi di
produzione che, nella fustaia, forniscono rami e cimali.
Nelle quantità riportate nella tabella 1.1.2.a e 1.1.2.b, si è assunto, come base di
calcolo, l’incremento annuale corrente delle fustaie, nonché quella parte di tale
incremento che i piani di assestamento indicano come prelevabile, cioè la cosiddetta
ripresa.
Tabella 1.1.2.a Incremento annuale corrente della fustaia
Increm. corrente
tot. cormometrico
(mc)
% rami e
cimaie
Vol. rami e cimali relativo
all’increm. (mc)
Increm. corrente tot.
dendrometrico (mc)
945894 16,2 153235 1099129
Capitolo 1 – Fonti e approvvigionamenti di materie prime
11
Tabella 1.1.2.b Ripresa annuale prevista della fustaia
Ripresa annuale prevista
cormometrica (mc)
Vol.rami e cimali relativo alla
ripresa (mc)
Ripresa annuale prevista
dendrometrica (mc)
526555 85302 611857
Un fattore addizionale che entra in gioco nel quadro valutativo delle masse residue è
la corteccia degli alberi ad alto fusto che raggiunge valori non trascurabili, ma che,
con gli attuali sistemi di taglio ed esbosco viene usualmente inserita nei prodotti
derivanti dai processi di lavorazione in segheria.
Tuttavia, nella ricerca di tutte le disponibilità usufruibili, si ritiene opportuno trattare
anche questo sottoprodotto nelle fasi proprie della lavorazione in bosco: fino a pochi
anni fa, infatti, i tronchi venivano scortecciati in bosco. Al giorno d’oggi, invece, con
la diffusione delle scortecciatrici, l’operazione viene sempre più spesso effettuata nei
punti di concentramento del legname, su adeguati piazzali, oppure direttamente in
segheria.
Facendo sempre riferimento alle percentuali valutate, anche per questa parte
dell’albero, dalle tavole di cubatura delle piante forestali della Regione Trentino Alto
Adige e considerando come base di calcolo la ripresa annuale dei boschi, si possono
ricavare, (tabella 1.1.3), le quantità di corteccia teoricamente sfruttabili, tenendo
conto che la sua percentuale rispetto al volume cormometrico è valutata pari al 10%
per l’abete bianco e l’abete rosso, al 20% per il larice, al 15% per il pino silvestre e al
5% per il faggio.
Tabella 1.1.3 Volume della corteccia
Incremento
corrente totale
(mc)
% corteccia
(mc)
Vol.corteccia relativo
all’increm. (mc)
Ripresa annua
prevista (mc)
Vol.corteccia
relativo alla
ripresa (mc)
945894 11,6 109724 526555 61080