Introduzione
2
regole di condotta, di divieti e di misure cautelari di diversa natura
3
. Titolare della
funzione di vigilanza sulle aziende di credito per garantire l’osservanza di tali regole
era la Banca d’Italia, nel frattempo divenuta l’unico istituto di emissione. Il sistema
così delineato nella seconda metà degli anni venti, dimostrò tuttavia la sua
inadeguatezza di fronte al ripetersi di dissesti bancari, dovuti prevalentemente al fatto
che la disciplina di allora lasciava irrisolte due grandi questioni: da un lato la
sopravvivenza della cd. banca mista permetteva la raccolta di risparmio a breve
termine e la concessione di finanziamenti a medio – lungo termine, con conseguente
pericolo di improvvise crisi di liquidità dovute ad un’eccessiva trasformazione delle
scadenze attive e passive
4
(c.d. mismatching); dall’altro l’eccessiva linea di credito
concessa dalle banche al settore industriale, colpito dalla crisi di riconversione
postbellica, aveva determinato in un primo tempo la conversione dei crediti in
capitale di rischio e successivamente una serie di dissesti a catena
5
.
La reazione dell’ordinamento arrivò con il r.d.l. 12 marzo 1936 n. 375 (c.d.
legge bancaria, convertito nella legge 7 marzo 1938 n. 141) che ha costituito, sia pure
con i vari interventi di adeguamento succedutisi nel corso del tempo, l’impianto
normativo portante del sistema creditizio italiano, conservando vigore per quasi
cinquant’anni
6
. La legge bancaria intendeva realizzare una piena tutela del risparmio
in via indiretta, vigilando cioè sul suo impiego in forma creditizia
7
, allo scopo di
ridare fiducia al sistema bancario e favorire così l’accumulazione del risparmio.
Questi obiettivi vennero raggiunti in primo luogo attraverso la creazione di un
sistema fortemente rigido, con una scansione puntuale delle tipologie degli
intermediari in due categorie: le banche propriamente dette, che concedevano credito
3
Risalgono a questo periodo i RR.DD.LL. 7 settembre 1926 n.1511 e 6 novembre 1926 n. 1830,
convertiti rispettivamente nelle leggi 23 giugno 1927 n. 1107 e 1108; Crf. CENDERELLI E., L’attività
bancaria, aspetti normativi e istituzionali, vol. 1, Torino, Giappichelli, 1995, p. 195; RUTA G.,
Lineamenti di legislazione bancaria, Roma, Bancaria, 1975, p. 40.
4
CASTALDI G., Il testo unico bancario tra innovazione e continuità, 2a ed., Torino, Giappichelli,
1997, p.27.
5
CENDERELLI E., L’attività bancaria, aspetti normativi e istituzionali, op. cit., p. 198.
6
GUARINO G., “Il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia tra la storia e il futuro” in
MORERA U. NUZZO A. (a cura di) La nuova disciplina dell’impresa bancaria, vol. 1, Milano, Giuffrè,
1996, p. 32.
7
Così DESIDERIO L. MOLLE G., Manuale di diritto bancario e dell’intermediazione finanziaria, op.
cit., p. 16.
Introduzione
3
a breve termine (credito ordinario) a fronte di una raccolta prevalentemente a vista, e
gli istituti di credito speciale, che concedevano finanziamenti a media – lunga
scadenza, a fronte di una raccolta basata sull’emissione di obbligazioni. Nell’ambito
di ciascuna categoria venne inoltre previsto un variegato panorama di tipologie di
intermediari (c.d. pluralismo istituzionale), secondo una concezione funzionale del
credito. Facevano da corollari a siffatta impostazione il principio della separatezza
tra banca e industria, che vietava alle banche di detenere partecipazioni in imprese
industriali, e i penetranti poteri ispettivi e normativi delle autorità pubbliche di
vigilanza (originariamente ripartiti tra il Comitato dei Ministri, presieduto dal Capo
del Governo, e l’Ispettorato per la difesa del risparmio e la tutela del credito, guidato
dal Governatore della Banca d’Italia) estesi non solo all’attività di raccolta del
risparmio ma anche a quella di esercizio del credito, dichiarate entrambe “funzioni di
interesse pubblico”
8
. Tra i poteri delle autorità di controllo ricordiamo tra l’altro i
limiti dei tassi attivi e passivi, le condizioni delle operazioni di deposito e conto
corrente, le provvigioni per i servizi bancari, le proporzioni tra le diverse forme di
investimento, i vincoli di portafoglio, la riserva obbligatoria e la sua entità, i limiti
massimi dei fidi concedibili, gli investimenti in titoli azionari
9
. E’ importante
sottolineare che la legge bancaria indicava solamente i criteri generali di intervento
in relazione agli obiettivi da raggiungere, rimettendo ai singoli atti amministrativi
emanati dalle autorità la loro concreta attuazione. Si è parlato dunque di “disciplina
elastica” del settore del credito
10
in quanto essa permetteva in ogni momento
l’adeguamento della normazione alle mutevoli esigenze del settore. La legge
bancaria lasciava dunque ampi spazi di intervento alle autorità creditizie nella
direzione del comparto bancario italiano, che diventava progressivamente un settore
caratterizzato dalla costante presenza dello stato, sia sotto il profilo soggettivo, dal
momento che la quasi totalità degli intermediari era direttamente o indirettamente in
8
CASSESE S., “La preparazione della riforma bancaria del 1936 in Italia”, Economia e Credito, 1975,
p.19; CASTALDI – CLEMENTE, “I controlli di vigilanza sugli enti creditizi”, Rivista bancaria, n.8,
1981, p. 798; COSTI R., L’ordinamento Bancario, Bologna, Il Mulino 1994, p. 42; GIANNINI M.S.
“Istituti di credito e servizi di interesse pubblico”, Moneta e credito, 1949, p. 105 ss.
9
Cfr. GUARINO G., “Il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia tra la storia e il futuro” in
MORERA U. NUZZO A. (a cura di), La nuova disciplina dell’impresa bancaria, op. cit., p. 32.
10
RUTA G., “La disciplina dell’attività bancaria”, Economia e Credito, 1975, p. 80.
Introduzione
4
mano pubblica, sia sotto il profilo normativo, visti i pregnanti poteri delle autorità. Il
sistema delineato dalla legge bancaria risultava pertanto accentrato, improntato a
un’ottica fortemente dirigista
11
. Caduto il regime fascista, si assiste a un
“ridimensionamento dell’intervento pubblico”
12
, che punterà soprattutto sugli
elementi tecnici piuttosto che su quelli politici
13
.
Le direttive comunitarie di coordinamento della legislazione bancaria
Nell’ottica di completamento del mercato comune, la Comunità (allora
Economica) Europea diede il primo vero impulso all’ammodernamento della
legislazione bancaria dei Paesi membri attraverso l’emanazione di due
importantissime direttive. L’obiettivo era quello di armonizzare i sistemi legislativi
dei vari stati aderenti alla Comunità al fine di costituire un unico mercato dei capitali.
Si rendeva però necessaria l’eliminazione delle differenze più sensibili tra le
legislazioni nazionali per favorire l’integrazione dei diversi sistemi bancari,
ampliando in tal modo il mercato di riferimento. Tutto questo avrebbe fornito agli
operatori nuove opportunità di sviluppo e aumentato l’efficienza complessiva del
sistema bancario grazie al maggior livello di competitività introdotto nel settore
14
.
Considerate appunto le rilevanti differenze normative dei diversi Stati, il legislatore
comunitario abbandonò sin dall’inizio l’idea della “armonizzazione totale”, che
avrebbe comportato la sostituzione integrale delle norme nazionali con quelle
comunitarie, optando per il criterio alternativo della “armonizzazione minima”, il
quale prevede che la legislazione comunitaria faccia da cornice alla norme di diritto
interno fissandone i contenuti minimi essenziali. A tal proposito il più duttile
strumento della Direttiva venne ovviamente preferito al Regolamento in quanto la
11
CENDERELLI E., L’attività bancaria, aspetti normativi e istituzionali, op. cit., p. 199.
12
LAMANDA C., “L’evoluzione della disciplina del controllo sul sistema creditizio dalla legge
bancaria ad oggi”, Quaderni di ricerca giuridica della consulenza legale, n.12, 1986, Roma, Banca
d’Italia, p.9.
13
Ibidem, p.10.
14
Cfr. CENDERELLI E., L’attività bancaria, aspetti normativi e istituzionali, op. cit., p. 46.
Introduzione
5
prima vincola gli stati cui è rivolta “per quanto riguarda il risultato da raggiungere,
salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi”
(art. 249 Trattato CE – ex art. 189
15
). La prima Direttiva “di coordinamento delle
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l’accesso
all’attività degli enti creditizi e il suo esercizio” risale al 12 dicembre 1977 (Direttiva
n. 77/780/CEE
16
): ad essa si devono da un lato la definizione di attività bancaria
quale intermediativa tra risparmio e credito
17
, nozione poi recepita nel nostro
ordinamento con il d.P.R. 27 giugno 1985 n. 350 attuativo della direttiva stessa, e
dall’altro la fissazione di alcuni parametri oggettivi, il cui rispetto costituisce
presupposto imprescindibile per il rilascio, da parte delle autorità nazionali di
vigilanza, dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria
18
. Le condizioni
minime per il rilascio dell’autorizzazione erano essenzialmente volte ad impedire la
costituzione di banche nella forma di ditta individuale e ad imporre la presenza di un
livello base di fondi la cui concreta individuazione veniva lasciata alla discrezionalità
delle autorità dei singoli Stati, che comunque dovevano prevedere limiti oggettivi. Lo
stesso valeva per i requisiti di onorabilità e di esperienza degli amministratori. Molto
importante per il nostro ordinamento la previsione che impediva, nella procedura per
il rilascio dell’autorizzazione, il riferimento, da parte dell’autorità di vigilanza, alle
15
Si ricorda per chiarezza espositiva che il trattato sottoscritto ad Amsterdam il 20 ottobre 1997,
ratificato in Italia con l.16 giugno 1998 n. 209, ha comportato modifiche sia del trattato sull’Unione
Europea, sia dei trattati istitutivi delle tre Comunità. A seguito di tali modifiche, che hanno
comportato una rinumerazione degli articoli del trattato UE e del trattato CE, la Commissione ha
predisposto una “versione consolidata” degli stessi, in conformità delle “tabelle di corrispondenza” tra
vecchia e nuova numerazione. Onde facilitare il lettore si indicherà tuttavia, accanto al nuovo numero
dell’articolo, la corrispondente vecchia numerazione. Cfr. NASCIMBENE B., “Comunità e Unione
Europea, codice delle Istituzioni”, in Codici comunitari, collana diretta da Bruno Nascimbene,
Torino, Giappichelli, 1999.
16
Sulla prima direttiva di coordinamento si segnalano , tra gli altri AA.VV., Per un mercato comune
bancario, Milano, Eurostudio, 1980; CLARIZIA R., “La direttiva CEE in tema di armonizzazione delle
legislazioni bancarie”, Banche e Banchieri, n. 6, 1978; PARRILLO F., “Direttive comunitarie e
implicazioni sul sistema creditizio italiano”, Credito Popolare, n. 11/12, 1982; PIRAS A., “Il controllo
sull’accesso all’attività bancaria alla luce delle direttive comunitarie”, Banca, Impresa e Società, n. 3,
1983, p. 327.
17
Cfr. art. 1 della Direttiva 77/780/CEE che definisce l’ente creditizio “un’impresa la cui attività
consiste nel ricevere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e nel concedere crediti per proprio
conto”.
18
Cfr. art. 3 1° comma della Direttiva 77/780/CEE.
Introduzione
6
“esigenze economiche di mercato”
19
, dal momento che l’art. 28 della legge bancaria
del 1936 prevedeva un procedimento autorizzativo ampiamente discrezionale e che
in seguito a un orientamento molto restrittivo del CICR in Italia si era giunti a un
sostanziale “blocco” della costituzione di nuove aziende di credito
20
.
L’ulteriore passo in avanti si ebbe con l’emanazione della seconda Direttiva di
coordinamento (Direttiva 15 dicembre 1989 n. 646
21
, recepita in Italia con d. lgs. 14
dicembre 1992 n. 481) la quale ha introdotto modifiche rilevanti alla prima Direttiva
oltre che una serie di importanti novità: il principio di fondo che regola tutta la
produzione legislativa in ambito comunitario rimane sempre quello della tutela e
della promozione della concorrenza, purché in condizioni di uguaglianza
22
. Il
raggiungimento di un minimum comune a tutti gli operatori comunitari è assicurato
dalla espressa previsione nella Direttiva di parametri e coefficienti uniformi, il cui
rispetto è sempre garantito dalla vigilanza prudenziale delle autorità creditizie dei
singoli Paesi. In particolare la Direttiva 89/646/CEE prevede che l’autorizzazione
all’esercizio dell’attività bancaria sia subordinato al rispetto dei seguenti parametri:
• disponibilità di un capitale non inferiore a 5 milioni di ECU [EURO] (art. 4,
par. 1 seconda Direttiva);
• valutazione della qualità dei soggetti che detengono partecipazioni qualificate
negli enti creditizi, al fine di eliminare l’influenza dei soggetti che potrebbe costituire
un ostacolo alla sana e prudente gestione (art. 11, n. 5 seconda Direttiva);
• requisiti di onorabilità degli amministratori e dei soggetti controllanti:
• programma di attività dal quale risulti la struttura dell’organizzazione nel suo
collegamento con il tipo di operazioni previste
23
.
19
Art. 3 3° comma Direttiva 77/780/CEE.
20
Cfr. CENDERELLI E., L’attività bancaria, aspetti normativi e istituzionali, op. cit., p. 48 e p. 125.
21
Cfr. BANCA D’ITALIA, “Il recepimento della seconda Direttiva comunitaria di coordinamento
bancario”, Bollettino Economico, n. 20, febbraio, 1993; CAPRIGLIONE F., “Il recepimento della
seconda Direttiva Cee in materia bancaria. Prime riflessioni”, in BANCA D’ITALIA, Quaderni di
ricerca giuridica della consulenza legale, Roma, 1993; BALZARINI P., La disciplina giuridica del
mercato finanziario, Milano, EGEA, 1991, p. 98.
22
GUARINO G., “L’armonizzazione della legislazione bancaria: la revisione dell’ordinamento bancario
del 1936” in MORERA U. NUZZO A., La nuova disciplina dell’impresa bancaria, vol. I, Milano,
Giuffrè, 1996, p. 7.
23
Ibidem, p. 8
Introduzione
7
Il rafforzamento dell’armonizzazione minima costituisce la premessa
imprescindibile per due importantissimi corollari: il “mutuo riconoscimento” e la
“libertà di stabilimento”, entrambi introdotti espressamente dalla seconda Direttiva.
Nell’ambito del mercato comune infatti, le imprese bancarie operano liberamente in
ciascuno degli stati membri senza bisogno di ulteriori atti autorizzativi del Paese
“ospitante” dal momento che per ciascuna banca valgono le procedure autorizzative
e di vigilanza previste dal diritto del Paese di origine
24
, secondo i principi della
“licenza unica” e dell’home country control. Grazie al mutuo riconoscimento, gli
intermediari operano nei diversi stati secondo la normativa cui sono soggetti nel
Paese di origine, per cui il loro successo dipende in larga misura dall’efficienza
dell’ordinamento cui sono sottoposti. Come è stato efficacemente osservato, il
mercato unico europeo non è tanto la concorrenza tra diversi operatori, quanto la
concorrenza tra gli ordinamenti
25
. L’approccio comunitario, più che in regole
autoritativamente imposte dall’alto, si sostanzia infatti in un processo di
armonizzazione indotto per così dire “di fatto e dal basso, mettendo in concorrenza,
oltre gli operatori stessi, gli stessi sistemi normativi e organizzativi, spingendoli così
a ridurre le reciproche differenze: in particolare costringendo quelli meno
competitivi ad allinearsi sugli altri per evitare che i propri operatori siano troppo a
lungo penalizzati”
26
. E’ questo il problema della “discriminazione invertita” (reverse
discrimination), ossia la possibilità, tutt’altro che remota per il nostro Paese prima
dell’emanazione del Testo Unico, che le banche di diritto interno risultino
penalizzate rispetto a quelle di altri paesi comunitari presenti nel territorio nazionale,
in quanto costrette in condizioni di inferiorità operativa da una legislazione più
stringente di quella straniera. Le banche di paesi comunitari possono infatti offrire
ovunque nel territorio comunitario i medesimi servizi che esse sono autorizzate ad
24
La prima Direttiva subordinava invece l’apertura di una succursale o di altra sede all’autorizzazione
dello stato ospitante, da concedersi alle stesse condizioni richieste per le imprese di detto stato.
25
PADOA SCHIOPPA T., “Verso un ordinamento bancario europeo”, L’impresa, n. 12, 1987.
26
TIZZANO A. “La seconda direttiva, banche e mercato unico dei servizi finanziari”, Foro it., IV,
1990, p. 430.
Introduzione
8
offrire nel proprio paese di origine
27
.
Un’altra importante novità consiste nell’ampliamento dell’operatività bancaria:
la Direttiva infatti consente alle banche di compiere, oltre all’attività tradizionale di
intermediazione tra risparmio e credito, anche altre attività definite “connesse”, sia
direttamente che attraverso finanziarie controllate, purché autorizzate dallo stato
d’origine. L’elenco delle attività connesse ammesse al mutuo riconoscimento è
contenuto nell’allegato alla Direttiva e da un loro esame emerge con chiarezza il
modello della c.d. “banca universale”
28
(infra, cap. 1, sez. II). Questa scelta ha senza
dubbio allargato gli orizzonti operativi delle banche, ponendole nello stesso tempo
in concorrenza anche con i soggetti finanziari non esercenti attività bancaria.
Il panorama degli interventi comunitari in materia non si esaurisce certamente
con l’emanazione delle due citate, ancorché fondamentali, Direttive. Altri
provvedimenti infatti, emanati soprattutto tra le due Direttive di coordinamento,
sono intervenuti efficacemente in settori chiave dell’attività bancaria con il preciso
scopo di avvicinare il più possibile le legislazioni dei Paesi membri, preparando il
terreno al principio del mutuo riconoscimento definitivamente sancito dalla citata
Direttiva 89/646/CEE. Già nel 1986 era stata approvata la Direttiva n. 635 sui conti
annuali e consolidati delle banche, tappa fondamentale nel processo di
armonizzazione minima sui criteri contabili degli enti creditizi. Preliminare alla
costituzione di un sistema comune di vigilanza prudenziale fu poi la Direttiva
89/299/CEE che definì gli elementi che concorrono a costituire il patrimonio utile ai
fini della vigilanza stessa. Sempre nello stesso anno venne emanata la Direttiva n.
647 sul coefficiente di solvibilità delle banche (c.d. risk asset ratio), che fissa in
un’ottica di vigilanza il rapporto fra mezzi propri e impieghi bancari, ponderati
questi ultimi secondo il rischio di inadempimento, onde valutare l’adeguatezza
27
BARILE PAOLO, “Il recepimento della Direttiva CEE 89/646 e il Testo Unico delle leggi in materia
bancaria e creditizia”, in FERRO – LUZZI P., CASTALDI G. (a cura di), La nuova legge bancaria, il
Testo Unico delle leggi sulla intermediazione finanziaria e creditizia e le disposizioni di attuazione,
commentario, op. cit., p. 11; LUZZATO R., “La libera prestazione dei servizi bancari nella Cee ed il
principio del mutuo riconoscimento degli enti creditizi”, Foro Italiano, IV, 1990, p. 443; TIZZANO A.,
“La seconda direttiva banche e il mercato unico dei sevizi finanziari”, ibidem, p. 436.
28
BARAVELLI M., “Il recepimento della seconda direttiva comunitaria e il modello della banca
universale italiana”, Il Risparmio, p. 717 ss. CENDERELLI E., L’attività bancaria, aspetti normativi e
istituzionali, op. cit., p. 54
Introduzione
9
patrimoniale delle banche in relazione alle operazioni svolte.
Più di recente le Direttive n. 30 e 121 del 1992 hanno inciso rispettivamente
sulla vigilanza su base consolidata degli enti creditizi, estesa a tutti i gruppi bancari
ivi compresi quelli la cui capogruppo non sia una banca, e sui limiti alla dimensione
e alla concentrazione dei fidi concessi dagli enti creditizi
29
.
Verso un compendio normativo: il d. lgs. 1° settembre 1993 n. 385
Il numero rilevante di provvedimenti normativi man mano cresciuti intorno al
ceppo originario della legge bancaria del ’36 nonché le numerose Direttive
comunitarie e i relativi provvedimenti di recepimento nel diritto interno, avevano
creato, sin verso la metà degli anni ottanta, la radicata convinzione della necessità di
una vasta opera di coordinamento di tutta la legislazione vigente. Lo stesso
Governatore della Banca d’Italia nel 1985 dichiarò “utile una aggiornata esposizione
organica della legge bancaria”
30
. All’inizio degli anni novanta, di fronte alla
prospettiva di recepimento della seconda Direttiva di coordinamento, la
stratificazione delle norme di legge era tale da far ritenere che fosse ormai
improcrastinabile la redazione di un testo unico atto ad aggiornare, razionalizzare e
restituire organicità alla legislazione creditizia
31
.
In effetti la peculiarità del sistema creditizio italiano, caratterizzato dalla
29
Ibidem, p.63
30
Cfr. “Considerazioni Finali” del maggio 1986, p. 23 delle bozze di stampa; va inoltre ricordato che
la necessità di coordinare in un testo unico le disposizioni bancarie era già sentita in epoca ben più
remota: l’art. 2 del d. lgs. C.P.S. 23 agosto 1946, n.370, aveva conferito la delega per il
coordinamento in un testo unico delle disposizioni contenute nei provvedimenti del 1936 – 1938
(legge bancaria) è in altri provvedimenti successivi puntualmente indicati. Successivamente l’art. 7 del
d.l. C.P.S. 17 luglio 1947, n. 691 aveva disposto che con decreto del Capo provvisorio dello Stato, su
proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e sentito il Comitato Interministeriale per il Credito
e il Risparmio, si provvedesse “alla raccolta, in un Testo Unico, delle disposizioni riguardanti la
materia della difesa del risparmio e della disciplina della funzione creditizia”.
Tali deleghe, rimaste inattuate, sono state caducate dall’avvento del regime costituzionale e in
particolare dai nuovi principi di delega legislativa all’Esecutivo contenuti nell’art. 76 della
Costituzione. Si veda SEPE M., “Brevi note sul testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia”,
Banca, Borsa e Titoli di credito, n. 4, 1994, p. 505.
31
CIAMPI C.A., “Verso un testo unico del credito”, Bancaria, n. 7 – 8, 1991, p. 125 ss.
Introduzione
10
massiccia e quasi totalitaria presenza di operatori pubblici, aveva determinato
l’emanazione, a partire dai primi anni ottanta, di ulteriori interventi legislativi
impegnati nel graduale allineamento della banca pubblica al modello societario
privato. In quest’ottica si collocavano la legge n. 23 del 1981, recante norme per la
riforma degli statuti delle banche pubbliche, e soprattutto la legge 218/1990 (c.d.
legge Amato) che mutò radicalmente la forma giuridica della banche fornendo loro
gli strumenti atti a sostituire il modello dell’ente pubblico a quello di società per
azioni
32
.
Tutto questo eterogeneo e spesso non coordinato corpus normativo ha trovato
una disciplina organica nel d. lgs. 1° settembre 1993 n. 385, la nuova legge bancaria.
Emanato in attuazione della delega contenuta nella legge comunitaria per il 1991
33
,
il “Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia” costituisce un momento
di sintesi della precedente legislazione bancaria, abrogando con i suoi 162 articoli
circa 1400 norme contenute in più di 130 provvedimenti legislativi, realizzando così
un’opera definita di vera e propria “civiltà giuridica”
34
. Il Testo Unico però non ha
solo coordinato e razionalizzato il precedente impianto normativo ma, in conformità
con il contenuto della delega legislativa, ha introdotto rilevanti modifiche
all’ordinamento esistente, adeguando la disciplina vigente alle prescrizioni della
seconda Direttiva di coordinamento. In particolare, per il nostro paese era più che
mai attuale il già citato problema della “discriminazione invertita”: il confronto tra la
normativa italiana prima della riforma e le disposizioni della Direttiva 89/646/CEE
rendeva evidente infatti che il mero recepimento di quest’ultima avrebbe lasciato le
banche di diritto interno in condizioni di inferiorità operativa rispetto a quelle
32
Si veda PISANTI C. CARRIERO A. M., “La legge Amato e i decreti delegati” e DESIDERIO G., “Le
operazioni di trasformazione, fusione e conferimento per la ristrutturazione degli enti pubblici
creditizi”, in AA.VV., La ristrutturazione della banca pubblica e la disciplina del gruppo creditizio,
in BANCA D’ITALIA, Quaderni di ricerca giuridica della consulenza legale, n. 26, 1992, p. 11 ss.
33
Legge 19 febbraio 1992 n. 142: la “legge comunitaria annuale” (c.d. legge La Pergola) costituisce il
meccanismo ordinario, istituito nel 1989 con la legge 9 marzo n. 86 (con le modifiche apportate dalle
leggi 128/1998 e 25/1999), di adeguamento dell’ordinamento interno al diritto comunitario. Per
l’attuazione delle direttive la legge comunitaria può, tra le altre cose, conferire deleghe al Governo
perché provveda all’attuazione delle stesse con appositi decreti legislativi oppure, nelle materie già
disciplinate con legge ma non ad essa riservate, autorizzarlo all’attuazione in via regolamentare in
conformità all’art. 17 della legge 23 agosto 1988 n. 400 (art. 3, comma 1, lett. b e art. 4 n. 1 legge
86/1989).
34
CASTALDI G., Il testo unico bancario tra innovazione e continuità, op. cit., p. 3.
Introduzione
11
comunitarie che si fossero avvalse del diritto di stabilimento. Gli enti creditizi
italiani si sarebbero così trovati a competere con enti ai quali non erano imposti né
limiti di specializzazione temporale della raccolta e degli impieghi, né divieti di
investimento in imprese non bancarie, né specifiche modalità di gestione di certe
operazioni: avrebbero dovuto gareggiare con imprese in grado “di offrire ai
consumatori una varietà di servizi molto più ampia dei loro, e comunque soggette a
condizionamenti autoritativi molto minori”
35
. La delega conferita al Governo per
l’attuazione della Direttiva non prevedeva quindi solo l’eliminazione degli ostacoli
all’applicazione dei principi comunitari, ma aveva invece un contenuto positivo,
prefigurando una riforma legislativa che permettesse anche per le banche italiane il
concreto esercizio dell’attività bancaria in condizione di tendenziale parità con i
concorrenti comunitari
36
. Il legislatore nazionale dunque, nel recepire la seconda
Direttiva di coordinamento, colse l’occasione per riformare alcuni aspetti ormai
obsoleti del sistema creditizio italiano abolendo in particolare la specializzazione
temporale e operativa, semplificando la schiera di figure istituzionali di banche
esistenti, intervenendo per eliminare le segmentazioni del mercato generate dal
combinato agire di limiti operativi e territoriali, rafforzando la vigilanza prudenziale
in un’ottica di sostanziale neutralità rispetto alla struttura organizzativa prescelta
dalle imprese bancarie
37
.
Ancorché concepito come legge fondamentale del sistema bancario, il Testo
Unico è stato già interessato da una cospicua quantità di modifiche e integrazioni,
dovute soprattutto al recepimento di disposizioni comunitarie: si fa riferimento in
particolare al d. lgs. 4 dicembre 1996 n. 659, attuativo della Direttiva 94/19/CEE
relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (capo primo – sezioni quarta e quinta
Testo Unico) e al d. lgs. 4 agosto 1999 n. 333 che recepisce la Direttiva 96/26/CE in
35
Così BARILE P. “Il recepimento della direttiva CEE 89/646 e il testi unico delle leggi in materia
bancaria e creditizia”, in FERRO – LUZZI P., CASTALDI G. (a cura di), La nuova legge bancaria, il
Testo Unico delle leggi sulla intermediazione finanziaria e creditizia e le disposizioni di attuazione,
commentario, op. cit., p. 12.
36
Si veda DESARIO V., “Il Testo Unico delle leggi bancarie e creditizie e il nuovo ruolo della
vigilanza”, in FERRO LUZZI P, CASTALDI G. (a cura di), La nuova legge bancaria, il Testo Unico delle
leggi sulla intermediazione finanziaria e creditizia e le disposizioni di attuazione, commentario, op.
cit., p. 62
37
Ibidem, p. 62
Introduzione
12
materia di rafforzamento della vigilanza prudenziale nel settore degli enti creditizi.
Altre modifiche sono giunte inoltre dal d. lgs. 415/1996 in recepimento delle
c.d. Direttive eurosim 93/6/CEE – 93/22/CEE, riguardanti rispettivamente
l’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi, e i
servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari
38
.
Chiude il quadro degli interventi normativi di riforma il d. lgs. 24 febbraio 1998
n. 58 (c.d. legge Draghi), altrimenti noto come “Testo Unico delle disposizioni in
materia di intermediazione finanziaria”
39
, che ha inoltre abrogato quasi totalmente il
d. lgs. 415/1996, eccetto nelle parti un cui modificava il Testo Unico bancario.
La materia finanziaria risulta oggi in Italia regolata da due corpi normativi,
sintomaticamente qualificati come Testi Unici, ai quali dunque sarà d’ora innanzi
necessario fare riferimento quale nuova codificazione della disciplina bancaria e
dell’intermediazione finanziaria.
38
Vedasi art. 64 d. lgs. 415/1996, modificativo di numerosi articoli del Testo Unico.
39
Vedasi in particolare l’art. 211 rubricato Modifiche al Testo unico bancario.
Capitolo 1
L’attività bancaria
Capitolo 1 L’attività bancaria
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1.1 Aspetti evolutivi dell’attività di controllo
Si è già fatto accenno alle vicende che portarono, dalla seconda metà degli anni
venti, all’emanazione di una serie di provvedimenti legislativi volti alla costituzione
di un sistema di regole di condotta per gli enti creditizi, col preciso scopo di garantire
stabilità al sistema finanziario italiano e garantire così l’accumulazione del risparmio
(supra, Introduzione, p. 2). Tale orientamento, si è detto, culminò nella legge
bancaria del 1936, che rappresentò un “soluzione integrale e totalitaria”1 se si
considerano i penetranti poteri delle autorità di controllo sia sotto il profilo
regolamentare, caratterizzato da un’ampia discrezionalità nel regolare la struttura del
mercato e la gestione delle banche, sia sotto il profilo ispettivo – informativo, per
verificare l’aderenza del comportamento delle banche al modello stabilito dalla
legge2. La mancanza di un’esplicita enunciazione di fini e criteri predeterminati
dell’attività di vigilanza rendeva l’esercizio della stessa estremamente “elastico”,
potendo l’autorità mutare il proprio orientamento in base alle esigenze congiunturali
del settore e agli obiettivi di politica economica di volta in volta perseguiti. La legge
bancaria del 1936, infatti, qualificando l’attività degli intermediari creditizi come
“attività di interesse pubblico”3, lasciava impregiudicate le modalità di esercizio della
supervisione, non individuandone nemmeno gli obiettivi: tale “neutralità funzionale”
comportava una “polivalenza degli strumenti di controllo in essa previsti, utilizzabili
per perseguire qualunque fine che si ritenesse compreso nell’interesse pubblico”4. La
disciplina del 1936, attesi i predetti dissesti nel settore sia produttivo che creditizio,
rimaneva dunque fortemente ancorata all’obiettivo primario di tutela della stabilità.
Il regime così delineato, nei suoi principi guida, non mutò neppure con l’avvento
del regime costituzionale, che pure vide l’attribuzione alla Banca d’Italia (rectius la
1
Così D’ANGELO P. C. – MAZZANTINI M., Trattato di tecnica bancaria, Milano, Vallardi, 1972, p.
127.
2
CENDERELLI E., L’attività bancaria, aspetti normativi ed istituzionali, vol. 1, Torino, Giappichelli,
1995, p. 199.
3
Si veda l’Art. 1 che recitava: “La raccolta del risparmio tra il pubblico sotto ogni forma e l’esercizio
del credito sono funzioni di interesse pubblico regolate dalle norme della presente legge”.
4
DESARIO V., “Il testo unico delle leggi bancarie e creditizie e il nuovo ruolo della vigilanza”, in
FERRO – LUZZI P., CASTALDI G., La nuova legge bancaria, il T.U. delle leggi sull’intermediazione
bancaria e creditizia e le disposizioni di attuazione – Commentrario, Milano, Giuffrè, 1996, p. 67.
Capitolo 1 L’attività bancaria
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riattribuzione
5
) della funzione di vigilanza sulle aziende di credito
6
. L’importanza
primaria attribuita alla stabilità, la convinzione che la concorrenza avrebbe
pregiudicato il raggiungimento di tale obiettivo, la necessità di assecondare lo
sviluppo impetuoso del Paese garantendo elevati tassi di risparmio e un soddisfacente
ritmo di accumulazione del capitale, spinsero infatti, almeno fino all’inizio degli anni
settanta, l’azione della Banca d’Italia verso un modello di banca centrale “regista”
7
.
Relativamente a questo periodo si è parlato di una vigilanza di tipo “strutturale –
autorizzativo”, basata su interventi che incidevano pesantemente sulla struttura
territoriale ed operativa del sistema
8
. In effetti le specializzazioni regolamentari e di
mercato degli operatori comportavano regole dettagliate e stringenti, che
imponevano alla Banca d’Italia il vaglio preventivo delle operazioni ritenute rilevanti
sul complessivo assetto del rischio aziendale
9
(per citare solo alcuni esempi, la
costituzione di nuove banche, l’apertura di sportelli, la concessione di fidi oltre un
certo ammontare, vennero subordinate all’ottenimento di autorizzazioni concesse
caso per caso dall’autorità di vigilanza
10
). L’ampio potere discrezionale attribuito
alla banca centrale nel rilascio delle suddette autorizzazioni per il compimento di
determinate operazioni creò di fatto un controllo dirigista sul sistema bancario, che
rispecchiava un’impostazione giuridico – amministrativa della vigilanza.
5
L’attività di vigilanza venne nuovamente attribuita alla Banca d’Italia dal D.lgs. C.p.S. 17 luglio
1947, n. 691 che decretò la soppressione dell’Ispettorato per la difesa del risparmio e la tutela del
credito, organo al quale la legge bancaria del 1936 aveva attribuito detta funzione sottraendola
all’istituto centrale di emissione.
6
Si veda infatti il combinato disposto degli artt. 41 e 47
1
della Costituzione che, pur non richiamando
espressamente il sistema di vigilanza delineato dalla legge bancaria del 1936, funzionalizza tuttavia la
generica attività economica a fini sociali, prevedendo una disciplina di controllo del sistema creditizio
e la tutela del risparmio “in tutte le sue forme”, dunque anche e soprattutto in quella tipica
dell’impiego in depositi bancari. Sul punto cfr. GUAGLIANONE R. R., “Il governo del credito”, in
AA.VV., Sussidio di diritto pubblico dell’economia, Milano, CUSL, 1995, p 57; GUARINO G., “Il
testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia tra la storia ed il futuro”, in MORERA U. –
NUZZO A. (a cura di), La nuova disciplina dell’impresa bancaria, vol. I, Milano, Giuffrè, 1996, p. 33.
7
CENDERELLI E., ult. op. cit., p. 203.
8
AA.VV., La tutela della concorrenza nel settore del credito, Roma, Banca d’Italia, 1992, p. 297 ss.
9
DESARIO V., “Il testo unico delle leggi bancarie e creditizie e il nuovo ruolo della vigilanza”, in
FERRO – LUZZI P., CASTALDI G., La nuova legge bancaria, il T.U. delle leggi sull’intermediazione
bancaria e creditizia e le disposizioni di attuazione – Commentrario, op. cit., p. 71.
10
NOTO A., “Il sistema bancario: da un controllo strutturale a uno prudenziale”, L’impresa Banca, n.
2, 1989.