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1. GENERALITA’ SULLA MODELLAZIONE DI UNA
STRUTTURA IN C.A. PER ANALISI SISMICA
1.1. APPROCCIO DELLE ATTUALI NORMATIVE TECNICHE ITALIANE DI
RIFERIMENTO
1.1.1. Principi generali sulla moderna progettazione strutturale
La Normativa Tecnica per le costruzioni attualmente in vigore in Italia è il Decreto
Ministeriale del 14/01/2008 (NTC 2008); questa, a differenza delle Normative del
passato, è allineata alla Normativa Europea di riferimento, ovvero gli Eurocodici e si
contraddistingue per il suo carattere prestazionale, in quanto la progettazione
strutturale viene finalizzata al raggiungimento di prefissati obiettivi, tali da dotare la
struttura di determinati livelli prestazionali durante la sua vita utile. La Norma, inoltre,
differenzia il tipo di prestazioni da raggiungere ed i relativi livelli di sicurezza in base ai
possibili scenari che possono manifestarsi durante la vita utile, secondo il concetto di
“Stato Limite” ovvero “ la condizione superata la quale l’opera non soddisfa più le esigenze
per le quali è stata progettata”. Si distinguono due stati limite: lo Stato Limite Ultimo
(SLU) e lo Stato Limite di Esercizio (SLE). Progettare per lo Stato Limite Ultimo vuol dire
fare in modo che, in circostanze estreme, corrispondenti al valore estremo della capacità
portante, la struttura abbia la capacità di evitare crolli, perdite di equilibrio e dissesti
gravi che possano compromettere l’incolumità delle persone. Lo Stato Limite di
Esercizio mira ad assicurare la capacità della struttura di garantire le prestazioni
previste per le condizioni di esercizio, cioè assicurare la corretta funzionalità dell’opera,
durante la sua vita utile.
Per raggiungere tali obiettivi prestazionali le verifiche da eseguire per ciascuno stato
limite si differenziano sia in termini di gravosità delle azioni (combinazioni dei carichi),
sia nel livello di sicurezza da adottare nei confronti delle resistenze, secondo la logica
che, poiché il superamento di uno stato limite ultimo si accompagna al collasso della
struttura, le verifiche dovranno essere più severe rispetto alle verifiche allo stato limite
di esercizio.
1.1.2. Determinazione delle azioni sismiche
In questa sede ci si sofferma in particolare sugli effetti delle azioni sismiche. Le azioni
sismiche di progetto si definiscono a partire dalla “pericolosità sismica di base” del sito
di costruzione. Essa costituisce un elemento di conoscenza primario ed è definita in
termini di accelerazione orizzontale massima attesa a g (in condizioni di campo libero su
sito di riferimento rigido con superficie topografica orizzontale) e di ordinate dello
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spettro di risposta elastico in accelerazione ad essa corrispondente Se (T) , con
riferimento a prefissate probabilità di accadimento
1
P VR, nel periodo di riferimento
2
V R.
Più precisamente, le forme spettrali sono definite a partire dai valori dei seguenti
parametri, forniti dalla Normativa per ciascuna delle probabilità di superamento nel
periodo di riferimento V R:
- ag : accelerazione orizzontale massima al sito;
- Fo: valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro in accelerazione
orizzontale.
- T* C : periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione
orizzontale.
La “probabilità di accadimento” P VR dell’evento sismico nel periodo di riferimento è un
dato di input, poiché dipende dallo stato limite per cui si sta progettando, ed in
particolare essa diminuisce passando dagli SLE agli SLU. Infatti, sempre nell’ottica di una
progettazione di tipo “prestazionale”, per i terremoti più frequenti, e quindi di minore
intensità, si richiede che il sistema garantisca una prestazione “buona”, ovvero devono
essere soddisfatti i requisiti più stringenti, che identificano uno stato limite di esercizio;
per esempio, non devono verificarsi danni strutturali e deve essere conservata la
funzionalità del sistema. Per i terremoti poco frequenti, e quindi più severi, si richiede,
invece, che il sistema garantisca una prestazione “sufficiente”, nel senso che devono
essere soddisfatti requisiti meno vincolanti, che identificano uno stato limite ultimo
(SLU); si ammette, cioè, che la struttura possa subire danni strutturali o collassi parziali,
purché essa continui a mantenere la capacità di resistere alle azioni verticali e un
minimo margine di sicurezza rispetto alle azioni orizzontali.
In particolare, la Normativa individua quattro stati limite, due per le verifiche agli SLE e
due per gli SLU.
Per gli SLE:
- Stato Limite di Operatività (SLO): la struttura , nelle sue parti sia strutturali che
non strutturali) non devono subire danni;
- Stato Limite di Danno (SLD): si ammettono danni lievi alla struttura, tali da non
mettere a rischio la vita degli utenti, e tali che la struttura continui a mantenere la
capacità di resistere alle azioni orizzontali e verticali.
Per gli SLU:
- Stato Limite di Salvaguardia della Vita (SLV): gli elementi non strutturali
subiscono danni e crolli e la struttura portante subisce danni significativi che
comportano una riduzione di rigidezza nei confronti delle azioni orizzontali, ma
essa continua a mantenere buone capacità di resistenza alle azioni verticali;
1
Probabilità che un dato evento sismico di magnitudo M si manifesti in un determinato periodo di tempo.
2
È dato dal prodotto tra la vita utile della struttura V N, per il coefficiente d’uso C u che dipende dalla classe
d’uso dell’opera.
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- Stato Limite di Collasso (SLC): la costruzione, a seguito di gravi danni sia nelle sue
parti strutturali che non strutturali, riesce a conservare ancora un margine di
sicurezza rispetto alle azioni verticali, e un esiguo margine di sicurezza per le
azioni orizzontali.
1.2. TIPI DI ANALISI SISMICHE
1.2.1. Considerazioni generali sulle analisi sismiche
Una volta determinata l’entità delle azioni sismiche, il secondo passo consiste nel
determinarne gli effetti sulla struttura, utilizzando i metodi di analisi previsti dalla
Normativa.
La moderna filosofia progettuale antisismica agli SLU si basa fondamentalmente sullo
sfruttamento della capacità delle strutture di sviluppare deformazioni cicliche in campo
plastico per dissipare parte dell’energia sismica.
Si mira, cioè, a realizzare strutture sufficientemente duttili da essere in grado di
sviluppare un comportamento ultimo dissipativo e, quindi, in grado di garantire
determinati spostamenti inelastici, con riferimento a prefissati livelli di
danneggiamento, senza giungere al collasso.
E’ necessario quindi che le analisi sismiche siano capaci di cogliere la capacità di
spostamento di una struttura, e di valutare sia il comportamento elastico che quello
post-snervamento. Tali metodi devono consentire al progettista di individuare dove e
con quale progressione si manifestano gli effetti plastici, dove si trovano le debolezze
strutturali, quale tipo di crisi si raggiunge e in che modo la si raggiunge, e quale sia il
livello di duttilità strutturale. Per questi motivi, a rigore, si dovrebbe ricorrere ad analisi
di tipo non lineare, tuttavia la Normativa consente di adottare anche analisi lineari, che
hanno il vantaggio di essere più semplici e immediate, ma ovviamente meno raffinate.
Si analizzano di seguito più nel dettaglio i seguenti tipi di analisi sismiche previste dalla
Normativa:
- analisi statica lineare;
- analisi dinamica lineare con spettro di risposta (analisi modale);
- analisi statica non lineare (analisi pushover);
- analisi dinamica non lineare.
1.2.2. Analisi statica lineare
E’ il tipo di analisi più semplice che si possa effettuare, a cui corrisponde anche un grado
di approssimazione piuttosto elevato.
Si può applicare solo se:
- il periodo fondamentale T 1≤2,5T c;
- l’edificio è regolare in altezza.
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In questo tipo di analisi si trascurano tutti i modi di vibrare superiori al primo, essendo
quest’ultimo sufficiente a definire da solo il comportamento dinamico della struttura. Si
ipotizza, inoltre, che le forze di inerzia siano proporzionali al peso della massa e alla
quota del rispettivo piano, per cui possono essere calcolate mediante la seguente
formula:
Con
Dove:
- F i è la forza da applicare alla massa i-esima in una delle due direzioni
orizzontali;
- W i e W j sono i pesi, rispettivamente, della massa i e della massa j;
- z i e z j sono le quote, rispetto al piano di fondazione, delle masse i e j;
- W è il peso complessivo della costruzione;
- λ è un coefficiente pari a 0,85 se la costruzione ha almeno tre
orizzontamenti e se T 1 < 2T C; pari a 1,0 in tutti gli altri casi;
- g è l’accelerazione di gravità.
-
Una volta definite le azioni statiche orizzontali da applicare alla struttura, il calcolo degli
effetti indotti si basa su un modello elastico-lineare della struttura.
Il periodo fondamentale T 1 può essere calcolato in via semplificata (cioè senza ricorrere
all’analisi modale che inficerebbe la semplicità del metodo) con la seguente formula
3
,
che si può applicare per edifici di altezza non superiore ai 40m, e regolari in altezza:
Dove:
- H è l’altezza della costruzione, in metri, dal piano di fondazione;
3
Si può facilmente verificare che questa formula è molto approssimativa, conducendo ad un errore di
circa il 25% sul valore di T 1, quindi per la stima di questo parametro è bene ricorrere a metodi più precisi,
di comprovata validità.
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- C vale 0,085 per costruzioni con struttura a telaio in acciaio, 0,075
per costruzioni con struttura a telaio in calcestruzzo armato e
0,050 per costruzioni con qualsiasi altro tipo di struttura.
Per tener conto di eventuali fenomeni torsionali del moto, dovuti a possibili incertezze
sulla localizzazione del centro di rigidezza, in via semplificata è sufficiente amplificare le
azioni calcolate con la (1.1), attraverso il coefficiente:
Dove:
- x è la distanza dell’elemento resistente verticale dal baricentro
geometrico di piano, misurata perpendicolarmente alla direzione
dell’azione sismica considerata;
- L e
è la distanza tra i due elementi resistenti più lontani, misurata allo
stesso modo.
L’analisi statica lineare si può effettuare quando sia effettivamente verosimile trascurare
tutti i modi di vibrare successivi al primo, cioè per quelle strutture che possono essere
approssimate ad un oscillatore semplice. Ciò non è vero, tuttavia, per le strutture molto
elevate in altezza, per le quali anche i modi di vibrare successivi al primo coinvolgono
una percentuale di massa non trascurabile, e per le strutture non regolari in altezza, per
le quali non si possono trascurare gli effetti torsionali del moto, che con questo tipo di
analisi non vengono messi in luce. In questi casi bisogna ricorrere ad analisi più
sofisticate.
Per la sua semplicità ed immediatezza, tuttavia, questo tipo di analisi è stata quella
impiegata più estesamente dagli ingegneri, almeno sino a quando non sono divenute
disponibili ed accessibili risorse di calcolo adeguate (elaboratori e software). L’analisi
statica lineare può comunque essere tutt’oggi di utilità per il progettista , almeno in sede
di predimensionamento delle strutture.
1.2.3. Analisi dinamica lineare
L’analisi dinamica lineare richiede di effettuare l’analisi modale per determinare tutti i
modi di vibrare della struttura, e di questi considerare quelli che:
- complessivamente coinvolgono almeno l’85% della massa partecipante;
- da soli coinvolgono almeno il 5% della massa partecipante.
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In corrispondenza della distribuzione di forze orizzontali che si ottiene per ogni modo di
vibrare, si calcolano gli effetti sulla struttura (caratteristiche della sollecitazione,
spostamenti etc.); questi successivamente vengono combinati per ottenere l’effetto
totale, mediante una delle seguenti espressioni:
- SRSS (Square Root of the Sum of the Squares), che si applica quando i modi sono
ben distinti in quanto il periodo di ciascun modo differisce di almeno il 10% da
tutti gli altri:
- CQC (Complete Quadratic Combination), da applicarsi quando i modi sono
correlati tra loro:
Dove:
E i /E j è il valore dell’effetto relativo al modo i/ j;
ρ ij
è il coefficiente di correlazione tra il modo i e il modo j,
calcolato con formule di comprovata validità quale:
ξ è lo smorzamento viscoso della struttura;
β ij è il rapporto tra l’inverso dei periodi di ciascuna coppia i-j
di modi (β ij=T j/T i).
Gli effetti torsionali dovuti all’eccentricità accidentale tra il centro di massa e il centro di
rigidezza, possono essere determinati mediante l’applicazione di “momenti di piano” di
valore pari alla risultante orizzontale della forza agente al piano, determinata secondo la
(1.1), moltiplicata per l’eccentricità accidentale, pari al 5% della dimensione in pianta
dell’edificio, valutata in direzione perpendicolare alla direzione del sisma.
Con l’analisi dinamica lineare la Normativa permette, in maniera semplificata, di
considerare l’effetto dovuto alla plasticizzazione della struttura, che consiste
sostanzialmente nel fatto che, poiché parte dell’energia sismica viene impegnata a
deformarla plasticamente, la struttura risulta assorbire un’aliquota inferiore di energia
rispetto al caso elastico. Seguendo questa logica, le azioni sismiche di progetto vengono
ridotte dividendo le accelerazioni dello spettro di risposta elastico per una quantità pari
al “fattore di struttura” q, ottenendo lo “spettro di risposta di progetto”.
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Il fattore di struttura q è un parametro rappresentativo delle proprietà di duttilità della
struttura e quindi dipende dalla tipologia strutturale, dal suo grado di iperstaticità, dai
criteri di progettazione adottati e dal tipo di materiale. Esso può essere calcolato tramite
la seguente espressione semplificata:
1.8)
Dove:
- q o
è il valore massimo del fattore di struttura che dipende dal livello di
duttilità attesa, dalla tipologia strutturale e dal rapporto α u/α 1 tra il
valore dell’azione sismica per il quale si verifica la formazione di un
numero di cerniere plastiche tali da rendere la struttura labile e
quello per il quale il primo elemento strutturale raggiunge la
plasticizzazione a flessione;
- K R
è un fattore riduttivo che dipende dalle caratteristiche di regolarità
in altezza della costruzione, con valore pari ad 1 per costruzioni
regolari in altezza e pari a 0,8 per costruzioni non regolari in
altezza.
L’analisi dinamica lineare è indubbiamente più completa rispetto all’analisi statica
lineare, in quanto include l’effetto di tutti i modi di vibrare (o almeno di quelli più
importanti), dà la possibilità di poter cogliere più accuratamente gli effetti torsionali
determinati dai momenti di piano e consente, anche se in maniera molto semplificata, di
poter coinvolgere gli effetti del comportamento plastico della struttura; per questi
motivi presenta un campo di applicazione maggiore ed è il tipo di analisi più utilizzata.
Rimane pur sempre un metodo di tipo lineare, che in quanto tale non permette di poter
controllare il progressivo cambiamento del comportamento dinamico durante l’evento
sismico, il progressivo sviluppo dei meccanismi di plasticizzazione e la reale
distribuzione di domanda di duttilità nei vari elementi strutturali, poiché sintetizza in un
solo unico parametro, cioè il fattore di struttura, tutti questi aspetti.
1.2.4. Analisi statica non lineare
L’analisi statica non lineare, detta anche analisi pushover, consiste nell’applicazione
contemporanea sulla struttura dei carichi gravitazionali e di distribuzioni di forze
orizzontali che vengono progressivamente aumentate in maniera monotonica fino al
collasso.
Le distribuzioni di forze orizzontali devono essere almeno due, ricadenti l’una nelle
“distribuzioni principali” (Gruppo 1) e l’altra nelle “distribuzioni secondarie” (Gruppo
2), riportate di seguito.
- Gruppo 1 - Distribuzioni principali:
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distribuzione proporzionale alle forze statiche calcolate nell’analisi statica
lineare, applicabile solo se il modo di vibrare fondamentale nella direzione
considerata ha una partecipazione di massa non inferiore al 75% ed a condizione
di utilizzare come seconda distribuzione la 2a);
distribuzione corrispondente ad una distribuzione di accelerazioni proporzionale
alla forma del modo di vibrare, applicabile solo se il modo di vibrare
fondamentale nella direzione considerata ha una partecipazione di massa non
inferiore al 75%;
distribuzione corrispondente alla distribuzione dei tagli di piano calcolati in
un’analisi dinamica lineare, applicabile solo se il periodo fondamentale della
struttura è superiore a T C.
- Gruppo 2 - Distribuzioni secondarie:
a) distribuzione uniforme di forze, da intendersi come derivata da una
distribuzione uniforme di accelerazioni lungo l’altezza della costruzione;
b) distribuzione adattiva, che cambia al crescere dello spostamento del punto di
controllo in funzione della plasticizzazione della struttura.
Al crescere delle azioni si costruisce un grafico forza- spostamento (curva di capacità), in
cui si assumono come dati di riferimento il taglio alla base della costruzione e lo
spostamento di un punto rappresentativo (punto di controllo), coincidente con il centro
di massa dell’ultimo impalcato. Da questo si ricava il taglio F bu e lo spostamento d u
massimo che la struttura può attingere, prima del collasso. (figura. 1.1).
Per verificare se la struttura possiede la capacità di spostamento richiesta si deve
effettuare il passaggio al sistema equivalente ad un grado di libertà (figura. 1.2).
La forza F* e lo spostamento d* del sistema equivalente sono legati alle corrispondenti
grandezze F b e d c del sistema reale dalle relazioni:
Dove Γ è il “fattore di partecipazione modale” definito dalla relazione:
Dove:
- a h
(1)
è il vettore corrispondente al modo di vibrare fondamentale del
sistema reale normalizzato ponendo d c = 1;
- M h è la componente h-esima del vettore delle masse del sistema reale.
Alla curva di capacità del sistema equivalente occorre sostituire una curva bilineare
avente un primo tratto elastico ed un secondo tratto perfettamente plastico. La
definizione della bilineare dipende dalla forma della curva di capacità.
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Se quest’ultima presenta un tratto pressoché orizzontale nel campo plastico, la bilineare
si ottiene come segue (figura 1.2 b)). Detta F bu la resistenza massima del sistema
strutturale reale ed F* bu = F bu / Γ la resistenza massima del sistema equivalente, il tratto
plastico coincide con una retta passante per F* bu, mentre lo spostamento limite elastico
d* y si ottiene imponendo l’uguaglianza tra l’area sottesa dalla bilineare e quella sottesa
dalla curva di capacità tra 0 e d u
*
.
Se la curva di capacità del sistema equivalente ha un comportamento elastico molto
ampio, ed un ristretto campo plastico, in cui non si può individuare facilmente la forza di
plasticizzazione, la bilinearizzazione della curva viene ottenuta come segue (figura 1.2
c)). Il tratto elastico si individua imponendo il passaggio per il punto 0,6F* bu della curva
di capacità del sistema equivalente, mentre la forza di plasticizzazione F* y si individua
imponendo l’uguaglianza delle aree sottese dalla curva bilineare e dalla curva di capacità
tra 0 e lo spostamento massimo d* u corrispondente ad una riduzione di resistenza ≤
0,15F
*
bu .
Indicando con
e con
rispettivamente la massa e la rigidezza
iniziale dell’oscillatore semplice equivalente, il periodo elastico del sistema bilineare è
dato dalla seguente espressione:
Nel caso in cui il periodo elastico della costruzione T* risulti T* ≥ T C la domanda in
spostamento per il sistema anelastico è assunta uguale a quella di un sistema elastico di
pari periodo:
Nel caso in cui T* < T C la domanda in spostamento per il sistema anelastico è maggiore di
quella di un sistema elastico di pari periodo e si ottiene da quest’ultima mediante
l’espressione:
Dove si è indicato con ω* =2π/T* la pulsazione dell’oscillatore semplice equivalente e
con q*= S a(T*)m*/F y* l’inverso del livello di progetto.
Noto d* max si deve verificare che sia d* max≤d
*
u ed infine si può calcolare lo spostamento
effettivo del punto di controllo e si procede alla verifica della compatibilità degli
spostamenti per gli elementi/meccanismi duttili.
Gli effetti torsionali accidentali sono valutati come indicato nell’analisi dinamica lineare.
L’analisi statica non lineare condotta nei modi previsti dalle NTC può sottostimare
significativamente le deformazioni sui lati più rigidi e resistenti di strutture flessibili
torsionalmente, cioè strutture in cui il modo di vibrare torsionale abbia un periodo