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effettueranno interventi a sostegno dei programmi di adeguamento
delle strutture e dell'organizzazione alle normative di sicurezza e
igiene delle piccole e medie imprese e dei settori agricolo e artigianale
in attuazione della legge 626/94.
Il decreto legislativo ha introdotto importanti innovazioni nel campo
della salute e della sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro e, pur
senza sostituirsi alla disciplina precedente, cambia completamente
l'impostazione della tecnica di prevenzione.
Si passa, infatti, da una normativa incentrata su un tipo di intervento
sostanzialmente "riparatorio" ad una focalizzata sulla prevenzione e
sull'informazione.
Questa legge, infatti, non riserva più la gestione della sicurezza al
datore di lavoro e ai suoi più stretti collaboratori ma, in
considerazione della sua importanza, coinvolge tutti i lavoratori nella
messa a punto del sistema di sicurezza, sancendo così il passaggio da
un sistema incentrato sulle regole ad uno incentrato principalmente
sulle singole persone.
In primo luogo, la 626 prevede un intervento organico all'interno
dell'azienda che coinvolge tutti i soggetti del processo produttivo nel
coordinamento della prevenzione: dalle tecnologie, che devono essere
in regola con i canoni di sicurezza, ai lavoratori,con i rappresentanti
per la sicurezza; dalla struttura medica che, per le grandi aziende, è
obbligatorio prevedere al proprio interno, ai segnali di sicurezza e alle
stesse attrezzature di sicurezza.
La legge è incentrata essenzialmente sull'obbligo del datore di lavoro
di portare a conoscenza dei propri dipendenti i rischi connessi alla
prestazione lavorativa: " informare per prevenire e quindi ridurre al
minimo i rischi".
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Il sistema di pronto soccorso si differenzia, comunque, in base
all’azienda; in merito, il Decreto identifica tre diversi gruppi di
imprese, la cui classificazione deve essere auto certificata dal datore di
lavoro, tenuto conto della tipologia di attività svolta, del numero dei
lavoratori occupati e dei fattori di rischio.
Tra i fattori generatori di rischio oltre alle inadempienze da parte delle
aziende rispetto alla normativa vigente in materia di salute e sicurezza
nei luoghi di lavoro, va sommata:
- la disattenzione dei lavoratori che sottovalutano i rischi;
- la perdita di concentrazione e di attenzione alle circostanze e alle
macchine pericolose in quei lavoratori sottoposti ad elevati ritmi di
lavoro;
- la tendenza ad evitare dispositivi di protezione allo scopo di
manovrare più agevolmente ed aumentare così la produttività.
La normativa vigente prevede un sistema organizzato di prevenzione
per la sicurezza sul lavoro, che sollecita la partecipazione attiva dei
lavoratori e la collaborazione di tutti i soggetti coinvolti (datore di
lavoro, servizio di prevenzione e protezione, lavoratori, medico
competente, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza).
Non è possibile tracciare la singola storia lavorativa e quindi verificare
che siano state poste in essere tutte le misure a tutela dell’integrità
personale.
E’ obbligatorio mettere in atto misure per eliminare o ridurre i rischi;
laddove un rischio lavorativo non sia oggettivamente eliminabile, è
obbligo del datore di lavoro ridurlo quanto più possibile.
E’ indispensabile perciò, individuare e valutare preventivamente i
rischi dell’ambiente lavorativo e delle singole lavorazioni.
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Il datore di lavoro, con l’aiuto del “servizio di prevenzione e
protezione, valuta i rischi relativi al luogo di lavoro e alle mansioni
svolte dai lavoratori, informandoli sui rischi ai quali sono esposti.
Il lavoratore conosce così i rischi connessi alla sua attività lavorativa e
le modalità corrette di utilizzo degli strumenti, delle attrezzature e dei
macchinari che usa per svolgere al meglio il proprio lavoro.
La formazione dei lavoratori è a carico del datore di lavoro e deve far
riferimento al posto di lavoro e alle mansioni.
In particolare deve avvenire in occasione di: assunzione,
trasferimento o cambio di mansioni, introduzione di nuove
attrezzature di lavoro, uso di nuove sostanze o preparati pericolosi;
deve essere ripetuta periodicamente e, comunque, quando c’è
un’evoluzione dei rischi o l’insorgenza di nuovi rischi.
Tutti i segnali di sicurezza necessari devono essere presenti e esposti
correttamente nei luoghi di lavoro.
Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori siano informati e
formati sul significato dei cartelli e sui comportamenti da adottare.
Il datore di lavoro deve fornire ai lavoratori, che hanno l’obbligo di
utilizzarli, adeguati Dispositivi di Protezione Individuali (DPI).
I DPI sono le attrezzature destinate ad essere utilizzate e tenute dai
lavoratori al fine di proteggerli contro i rischi che minacciano la loro
salute e sicurezza durante il lavoro.
Le tipologie e le caratteristiche variano a seconda del tipo di attività
svolta e del rischio collegato. Quelli maggiormente utilizzati sono:
elmetto, cintura di sicurezza, scarpe con punta imperforabile e con
punta in acciaio, guanti, indumenti specifici a seconda delle necessità,
occhiali, mascherine di differenti livelli di protezione alle vie
respiratorie a seconda delle sostanze presenti sul luogo di lavoro,
maschera per il viso, cuffie per proteggere l’udito. I lavoratori hanno
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l’obbligo di utilizzare i DPI, e di non apportarvi modifiche di propria
iniziativa, per non mettere in pericolo la salute e la sicurezza propria e
degli altri.
E’ indispensabile sapere preventivamente a chi rivolgersi in caso di
emergenza e quali comportamenti adottare; a tal fine i lavoratori
devono conoscere i nominativi degli incaricati di primo soccorso,
degli addetti alle emergenze e alla prevenzione incendi, del
“responsabile del servizio di prevenzione e protezione” e del medico
competente.
Devono pertanto, essere informati e formati sui comportamenti da
tenere nelle eventuali situazioni di pericolo e di emergenza.
Nessuno deve mettere in pericolo la propria vita o quella di altri con
comportamenti irresponsabili.
Oltre a rappresentare un obbligo di legge, il comportamento del
datore di lavoro e del lavoratore contribuirà a migliorare le condizioni
generali di sicurezza. Il lavoratore deve conoscere e rispettare tutte le
procedure per non mettere a repentaglio la propria ed altrui
incolumità. Evitare infortuni è un impegno comune.
Le condizioni di sicurezza sul posto di lavoro e l’efficacia delle misure
di protezione devono essere periodicamente verificate. Il rispetto
delle condizioni di sicurezza sul lavoro è un diritto- dovere di tutti i
lavoratori ed un obbligo inderogabile del datore di lavoro.
La verifica del rispetto delle norme volte alla salvaguardia della salute
e sicurezza nei luoghi di lavoro (visite mediche regolari, macchinari e
attrezzature a norma di legge, formazione, segnaletica, adeguati
dispositivi di protezione individuale, ecc...) è un diritto che può e deve
essere esercitato sempre.
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CAPITOLO I
ASPETTI GENERALI DELLA SICUREZZA
1.1 LA NORMATIVA IN TEMA DI SICUREZZA
PRIMA DELLA NASCITA DEL D.L.vo N. 626/1994
Con l’avvento di un sistema produttivo di dimensioni industriali, e
con l’uso sempre più frequente delle macchine in ambiente di lavoro,
si fece pressante l’esigenza di un intervento normativo di
regolamentazione della materia della prevenzione degli infortuni e di
quella dell’igiene del lavoro.
L’aumentata incidenza del rischio infortunistico indusse il legislatore
italiano di fine ‘800 ad intervenire con una prima legislazione di
settore1, la quale tuttavia, sia per la mancanza di adeguati organi di
controllo, sia per l’assenza di un’efficace tutela sanzionatoria rimase
pressoché lettera morta.
Il codice penale allora vigente - il codice Zanardelli del 1889 – non
prevedeva alcun reato specificamente rivolto alla tutela della
incolumità dei lavoratori e, dunque le uniche norme applicabili erano
quelle in tema di reati contro la per5sona (artt. 371 e 375), ovvero
quelle in tema di reati contro l’incolumità pubblica (artt. 311 e 483).
Solo con la codificazione fascista degli anni ’30 il codice penale –
Codice Rocco – mostrò una diretta sensibilità nei confronti del
mondo del lavoro, introducendo due norme (l’art. 437 e l’art. 451) la
cui intitolazione per la prima volta faceva esplicito riferimento, in
1
Si tratta della L. 12/3.1898 n. 30 (assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro) e di
tre R.D. del Giugno 1899 nn. 230,231, 232. In seguito furono emanati il R.D. 27/5/1900 n. 205, il
R.D. 7/5/1903 n. 209 e il R.D. 23/11/1911 n. 1306.
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sede di codificazione penale ordinaria, all’evento di reato
rappresentato dall’infortunio sul lavoro. Norme, quelle testè citate,
destinate a trovare anch’esse nei fatti una generale scarsa
applicazione;2 fino a quando negli anni ’50 la legislazione di settore ( il
settore della prevenzione degli infortuni e della igiene del lavoro)
prese forma e corpo in un insieme di leggi con le quali finalmente si
pervenne ad un intervento razionale e sistematico dei temi della
sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.
E’ il legislatore degli anni ’50 (nell’ambito della legge delega n. 51 del
12/2/55) a chiudere, infatti, definitivamente l’epoca della legislazione
c.d. dell’emergenza e a dare avvio al concetto di prevenzione del
rischio infortunistico e di malattia professionale. La tutela normativa
contenuta nei DPR nn. 547/55, 164/56, 303/56 e negli altri DPR
approvati in quegli anni,3 introdusse il nuovo concetto di tutela c.d.
oggettiva del posto di lavoro, per la quale il rischio infortunistico,
nell’ottica della prevenzione, doveva essere rimosso alla fonte,
eliminando o comunque riducendo il più possibile il o i fattori di
esposizione.
In linea generale si può affermare che il rischio infortunistico e di
sicurezza è ineliminabile in ambiente di lavoro, poiché fonte del
rischio è sempre una situazione di energia (potenziale, cinetica,
elettrica, molecolare, chimica, termica) che al tempo stesso
rappresenta anche la base della attività lavorativa, come dire che solo
in assenza di lavoro si potrebbe raggiungere l’obiettivo di
2
L’art. 437 c.p. trovò scarsa applicazione , in ragione della natura della fattispecie incriminatrice,
strutturata come delitto: cosicché si rivelò estremamente difficile offrire la prova della
intenzionalità della condotta (dolo) e ancor prima ravvisarla, laddove la maggior parte degli
infortuni sul lavoro traggono origine e sono ascrivibili a condotte colpose. Quanto all’art. 451 c.p.,
strutturato come contravvenzione, il limitato campo di applicazione dipese dal fatto che la
condotta punibile era ristretta ai mezzi e agli apparecchi destinati non alla prevenzione, ma al
“soccorso” contro gli infortuni sul lavoro, così tradendo la finalità di tutela preventiva della
incolumità dei lavoratori, in favore di una filosofia c.d. riparatrice dell’evento.
3
Ricordiamo come più significativi il DPR n. 302/56, il DPR n. 320/56, il DPR n. 321/56, il DPR
n. 128/59.