2
sussidiarietà nella distribuzione di competenze tra i due
organismi in materia di concorrenza.
Dopo tale premessa, si intende procedere ad un puntuale
esame dei poteri assegnati all’Autorità Garante dalla L. 287/90
nonché dal D.lg. 74/92, in tema di pubblicità ingannevole e
quindi dei procedimenti e degli atti collegati all’esercizio di
tali poteri.
In primo luogo, rilevano i poteri in materia di intese
restrittive della libertà di concorrenza e di abuso di posizione
dominante, per i quali è previsto un procedimento che si può
concludere con tre diversi provvedimenti: la diffida,
l’attestazione negativa e la delibera di non luogo a procedere.
In secondo luogo, occorre esaminare i poteri assegnati
all’Antitrust in materia di divieto delle concentrazioni
restrittive della libertà di concorrenza, con particolare
attenzione alle concentrazioni effettuate tramite un’OPA, per
le quali è prevista una disciplina sotto alcuni profili
differenziata. In proposito sembra interessante non solo
esaminare gli atti adottabili dall’Autorità in esito all’istruttoria,
ma anche occuparsi brevemente della potestà sanzionatoria in
relazione a tali operazioni.
3
In terzo luogo, rilevano il potere di dispensa ai sensi
dell’art. 4 della L. 287/90, per la sua connotazione anomala per
fini e natura rispetto alla potestà regolamentare, le competenze
dell’Autorità nei settori cd “critici”, nonché i poteri conoscitivi
e consultivi assegnati all’Autorità Garante.
Infine, non si possono tralasciare i poteri e gli atti
dell’Autorità Garante in materia di pubblicità ingannevole, con
particolare riguardo al rapporto intercorrente tra tale
organismo e il Giurì di autodisciplina pubblicitaria. Sembra
opportuno concludere la trattazione dei poteri e degli atti
dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato con il
quesito se tale attività debba essere qualificata come attività
discrezionale oppure sia un’attività di mero accertamento.
Passando all’esame della tutela giurisdizionale prevista
per gli atti adottati dall’Autorità Garante ai sensi dell’art. 33
della L. 287/90, si intende esaminare prima i problemi
connessi al I comma di tale articolo e in un secondo momento
esaminare quelli attinenti il II comma.
Il I comma, assegnando al TAR del Lazio la
“giurisdizione esclusiva” sugli atti dell’Autorità Garante, pone
una serie di interrogativi in ordine alla configurabilità di tale
giurisdizione, in particolare se debba essere intesa solo come
4
giurisdizione di legittimità, o debba considerarsi estesa anche
al merito e al confine esistente tra la discrezionalità “tecnica”
dell’Autorità Garante e il giudizio amministrativo. Infine,
sembra opportuno identificare quali siano i provvedimenti
impugnabili dinanzi al TAR ai sensi di tale norma e accennare
brevemente alla tutela cautelare in materia antitrust dinanzi al
giudice amministrativo.
Per quanto concerne il II comma dell’art. 33 della L.
287/90, si cerca di chiarire, innanzitutto, la portata di tale
norma, con particolare attenzione ai provvedimenti adottabili
dalla Corte d’Appello e alle forme di tutela previste, per poi
passare ad analizzare i profili processuali di tale tutela con
riguardo soprattutto alla previsione di un unico grado di
giudizio.
In conclusione sembra opportuno soffermarsi sui
problemi di coordinamento che possono verificarsi tra le
competenze dell’Autorità Antitrust, del TAR del Lazio e della
Corte d’Appello, nonché sulle eventuali sovrapposizioni che
possono sorgere tra le competenze nazionali e comunitarie.
CAPITOLO I
L’Autorità Garante della concorrenza e
del mercato
6
I.1. Un nuovo soggetto inquadrabile nel più ampio
panorama delle amministrazioni indipendenti
I.1.1. Le amministrazioni indipendenti e la rilevanza del
principio di indipendenza
Da molto tempo gli studiosi di diritto amministrativo
si sono posti il problema di come definire e classificare le
amministrazioni indipendenti. Con tale espressione s’intende,
generalmente, indicare le organizzazioni pubbliche dotate di
particolari caratteristiche relazionali con l’autorità di governo,
tali da sottrarle dall’ingerenza di quest’ultima, pur essendo
portatrici, non di un interesse proprio, ma adibite alla cura di
interessi fatti propri dallo Stato.
Come è stato evidenziato dall’esperienza giuridica più
recente, per tali organizzazioni non è possibile parlare di
“autonomia”, essendo tale concetto proprio delle
organizzazioni pubbliche direttamente esponenziali delle
comunità territoriali, quali regioni, province e comuni, e di
7
altre comunità o formazioni sociali, come gli enti universitari e
di ricerca.
Tali organizzazioni statali per effetto di specifiche
previsioni costituzionali, sono in grado di darsi, sia pure in
determinati limiti, ordinamenti propri espressione di un loro
proprio indirizzo politico volto alla tutela di specifici interessi,
differenziati rispetto all’interesse nazionale.
Mentre per le amministrazioni di cui si tratta, è
necessario parlare di “indipendenza”, sia sul piano
organizzativo, dall’apparato di governo; sia sul piano
funzionale, dagli atti tipici nei quali esso si esprime.
L’indipendenza dall’apparato di governo e, quindi la
soggezione esclusiva alla legge, è affermata in Costituzione, a
proposito di alcune organizzazioni statali, quasi tutte
ascrivibili ai “poteri dello Stato”, ai sensi dell’art. 134 della
Costituzione. Infatti, detta qualità è riconosciuta al Consiglio
di Stato e alla Corte dei Conti (art. 100), ma in capo a detti
organi viene giustificata con riferimento al tipo di funzioni
loro attribuite: giurisdizionali, ma di amministrazione
consultiva e di controllo.
8
Ma, come è stato affermato da autorevole dottrina
1
, ora
questa qualità dell’indipendenza viene predicata a proposito di
organizzazioni pubbliche del tutto nuove, o comunque
novellate, non contemplate nel testo costituzionale.
L’individuazione in concreto delle amministrazioni
indipendenti varia a seconda dei diversi punti di vista della
dottrina, e il novero di esse è più o meno esteso a seconda del
canone di classificazione che si utilizza.
Nel nostro ordinamento, infatti, tralasciando i casi del
Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, in sede consultiva e
di controllo, e seppur in parte della Banca d’Italia, il fenomeno
della diffusione di tali autorità, dotate appunto di un
particolare grado di indipendenza, si è affermato solo a partire
dagli anni ’70: prima, con l’istituzione della Commissione
nazionale per le società e la borsa (D.l. 95/74), con
l’introduzione dei primi difensori civici regionali, con la
costituzione del Garante dell’editoria (L. 416/81) e dell’Istituto
per la vigilanza delle assicurazioni private (L. 576/82); poi,
1
V. Cerulli Irelli, Premesse problematiche allo studio delle
“amministrazioni indipendenti”, in Mercati e amministrazioni
indipendenti, a cura di F. Bassi e F. Merusi, pag. 3/5
9
con l’istituzione del Garante per la radiodiffusione e
dell’editoria (L. 223/90), dell’Autorità Garante della
concorrenza e del mercato (L. 287/90), della Commissione di
garanzia per l’attuazione della legge sull’esercizio del diritto di
sciopero nei servizi pubblici essenziali (L. 146/90) e,
probabilmente, anche con l’istituzione della Commissione di
vigilanza sui fondi pensione (d.lgs. 124/93).
2
Ma accanto a questa classificazione fondata
essenzialmente sull’evoluzione storica del concetto di
indipendenza, altra dottrina
3
distingue tra grandi e piccole
autorità, o tra autorità di primo e di secondo grado, facendo
ruotare tale distinzione intorno a questa linea: da una parte, le
autorità che dispongono di una indipendenza anche
organizzativa dal Governo, e che sarebbero le vere e proprie
autorità amministrative indipendenti; dall’altra parte, le
autorità che hanno un’indipendenza solo funzionale, ossia
quelle nominate dal Governo.
2
Classificazione proposta da C. Franchini, Le autorità
indipendenti come figure organizzative nuove, in Studi in onore di F.
Benvenuti, pag. 776/777
3
N. Marzona, in Il potere normativo delle autorità indipendenti,
Intervento al Convegno sulle Autorità amministrative indipendenti
svoltosi al Consiglio di Stato nel novembre 1995
10
Pur prendendo atto delle profonde differenze che
intercorrono tra tali organizzazioni, si possono, comunque,
fissare alcune caratteristiche che sia pure con intensità diversa,
sono sempre presenti.
Tali caratteristiche possono essere raggruppate in
quattro categorie:
- autonomia organizzativa, cioè capacità di
determinare la propria organizzazione (disegno organizzativo;
personale; contabilità) con il solo vincolo del rispetto della
legge, ma senza soggezione al potere di regolamentare in
materia di organizzazione attribuito al Governo (L. 400/88);
- poteri esercitati, che presenterebbero una
accentuata caratterizzazione in senso “giurisdizionale” o
“paragiurisdizionale”, in quanto compito dell’autorità è
ritenuto essere non già l’indirizzo di un settore verso un dato
fine, ma la vigilanza, sia pure attiva, sul rispetto di regole (es.
le regole della corretta concorrenza). Tra tali poteri particolare
importanza riveste il potere normativo, cioè la capacità di
determinare la propria azione nell’esercizio dei poteri attribuiti
dalla legge, anche mediante l’emanazione, laddove previsto e,
se necessario, degli atti di normazione secondaria.
11
- particolari requisiti dei titolari degli uffici di
vertice di tali amministrazioni, cioè una serie di qualità che la
legge prevede siano presenti in capo a soggetti persone fisiche
preposte alla titolarità di codesti uffici al fine di metterle al
riparo do influenze esterne.
- l’interesse tutelato, che non si caratterizzerebbe
già come interesse pubblico, bensì come interesse diffuso o
collettivo. Il carattere “non pubblico” dell’interesse tutelato
dalle autorità viene dimostrato seguendo due linee
argomentative principali: l’interesse non è pubblico perché, è
dei cittadini, consumatori, utenti, ovvero è un interesse
collettivo o diffuso; oppure l’interesse non è pubblico perché,
non è dirigista. Dalla prima impostazione si può evincere
anche un ruolo garantista dell’autorità, mentre l’altra avvalora
l’ipotesi che le autorità siano in modo di governare settori che
non si prestano ai modi di governi tradizionali. Come ha
sostenuto in dottrina
4
, il tema dell’interesse tutelato può essere
speso anche per dimostrare che le autorità sono titolari di un
interesse proprio, distinto da quelli dell’amministrazione
tradizionale.
4
S. Niccolai, in I poteri garanti della Costituzione e le autorità
indipendenti, pag. 228/239
12
- Tale interesse è fondato sull’istituzione di una
“riserva di competenza” a favore delle autorità. Ciò comporta
l’imputazione, in capo a tali soggetti, di un interesse che è di
per sé, pubblico, e che, in quanto tale, essi possono o
potrebbero anche condividere con gli organi di indirizzo
politico, ma che, grazie alla riserva di competenza tracciata a
favore delle autorità, si separa dalle sorti degli altri interessi
“pubblici” in quanto viene abilitato a vivere in maniera stabile
e protetta nei confronti dei cangianti indirizzi. Ed è proprio in
questo che, a parere dell’autrice, risiede “la caratteristica più
importante delle autorità e il fine cui è rivolta la loro
istituzione, che può essere definito come quello di congelare
dati interni nei confronti dell’indirizzo politico, non
sottraendoli già a qualsiasi indirizzo, ma sottoponendoli a
indirizzi tecnicizzati e comunque tolti alla disponibilità dei
poteri politici”.
Queste caratteristiche dimostrano soprattutto la
differenziazione delle autorità indipendenti
dall’amministrazione in senso tradizionale, invece soggetta al
Governo e portatrice di un interesse pubblico e titolare di
poteri provvedimentali diretti alla gestione di un interesse o di
una attività, gestione che può avere una caratterizzazione
13
finalistica o dirigistica, soggetta alla cura di quei valori che
sono stati fatti propri dall’indirizzo politico incorporato nelle
leggi che l’amministrazione esegue o attiva.
La presenza di tali caratteristiche è, probabilmente,
ricollegabile al ruolo assegnato alle autorità indipendenti
nell’ambito del sistema istituzionale: ruolo che può essere
svolto in modo soddisfacente soltanto se vi è un’adeguata
configurazione strutturale. Per questo motivo la legge è
obbligata ad attribuire a questo tipo di autorità autonomia
organizzativa, finanziaria, contabile e di bilancio e prevedere
talune garanzie per i titolari degli uffici: solo, in questo modo,
infatti, si garantisce loro la possibilità concreta di agire senza
subire influenze interne od esterne, ispirandosi esclusivamente
alle norme di legge.
Ma è importante rilevare che per poter parlare di
“indipendenza” è necessaria la presenza di tutti questi
elementi, che risultano efficaci o, comunque, anche solo
sufficienti, nelle misura in cui consentono all’autorità di agire
in assenza di condizionamenti; quindi essi devono coesistere,
perché, si integrano vicendevolmente.