5
essi furono ripristinati da Benedetto XIV, che fu egli stesso presente alla 
cerimonia del Concorso del 1750, con la quale si ristabiliva la loro 
celebrazione periodica. Nel 1768 si tenne il primo Concorso Balestra, istituito 
grazie alla donazione che Carlo Pio Balestra fece all’Accademia di S. Luca, e 
che fu da allora celebrato in alternanza con i Concorsi clementini. 
L’accademia dell’Arcadia era direttamente coinvolta nelle celebrazioni, 
nel corso delle quali venivano recitati dagli Arcadi dei componimenti poetici 
per l’occasione, che venivano poi raccolti in volume e pubblicati insieme ad 
una relazione della cerimonia e ad un’orazione. 
Oggetto del secondo Capitolo sono la ricostruzione degli indici dei 
volumi presi in esame, la schedatura dei soggetti di Concorso e le rassegne dei 
personaggi, degli artisti e delle opere figurative citati e delle figurazioni 
allegoriche e mitologiche che più volte compaiono in primo piano nei 
componimenti poetici, attraverso le quali si è svolta un’analisi delle tematiche 
ricorrenti: personaggi e figure che diventano veri e propri temi poetici. 
Il terzo Capitolo è dedicato all’esame di alcune di quelle tematiche: il 
motivo delle rovine; la visione utopistica di un ritorno dell’età dell’oro; la 
competizione artistica di Roma con la Grecia classica; infine, la disputa delle 
arti e il confronto delle arti figurative con la poesia. 
Il lavoro è corredato da una Bibliografia suddivisa per argomenti, con 
una sezione a parte per le opere settecentesche. 
 6
 
 
 
CAPITOLO PRIMO 
 
Roma nella seconda metà del Settecento 
 
 
1. I papi e la politica internazionale. 
 
Nel corso della prima metà del XVIII secolo le guerre di successione 
avevano duramente provato gli stati italiani, i cui territori erano stati più volte 
divisi tra le potenze europee in una politica di scambio e di equilibrio di poteri. 
Lo Stato pontificio aveva dovuto subire nei suoi territori il passaggio 
dei vari eserciti in conflitto, fino alla conclusione della guerra di successione 
austriaca; e ciò proprio nel momento in cui si andava affermando la sua 
neutralità e le parole di Benedetto XIV anticipavano la rinuncia a qualsiasi 
intervento temporale, che un secolo più tardi sarebbe stata definitiva
1
. 
I papi dovevano constatare ormai il declino della loro influenza in 
ambito internazionale; il prestigio della corte papale
2
 era sempre più 
                                     
1
 Per le vicende delle guerre di successione e le ripercussioni sullo Stato pontificio v. VITTORIO 
EMANUELE GIUNTELLA, Roma nel Settecento, in Storia di Roma, Bologna, L. Cappelli, 1971, vol. 
XV, pp. 4-10; sulla neutralità cfr. in particolare p. 10. Per la guerra di successione austriaca e la 
politica di Benedetto XIV nei primi anni del suo pontificato v. LUDVIG VON PASTOR, Storia dei papi, 
vol. XVI, pp. 37-105. 
2
 Lo scadimento del prestigio politico del papa in ambito internazionale (su cui v. anche H. Gross, 
Roma nel Settecento, Roma-Bari, Laterza, 1990, pp. 43-48) era una conseguenza inevitabile 
dell’imporsi della nuova corrente d’idee illuministiche, le quali portavano con sé tutta una nuova 
concezione dello Stato e del rapporto fra Stato e Chiesa in particolare, che non poteva accettare 
ovviamente l’antica condizione di sudditanza nei confronti del papato; sulla questione 
dell’assolutismo settecentesco e dei rapporti fra Stato e Chiesa v. PASSERIN D’ENTREVÈS, Dalla pace 
di Aquisgrana all’avvento di Cavour, in Storia d’Italia, Torino, UTET, 1965, vol. III, pp. 171-184, e 
 7
schiacciato dalle pressioni e dall’ingerenza delle potenze europee e non solo; 
anche in Italia infatti si delineavano più chiaramente i nuovi indirizzi della 
politica di tipo assolutistico. 
Se il papa non svolgeva più una parte importante nell’ambito della 
politica internazionale, le potenze europee avevano comunque ogni interesse a 
porre sul soglio pontificio uno dei loro candidati; l’elezione di un nuovo papa 
infatti poteva comportare ogni volta mutamenti nell’indirizzo politico e 
spostamenti nelle alleanze internazionali, non essendo lo Stato pontificio una 
monarchia basata sul principio della successione dinastica; esse perciò 
esercitavano tutta la loro influenza durante i conclavi
3
. 
Quest’ingerenza dello Stato si farà sempre più pressante nel corso del 
Settecento, evolvendosi in posizioni anticlericali: il movimento giansenista, 
quello gallicano e i vari fermenti riformisti s’inserivano in questa nuova 
corrente d’idee e d’indirizzi politico-sociali. 
Il dispotismo illuminato della seconda metà del Settecento porterà allo 
scontro definitivo e fatale tra Stato e Chiesa: “il potere temporale diviene una 
ragione di debolezza, anziché una garanzia d’indipendenza per il papato: 
ormai le grandi monarchie sono passate all’offensiva contro l’autorità papale, 
mirando ad allargare la sfera di competenza del potere civile, a stringere 
                                                                                                       
FRANCO VALSECCHI, L’Italia nel Seicento e nel Settecento, Torino, UTET, 1967, pp. 204-210 e 223-
259. 
3
 Sugli interventi delle potenze europee nei conclavi v. DINO CARPANETTO, GIUSEPPE RICUPERATI, 
L’Italia del Settecento, Roma-Bari, Laterza, 1986, pp. 241-242 e VITTORIO EMANUELE GIUNTELLA, 
op. cit., pp. 13-15; in particolare, sul conclave per l’elezione di Benedetto XIV v. LUDVIG VON 
PASTOR, op. cit., pp. 3-18. 
 8
maggiormente il clero allo Stato, ad eliminare privilegi e immunità 
ecclesiastiche, e giungono a minacciare perfino quell’occupazione del 
territorio pontificio che sarebbe poi stata condotta a termine dalle truppe della 
Francia rivoluzionaria, fra il ‘96 e il ‘98”
4
. 
Dunque in Europa il Settecento è l’età dei conflitti giurisdizionali fra 
Stato e Chiesa, ma anche negli Stati italiani, come il Piemonte e il regno di 
Napoli, si sviluppano e si concretizzano le esigenze riformiste
5
. Di fronte a 
queste correnti avverse “Roma tende piuttosto a irrigidirsi e contrasta 
strenuamente il passo alle nuove tendenze dell’assolutismo”
6
: dopo il 
pontificato di Benedetto XIV, volto ad una politica di tolleranza e di 
compromesso, l’intransigenza di Clemente XIII porta al culmine il conflitto 
fra il papato e le corti, e, nonostante le forti pressioni, si oppone fino all’ultimo 
alla soppressione dei Gesuiti, già espulsi dal Portogallo, dalla Francia e dalla 
Spagna. In questo clima di tensione si svolse il conclave che elesse Clemente 
XIV; il suo spirito conciliativo non poté nulla contro le pressioni contrastanti 
che dovette subire, e lo scioglimento della Compagnia di Gesù
7
, a cui alla fine 
fu indotto nel 1773, fu il risultato dell’ingerenza e degli “intrighi” delle corti, 
                                     
4
 PASSERIN D’ENTREVES, op. cit., p. 171. 
5
 Sui rapporti fra Stato e Chiesa nel ‘700 v. nota 2. 
6
 PASSERIN D’ENTREVES, ivi, p.175. 
7
 Sulla questione dei Gesuiti v. PASSERIN D’ENTREVÈS, ivi, pp. 176-181, e anche FRANCO VALSECCHI, 
op. cit., pp. 241-250. Nel partito giansenista ed in particolare antigesuitico trovavano posto non pochi 
esponenti del clero; a Roma a capo di tale partito era il card. Passionei, che, durante il pontificato di 
Benedetto XIV, fu il principale fautore della soppressione della Compagnia; su questo v. LUDVIG 
VON PASTOR, op. cit., pp. 279-291. 
 9
che, come leggiamo nelle parole dello Jemolo, “oramai avevano passato ogni 
limite”
8
. 
                                     
8
 Cfr. le parole dello Jemolo citate da PASSERIN D’ENTREVÈS, op. cit., p. 180. 
 10
 
2. Decadenza dello stato pontificio e tentativi di riforma. 
 
 
La grave decadenza dello Stato pontificio, che si manifesta pienamente 
nel corso del XVIII secolo, aveva certo origini remote e cause ben più 
profonde di quelle che esteriormente possono apparire come le principali, 
ovvero il dissesto economico, aggravato dalle carestie, che già Clemente XI 
aveva dovuto affrontare e che si verificarono di nuovo durante i pontificati di 
Benedetto XIV e Clemente XIII, e dalle guerre; le strutture amministrative 
inadeguate; una classe dirigente incapace e corrotta. Tutto ciò è 
consapevolmente denunciato dagli stessi contemporanei
9
, e i papi 
naturalmente si preoccuparono di fronteggiare la crisi finanziaria, pur senza 
ottenere risultati soddisfacenti. 
Benedetto XIV aveva ereditato lo Stato pontificio in condizioni 
rovinose; ma egli seppe far fronte alla difficile situazione, operando numerosi 
interventi riformatori, sia in ambito economico che amministrativo
10
; in campo 
finanziario le sue intenzioni riformatrici si concretizzarono partendo da un 
                                     
9
 “I sovrani che, da Sisto V in poi, hanno fatto cose grandiose per abbellire la città, non hanno fatto 
nulla per mettere a coltura la campagna, dove non si scorge letteralmente una sola casa, un solo 
arboscello. Il governo è il peggiore del peggiore che uno possa immaginarsi. [...] Immaginatevi cosa 
può essere un popolo un quarto del quale è formato di preti, un quarto di statue, un quarto di gente 
che non lavora e l’altro quarto di gente che non fa assolutamente nulla; dove non c’è agricoltura, non 
commercio, non fabbriche, in mezzo ad una campagna fertile e su un fiume navigabile; dove il 
principe, sempre vecchio, di poca durata, e spesso incapace di far nulla da sé, [...]”, così CHARLES DE 
BROSSES in una delle pagine dedicate a Roma nel suo Viaggio in Italia (Bari, 1973, p. 315); 
l’opinione negativa nei confronti dei papi e delle loro capacità era di molti (v. fra gli altri 
MONTESQUIEU, che nel Viaggio in Italia affermava: “È impossibile che si riesca a fare un papa di 
merito.”). 
 11
punto fondamentale, cioè stabilendo la registrazione delle entrate e delle spese 
pubbliche e la formazione di un bilancio annuale, riforma che era il 
presupposto di ogni altra, e alla quale fecero seguito numerosi provvedimenti, 
quali la liberalizzazione del commercio interno, la diminuzione delle spese 
militari, di amministrazione, etc.
11
 
Benedetto XIV si occupò inoltre di importanti questioni, quali l’usura e 
le festività religiose, sulle quali la Chiesa era stata a lungo reticente
12
, e nel 
complesso la sua visione politica si mostrò aperta alle nuove idee e ai 
mutamenti in atto nel suo tempo. 
Ma, nonostante la sua politica tollerante e fattiva, tutto ciò non riuscì a 
modificare profondamente la situazione e a sanare la crisi alle sue radici. Il suo 
successore Clemente XIII poi mutò radicalmente indirizzo, né Clemente XIV 
fu in grado di reinserirsi nella linea di papa Lambertini, oppresso com’era dai 
gravi problemi e dalle tensioni degli anni del suo pontificato. 
E’ necessario però osservare a fondo la vera natura della decadenza 
settecentesca del papato, che mostrava i segni di: 
“[...] una crisi più ampia e più grave, che è di natura religiosa: è lo scadimento 
dell’impegno religioso che influisce sul disfacimento dello Stato; perciò i 
contemporanei più sensibili affermano che la riforma più urgente non è quella dello 
Stato, ma quella della Chiesa, [...]”
13
. 
 
                                                                                                       
10
 Per un approfondimento delle condizioni economiche dello Stato pontificio e dei tentativi di 
riforma nel settecento v. HANNS GROSS, op. cit., pp. 97-174. 
11
 Per le riforme operate da Benedetto XIV in ambito economico cfr. LUIGI DAL PANE, Lo Stato 
pontificio e il movimento riformatore del Settecento, Milano, Giuffrè, 1959, pp. 149-158. 
12
 Cfr. DINO CARPANETTO, GIUSEPPE RICUPERATI, op. cit., p. 245. Della questione delle festività 
religiose parla più diffusamente il PASTOR, op. cit., pp. 234-241. 
13
 VITTORIO EMANUELE GIUNTELLA, op. cit., p. 11. 
 12
Il pontificato di Benedetto XIV, che comprende gli anni centrali del 
secolo (1740-1758), continua Giuntella, “è caratterizzato proprio dalla 
denuncia esplicita di questa decadenza spirituale”
14
; la situazione del clero era 
caratterizzata infatti da una moralità piuttosto dubbia e da un eccessivo 
interesse per i beni materiali e le cose mondane; ciò dipendeva soprattutto dal 
fatto che la maggior parte degli esponenti del clero non era tale per vera 
vocazione
15
; Benedetto XIV mostrava chiara consapevolezza della situazione: 
nella sua corrispondenza “è ripetuto più volte il concetto che i mali dello Stato 
sono anzitutto di ordine spirituale e che in primo luogo bisogna porre mano a 
una riforma del clero e ad una migliore scelta dei dignitari della Chiesa, 
escludendo gli ambiziosi, gli incapaci e gli indegni, [...]”
16
; ma naturalmente 
non poteva rivelarsi facile né di breve attuazione il proposito di una riforma 
che avrebbe dovuto modificare una situazione di fatto, consolidatasi nel corso 
dei secoli. 
                                     
14
 Ivi, pp. XII-XIII. 
15
 La condizione del clero in Italia è illustrata da FRANCO VALSECCHI, ivi (v. in particolare le pp. 210-
222); naturalmente tutto ciò è sottolineato anche nelle parole dei contemporanei (ad esempio 
MONTESQUIEU nel Viaggio in Italia); e LODOVICO PAOLO LEMME scrive: “Come diceva papa 
Lambertini, Roma era il paradiso degli abati; chi non era nobile o soldato, faceva l’abate, [...]”, in 
Personaggi della Roma colta del Settecento, Roma. T.E.R., 1993, p. 17. 
16
 VITTORIO EMANUELE GIUNTELLA, ivi, p. 11. 
 13
3. Politica culturale di Benedetto XIV. 
 
 
Il congresso di Aquisgrana (1748) apre un lungo periodo di pace per 
l’Italia; lo Stato pontificio può ora avere una certa tranquillità e, come dice il 
Pastor: “il pacifico Benedetto XIV è il vero rappresentante di quest’epoca, la 
quale giovò soprattutto alla città di Roma.”
17
, e le difficoltà finanziarie non gli 
impedirono di promuovere la cultura e di curarsi dei beni artistici della città 
eterna. 
L’anno santo indetto per il 1750 incentivò ad occuparsi in particolar 
modo delle chiese di Roma, molte delle quali furono restaurate, anche se non 
sempre con risultati ottimali: il restauro di Santa Maria Maggiore (1741-
1750), affidato al Fuga, che la arricchì della nuova facciata, alterò infatti il 
carattere antico della basilica, cosa di cui si resero conto i contemporanei e lo 
stesso papa. Infelici furono anche gli interventi all’interno del Pantheon, e così 
le modifiche in Santa Maria degli Angeli; altre chiese invece beneficiarono 
delle opere di restauro
18
. 
                                     
17
 LUDVIG VON PASTOR, op. cit., p. 109. 
18
 Gli interventi di restauro interessarono molte altre chiese, su cui v. più dettagliatamente il PASTOR, 
ivi, pp. 117-121. Benedetto XIV si occupò non solo delle chiese, ma dell’assetto urbanistico generale 
di Roma: “L’assetto della Roma di questo periodo è perfettamente rappresentato nell’accurata pianta 
geometrica delineata dal Nolli e pubblicata nel 1748. Benedetto XIV se ne servirà per la riforma 
amministrativa e toponomastica del 1743. I rioni assumono confini precisi e vengono contrassegnati 
da apposite targhe in marmo; e, in parte, si fissano sia i nomi ufficiali delle strade, sia una 
numerazione (a carattere catastale topografico) per gli edifici”, come leggiamo da VITTORIO 
FRANCHETTI  PARDO, Roma, la città dei papi, dal 1417 al 1870, Milano, Fenice 2000, 1994, pp. 84-
85; per le trasformazioni di Roma durante il corso di tutto il settecento v. il capitolo relativo, pp. 78-
85. 
 14
Tra gli altri monumenti il Colosseo ebbe una particolare attenzione: 
Benedetto XIV decise di salvare dal degrado il magnifico monumento 
dell’antichità di Roma e, proprio in vista del giubileo, ne consacrò la memoria 
alla passione di Cristo: fece erigere in mezzo all’arena una croce e rinnovò le 
vecchie stazioni della Via Crucis; a volte poi il suo interno fu usato come una 
vera e propria chiesa
19
. 
Il giubileo era dunque un momento molto importante e non solo per 
l’aspetto religioso, ma vera e propria manifestazione della grandezza della 
Chiesa, ideale per mostrare al mondo la sua magnificenza e la sua forza e 
rinsaldarla; e ciò si legge nelle stesse parole di Benedetto XIV, nel documento 
con il quale promulgava l’anno santo: 
“Che cosa vi può essere di più bello per un cristiano che vedere la magnificenza della croce 
di Cristo nella sua luce più splendida che appaia mai in terra e persuadersi coi propri occhi dei 
documenti di gloriosa vittoria colla quale la nostra fede ha vinto il mondo? Qui si vede come la più 
alta potenza mondiale si pieghi devotamente innanzi alla religione, e come la Babilonia terrena di una 
volta si sia trasformata in una nuova città celeste, la quale non minaccia con rumore d’armi e col 
turbine di guerra per la distruzione di popoli e il soggiogamento di regni, ma per istruzione e salvezza 
delle nazioni offre una dottrina celeste e un costume incensurato. Qui si vede l’antico impero della 
superstizione caduto in dimenticanza, mentre il puro culto del vero Dio e la maestà della liturgia 
diffondono da per tutto il loro splendore; si vedono gettati a terra i santuari degli dei bugiardi e i 
templi di Dio invece resi sacri dal sacro culto; si può convincersi coi propri occhi che gli empi giochi 
dei teatri e le folli rappresentazioni dei circhi sono scomparse dalla memoria degli uomini e invece di 
loro sono piene di visitatori le tombe dei martiri; come giacciono atterrati i monumenti dei tiranni e 
come per mano degli imperatori si levino in alto i santuari ove sono sepolti gli apostoli; come i 
monumenti sorti per ringraziare gli dei pagani per il soggiogamento delle provincie, ora, purgati da 
empia superstizione, con più ragione come segno di maggiore felicità portino in cima il segno 
vittorioso della croce invincibile”
20
. 
 
L’amore di Benedetto XIV per l’arte si manifestò generosamente verso 
le collezioni del Museo Capitolino
21
, arricchite con doni ed acquisti 
                                     
19
 Cfr. LUDVIG VON PASTOR, op. cit., pp. 127-129. 
20
 BENEDETTO XIV, Bull. Lux. XVIII 69 ss. (enciclica del 5 maggio 1749). 
21
 Per l’arricchimento e le nuove sezioni del Museo Capitolino ad opera di Benedetto XIV v. LUDVIG 
 15
importanti, nella convinzione che i capolavori dell’arte antica non dovessero 
rimanere in mano ai privati; il Museo Capitolino era dunque aperto a tutti; al 
piano terreno egli fondò anche un museo egiziano. Inoltre Benedetto XIV 
inasprì la proibizione di Clemente XII riguardo all’esportazione di opere 
d’arte
22
, intorno alle quali si era sviluppato un commercio purtroppo molto 
diffuso e ovviamente rovinoso per la città di Roma, che veniva di continuo 
spogliata dei suoi preziosi beni artistici. 
Egli non voleva però che il Campidoglio fosse il centro soltanto 
dell’arte antica, ma anche di quella moderna: così, con la valida 
collaborazione del suo segretario di stato, il cardinale Valenti, fondò una 
pinacoteca nel palazzo dei Conservatori; è questo un aspetto molto importante 
dello spirito culturale di Benedetto XIV come promotore delle arti in Roma e 
degli artisti contemporanei: l’arricchimento delle collezioni capitoline infatti 
era volto anche a fornire materia di studio agli allievi dell’Accademia di S. 
Luca, i cui Concorsi, da qualche tempo sospesi, furono ripristinati nel 1750: in 
quell’occasione il papa volle assistere di persona alla distribuzione dei 
                                                                                                       
VON PASTOR, ivi., pp. 129-133. 
22
 Quanto fosse grave la situazione al riguardo possiamo leggerlo nelle parole di MONTESQUIEU nel 
suo Viaggio in Italia: “A Roma bisognerebbe fare una legge, per cui le statue più importanti fossero 
inamovibili e potessero essere vendute soltanto insieme con la casa in cui si trovano, sotto pena di 
confisca della casa e di altri effetti del venditore. Se non si farà così, Roma sarà completamente 
spogliata”. Il divieto di esportazione delle opere d’arte era stato emanato nel 1701 da Clemente XI; 
ma il commercio dei beni artistici non si arrestò e non  valsero a contrastarlo efficacemente neanche i 
suoi successivi editti, né i provvedimenti adottati dai suoi successori, che rinnovarono più volte il 
divieto, ma senza risultati soddisfacenti; sull’argomento v. le pagine di HANNS GROSS in Roma nel 
Settecento, cit., pp. 371-374 e anche LODOVICO PAOLO LEMME, op. cit., in particolare il capitolo sul 
collezionismo romano, pp. 101-108. 
 16
premi
23
. Inoltre nel 1754 fu istituita a Roma la prima scuola pubblica del nudo, 
sempre per merito di Benedetto XIV e del cardinale Valenti, che le 
assegnarono una sala sotto la pinacoteca. La scuola accolse, oltre agli italiani, 
artisti francesi, spagnoli, tedeschi, fra i quali Anton Raphael Mengs, che aveva 
già soggiornato a Roma tra il 1741 e il 1749 e vi tornò poi stabilmente nel ‘52; 
in quegli anni egli strinse amicizia col Winckelmann
24
, che giunse a Roma nel 
‘55 e fu al servizio del cardinale Alessandro Albani dal ‘57: in quegli stessi 
anni Mengs lavorava agli affreschi di Villa Albani: il suo Parnaso, ispirato 
all’omonima opera di Raffaello, fu vero e proprio manifesto della nuova 
pittura neoclassica. Il sodalizio artistico tra Mengs e Winckelmann, i principali 
teorici del movimento neoclassico, iniziò dunque proprio negli ultimi anni del 
pontificato di Benedetto XIV. 
Un altro museo fu istituito negli anni cinquanta: nel 1755 infatti si 
decise di unire alla biblioteca Vaticana un Museo di antichità cristiane, 
progetto proposto già a Clemente XI, e ad esso furono destinati i numerosi 
ritrovamenti avvenuti nelle catacombe tra il 1749 e il 1752. Per quanto 
riguarda la biblioteca Vaticana, Benedetto XIV ne arricchì la collezione con 
gli stampati più rari e i manoscritti di sua proprietà, oltre a vari acquisti, tra cui 
quello della biblioteca del cardinale Ottoboni, che per numero di manoscritti 
superava ogni altra raccolta privata di Roma. Egli inoltre diede inizio alla 
                                     
23
 Sul concorso del 1750 v. LUDVIG VON PASTOR, op. cit., p. 135. 
24
 HANNS GROSS delinea l’evoluzione del classicismo nel pensiero di Mengs e Winckelmann: v. le pp. 
378-384 in Roma nel settecento, cit. 
 17
pubblicazione di un catalogo completo di tutti i manoscritti della Vaticana; i 
primi tre volumi furono pubblicati tra il 1756 e il 1759
25
. 
Il mecenatismo di Benedetto XIV si espresse anche verso le scienze: 
egli istituì quattro Accademie scientifiche a Roma, riformò l’Accademia dei 
Lincei, che prese il nome di Nuovi Lincei, donò all’Istituto delle scienze 
dell’università di Bologna la sua biblioteca privata
26
. Benedetto XIV promosse 
artisti, letterati e studiosi; gli scrittori più famosi gli inviavano le loro opere ed 
egli fu in relazione con le maggiori personalità della vita culturale del tempo: 
Muratori, Metastasio, Scipione Maffei; strinse rapporti anche con personalità 
di indirizzo non propriamente in linea con la Chiesa, quali l’Algarotti e il 
Genovesi; ebbe persino uno scambio epistolare con Voltaire
27
, cosa che 
suscitò grande clamore e di cui in seguito il papa si giustificò, non avendo 
conosciuto prima tutta la sua opera, e finì col proibire la stampa e la 
rappresentazione del Mahomet, la tragedia voltairiana presentatagli dal 
cardinale Passionei. 
Tutto ciò mostra comunque che Benedetto XIV aveva nel complesso 
una visione politica e culturale quasi da sovrano illuminato, in modi che non si 
ripeteranno più con i suoi successori nella seconda metà del settecento. 
                                     
25
 Per la biblioteca Vaticana e l’istituzione del Museo di antichità cristiane cfr. LUDVIG VON PASTOR, 
op. cit., pp. 162-167. 
26
 Sulla cultura scientifica a Roma nel ‘700 v. HANNS GROSS, op. cit., pp. 290-311; sulle iniziative di 
Benedetto XIV in campo scientifico e sui suoi rapporti con gli studiosi del tempo v. LUDVIG VON 
PASTOR, op. cit., pp. 135-155. 
27
 Sulle vicende dei rapporti con Voltaire v. il PASTOR, ivi., pp. 152-154.