INTRODUZIONEINTRODUZIONE Il comportamento del consumatore costituisce oggi giorno il
principale oggetto d'interesse delle imprese. Ciò è il risultato del crollo del
fordismo e di un modello aziendale definito product oriented , di imprese
cioè organizzate strategicamente per produrre lotti standardizzati e
indifferenziati della stessa merce destinata ad un mercato di massa. Tale
modello è stato infatti per lo più accantonato e si sono affermati nuovi
paradigmi organizzativi definiti marketing oriented , che basano la
produzione sulla richiesta effettiva da parte del mercato, oggi costituito da
consumatori evoluti, raffinati, informati e soprattutto esigenti. Le aziende
pertanto si sono sempre più concentrate sulla comprensione profonda del
consumatore e dei suoi bisogni, soprattutto di autorealizzazione (Marlow,
1954), dei suoi gusti, delle sue abitudini, delle sue preferenze e modalità di
interazione.
Lo sviluppo del web negli ultimi anni ha mostrato una certa
pervasività di tali tentativi di comprensione: basti pensare ai più evoluti
sistemi di social network e alla mole di informazioni sui consumatori di cui
potenzialmente dispone il motore di ricerca più utilizzato della rete, Google.
Per capire quanto centrale sia diventato il ruolo del consumatore, basti
pensare inoltre ai nuovi modelli di business emergenti, che gli riservano
addirittura un ruolo di primo piano nel processo produttivo, definito in
questo caso di co-ideazione o co-generazione del valore
1
.
Ciò che interessa maggiormente le aziende è naturalmente il
comportamento d'acquisto del consumatore ed in particolare la possibilità
non soltanto di comprenderlo ma di prevederlo. Tale interesse si è
manifestato anche in ambito accademico. Data la prossimità
1 Esempio da manuale è il caso NikeID. Qualizza, G. (2008), “Dalla creazione alla co-
creazione. Zooppa, Fluevog, Nike iD: esperienze di marca per consumatori
appassionati”, in Brandforum , n. 3.
9
dell'atteggiamento al comportamento, soprattutto negli ultimi vent'anni,
buona parte della ricerca attinente al consumer behavior si è indirizzata
pertanto a questo concetto, definito come “ orientamento psicologico
complessivo espresso in termini di valutazione (positiva o negativa) relativo
a un concetto e caratterizzato da una certa durata” (Eagly & Chaiken, 1993;
Petty et al., 1994) .
Per studiare tale componente, si sono adottate metodologie di
misurazione già utilizzate in varie branche della psicologia (in particolare
della psicologia sociale) adattandole alle necessità del marketing. Altre
invece sono state appositamente create. É il caso dello strumento al centro
del presente lavoro di ricerca, l'Implicit Association Test (IAT). Esso mira in
particolare a misurare la componente implicita degli atteggiamenti, definita
come “la traccia di una passata esperienza non identificata attraverso
l'introspezione (o identificata in maniera poco accurata) in grado di
influenzare favorevolmente o sfavorevolmente pensieri, sentimenti o azioni
nei confronti di un oggetto” (Greenwald & Banaji, 1995). L'obiettivo
pertanto è di intercettare i processi automatici e non consapevoli sottostanti
l'atteggiamento dei consumatori e le decisioni di acquisto.
Nello specifico caso del consumo critico o responsabile, la
misurazione degli atteggiamenti impliciti appare di estrema importanza
perché, forse più che in altri ambiti di consumo, l'acquirente mostra spesso
un gap tra le proprie dichiarazioni verbali di atteggiamento e la scelta
effettiva. Esiste pertanto una divergenza tra la dichiarazione del
consumatore a favore dei prodotti verdi, spesso condizionata dalla
desiderabilità sociale, e l'effettivo comportamento d'acquisto. Ciò significa
che, pur professandosi favorevoli ad acquisti rispettosi dell'ambiente, molti
consumatori non dimostrano coerenza, magari perché non rinunciano alla
scelta delle marche conosciute, perché il prezzo dei prodotti verdi supera la
soglia di prezzo da loro considerata accettabile o per molti altri motivi.
Questa tesi si pone l'obiettivo di misurare gli atteggiamenti del
10
consumatore in un particolare ambito di consumo, rapidamente in crescita:
quello appunto del consumo critico, l'acquisto e utilizzo cioè di prodotti che
per semplicità spesso definiremo ‘verdi’. Si vedrà in seguito come il
fenomeno assuma in realtà diverse sfaccettature. L'obiettivo finale della
presente tesi è perciò quello di verificare se, in quali casi e con quali
modalità gli atteggiamenti siano correlati al comportamento. O per meglio
dire, se gli atteggiamenti positivi o negativi del consumatore nei confronti
dei prodotti verdi possano fornire indicazioni preziose sul comportamento
finale d'acquisto, cioè se in qualche misura riescano a predirlo.
La tesi consiste in una ricerca sperimentale ideata al fine di misurare
comportamento di consumo, atteggiamenti impliciti ed espliciti del
consumatore grazie ad alcuni strumenti quali lo IAT succitato e le scale del
differenziale semantico. Aspetto peculiare dello studio è la presa in
considerazione della variabile “pressione temporale”, che si vedrà essere
determinante sui risultati. Il peso di tale variabile è stato confermato
nell'ambito di numerosi studi, tra cui citiamo soprattutto Payne (2008) e
Friese (2006). Tra essi, va ricordato anche il recente contributo di de Luca e
Pegan (2011) volto ad indagare la relazione atteggiamento-scelta verso i
prodotti verdi. P er quanto riguarda la relazione tra atteggiamenti (espliciti) e
scelte dei consumatori verso i prodotti verdi, tale ricerca mostra la presenza
di una correlazione positiva tra atteggiamento e scelta sia in condizioni di
pressione, sia in assenza di pressione temporale, anche se più elevata nel
primo caso. Inoltre, de Luca e Pegan hanno mostrato che in assenza di
pressione temporale, cioè quando c’è tempo per scegliere, i consumatori
possono essere soggetti ad effetti contestuali i quali possono attivare
strategie di scelta che prescindono dall’influenza degli atteggiamenti. In
presenza di pressione temporale, cioè quando non c’è tempo da dedicare
agli acquisti, gli atteggiamenti sembrano avere una capacità di influenza
sulla scelta.
Partendo da tali presupposti, l'esperimento al centro del presente
11
lavoro di tesi vuole indagare ulteriormente il ruolo della pressione, questa
volta però non più in merito ai soli atteggiamenti espliciti ma anche a quelli
impliciti.
Il primo capitolo si propone di contestualizzare la questione
ambientale dal punto di vista storico-sociologico. Esso ripercorre
l'evoluzione dell'idea di rispetto dell'ambiente dagli inizi del '900 ai giorni
nostri, focalizzandosi in particolare sugli ultimi quarant'anni e cercando di
offrire un quadro di quali siano le tematiche più attuali in ambito di difesa e
conservazione dell'ambiente. Un paragrafo è dedicato anche alla veloce
disamina delle più rilevanti conferenze internazionali su ambiente e
sviluppo sostenibile.
La seconda parte del primo capitolo descrive invece con maggiore
dettaglio la situazione italiana e illustra i risultati di alcune ricerche di
mercato. Si tratta di studi che hanno approfondito il ruolo delle aziende
private nella green economy , come quello realizzato da Ancc Coop su
produttori, distributori e Pubblica Amministrazione (si veda il paragrafo
1.2.1). Altre inoltre hanno affrontato la tematica dal punto di vista del
consumatore (la stessa ricerca Ancc Coop, assieme ad uno studio realizzato
da GfK Eurisko). Partendo dalla classificazione di de Luca (2006), il primo
capitolo conclude con un excursus più generale sul fenomeno del consumo
critico, riportandone diverse definizioni e cercando di sistematizzarne le
molteplici manifestazioni che vanno dai prodotti biologici a quelli riciclabili
e riciclati, dal boicottaggio ai prodotti equo-solidali.
Il secondo capitolo, di taglio psicologico, tratta brevemente del
processo decisionale del consumatore, per soffermarsi più lungamente
sull'atteggiamento, sulle sue modalità di cambiamento e sul rapporto tra
atteggiamento e comportamento per come sono stati finora studiati dalla
comunità scientifica.
Si affronta nel dettaglio, nel corso del terzo capitolo, il tema degli
atteggiamenti impliciti, quale “nuovo” oggetto di attenzione da parte delle
12
più recenti ricerche nell'ambito del consumer behavior . Si approfondisce,
più per curiosità scientifica che per reale utilità ai fini della presente tesi, la
dibattuta e irrisolta questione della struttura dell'atteggiamento, che vede
confrontarsi due fronti: da una parte gli studiosi che propongono modelli
duali e, dall'altra, coloro i quali propongono modelli della struttura
dell'atteggiamento non duali.
Nel corso del terzo capitolo si è poi trattato in modo quanto più
esauriente possibile degli strumenti di misura finora utilizzati per gli
atteggiamenti del consumatore, distinti in strumenti diretti e indiretti. Tra
questi ultimi, e vista l'importanza ai fini della presente tesi, alcune pagine
sono state dedicate all'Implicit Association Test (Greenwald et al., 1998) e al
suo funzionamento, alle critiche che esso ha raccolto nella letteratura
internazionale e ai possibili margini di miglioramento di tale strumento, che
a tutt'oggi rimane il più affidabile e il più diffuso per la misurazione degli
atteggiamenti impliciti.
Il quarto capitolo offre una parziale ma ci si augura utile panoramica
sulle ricerche di stampo più tradizionale che hanno riguardato i prodotti
verdi e il fenomeno del consumo sostenibile. Si tratta di ricerche tradizionali
non tanto per l'argomento affrontato, quanto piuttosto per gli strumenti di
ricerca adoperati: nella maggior parte dei casi, si è trattato di questionari. Il
paragrafo 4.1.2 del capitolo riguarda l'unica ricerca accademica finora
realizzata per indagare gli atteggiamenti dei consumatori nei confronti dei
prodotti verdi facendo ricorso allo stesso IAT, la ricerca di Vantomme et al.
(2006).
Il quinto e conclusivo capitolo illustra le fasi dell'esperimento, i suoi
obiettivi generali e specifici, la metodologia utilizzata, la procedura seguita.
Presenta infine i risultati ottenuti dopo le opportune elaborazione statistiche
e ne discute alcune implicazioni.
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CAPITOLO 1
CAPITOLO 1
Un'economia
Un'economia
sempre più verde
sempre più verde
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1.1 La questione ambientale tra accordi internazionali e
società civile: quarant'anni di dibattiti Perlomeno negli ultimi quarant'anni è andata progressivamente
accentuandosi l'attenzione della società civile, dei governi, delle
organizzazioni internazionali e delle imprese verso l'ambiente, inteso come
spazio comune entro il quale si sviluppano tutte le attività umane e dal quale
ogni attività umana trae le proprie energie e risorse per potersi realizzare.
Durante il Novecento, la forte espansione demografica, la serrata
industrializzazione, la disponibilità di ingenti quantità di energia e
l'esplosione dei consumi hanno rappresentato i quattro principali fattori di
pressione antropica sull'ambiente, pressione che caratterizzerebbe a tal
punto l'epoca geologica attuale da indurre alcuni studiosi a nominarla
Antropocene
2
. I problemi ambientali sarebbero quindi una risultante “ della
concezione economicistica del mondo posta alla base del modello
planetario di sviluppo, ma anche di una complessa serie di dinamiche
sociali e culturali ” (Paolini, 2008).
Soltanto a partire dagli anni Settanta, tuttavia, la crisi energetica e la
condizione di austerity hanno posto in maniera drammatica l'esigenza di una
revisione, di un ripensamento del modello di crescita economica e di
sviluppo dei Paesi occidentali.
“ L'attuale modello economico considera l'ambiente in una
posizione ausiliaria che non consente valutazioni qualitative
2 Termine proposto dal premio Nobel per la chimica Paul Crutzen: “A differenza del
Pleistocene, dell'Olocene e di tutte le epoche precedenti, l'Antropocene è caratterizzato
anzitutto dall'impatto dell'uomo sull'ambiente. […] Siamo capaci di spostare più materia
di quanto facciano i vulcani e il vento messi assieme, di far degradare interi continenti,
di alterare il ciclo dell'acqua, dell'azoto, del carbonio e di produrre l'impennata più
brusca e marcata della quantità di gas serra in atmosfera negli ultimi 15 milioni di anni.
Ma abbiamo una certezza: il nostro impatto sull'ambiente crescerà”. Cfr. State of the
World 2010 , Milano, Edizioni Ambiente, 2010, p. 17.
17
sul suo stato e sulla sua capacità di continuare a fornire i
servizi richiesti. All'interno del capitale naturale rientrano
soltanto le risorse naturali che assumono un valore
economico entrando nei processi produttivi come materie
prime” (Masullo, 2005).
Proprio in quegli anni, le definizioni di sviluppo e benessere entrano
a far parte dell'acceso dibattito in atto nel mondo intellettuale, politico,
scientifico, civile. Con esse, entra in crisi anche la validità dell'indice Pil
(Prodotto interno lordo)
3
nel misurare la qualità della vita. Nonostante la
trentennale discussione, e malgrado l'introduzione da parte dell'Onu
dell'indice Isu (Indice di sviluppo umano che, oltre al reddito pro-capite,
include livelli di istruzione e aspettative di vita), al Pil non è stata ancora
trovata un'alternativa universalmente riconosciuta
4
. “Quantificare è difficile,
dare delle cifre vuol dire spiegare anche cosa è accaduto da un punto di
vista storico e poi quantificare in denaro ” (Martinez Alier, 2005).
Dagli anni Settanta, si fa strada, non soltanto negli ambiti accademici
o in quelli più radicali dell'ambientalismo attivista, la percezione che lo
sviluppo, nell'accezione riduttiva di progresso tecnologico e di crescita
economica, non necessariamente produca benessere materiale, sociale e
3 Indice inventato nel 1934 dal Premio Nobel per l'economia, lo statunitense Simon
Kuznets.
4 Alcuni indici sono stati elaborati per integrare il Pil e l'Isu in chiave “green” . Si tratta in
particolare dell'Indice di progresso effettivo (Genuine Progress Indicator) che incorpora
anche la sostenibilità delle attività umane. Sta prendendo piede, inoltre, l'Impronta
ecologica, indice statistico utilizzato per misurare la richiesta umana nei confronti della
natura. Esso mette in relazione il consumo umano di risorse naturali con la capacità
della Terra di rigenerarle ed è stato elaborato da Mathis Wackernagel e William Rees.
“Abbiamo ancora bisogno del Pil per capire il valore aggiunto, ma il solo valore
aggiunto non ci dice nulla riguardo alla felicità; nemmeno l'impronta ecologica lo fa, ma
almeno ci dice quanto siamo grandi rispetto alle dimensioni del nostro Pianeta”
(Wackernagel, 2000). Già all'indomani del Summit di Rio de Janeiro nel '92, con la
pubblicazione del Seea (Sistema integrato di contabilità ambientale ed economica), si
cerca inoltre di perfezionare il “Pil verde”, con molti dubbi sulla metodologia di calcolo
(Fundaga, 2005). Anche la Commissione voluta da Nicolas Sarkozy, presieduta da
Joseph Stiglitz - coordinata assieme ad Amyarta Sen e Jean-Paul Fitoussi - nel 2009 ha
lavorato tra l'altro sullo stesso argomento.
18
spirituale per l'intera collettività. Diventano palesi agli occhi di molti i limiti
dello sviluppo 5
, incrinando la fede nella crescita, intesa come crescita
economica in grado di garantire il benessere e la pace sociale.
“ Se, un tempo, a farsene portabandiera era una minoranza
scolarizzata, con una forte componente ideologica, adesso le
preoccupazioni per il crescente degrado di tutto ciò che ci
circonda vanno a diffondersi esponenzialmente, anzi
potremmo dire che il plesso valoriale relativo all'ambiente va
divenendo invece la reale dimensione ecumenica, tale da
attraversare, in termini interclassisti e intergenerazionali,
gran parte della popolazione ” (Fabris, 2009).
Cominciano a profilarsi nuovi bisogni di tipo sociale e di auto-
realizzazione personale, alla base del concetto di benessere. Nel momento in
cui si prende atto che la crescita economica da sola non è più dunque in
grado di garantire il benessere sociale, anche se ne costituisce la base, si fa
avanti il concetto di qualità della vita, “ una concezione di felicità centrata
più sulla qualità che sulla quantità, volta a soddisfare le esigenze di una
vita personale partecipe e comunitaria” (Gadotti, 1999). Emergono i
cosiddetti valori post-materialistici.
Sebbene i prodromi del pensiero ecologico risalgano alla fine
dell'Ottocento negli Stati Uniti, con i due movimenti filosofico-culturali del
conservazionismo e del preservazionismo 6,
e nonostante molti organismi e
accordi internazionali siano databili nella prima metà del XX secolo, è
soltanto a partire, più timidamente dagli anni '60 e soprattutto dagli anni '70,
che le tesi ambientaliste si fanno strada diventando pervasive. Scritti di
studiosi come Paul Ehrlich, Garrett Hardin, Edward Goldsmith e Robert
5 I limiti dello sviluppo , Mondadori, rapporto del 1972 del Club di Roma.
6 I primi accenni di ambientalismo portano peraltro a promuovere, nel 1872, il primo
parco nazionale al mondo, quello dello Yellowstone nelle Montagne Rocciose.
19
Allen, oltre al rapporto del System Dynamics Group del Mit di Boston,
contribuiscono a portare alla luce l'emergenza ambientale, la limitatezza di
risorse fino a quel momento considerate inesauribili e la forte pressione
antropica sulla natura. In quegli anni, nascono anche l'ecologia politica
grazie alla pubblicazione di The Closing Circle di Barry Commoner nel
1971 e si diffonde un altro filone di pensiero – con esponenti Ivan Illich,
Serge Moscovici, André Gorz – di critica radicale a qualsiasi organizzazione
sociale di tipo produttivistico.
Accanto all'ecologia politica si afferma anche l'economia ambientale
o ecologica, di cui è precursore Arthur Cecil Pigou, cioè una branca
dell'economia che studia le interazioni tra dinamiche economiche e
ambiente (Paolini, 2008; Martinez Alier, 2005). Secondo Pigou, l'attività
economica produce significative sperequazioni tra i vantaggi individuali e
quelli sociali dal momento che le aziende, nell'elaborazione dei bilanci,
prendono in considerazione soltanto i costi legati alle loro attività senza
mettere in conto quelli di natura sociale, come inquinamento o consumo di
beni collettivi. Egli definisce tali costi “esternalità negative” (Musu, 2005).
La spiegazione di ciò deriva dal fatto che nessuno possiede l'ambiente,
nessuno può vantare un diritto di proprietà sull'elemento dal quale l'uomo
trae le proprie risorse ed energie per realizzare le proprie attività, eppure
ciascuno ritiene di poterne disporre a proprio piacimento. Più recentemente,
l'economia ambientale ha subito una revisione radicale da parte di Nicholas
Georgescu-Roegen fondata sulla teoria della termodinamica di Sadi Carnot 7
.
Guardando invece alla società civile, a partire dagli anni Sessanta si
registra una proliferazione di associazioni - inizialmente nei Paesi
7 La seconda legge della termodinamica di Carnot serve da fondamento scientifico ai
limiti fisici della crescita economica, già intuiti in qualche modo da Malthus, per
esempio (Latouche, 2008; Musu, 2005). Il fatto che le trasformazioni dell'energia nelle
sue diverse forme non siano del tutto reversibili, e che si verifichi pertanto il fenomeno
dell'entropia, ha necessariamente delle conseguenze su un'economia basata su quelle
trasformazioni (calore, movimento, ecc). Cfr. Georgescu-Roegen, Bioeconomia , Bollati
Boringhieri (a cura di Bonaiuti, M.), 2003.
20
anglosassoni - per la tutela dell'ambiente che, rispetto a quelle d'inizio
secolo orientate alla conservazione dei territori non ancora deturpati
dall'uomo, mirano invece alla trasformazione degli stili di vita.
Negli Stati Uniti nel 1970 alcuni milioni di persone scendono in
piazza per l'Earth Day. Ma la vera novità è la nascita delle Ong,
Organizzazioni non governative operanti a livello internazionale, come
Wwf, la prima, nata nel 1961 a Ginevra, Friends of the Hearth nel 1969 a
San Francisco, Greenpeace nel 1971 a Vancouver. Il crescente consenso
popolare riscosso dalle istanze ambientaliste oltre alla vasta eco mediatica di
azioni dirette delle Ong, comporta conseguentemente anche la discesa in
campo politico dei partiti verdi un po' in ogni parte del mondo. In Europa
l'ambientalismo politico attecchisce con maggior vigore, unendo movimento
antinucleare, nuova sinistra radicale e istanze ambientaliste delle Ong
8
.
1.1.1 Gli accordi internazionali: ambiente e sottosviluppo Attualmente, i valori di tutela dell'ambiente e di sostenibilità eco-
sociale sono diffusi e in continua espansione; le relative manifestazioni
individuali, in termini comportamentali, sono molteplici e saranno
analizzate più oltre, ma tutte sembrano orientate a promuovere un
comportamento responsabile e consapevole nei confronti del territorio. Ne è
un esempio la raccolta differenziata, resa obbligatoria in Italia a livello
comunale dal 1988 (con la legge 475/88) i cui parametri sono stati però
rivisti di anno in anno, fino a giungere al decreto legislativo n. 152 del 3
8 Il partito verde più influente in Europa è ancora oggi quello tedesco dei Grünen, mentre
le fortune degli altri parti verdi del Vecchio Continente sono state alterne, nonostante il
successo elettorale degli anni '90. Oggi l'ambientalismo politico è in una fase di
impasse, è relegato in una dimensione minoritaria, la continua ricerca di alleanze con i
partiti di centra-sinistra l'ha indebolito. Essendo limitato ad una dimensione nazionale,
poi, non è in grado di affrontare adeguatamente l'urgenza di problematiche che sono
invece globali. A ciò si è cercato di porre rimedio con il coordinamento mondiale dei
partiti verdi, detto Global Greens (Paolini, 2008, p. 130).
21
aprile 2006
9
, che rappresenta uno dei più importanti interventi degli enti
pubblici sul vissuto del cittadino degli ultimi anni. Un'altra recente
disposizione di legge italiana vieta ai supermercati e agli operatori della Gdo
- anche se soltanto dal 1 gennaio 2011 e cioè in forte ritardo rispetto ad altri
Paesi - la vendita di sacchetti di plastica che non siano biodegradabili
10
.
In realtà, il ruolo degli enti pubblici e degli organismi internazionali
nel sostenere e diffondere la sensibilità ambientale è cruciale, per quanto
controverso, sin dai primi tempi. Nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta
le politiche di tutela ambientale sono gestite principalmente a livello locale e
nazionale, con normative settoriali di volta in volta indirizzate ad arginare
specifici e circoscritti problemi. Manca pertanto in questa fase “aurorale”
una visione sistemica e globale della questione ambientale. La gestione
diviene una delle priorità nell'agenda internazionale negli anni Settanta,
definito da molti il “decennio verde” (Paolini, 2008).
A catalizzare l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale sui
problemi dell'ambiente è la Conferenza Onu di Stoccolma del 1972 che per
la prima volta sancisce “ il diritto degli esseri umani di vivere in un ambiente
in grado di garantire dignità e benessere e riconosce la difesa e il
miglioramento dell'ambiente come scopi imperativi per tutta l'umanità ” 11
.
Durante la stessa conferenza, emerge con forza anche il divario esistente tra
paesi avanzati e sottosviluppati e si configura come soluzione la
cooperazione allo sviluppo. Delle 109 raccomandazioni del piano d'azione
della conferenza, soltanto quattro sono risultate realizzabili in breve tempo.
La conferenza tuttavia ha avuto una portata considerevole se si tiene conto
che nel 1972 esistevano soltanto 10 amministrazioni ambientali al mondo;
nel 1982 diventano ben 110 i dicasteri dell'ambiente (Paolini, 2008).
9 http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/06152dl.htm 10 “Nel «Milleproroghe» fondi per la Sla. Cinema, smentiti i rincari dei biglietti”; Corriere
della Sera, 22 dicembre 2010.
http://www.corriere.it/economia/10_dicembre_22/milleproroghe-cinema-sla_7a0f7306-
0db8-11e0-8558-00144f02aabc.shtml
11 http://www.unep.org/Documents.Multilingual/Default.asp?documentid=97
22