4
Introduzione
L’oggetto del presente lavoro consiste nello studio degli askoi ad anello, una
particolare forma ceramica, caratterizzata da un anello cavo all’interno che funge
anche da base, a sua volta comunicante con un collo solitamente cilindrico,
sormontato da una piccola bocca trilobata. Il corpo e la bocca sono collegati da
un’ansa quasi sempre “a cestello”.
Questa tipologia vascolare - decisamente rara - appare diffusa nell’Italia
mediotirrenica durante il periodo orientalizzante, con alcune particolari eccezioni
riferibili all’epoca villanoviana.
Finora, ad esclusione dello studio di Bignasca sui kernoi circolari attestati in
Oriente a partire dal Bronzo Antico e successivamente diffusi in Grecia e nel
Mediterraneo occidentale, non sono state realizzate pubblicazioni su tale tematica
in grado di fornire un quadro chiaro ed esaustivo del problema. Per questo motivo,
al fine di fornire una presentazione quanto più possibile completa di tutti i reperti
disponibili è parso indispensabile stilare un catalogo. Esso si propone di fornire,
sia pure sinteticamente, una prima visione d’insieme per quanto concerne le
caratteristiche formali degli askoi ad anello, nonché per ciò che riguarda la loro
diffusione e distribuzione geografica.
Poiché dalle prime ricerche è subito emersa evidente la dispersione di questa
forma su una vasta area territoriale, le schede redatte mostrano gli esemplari
seguendo un ordine geografico che, partendo dall’Etruria meridionale e
settentrionale, prosegue con la descrizione degli askoi rinvenuti nel Latium Vetus,
nell’Agro Falisco ed in Campania, per giungere infine in Sardegna. Nel catalogo
sono stati inclusi anche quegli esemplari la cui provenienza rimane ignota, ma sui
quali sono comunque formulabili fondate ipotesi sull’appartenenza ad uno
specifico centro produttivo, in base alla classe ceramica o ai motivi decorativi.
Poiché le produzioni ceramiche etrusche presentano una notevole varietà
tipologica, all’interno di ogni area geografica i materiali sono stati ulteriormente
organizzati per classi ceramiche, dando la precedenza all’impasto seguito dalla
ceramica figulina.
Nel secondo capitolo è stato possibile discutere dei dati ricavati dalla
redazione del catalogo consentendo un’analisi che riguarda, nello specifico, la
5
presenza di determinate classi ceramiche e una classificazione tipologica basata
sulle particolarità formali e sui motivi decorativi, le cui caratteristiche specifiche,
in alcuni casi, permettono di individuare l’appartenenza ad una precisa maestranza
o centro di produzione.
Nel capitolo relativo alle origini degli askoi, utilizzando le informazioni
ottenute dalla precedente attività di schedatura, si è trattato il problema del
commercio di questi prodotti per chiarire i rapporti tra i vari centri produttivi
etruschi e, nel caso di manufatti importati, i rapporti tra gli Etruschi, l’Egeo e
l’area vicino-orientale.
È stata quindi affrontata la questione cronologica per circoscrivere,
limitatamente all’Italia centrale, i contesti di appartenenza degli askoi; i due
problemi, infatti, sono connessi l’uno all’altro poiché il Mediterraneo è stato da
sempre area di scambi commerciali e culturali; soprattutto nel periodo
orientalizzante, lo sviluppo delle reti di scambio si colloca nel momento in cui i
rapporti tra Etruschi, Greci, Fenici e popoli Italici divennero sempre più intensi e
costanti.
Tale problema è stato affrontato sinteticamente nel capitolo finale attraverso
l’analisi e discussione dei contesti di ritrovamento.
In generale la lettura dei corredi tombali etruschi riveste un interesse
specifico, poiché oltre ad essere l’unico modo per comprendere al meglio le
dinamiche sociali alla base delle comunità etrusche, i sontuosi corredi tombali dei
principes e degli aristoi di periodo orientalizzante, non sono una semplice raccolta
di oggetti in apparenza eterogenei, ma una costruzione simbolica raffinata che
unisce manufatti portatori di differenti messaggi specifici e complementari, spesso
difficili da decodificare
I materiali provenienti da un complesso funerario, in generale, possono esser
definiti «oggetti-cimelio», conservati e adoperati come esemplari degni di
memoria, divenendo, sul piano culturale, testimoni delle usanze e delle abitudini
delle varie epoche in merito alla ritualità.
Un vivo ringraziamento va al prof. F. Delpino per i preziosi consigli e
chiarimenti fornitimi e al dott. M. Botto per le informazioni e le delucidazioni che
mi ha dato. Entrambi hanno mostrato vivo interesse per la mia ricerca, dandomi
numerosi spunti. Inoltre desidero ringraziare il dott. L. La Rocca per la sua
6
disponibilità nell’avermi fatto esaminare i due esemplari di Capena conservati al
Museo Etnografico Pigorini e la dott.ssa E. Mangani per la cortesia e cordialità
mostratemi durante la visita al Museo Etnografico; infine un doveroso
ringraziamento va al dott. L. Haumesser per avermi fornito la documentazione
fotografica degli askoi conservati al Louvre, alcuni dei quali sono inediti, nonché
al prof. M. Cultraro per avermi consigliato la lettura di Bignasca come spunto
iniziale alla ricerca.
7
Capitolo I
Storia degli studi e delle scoperte archeologiche
La tipologia dell’askos ad anello, finora, è stata esaminata dalla letteratura
archeologica solo marginalmente, in occasione di studi a carattere generale. Sia
che si trattasse di classi ceramiche o che si analizzassero specifici apparati
figurativi e stili ornamentali, gli askoi ad anello sono sempre stati citati in rare
annotazioni, solitamente in occasione di articoli sulle produzioni ceramiche di
particolari centri etruschi.
Le prime pubblicazioni di askoi anulari risalgono alla fine dell’800 e agli
inizi del ‘900, grazie ai cataloghi redatti da Pottier
1
, Montelius
2
, Sjeveking-
Hackl
3
, Gabrici
4
, Mingazzini
5
e Bernabò Brea
6
, che per diverso tempo
costituiscono i modelli di confronto per gli studi successivi.
Al 1929, quando l’Etruscologia era in fase di organizzazione come
disciplina specifica, risale un saggio di Pedro Bosh-Gimpera
7
che tratta dei
rapporti nel Mediterraneo del XII secolo a. C. L’autore, prendendo in esame
alcune specifiche tipologie vascolari, cita gli askoi villanoviani di Vetulonia in
qualità di materiali locali associati a prodotti importati dall’Egeo orientale. In
particolare, l’analisi del Bosh-Gimpera si sofferma sulla presenza di genti
dell’Asia Minore che si inserirono nei traffici commerciali del Mediterraneo
occidentale alla ricerca di metalli e che, una volta stanziatesi nelle regioni
costiere, ne influenzarono la cultura materiale. Tra queste, in particolare, la
Sardegna e l’Italia centrale tirrenica, dal IX secolo a. C., mostrerebbero elementi
orientali impossibili a spiegarsi come evoluzioni della cultura materiale indigena
dell’età del Bronzo. Si tratterebbe di forme antiche originarie dell’Asia Minore
che sarebbero sopravvissute a Rodi e a Cipro nel periodo di passaggio tra l’epoca
micenea ed il periodo geometrico.
1
POTTIER 1899.
2
MONTELIUS 1910.
3
SJEVEKING – HACKL 1912.
4
GABRICI 1913.
5
MINGAZZINI 1930.
6
BERNABÒ BREA 1942.
7
BOSH-GIMPERA 1929, p.9 e ss.
8
La teoria dell’archeologo spagnolo, pur non dando indicazioni esaurienti
sugli askoi ad anello, risulta ancor oggi affascinante e l’idea dell’influenza
orientale nella ceramica etrusca è stata avvalorata dalle successive ricerche.
Nel 1948 si deve ad Einar Gjerstad la pubblicazione di interessanti materiali
ceramici, tra cui rari askoi ad anello, ritrovati a Cipro in contesti databili tra il
1050 ed il 950 a. C
8
.
Tra il 1959
9
ed il 1965
10
, ricerche archeologiche effettuate dal Gjerstad a
Roma, nel Foro Boario, volte a studiare la fase preurbana dalla città, hanno
portato alla luce, tra numerosi frammenti ceramici, un askos con corpo ad anello
verticale, identificato dallo studioso come brocca, senza che ne venisse accertata
la produzione e l’origine culturale.
I primi studi in cui si ritrova un’analisi della tipologia, propedeutica ad uno
studio approfondito, possono esser considerati a buon diritto l’articolo di
Camporeale sulla rivista Studi Etruschi, XXXII, pubblicato nel 1964
11
e la
monografia di Hencken sulla città di Tarquinia di epoca villanoviana, pubblicato
nel 1968, che, tra le altre testimonianze, documenta protomi di toro su askoi
anulari in impasto
12
.
Nel suo saggio in StEt, Camporeale tratta dei rapporti tra Vetulonia e
Tarquinia e, nel fare l’analisi sulle relazioni intercorse tra i due centri a partire
dall’epoca villanoviana, stila un elenco di materiali in bronzo ed in terracotta
riferibili all’uno e all’altro centro.
Tra questi materiali sono menzionati gli askoi ad anello con doppio foro,
uno dei quali a protome di ariete, per i quali l’autore si pone il problema dei centri
di produzione. A ben vedere, infatti, se da un lato l’askos con protome animale è
comune nel repertorio vascolare del Villanoviano tarquiniese, l’autore nota che la
tipologia dell’anello rimanda ad esemplari documentati a Troia, Cipro, in Beozia
ed in Sicilia. Tuttavia, nella sua analisi, Camporeale sembra rigettare l’idea che gli
esemplari etruschi possano provenire da prototipi anatolici e tanto meno ciprioti o
beoti, i quali, stando alla sua opinione, rientrano nell’ambito dei kernoi.
8
GJERSTAD 1948.
9
GJERSTAD 1960.
10
GJERSTAD 1966.
11
CAMPOREALE 1964, p.3 e ss.
12
HENCKEN 1968.
9
A smentita dell’ipotesi di Camporeale, gli studi effettuati nel corso dei
decenni successivi hanno dimostrato che il tipo ad anello, sia che abbia o meno la
bocca configurata a protome animale, è presente nel repertorio cicladico, cipriota
e negli askoi greci di età geometrica e tardo-geometrica. Dunque, nel 1974, in
occasione della pubblicazione di un esemplare ad anello orizzontale nel CVA del
Museo Archeologico di Tarquinia, Canciani stila un primo elenco di esemplari
13
,
in cui individua i prototipi villanoviani, già precedentemente raccolti da
Camporeale, citando altresì askoi di ambiente cicladico e greco come modelli
degli esemplari italiani.
Tra gli anni ’70 e ’90 Filippo Delpino, studiando alcuni contesti protostorici
dell’Etruria, menziona gli esemplari villanoviani di Vetulonia e Tarquinia. In
particolare, nell’esaminare la tomba 18 della Necropoli visentina dell’Olmo Bello,
individua un confronto diretto tra un askos a protome equina rinvenuto a Bisenzio
ed un esemplare tarquiniese con protome di toro pubblicato nel ’68 da Hencken
14
.
Nuovi contributi si hanno nel corso degli anni ’80, anzitutto con la redazione
del catalogo del Museo di Villa Giulia ad opera di Proietti
15
, interessante per la
presentazione di due askoi di epoca villanoviana da Bisenzio, tra i quali compare
l’esemplare a protome equina. A distanza di qualche anno segue la pubblicazione
di un nuovo catalogo sui materiali rinvenuti a Bisenzio e, in quest’occasione,
Raddatz fornisce un importante termine di paragone tra l’esemplare con corpo ad
anello verticale esposto a Villa Giulia ed un nuovo askos visentino, anch’esso a
sviluppo verticale, di evidente produzione locale
16
.
Sono questi gli anni in cui vengono pubblicati anche i risultati delle ricerche
effettuate a Populonia dalla Bocci Pacini e a Veio dalla Boitani in due ricche
necropoli di periodo orientalizzante
17
. Tra i materiali recuperati, oltre a prodotti
importati, compaiono due askoi ad anello orizzontale in ceramica figulina. Di
questi materiali, tuttavia, non viene fornito alcun indizio particolare sulla
produzione e funzione d’uso. Bisogna attendere il 1986 perché si avvii uno studio
più accurato su questa forma.
13
CANCIANI 1974.
14
DELPINO 1977, p.456 e ss; DELPINO 1998, p.363 e ss.
15
PROIETTI 1980.
16
RADDATZ 1982.
17
BOCCI PACINI 1981, p.189 e ss.; BOITANI 1983, p.536 e ss.
10
Le pubblicazioni di Alessandro Bedini
18
relative ai corredi tombali della
Necropoli della Laurentina, presso Roma, sono il primo esempio di analisi
accurata degli askoi ad anello. Nell’analizzare il materiale archeologico, costituito
da preziosi oggetti di natura esotica, Bedini è il primo a porre l’attenzione sulla
particolare tipologia degli askoi ad anello di epoca orientalizzante. Gli esemplari
si attestano con una certa rilevanza numerica nelle due tipologie a sviluppo
orizzontale e verticale e, data la loro connessione con altri recipienti utilizzati
durante il banchetto funebre, l’autore ipotizza un loro uso per versare una bevanda
particolarmente pregiata o per contenere delle salse adatte ad una mensa raffinata.
Nei suoi articoli, Bedini ribadisce l’esistenza di prototipi villanoviani, citando
Camporeale, nonché la connessione con esemplari greci.
Al di là delle conclusioni a cui giunge il Bedini, i suoi studi offrono un
importante spunto per approfondire la conoscenza di questa forma vascolare.
Il 1987 segna la comparsa di un altro importante contributo da parte di
Marina Martelli
19
che, pur indirizzato alla studio generale della pittura vascolare
etrusca, descrive un interessante esemplare di provenienza sconosciuta assegnato
al repertorio italo - geometrico, confrontabile con esemplari di provenienza
cipriota.
Qualche anno più tardi, compare anche un articolo di M. A. Rizzo
20
riguardante la produzione di ceramica etrusco - geometrica di Cerveteri, in cui
viene descritto, in maniera dettagliata, un askos ad anello verticale della fine
dell’VIII secolo a. C.
Per il 1989 è da segnalare la pubblicazione, da parte di Giovanni Ugas
21
, di
un askos ad anello orizzontale databile al 650 ca., rinvenuto in un insediamento
nuragico. Pur non dando alcuna informazione di carattere specifico sul manufatto,
il ritrovamento in Sardegna è un indizio evidente dei rapporti tra Sardi ed
Etruschi. Tuttavia, molti dubbi permangono sull’etnia del suo possessore, non
potendosi stabilire se si trattasse di un sardo o di un etrusco trasferitosi nell’isola,
e sul modo in cui l’oggetto venisse utilizzato, poiché fu rinvenuto in uno strato di
abitato anziché all’interno di un sepolcro.
18
BEDINI 1986, pp.163-164; BEDINI 1992, p.83 e ss.
19
MARTELLI 1987.
20
RIZZO 1989, p.9 e ss.
21
UGAS 1989, p.1063 e ss.
11
Nel corso degli anni ’90 il bagaglio delle conoscenze si arricchisce di nuove
osservazioni grazie, anzitutto, alle pubblicazioni di Camporeale che redige un
catalogo sulla collezione C.A.
22
, conservata a Ginevra. Nel catalogo viene
descritto un askos con decorazione figurata incisa, di provenienza sconosciuta, ma
che lo studioso attribuisce a fabbrica ceretana. In un articolo del ’94, pubblicato
sulla rivista StEt, lo stesso autore cita askoi ad anello in qualità di oggetti dall’uso
particolare associati a manufatti particolarmente pregiati, rinvenuti all’interno di
alcuni corredi tombali chiusini appartenenti ad aristocratici etruschi.
Si data al 1994 il contributo della Micozzi
23
, che nell’affrontare la
discussione sulla ceramica «white-on-red», pubblica quello che fino a quel
momento era considerato l’unico esemplare di askos ad anello in questa classe
ceramica. In quest’occasione, la studiosa, oltre a dare una descrizione
dell’esemplare esposto a Lipsia, fornisce alcune informazioni sull’origine della
forma e, nello specifico, argomenta brevemente dei prototipi villanoviani,
caratterizzati da protomi animali, mentre ricorda come gli esemplari di VII secolo
a. C., perdendo la configurazione zoomorfa, si avvicinino a modelli greci di età
geometrica.
Negli stessi anni la Moretti Sgubini
24
si occupa dello studio della città di
Tuscania e delle produzioni ceramiche di Vulci che, tuttavia, non forniscono
ulteriori dettagli alla conoscenza degli askoi ad anello.
Bisogna attendere le pubblicazioni più recenti per poter avere contributi più
dettagliati, precisamente, dal 2000 in poi, in occasione di studi ad ampio respiro, è
possibile ricavare nuovi dati su askoi fino ad allora inediti.
Oltre ad una nuova pubblicazione del Bedini
25
sulla tomba 70 della
Laurentina, risulta interessante la riflessione della Peserico, in un articolo
pubblicato nel 2000, sul ruolo svolto da Rodi e dall’area egea nella diffusione di
alcune tipologie vascolari nel Mediterraneo occidentale
26
. Tra i materiali ceramici
trattati compaiono anche delle brocche a corpo anulare a sviluppo verticale,
diffuse in diversi centri di Rodi, a Coo, a Thera e a Creta che la studiosa ritiene
attardamenti culturali di prototipi ciprioti risalenti all’età del Bronzo. Se da un lato
22
CAMPOREALE 1991, p.139 e ss.
23
MICOZZI 1994.
24
MORETTI SGUBINI 1991; MORETTI SGUBINI 1994.
25
BEDINI 2000, p.355 e ss.
26
PESERICO 2000, p.139 e ss.
12
non viene precisata la funzione d’uso di questi recipienti, dall’altro l’articolo della
Peserico fornisce dati importanti sull’origine della forma ad anello verticale, per la
quale evidenzia il ruolo di Rodi in qualità di area di acquisizione della ceramica
orientale e di centro di produzione e distribuzione di prodotti locali. Secondo
l’interpretazione della studiosa, basata sui materiali rinvenuti in Campania,
l’interazione greco - fenicia avvenuta a Rodi si sarebbe protratta,
successivamente, nella colonia greca di Pitecusa, dove numerosi erano i residenti
orientali, per svilupparsi ulteriormente in un progressivo processo di
acculturazione che interessò le vicine società etrusco - laziali.
Sempre al 2000 si data la ricerca sui kernoi circolari effettuata da Andrea
Bignasca
27
, che prende in esame gli esemplari databili a partire dal Bronzo Antico
fino all’età arcaica e provenienti dal Vicino Oriente, da Cipro, dall’Egeo, dalla
Grecia, nonché quelli ritrovati nelle colonie fenicie e in ambito italico ed etrusco.
Con la sua ricerca, Bignasca sostiene la tesi secondo la quale il “motivo” del
kernos circolare si sia diffuso dall’Oriente verso Occidente nell’arco di quasi
quattro millenni, mantenendo una sostanziale unitarietà tipologica e iconografica.
Sebbene lo studio del Bignasca prenda in esame una tipologia vascolare
diversa dagli askoi ad anello, ovvero i kernoi
28
precedentemente menzionati da
Camporeale nel suo saggio del ‘64, egli propone un ricco catalogo in cui
compaiono quegli askoi villanoviani di Tarquinia, Vetulonia e Bisenzio che da più
parti e più volte sono stati ritenuti i prototipi degli esemplari orientalizzanti. Non a
caso l’autore, nell’elencare gli esemplari più antichi di provenienza italiana, cita
gli esemplari villanoviani e a protome animale che presentano strette affinità
morfologiche e iconografiche con gli altri reperti orientali da lui esaminati.
L’attuale ricerca che prende avvio analizzando i reperti villanoviani e prosegue
con l’esame di quelli orientalizzanti si presenta, in qualche modo, come un
naturale seguito del lavoro di Bignasca.
Per questo motivo, pur con la dovuta cautela, il lavoro di Bignasca è stato
tenuto in considerazione, sia come spunto iniziale per individuare esemplari non
27
BIGNASCA 2000.
28
Come lo stesso autore specifica all’inizio del suo lavoro, per kernos si intende un recipiente
vascolare dotato di una base ad anello generalmente cava all’interno e sulla quale vengono fissate
un minimo di due aggiunte molto diversificate di natura simbolica (elementi antropomorfi,
zoomorfi, vegetali e pure vasetti miniaturistici). Le aggiunte sono generalmente cave all’interno e
comunicanti con l’anello. Questi vasi venivano solitamente utilizzati in qualità di strumenti di
culto o durante specifici rituali.
13
segnalati dalle pubblicazioni precedenti, sia come punto di riferimento per
individuare le origini geografiche e cronologiche degli askoi, sia per le
considerazioni sulla funzione d’uso di questa particolare tipologia vascolare che in
alcuni casi ricorda molto da vicino i kernoi circolari.
Nel 2002, in occasione della stesura del catalogo del Museo Nazionale di
Tarquinia, Sabrina Tanci e Claudia Tortoioli elencano due esemplari di askoi ad
anello orizzontale che datano all’Orientalizzante Medio. Anche in questo caso le
autrici forniscono confronti con i modelli villanoviani e cicladici, senza dare
informazioni specifiche o più dettagliate sui centri di origine, diffusione e
funzione d’uso.
Dal 2004 al 2007 si segnala la comparsa di nuovi contributi della Rizzo, la
quale, nell’affrontare l’esame della ceramica etrusco - geometrica di Cerveteri, si
occupa marginalmente anche della questione degli askoi ad anello
29
. In
particolare, nella nota descrittiva dell’askos da lei esaminato, rinvenuto nella
tomba 4 della necropoli di Monte Abatone, l’autrice ribadisce l’attestazione di
questa rara tipologia in contesti tombali principeschi e ne ipotizza un uso specifico
durante le cerimonie funebri o, comunque, in qualità di contenitore di sostanze
pregiate. La Rizzo ricorda anche gli esemplari villanoviani presenti sia in Etruria
che nell’Agro Falisco e fornisce importanti ragguagli su esemplari inediti riferibili
al VII secolo a. C. Nel suo intervento stila infine un elenco abbastanza completo
degli esemplari nelle diverse classi ceramiche, citando anche i modelli greci, rodii
e cicladici.
Per il 2007 si segnala un nuovo contributo che riguarda la Sardegna da parte
di Salvatore Sebis
30
che, nel discutere dei ritrovamenti ceramici in un villaggio
nuragico, menziona un askos ad anello orizzontale, da lui rinvenuto nel 1975.
Ancora una volta non vengono forniti dati precisi, però non può passare
inosservata la presenza di un secondo esemplare di askos anulare nell’isola che,
anche in questo caso, viene ritrovato in un abitato.
Nello stesso anno V. Bellelli
31
pubblica un articolo su una particolare
tipologia di alabastra etrusco - corinzi e, nel discutere dell’argomento, pone
l’attenzione sugli askoi ad anello. Riferendosi ai lavori di Camporeale, l’autore
29
RIZZO 2004, p.333 e ss; RIZZO 2007, p.1 e ss.
30
SEBIS 2007, pp.70-71.
31
BELLELLI 2007.