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INTRODUZIONE
Sempre più frequentemente si sente parlare di Itangliano o Italiese, definizione
coniata per riferirsi ad una “nuova” lingua italiana che, soprattutto nell’ultimo secolo, ha
subito un massiccio influsso da parte di quella inglese ed americana; un italiano fortemen-
te caratterizzato da termini che, propriamente denominati dalla terminologia linguistica
forestierismi, e più in particolare anglicismi, sono comunemente identificati come parole
straniere, vocaboli spesso riconoscibili nel vasto patrimonio lessicale della nostra lingua
per una diversa forma grafica o per una pronuncia incerta.
“Esotismi crudi”
1
che si mescolano e talvolta sostituiscono vocaboli ed espres-
sioni tradizionali italiane in ambiti e contesti sempre più numerosi. Una commistione ita-
liano-inglese di ampia consistenza qualitativa e quantitativa in costante cambiamento, un
rinnovamento sempre più rapido e geometricamente progressivo che si è esteso verso set-
tori considerati, fino a pochi decenni fa, esclusi da tale importante processo di interferen-
za. Conseguentemente, accanto ai tradizionali settori del business, del turismo, dello
sport e soprattutto dei media - solo per citarne alcuni – si ritrovano aree di nuovissima
competenza: dagli ambiti di tipo politico istituzionale (authorities incaricate di specifici
controlli o membri del Governo che rispondono alle interrogazioni durante il question
time), al linguaggio dei giovanissimi (scambi di amicizie e/o opinioni in blog o chat) o
all’informatica (una nuovissima speciale lingua definita e-learning
2
). Nondimeno appare
eclatante il divenire del settore della gastronomia, argomento appunto del presente lavo-
ro, il quale storicamente e tradizionalmente è stato sempre considerato oggetto
dell’influenza della lingua francese, prestigiosa concorrente dell’inglese fino al XIX secolo
soprattutto in ambito letterario e culturale, nonché nel settore dell’abbigliamento e della
moda.
L’indagine si propone di fornire una prima valutazione dell’interferenza ingle-
se, sempre più spesso in realtà anglo-americana, attraverso un’analisi limitata al periodo
1
De Mauro-Mancini: 2003, p. III, che rimanda a Bruno Migliorini.
2
R. Bombi: 2006, p. 615.
7
storico compreso tra il XIV ed il XXI secolo, fondamentalmente di tipo semantico con
riferimento all’ambito di appartenenza settoriale, senza escludere qualche accenno a quel-
la di tipo morfologico-grammaticale e fonologico. Similmente valuterà la reazione
dell’italiano contemporaneo alla manipolazione così operata, con riferimento all’aspetto
quantitativo (es. incidenza numerica degli anglicismi integrali o dei calchi strutturali) e
qualitativo (marca d’uso ed ambito). Non verrà naturalmente tralasciata la valutazione
polisemantica che, soprattutto nel settore gastronomico, determina la generazione di ter-
mini omografi con una pluralità di significati importanti, di pseudo anglicismi e dei cosid-
detti “falsi prestiti”.
Il lavoro sarà così articolato.
Nel primo capitolo, dopo aver illustrato alcune nozioni tecniche che chiarisco-
no il concetto di interlinguistica, verranno fornite indicazioni di carattere storico tempora-
le, così come gli effetti evolutivi che tale processo ha determinato in generale sull’italiano;
inoltre, si porrà l’attenzione a quanto diversamente proposto dal purismo, quella corrente
letteraria che rifiuta tale arricchimento lessicale.
Nel secondo capitolo, scansionando dettagliatamente l’arco temporale compre-
so tra il XIV ed il XXI secolo, si illustreranno gli eventi sociali, culturali ed economici
maggiormente significativi nell’itinerario formativo del patrimonio italiano intersecato con
quello inglese e americano. Proseguendo, il terzo capitolo verterà sui prestiti, i calchi e i
“falsi prestiti”, fornendo le nozioni basilari di tali forme linguistiche, classificandoli e pas-
sando in rassegna alcune casistiche che delineino la loro funzione nel processo interlin-
guistico.
Il quarto ed il quinto capitolo costituiscono insieme il corpus del presente lavo-
ro: rispettivamente nel quarto viene proposto, con una tabella, il complesso degli anglici-
smi reperiti nel settore gastronomico, mentre nel quinto verrà approfondita e commenta-
ta la ricerca effettuata con esemplificazioni intese a chiarire come, quando e in quale mi-
sura tali nuove parole determinano la crescita evolutiva della lingua italiana.
8
A tal fine è stato individuato un corpus composto da un insieme di anglicismi
raccolti in prima istanza attraverso il Dizionario delle parole straniere di De Mauro-
Mancini (ed. 2003)
3
; il Dizionario degli Anglicismi nell’italiano postunitario di Gaetano
Rando, 1987, limitatamente ai soli anglicismi diffusisi nel periodo postunitario e diretta-
mente pervenuti dall’inglese senza la mediazione di altre lingue, come il francese e la mo-
nografia Influssi inglesi nella lingua italiana, pubblicata da Ivan Klajn circa 15 anni prima.
Giacché il settore gastronomico è un ambito di recente interesse, sono state utilizzate altre
fonti specialistiche quali il Dizionario Gastronomico Compatto, Inglese–Italiano Italian-
English, AA.VV. a cura di EDIGEO, 2010, così come siti web - per i quali si rimanda a
quanto indicato in Bibliografia - www.samaroli.it, per il glossario relativo al whisky,
www.ricette.giallozafferano.it e www.cocktailmania.it, per la terminologia gastronomica.
Oltre a ciò, poiché il settore gastronomico opera principalmente attraverso
l’approvvigionamento, la produzione, la distribuzione e il consumo alimentare, si è opera-
ta un’investigazione attraverso l’esperienza diretta, visitando locali, supermercati, ristoranti
ed in genere luoghi atti a tale attività. A titolo esemplificativo, si è ritenuto opportuno in-
serire un’appendice al presente lavoro, nella quale sono state riportate alcune ricette di
piatti gastronomici, cocktail e menu vari; inoltre sono state riprodotte alcune etichette di
bottiglie di whisky: tutto ciò per evidenziare la frequenza con la quale gli anglicismi ven-
gono utilizzati nelle specifiche categorie del settore gastronomico.
I risultati dell’indagine, esposti nelle conclusioni del presente lavoro, conferme-
ranno pertanto che l’interferenza degli anglicismi non è un’esclusiva di alcuni settori, ma
si ripercuote anche in altri ambiti come appunto quello della gastronomia, contribuendo
e favorendo in tal modo l’arricchimento del patrimonio linguistico italiano.
3
Il Dizionario è la riedizione della prima pubblicazione di Parole straniere nella lingua italiana del 2001.
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CAPITOLO 1
DELL’INTERLINGUISTICA E DELL’INTERFERENZA :
CONDIZIONI ED EFFETTI
Il linguaggio è inseparabile dall’uomo
e lo accompagna in ogni sua attività.
Louis Hjelmslev
I fondamenti della teoria del linguaggio - 1968
1.1 L’INTERLIGUISTICA
1.1.1 Definizione generale
Fin dall’antichità il linguaggio è stato oggetto di numerose speculazioni. Già
Aristotele, nell’opera intitolata Dell’espressione (o Dell’interpretazione) trattava anche del
linguaggio. La filosofia del linguaggio, nel suo senso più ampio, si relaziona non solo
con scienze come la psicologia, la metafisica e la logica, ma anche con quelle che oggi so-
no definite scienze del linguaggio. Ne consegue che la filosofia del linguaggio si occupa
anche delle lingue e della comunicazione nel loro significato più ampio. Aristotele, infat-
ti, per le argomentazioni trattate nell’opera sopra citata, è considerato una pietra miliare
negli studi delle scienze linguistiche.
All’interno delle scienze del linguaggio, l’interlinguistica è la disciplina che stu-
dia il contatto fra le lingue, indaga sulle cause e sulle condizioni che lo favoriscono o che
lo ostacolano, analizza i fenomeni che ne derivano, collocandoli in un preciso momento
storico (prospettiva sincronica) o nel progredire del tempo (prospettiva diacronica).
1
1
Fusco: 2008, p. 11.
10
Originariamente sotto l’etichetta di interlinguistica si intendeva qualcosa di diverso.
Per esempio, in occasione del IV Congresso Internazionale dei Linguisti svol-
tosi a Parigi nel 1949 - forse in ricordo dell’Interlingua elaborata dal matematico G. Pea-
no agli inizi del XX secolo -
2
, venne proposta una tesi per cui l’interlinguistica dovrebbe
rivolgere le sue ricerche soprattutto all’analisi delle cosiddette lingue “artificiali ed acces-
sorie”, identificate in prima istanza nell’esperanto e successivamente con il complesso
delle interlingue.
Nel 1974, M. Wandruszka ampliò questa interpretazione identificando
l’interlinguistica come lo studio che mette a confronto le lingue attraverso l’analisi dei
corpora delle traduzioni per evidenziarne così le differenze e/o le similitudini, ovvero di-
mostrare come le lingue, ciascuna attraverso forme specifiche, riescano a richiamare una
medesima realtà extralinguistica. Wandruska si proponeva così di porre le basi per una
nuova scienza della linguistica:
“una linguistica del plurilinguismo, dell’ibridismo e delle lingue miste, della traduzione e
del confronto di traduzioni”.
3
1.2 L’INTERFERENZA
1.2.1 Definizione generale
Prima di illustrare come il processo interferenziale agisce sulle lingue, verranno
fornite alcune informazioni sia di carattere generale, sia relative alla terminologia.
Contatto: è uno degli argomenti degli studi dell’interlinguistica e si riferisce al fe-
nomeno di accumulazione e di sovrapposizione delle espressioni linguistiche pro-
venienti da un’altra lingua.
Competenza: ovvero la conoscenza della lingua da parte dei parlanti. Non è rile-
vante il loro livello di competenza, ma è necessario che almeno uno dei parlanti
2
Gusmani: 1987, p. 87.
3
Fusco: 2008, p. 11, che rimanda a M. Wandruszka (1974).
11
sappia esprimersi, anche a livello elementare, in entrambe e/o in tutte le lingue
venute in contatto.
L’individuo (il parlante) è il “luogo” dove il contatto, fenomeno astratto per natu-
ra, si materializza.
Il contatto, che avviene in prima istanza a livello individuale e produce
un’innovazione linguistica, diviene uno dei fattori del processo di arricchimento
del patrimonio linguistico solo in seguito al suo accoglimento da parte della co-
munità.
L’uso alternato di due o più idiomi viene definito rispettivamente bilinguismo e
plurilinguismo; ne consegue che gli individui sono identificati anch’essi come bi-
lingui e/o plurilingui.
4
Durante il processo del contatto, le lingue coinvolte non devono necessariamente
provenire da oltre i confini dell’area geografica o da altre comunità sociali (‘lingue
straniere’), in quanto il bilinguismo - o il plurilinguismo - si concretizza anche
nell’ambito circoscritto di una singola comunità o addirittura all’interno
dell’ambito famigliare. Ne consegue quindi che il monolinguismo è una condi-
zione apparente o eccezionale, proprio perché si suppone che in genere ciascun
individuo conosca con certezza almeno due varietà della stessa lingua: la lingua
standard ed una delle sue varietà dialettali.
5
In seguito il parlante, grazie alle sue
capacità valutative, sceglierà la varietà di lingua più funzionale ed appropriata per
trasmettere le informazioni, la selezionerà in base alla territorialità (varietà diato-
piche), alle situazioni (varietà diafasiche) ed alle caratteristiche sociali (varietà dia-
stratiche).
6
Riassumendo, l’interferenza si realizza quindi nell’alternanza dell’uso di due o
più lingue da parte di più individui: si determina così un contatto, un’unione e una so-
vrapposizione di codici linguistici, un fenomeno che, se costante e continuo nel tempo,
4
Fusco: 2008, pp. 11-12. Inoltre cita Uriel Weinreich, considerato il padre fondatore dell’interlinguistica (e più in ge-
nerale della sociolinguistica), che così definisce il bilinguismo: “due o più lingue si diranno in contatto se sono usate
alternativamente dalle stesse persone”.
5
Fusco: 2008, p. 12, con un rimando a M. Wandruska che così si esprime: “siamo tutti, chi più o chi meno, plurilingui
già in seno alla nostra lingua materna”.
6
Gusmani: 1987, p. 88; Fusco: 2008, p. 13.
12
può modificare in modo rilevante il patrimonio linguistico di uno o di entrambi gli idio-
mi. Nello svolgersi di questo processo si avranno quindi una parte attiva, definita lin-
gua modello - la lingua da imitare - ed una parte passiva che subisce l’influsso, la lingua
replica.
Prima di concludere, si vuol porre l’attenzione su un’altra interpretazione del
contatto come fenomeno di sovrapposizione, proposta dallo psicologo Izhac Epstein che,
con riferimento alle lingue, in un saggio pubblicato nel 1915 intitolato La pensée et la
polyglossie, espose le sue perplessità a proposito della funzionalità del bi-plurilinguismo.
A suo parere, questo fenomeno sarebbe negativo per il miglioramento della competenza
linguistica del parlante, in quanto questi, accettando indistintamente tutto ciò che gli per-
viene dalla lingua modello, crea una barriera alle proprie capacità di elaborazione menta-
le ed espressiva, ostacolando così l’apprendimento di eventuali altre lingue.
I linguisti considerano arbitrarie queste affermazioni e non le ritengono appli-
cabili al concetto generale di interferenza/contatto, in quanto sono limitate ad un’analisi
relativa a pochi casi di errore nell’apprendimento di una lingua secondaria sotto l’influsso
di una lingua modello.
7
Weinreich ed altri linguisti affermano infatti che
l’interferenza/contatto è molto di più di una semplice acquisizione meccanica di nuovi e-
lementi provenienti da un altro idioma, poiché nel processo di contatto si hanno relazioni
non solo di tipo linguistico ma anche socio-culturale che, grazie alla funzione ed impor-
tanza attribuita loro da ciascun individuo ovvero dalla comunità, permettono appunto
l’evolversi delle lingue e delle società coinvolte.
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1.2.2 Forme diverse di interferenza
L’interferenza si presenta in varie forme, fenomeni che Fusco così definisce ri-
prendendo una citazione di Weinreich: “indicheremo con il nome di fenomeni di inter-
ferenza quegli esempi di deviazione dalle norme dell’una o dell’altra lingua che com-
7
Gusmani: 1987, p. 88.
8
Fusco: 2008, p. 14.