II
Globo de Oro (per i Golden Globes, il riconoscimento annuale americano assegnato ai
migliori film e programmi televisivi della stagione), La Anatomía de Grey (per Grey’s
Anatomy, il telefilm americano), solo per citarne alcuni. Se pensiamo a una qualsiasi di queste
parole in italiano, ci accorgiamo subito che nella nostra lingua sono rimaste invariate nella
loro forma originale inglese, e così tante altre. Purtroppo questo non è il luogo preposto per
analizzare questo fenomeno nella lingua italiana, ricavandone le opportune conclusioni. È
sufficiente dire che è questo il motivo che mi ha incuriosito e spronato ad iniziare questa
analisi. Dalla mera osservazione passiva, ho deciso quindi di approfondire questo argomento,
legandolo ad uno dei settori di specializzazione del mio corso di laurea, ossia il linguaggio
economico.
Perció, dopo averne discusso col mio relatore, l’argomento di questa tesi è stato individuato
nell’analisi degli anglicismi, sia a livello lessicale che sintattico, nella stampa economica in
Spagna, poiché la ridotte dimensioni imposte a questo tipo di esposizione non permettevano
l’ampliamento della discussione anche ai paesi latino-americani di lingua spagnola.
Per quanto riguarda il lavoro di documentazione, ho consultato i siti internet delle due grandi
testate giornalistiche spagnole, El País ed El Mundo, nella sezione di Economía, con cadenza
giornaliera, dal 14 Aprile 2008 al 15 Giugno 2008. Ho, poi, selezionato gli articoli in cui
comparivano anglicismi, facendo attenzione a cercare coppie di articoli sullo stesso tema,
possibilmente pubblicate nello stesso giorno.
Nel frattempo, mi sono documentata sulla bibliografia presente sul tema, quasi tutta in lingua
spagnola, e mi sono procurata numerosi testi in lingua originale, molti dei quali attraverso il
servizio di prestito interbibliotecario offerto dall’Università di Macerata.
La seguente tesi è suddivisa in due parti: la prima, storica e teorica (capitoli 1, 2 e 3), e la
seconda, di analisi pratica (capitolo 4), sul corpus di testi selezionato.
Anche per l’elaborazione delle schede terminologiche presenti nell’Allegato 1, ho messo in
pratica le conoscenze acquisite durante il mio periodo Erasmus: infatti, nel corso di
Traducción económica, financiera y commercial II español-inglés inglés-español, che ho
frequentato nel I° semestre dell’a.a. 2007/2008, mi è stato insegnato ad utilizzare programmi
per la creazione di database elettronici, in particolare il programma ForeignDesk v.1.4.1.
Nonostante si tratti di un piccolo programma, è stato molto utile per la didattica e per questo
ho deciso di utilizzarlo anche per questo tipo di lavoro. La base di dati elettronica, insieme
alle due appendici (Appendice I e Appendice II) non potendo essere inserita in questo lavoro
di natura cartacea, verrà aggiunta al supporto elettronico (CD) fornito con questa tesi.
1
1. STORIA E RICEZIONE
“El idioma español ha tomado siempre préstamos, esas palabras útiles que aportan otras lenguas y que,
adaptadas a la fonética propia y a veces con el significado ligeramente distinto, se incorporan al lenguaje
habitual de la gente”. (Grijelmo, 1998: 119)
Come puntualizza Grijelmo (1998: 119), “no hay un solo idioma importante en el planeta que
no haya recibido donaciones”. Ad oggi, lo spagnolo consta di più di 85.000 parole-base (non
contando le parole con prefissi e suffissi) e, come commenta Grijelmo (1998:120), “ya
podemos hablar de un edificio terminado”. Eppure, questo edificio continua ad ingrandirsi
grazie all’introduzione di nuove parole che provengono dai contesti più disparati, dalla radio
ai giornali, dalla televisione al cinema, dalla politica all’economia, dalla scienza alla tecnica.
1.1. Excursus storico sulle influenze di altre lingue nello spagnolo
Zamora, nell’articolo “El origen del español” (s.d.), ci spiega che la base storica dello
spagnolo è il latino: di fatto, la romanizzazione della Penisola iniziò solo alla fine del III
secolo a.C., ma mentre il la maggior parte della Penisola accettò il latino come lingua propria,
dimenticando in gran parte le lingue primitive, solo la regione dei Baschi conservò la sua
(Lapesa, 1950: 20). Alcune delle loro abitudini articolatorie nonché alcune particolarità
grammaticali esercitarono una forte influenza nella conformazione dello spagnolo cosicché in
molte regioni, soprattutto nella contea di Castilla, essi portarono le loro abitudini linguistiche:
dal substrato basco provengono due fenomeni fonetici che diventeranno caratteristici nella
conformazione del lessico spagnolo:
- L’introduzione del suffisso –rro, presente nei vocaboli carro, cerro, cazurro, guijarro,
pizarra,ecc., portava con sé un fonema stravagante e alieno al latino e a tutte le lingue
romaniche, e che è, invece, uno dei tratti distintivi del sistema fonetico spagnolo (il
fonema apico-alveolare vibrante multiplo della /r/);
- L’impossibilità di pronunciare il fonema /f/ in posizione iniziale: le parole latine che
iniziavano con tale fonema lo sostituirono molto presto con un’aspirazione,
rappresentata da una h nella scrittura, che presto venne persa nella lingua parlata.
La romanizzazione della Penisola fu lenta ma tanto intensa fino a far quasi scomparire le
lingue anteriori (Lapesa, 1950: 25). Tuttavia, oltre all’influenza del basco, dal substrato
iberico preromano provengono una serie di elementi lessicali autonomi che si sono
conservati fino al presente (es. braca > braga; lancea > lanza; olca > huelga). Come ricorda
Lapesa (1950: 32),
“son muchas las palabras españolas que no encuentran etimología adecuada en latín ni en otras lenguas
conocidas. Algunas, exclusivas de la Península, son tan viejas, arraigadas y carácteristicas, que invitan a
suponerlas más antiguas que la romanización”.
2
Lapesa (1950: 35) individua anche un’altra categoria di parole, riprese dalla lingua dei Galli, i
celtismi, che, attraverso il latino, entrarono in tutte o quasi le lingue romanze. Lapesa riporta i
seguenti esempi di celtismi: camisia (> camisa), sagum (> sayo), capanna (> cabaña),
cerevisia (> cerveza).
L’influsso culturale greco si fece sentire a Roma in tutti i momenti della sua storia: la
conquista del mondo ellenico permise ai Romani di familiarizzare con una civiltà superiore,
tanto che furono i Greci a fornire nomi di concetti generali e attività dello spirito, come idea,
phantasia, philosophia, musica, poesis, rethor, chorus, athleta, schola, ecc. (Lapesa, 1950:
44). Pertanto, come avvenne per i celtismi, furono i Romani ad introdurre nella Penisola
numerosi grecismi.
A partire dal III secolo d.C. si iniziano a notare nell’Impero sintomi di decomposizione e il
mondo romano si avvia verso il Medio Evo. Nell’anno 409, un conglomerato di popoli
germanici – vandali, svevi e alani – attraversò i Pirenei e si riversò in Spagna. I germani
presero dai Romani, con i quali intrattenevano contatti sin dal I secolo d.C., la nomenclatura
del commercio, dell’agricoltura, dell’industria e del diritto, e allo stesso modo, comunicarono
ai romani termini loro. Avvenne così per le parole saipo (lat. sapone > esp. jabón) o burgs (>
esp. burgo, burgos). Fanno parte di questo corpo lessicale anche le parole guerra (< ger.
werra), falda (> ger. falda), ganar (> ger. waidanjan), arpa (> ger. arpa), heraldo (fr. héraut >
ger. hariwald), robar, ganar, guiar, guisa, guarecer. (Lapesa, 1950: 80-82). Uno speciale
potere di diffusione lo ebbero i germanismi introdotti dai franchi: attraverso il tardo latino o
il romanzo primitivo dell’epoca merovingia passarono in Spagna parole come hosa, helm,
companio, wardon, ecc. La successiva invasione visigota, invece, non ebbe influenze
linguistiche rilevanti (Lapesa, 1950: 85-86), sebbene sia importante puntualizzare che, grazie
ai visigoti, l’idea del carattere provinciale della Spagna si tramutò in coscienza della sua unità
indipendente.
Quando inizia a consolidarsi l’alluvione germanica in Occidente, alcune tribù disperse in
Arabia, elettrizzate dalla dottrina di Mahoma
1
1
Mahoma (abbreviazione ispanizzata di Muhammad) fu il profeta fondatore dell’Islam. (Wikipedia.es, s.d.).
, si ritrovarono in quell’impresa agglutinante
che fu la guerra santa (Lapesa, 1950: 95). In soli sette anni, gli Arabi si appropriarono della
Spagna e in pochi anni entrano a far parte della società spagnola. L’elemento arabo, dopo
quello latino, fu il più importante per il vocabolario spagnolo, dato che la dominazione araba
della penisola iberica, iniziata nel 711 d.C., durò per otto secoli. Come ricorda Grijelmo
(1998: 123), gli arabi hanno lasciato allo spagnolo un patrimonio di circa 4.000 parole, che
appartengono all’ambito della guerra (es. aceifas, algaras), della cavalleria (es. alféreces,
jineta), nonché dell’agricoltura (es. azafrán, azúcar, algodón), del giardinaggio (es. azucenas,
3
azahar, adelfas, almez), del traffico (es. aranceles, aduanas), della casa (es. barrios,
arrabales, alfombras, almohadas, albondigas, almíbar), delle istituzioni (es. alcaldes,
alguacil) (Lapesa, 1950: 97-104). Contribuì all’enorme diffusione di questi vocaboli il fatto
che la cultura araba godesse di molta credibilità; non passarono inosservati, inoltre, i notevoli
progressi portati avanti dagli arabi, che si riflettevano in nuovi concetti, materiali e spirituali,
per i quali gli abitanti della Penisola non possedevano vocaboli equivalenti. Juan de Valdés
(Alatorre, 1995, in Grijelmo, 1998: 123) affermava nel XVI secolo:
“Para aquellas cosas que avemos tomado de los moros no tenemos otros vocablos con que nombrarlas
sino los arábigos que ellos mesmos con las mesmas cosas nos introdujeron”.
Gli arabi influirono sulla pronuncia della –s iniziale latina, che poi fu sostituita dal fonema /j/:
es. jabón dal latino “saponem”. Aggiunsero il suffisso –í nella formazione di aggettivi e
sostantivi come jabalí, marroquí, magrebí, alfonsí o carmesí.
Mentre al sud erano stanziati gli Arabi, nelle montagne del Nord resistevano gruppi di
cristiani il cui compito, fino al VIII e IX secolo, fu quello di cercare di spingere quanto più a
sud possibile l’avanzata mora. Gli stati cristiani sentivano continuità storica col regno
visigoto, sotto il quale avevano forgiato il concetto nazionale e l’unità religiosa della Spagna.
Nei monasteri, si usava ormai con piena coscienza la lingua volgare, che, come testimoniano
le “Glosas Emilianenses” e le “Glosas Silenses”, serviva per decifrare e tradurre in nota parole
e frasi latine di difficile comprensione. L’XI secolo apre un nuovo periodo della Reconquista:
i mori vengono superati, se non nella cultura e nella raffinatezza, dalla vitalità dei cristiani.
Iniziano ad apparire segni di rinnovamento negli stati del Nord, soprattutto dopo
l’intensificarsi dei pellegrinaggi a Santiago de Campostela, grazie ai quali affluiva in Spagna
un gran numero di devoti da tutta Europa, soprattutto dalla Francia, tanto che tale percorso
venne chiamato “ruta francés” (Lapesa, 1950: 115-120). Grazie al ruolo attivo ricoperto dai
poeti e trovatori, la lingua spagnola accoglieva, così, numerosissimi provenzalismi e
gallicismi, come homenaje, mensaje, fraile, mesón, vianda, doncella, linaje, peaje, hostal,
salvaje, ecc. E come appunta Lapesa (1950: 121), “la introducción de galicismos no había de
cesar ya en toda la Edad Media”.
Negli ultimi anni del XIV secolo si iniziano ad osservare i sintomi di un nuovo risveglio
culturale. Ritorna il mito dell’epoca classica greca e romana, che portava con sé
l’introduzione di molti latinismi da parte degli umanisti: voci come inorar, cirimonia,
absoluto, noturno, perfeción dimostravano, però, che l’insegnamento del latino continuava ad
subire difetti dovuti alla trasmissione orale. La pubblicazione della prima grammatica
spagnola da parte di Elio Antonio de Nebrija nel 1492, anno d’inizio del Rinascimento
spagnolo, nonché della scoperta dell’America e della conquista di Granada da parte dei Re
4
Cattolici (fine del periodo di Reconquista), rappresenta la data d’inizio della seconda grande
fase di conformazione e consolidazione della lingua, dopo la prima, rappresentata dal periodo
medievale. In questo periodo, chiamato “siglo de Oro”, grazie alle imprese di Carlo V, la
lingua spagnola raggiunse livelli di straordinaria diffusione. Per la prima volta nella storia,
vennero introdotti numerosi ispanismi in altre lingue, soprattutto in italiano e in francese.
Inoltre, attraverso la Spagna, arrivarono in Europa una moltitudine di americanismi. Come
spiega Zamora nel suo articolo “La evolución de los últimos cinco siglos” (s.d.), gli
americanismi che iniziarono ad entrare nel XVI secolo offrivano una lista riferita alle realtà
che non si conoscevano in Europa e che sono ispanismi adottati dalle lingue europee come
patata, cóndor, alpaca, vicuña, pampa, puma, papa, che provengono dal quechua e dal
guaranì e le parole hule, chocolate, tomate, cacao, aguacate e petate, dalla famiglia delle
lingue náhuati. Lo spagnolo del Secolo d’Oro sperimentò un grandissimo incremento di
parole. Oltre ai numerosi cultismi introdotti, deve aggiungersi l’abbondanza di neologismi
latini e greci, sempre accostati, però, ad un linguaggio più concreto e popolare (Lapesa, 1950:
253). In questo periodo, il lessico incorpora molte voci straniere. Le relazioni culturali e
politiche con l’Italia diedero come risultato l’introduzione di molti italianismi, appartenenti a
svariati campi semantici: dalla guerra (es. centinela, escopeta, parapeto) alla navigazione e al
commercio (es. fragata, galeaza, mesana, piloto, banca), dalle arti e letterature (es. diseño,
modelo, balcón, cornisa, fachada, cuarteto, estanza, madrigal, novela) alla vita di società (es.
cortejar, festejar). Sono gallicismi, invece, parole che designano vestiti e mode come chapeo,
manteo, nonché termini militari come trinchea, batallón, ecc. (Lapesa, 1950: 252-254).
Nell’entrare nella sua terza fase, che va dal XVIII secolo fino ai nostri giorni, la Spagna si
ritrova esausta e sconfortata, al termine della guerra di Successione
2
Questa marea di gallicismi introdotti nella lingua spagnola suscitò un atteggiamento
difensivo. Gli scrittori più importanti del XVIII secolo combatterono per riconquistare il
. Di conseguenza, il
XVIII secolo segna una rottura nella tradizione ispanica, eclissata dall’influenza straniera. La
lingua si appiattisce a causa della mancanza di un organismo che regolasse i casi dubbiosi e
incerti – a questo scopo fu fondata, nel 1713, della Real Academia Española – e della passiva
assimilazione di voci straniere, soprattutto francesi:
“cuando las orientaciones ideales venían de más allá de las fronteras, la introducción de voces o
costrucciones extrañas resultaba – para los descuidados – más comoda que el aprovechamiento de los
recursos proprios del idioma.” (Lapesa, 1950: 263).
2
Nel 1700 muore Re Carlo II privo di eredi, il che provoca una guerra di Successione che vede in lizza le più
grandi potenze europee (Francia e Baviera da una parte e Inghilterra e Austria dall’altra). Questa guerra segna la
fine della casata d’Austria e il principio di una nuova linea monarchica che continuerà fino ai nostri giorni: la
casata dei Borboni. (Barros Lorenzo, 2006: 38).
5
dominio della lingua ed aumentare il vocabolario disponibile. Solo con l’avvento del
Realismo, nel XIX secolo, come dice Lapesa (1950: 271) si riacquistò “el gusto por el color
local, tan característico de la novela realista”, il che “dió entrada en la literatura a muchas
voces y giros regionales”.
Il XX secolo si apre con un desiderio di rinnovamento e di preoccupazione per la forma. Il
modernismo addobba la poesia spagnola di ritmi e strofe nuove, e introduce in essa motivi
poetici e procedimenti stilistici nati poco prima in altre letterature, soprattutto in quella
francese. La scienza, la filosofia, i progressi tecnologici e le questioni politiche e sociali
esigono un ampliamento della nomenclatura. In questo periodo si assiste ad un’infiltrazione di
gallicismi che non ha precedenti nella storia della lingua spagnola. I gallicismi di questo
periodo provengono da tutti gli ambiti della vita: dalla società (es. hombre de mundo, gran
mundo), alla moda (es. chaqueta, pantalón, satén, tisú, corsé), dalla mobilia (buró, secreter,
sofá, neceser) all’arte culinaria (croqueta, merengue), solo per nominarne alcuni (Lapesa,
1950: 277-278). Nel XX secolo appaiono anche nuove modificazioni grammaticali che ancora
oggi sono in via di sedimentazione. Tra queste, vale la pena citare:
- La riduzione del paradigma verbale per quanto riguarda le forme composte
dell’indicativo e del congiuntivo;
- La sostituzione dei futuri con perifrasi verbali (es. “tengo que ir” per “iré”);
- La progressiva scomparsa del congiuntivo;
- La posposizione quasi sistematica dei qualificativi;
- La riduzione dei relativi, che si limitano a que e quien nella lingua parlata.
Insieme a ciò, si verifica l’irruzione continua di neologismi, che designano innovazioni
tecniche e progressi scientifici, e che si divide in due momenti: il primo, anteriore alla metà
del XX secolo, che contiene radici classiche come nelle parole termómetro, televisión, átomo,
psicoanálisis; e il secondo, che concerne i neologismi appena introdotti nel sistema linguistico
spagnolo, spesso sigle e calchi dall’inglese e frutto della diffusione che fanno di essi le riviste
specializzate, la pubblicità, la stampa. Infatti, è proprio dalla seconda metà del XX secolo, in
coincidenza con la fine della Seconda Guerra Mondiale e all’affermazione degli Stati Uniti
d’America come nuova grande potenza economica e politica a livello mondiale, che iniziano
ad affluire in Spagna, come anche nelle altre nazioni europee, una sempre maggiore quantità
di anglicismi. È proprio su questo aspetto che centreremo tutto il nostro lavoro.
1.2. Le diverse posizioni sulla diffusione dell’anglicismo nel sistema linguistico spagnolo
“No existe superioridad del idioma inglés; simplemente, complejos de algunos importantes diffusores
del español.”. (Grijelmo, 1998: 138)
6
Come sappiamo, gli anglicismi iniziarono ad entrare nel vocabolario spagnolo solo a partire
dalla metà del XX secolo: provenivano in genere dall’inglese britannico, attraverso la
mediazione della lingua francese e non entravano attraverso il contatto popolare, bensì tramite
giornali, trattati scientifici, traduzioni… Da questo momento storico in poi, l’influenza
dell’inglese è cresciuta, tanto che, come appunta Grijelmo (1998: 131), “[…] en apenas medio
siglo el inglés ha colocado en nuestras bocas tantas palabras como el árabe en ocho
centurias.”. Nonostante tutto, l’accettazione degli anglicismi non riflette il percorso abituale
con il quale parole di altre lingue sono entrate a far parte della lingua spagnola. Come ricorda
sempre Grijelmo (1998: 131),
“El inglés, por algun salvoconducto especial, ha colocado en el vocabolario del hispanohablante
palabras de grafía extraña, inadaptas a su nuevo entorno, impronunciables en la fonética y la prosodia
del español. Ha dispuesto, por tanto, de un privilegio que ninguna otra lengua tuvo en su poder.”
Medina López (1996: 17) afferma che l’accettare o il rifiutare la tendenza all’anglicismo ha
molto a che fare con l’atteggiamento di colui che adotta il termine o la perifrasi inglese. Sotto
questo punto di vista, perciò, il proliferare di anglicismi non è un fenomeno omogeneo, bensì
dipende molto dalla persona che viene a contatto con l’anglicismo stesso, ad esempio può
manifestarsi con maggiore o minore frequenza in base alla sua preparazione e livello culturale
o alla professione svolta. Sempre Medina López (1996: 17) ci offre una schematizzazione dei
tre diversi atteggiamenti che tendenzialmente si manifestano quando si entra a contatto col
fenomeno degli anglicismi:
1. Il primo è l’atteggiamento di quegli autori, i cui lavori hanno visto la luce
prevalentemente dagli anni ’40 agli anni ’70, che hanno mantenuto una posizione
purista. In questi lavori è abituale incontrare termini che connotano negativamente
l’anglicismo e che lo rifiutano: “influencia deformante”, “invasión lingüística”; ed
espressioni quali “español colonia del inglés”, “alarma ante el futuro de la integridad
de nuestra lengua”. Questa posizione si può riscontrare anche nei commenti che
riportiamo qui sotto:
“El uso de estos anglicismos es debido a un esnobismo y/o un sentimento de inferioridad hacia
el idioma inglés, dañando el nuestro con palabras totalmente inadecuadas y algunas veces
inexistentes en ninguno. [...]Sólo debemos adoptar las [sic. palabras] estrictamente necesarias.
No hagamos del español, un dialecto.”
Listin Diario, 8 de Abril del 2008
3
3
Guerra Carbuccia, E. (2008).
“El idioma español está en grave peligro [debido a] la invasión de anglicismos innecesarios
[por lo que se reclama] un trabajo común para frenar esta tendencia”
7
Odón Betanzos, director de la Academia Norteamericana de la Lengua Española, Diario
Córdoba, 8 de Abril del 2008
4
Campaña de la CANTV (Compañía Anónima Nacional Teléfonos de Venezuela), AlDiaTx, 27
de Febrero del 2008
“Dilo en castellano, dilo con orgullo”
5
Ángel Zaragoza, profesor de Sociología de la Universidad de Barcelona, El País, 2 de Octubre
del 2005
“Ustedes los comunicadores, nosotros los universitarios, los gobernantes y la ciudadanía toda
podemos esforzarnos para que la superioridad tecnológica, económica y militar anglosajona no
se traduzca en dependencia cultural y empobrecimiento lingüístico. Mi propuesta es muy
sencilla: sí a conocer y hablar otras lenguas con fluidez, sí a relacionalas unas con otras
creando nuevos usos y significados de nuestros vocabularios y expresiones, no a la copia literal
contaminadora”.
6
2. Si ha poi l’atteggiamento di quegli autori che hanno mantenuto una posizione più
moderata, o che semplicemente portano a conoscenza dello stato dell’anglicismo in
determinati campi e/o aree geografiche. Secondo l’opinione maggiormente condivisa
da questi autori, non c’è motivo per cui gli anglicismi dovrebbero contribuire in modo
negativo nel sistema linguistico spagnolo, anzi, al contrario, lo arricchirebbero e
amplierebbero con parole nuove e nuovi concetti. Questa posizione è ben espressa dal
commento che riportiamo a seguire:
“El anglicismo sí es válido cuando nuestra lengua no tiene la voz y de esta forma se enriquece.
El anglicismo innecesario es tan grande en el presente y tan extendido por el mundo hispánico
que viene a alterar, de formas variadas, nuestra lengua.”
Odón Betanzos - Palacios, Espéculo (UCM) n° 36
7
3. L’atteggiamento di quegli autori che comprendono l’anglicismo all’interno di un
quadro teorico e metodologico molto più ampio, il quale rientra in pieno all’interno
del concetto di “lenguas en contacto”. In questo senso, sono state portate avanti analisi
in quelle zone nelle quali il contatto tra due lingue produce fenomeni di prestiti
(préstamos), calchi (calcos) e interferenze morfologiche, sintattiche e semantiche dalla
lingua inglese. In questo quadro può essere inserito il commento di Fernando Lázaro
Carreter, che riportiamo qui:
“Los idiomas cambian, inventando voces, introduciendo las de otros o modificando las propias.
La lengua nos permite vivir en la época moderna, y los anglicismos pueden ser enrequecedores
siempre y cuando se tenga conciencia clara de la propia lengua, aunque hay cosas
estremecedoras. Pero no hay que escandalizarse; sólo hay que escandalizarse del
desconocimiento de la lengua que hemos mamado. Hay que resignarse a los cambios” [...] “Yo
creo que es una batalla absolutamente perdida. Puede que sea una visión muy pesimista, pero
mientras el modelo de vida norteamericano no sólo sea aceptado, sino asumido con entusiasmo
4
“Los anglicismos ponen en peligro el español” (2008).
5
“Chávez aboga por borrar anglicismos” (2008).
6
Serrano, S. (2005).
7
Olszansky, F. (2007).
8
por la sociedad – desde el calco del ‘cuarto de estar’ a la ‘luna de miel’ -, mientras nuestra vida
social no sea más sólida, estamos a merced de los anglicismos americanos, es una guerra
perdida... La ciencia, la técnica y también otros aspectos de la vida los están marcando las
personas de lengua anglófona”.
Fernando Lázaro Carreter, lingüísta y ex director de la Real Academia Española, El País, 8 de
Abril del 2008
8
A questo punto passiamo ad analizzare i punti di vista di alcuni studiosi, che possono essere
ritenuti esemplari, in quanto possono essere inquadrati in una delle tre posizioni esposte
sopra.
Emilio Lorenzo
Emilio Lorenzo (1971: 71, in Chun Wan, 2004: 30) studia l’irruzione dell’anglicismo nella
lingua spagnola, non circoscrivendo il problema solo all’ambito nazionale spagnolo, bensí
estendendolo a tutti i paesi ispanofoni. Egli vede la necessità di impostare la problematica
dell’anglicismo a partire dall’importanza linguistica, nazionale e sociale che esso riveste;
compara la situazione della lingua spagnola del 1955 con altri periodi storici in cui la lingua
nazionale era sul punto di cedere al potere schiacciante di un’altra straniera, come avvenne
alla cultura greca con quella romana, o con l’invasione araba della penisola iberica. Tuttavia,
afferma anche che, nel momento in cui egli scrive, non crede si corrano i pericoli delle epoche
storiche citate né che gli effetti posteriori di tali invasioni linguistiche danno motivo per
allarmarsi (Lorenzo, 1971: 72, in Chun Wan, 2004: 30). Lorenzo (1971: 77, in Chun Wan,
2004: 30) sostiene anche che l’origine di alcune parole è così chiaramente esotica ed innoqua
che la loro presenza non causa disordini gravi. Egli non è preoccupato per le parole che
mostrano chiaramente la loro natura straniera, a causa della loro configurazione fonologica; lo
è, nondimeno, per le espressioni e i modi di dire importati dalla lingua inglese. Ciò che più lo
turba sono i calchi semantici (vedi par. 2.4.), poiché egli crede che questi possano accantonare
furtivamente una parola spagnola che esaudisce perfettamente quella zona di signficato. La
sua posizione può essere collocata, perció, nel primo gruppo, ossia tra quegli studiosi che
guardano alla lingua spagnola da un punto di vista purista e che considerano le intrusioni nel
vivo della lingua come una cosa totalmente negativa.
Nel suo articolo “La lengua desde hace cuarenta años” (1963, in Chun Wan, 2004: 27), egli
commenta che l’anglicismo lessicale di origine non greco-latina offre, generalmente, strutture
fonologiche estranee alle abitudini spagnole, come nei casi delle parole hall, bowl, goal e
della loro pronuncia volgare jol, bol, gol. Inoltre, vi sono molti altri anglicismi che terminano
Rafael Lapesa
8
Aznárez, M. (2003).
9
in consonante o in gruppi consonantici che la fonologia spagnola non tollera come finali nel
lessico tradizionale: es. clip, confort, flash, flirt, ecc. La sua posizione riguardo gli anglicismi
non è allarmista, bensì è cauta e prudente, soprattutto nei casi in cui la struttura fonologica
degli anglicismi non rispetta le regole della fonologia spagnola. Lapesa spiega anche le
motivazioni dei cambiamenti in ambito fonologico, che egli ritiene siano dovute soprattutto al
fatto che la radio, i giornali, la televisione, il cinema creano una sempre crescente familiarità
con quello che viene detto o fatto in altri paesi. A un vocabolario dove ci sono molte parole
che circolano universalmente corrisponde, quindi, una fonologia sempre più elastica e
flessibile (Lapesa, 1963: 201, in Chun Wan, 2004: 28). Per Lapesa, gli anglicismi sono
necessari dal momento che vengono introdotti nella lingua spagnola per rappresentare oggetti
o concetti che prima non esistevano. Da tutto ciò, possiamo concludere che Lapesa può essere
collocato tra quegli studiosi che hanno mantenuto una posizione moderata, e quindi all’interno
del secondo gruppo.
Durante una conferenza
Manuel Alvar
9
9
Discorso tenuto durante la chiusura del V Congresso delle Accademie della Lingua Spagnola nell’ottobre del
1989.
, Manuel Alvar (1990: 5-6, in Chun Wan, 2004: 32) afferma riguardo
i tecnicismi (o neologismi):
“La lengua padece una crisis de crecimiento. No es ello malo si sabemos orientar el sentido de cuanto
nos llega. Considerar, encauzar, aceptar. Nuestro mundo aumenta cada día sus técnicas. Lo que en un
tiempo fue un caudal asimilable, hoy es la riada que se desborda por doquier. Se ha escrito que unas tres
mil palabras técnicas se acuñan cada año...¿qué será de nuestra lengua dentro de sólo veinte años si el
crecimiento se ataja?...corremos el riesgo de hacer de la lengua un galimatías ininteligible”.
Per quanto riguarda gli anglicismi, Alvar riconosce che esiste una minaccia, ma ritiene anche
che forse ci si lascia deviare dalle apparenze più che da ciò che realmente si possa verificare.
Negare la presenza dell’anglicismo sarebbe puerile, tuttavia è necessario studiarla con criteri
scientifici, piuttosto che lasciarsi influenzare da sentimenti soggettivi. Nonostante ciò,
secondo Alvar è impossibile ormai arrestare l’avanzata dell’anglicismo. Egli ritiene che è
importante «cuidar nuestro español», prendendo ciò che di utile vi è dall’influenza
dell’inglese e respingendo tutto ciò che è superfluo. Pertanto, possiamo inquadrare il pensiero
di Alvar all’interno del terzo gruppo.
Come abbiamo potuto vedere, lo scenario è dei più variegati, e ogni studioso ha un suo punto
di vista soggettivo sul problema. É comune a tutti, comunque, la volontà, più o meno ferrea,
di voler difendere la propria lingua, per quanto riguarda la sua identità. Infatti, come sostiene
Grijelmo (1998: 135):
10
“[...] el idioma español tiene capacidad de defenderse ante esas autoagresiones, sólo hace falta que los
hablante perciban vagamente la situación. Después, todas estas modas irán acabándose con el tiempo
porque es de esperar que la fuerza de nuestra lengua resista semejantes pleitesías.”.
1.3. Perché una lingua adotta un anglicismo?
Una domanda che sorge spontanea al momento di sviluppare questo tema è perché una lingua
debba accogliere al suo interno parole ed espressioni che appartengono ad un’altra, nel nostro
caso, la lingua inglese.
Chun Wan (2004: 21-23) individua cinque cause:
1) Per snobbismo: molto spesso si utilizza un’espressione in inglese, nonostante ne esista
una equivalente nella propria lingua, perché si vuole dimostrare la conoscenza o il
dominio della lingua straniera. Questo atteggiamento è spesso riscontrabile nella
stampa, nella radio e nella televisione;
2) Per riferirsi a qualcosa inesistente in spagnolo: in questo caso, si necessitano i termini
inglesi poiché non ne esistono di equivalenti in spagnolo per riferirsi a concetti,
oggetti e istituzioni nuove;
3) Per una funzione gergale: secondo Hope (1971, in Chun Wan, 2004: 22), il concetto
di funzione gergale è un indicatore della specializzazione di un tema, come ad
esempio, il gergo politico, giornalistico, economico, ecc.;
4) Per riferirsi a nuove invenzioni o scoperte: gli anglicismi che denominano invenzioni
vengono, di solito, importati dall’inglese. Si tratta di un lessico ad alto grado di
specializzazione, che non si traduce in spagnolo per la sua valenza internazionale. È il
lessico dell’attività scientifica, economica e tecnica. In questo caso, si tratta di
neologismi formati con radici greco-latine
10
5) Per assicurare la vendita dei prodotti: la presenza di anglicismi in molti prodotti
risponde sicuramente a criteri commerciali. Il nome straniero o la sua ortografia
pseudo-anglicizzante
.
11
10
Pratt (1980) ritiene che tutto il lessico scientifico neologico spagnolo derivi dall’inglese e che, se dal 1800 al
1950 il modello dei neologismi era francese, a partire dal 1950 tale modello è, invece, inglese.
11
Rodríguez Segura (1999: 28, in Chun Wan, 2004: 40) definisce così il termine “pseudo-anglicismo”:
“Expresión creada en español por españoles usando o imitando palabras inglesas.”.
vogliono dare al prodotto che deve essere venduto una certa
garanzia di qualità e/o efficacia.
11
2. GLI ANGLICISMI LESSICALI
2.1. Definizioni di anglicismo
Le definizioni di “anglicismo” sono molteplici e, generalmente, diverse tra loro. Tuttavia, il
concetto base che le accomuna tutte è che si tratta di un’influenza diretta o indiretta della
lingua inglese nella struttura fonica, lessicale o sintattica di un’altra lingua.
Considerato che non esiste una definizione univoca, può essere utile iniziare ad osservare il
fenomeno da quelle che propongono i dizionari più noti in Spagna:
Anglicismo: giro o modo de hablar propio de la lengua inglesa. || 2. vocablo o giro de esta lengua
empleado en otra. || 3. empleo de vocablos o giros ingleses en distintos idiomas. (DRAE, 2001)
Anglicismo: palabra o expresión inglesa usada en otra lengua. (DUE, 1966)
Anglicismo: m. Idiotismo o modo de hablar propio de la lengua inglesa. 2. Vocablo, giro o modo de
expresión propio de esta lengua empleado en otra. 3. Amor o apego a las cosas características de
Inglaterra. (VOX, 1994)
Javier Medina López (1996:15 e ss.) propone, inoltre, altre definizioni di studiosi che hanno
analizzato l’anglicismo sia in monografie che in articoli, a partire dagli anni ’50 del secolo
scorso, e dalle quali si deduce anche la loro posizione a riguardo.
Howard Stone (1957: 142, in Medina López, 1996: 15), trattando gli anglicismi nella lingua
spagnola peninsulare, li definisce in modo molto ampio:
He considerado como anglicismos palabras usadas en su forma inglesa o derivadas del inglés; palabras
que pasaron de otros idiomas al inglés, y de éste, al español; o bien del inglés al español a través del
francés; términos y vocablos creados por gentes de habla inglesa e introducidos en el español; palabras
castizas usadas en un sentido inglés (préstamos semánticos o contaminaciones); y traducciones de
tropos, complejos y modismos del inglés.
Stone include, quindi, molti gruppi di parole nella definizione di anglicismo, fra le quali anche
i cosiddetti “gallicismi”, ossia parole di origine francese che sono state introdotte nel sistema
linguistico spagnolo.
Dello stesso parere è lo studioso Ven Serna (1968: 839), secondo il quale:
Denominamos anglicismos a estas dicciones, entendiendo por tal término, toda palabra o expresión que
entra en el caudal léxico del español mediante el inglés. Cabe tener en cuenta que esto incluye no sólo
los vocablos de origen inglés, sino también los anglo-galicismos de procedencia francesa, como confort,
conforte, control, y los neologismos hechos muchas veces a base del latín, como factual y vitamina.
Huyke Freiría (1978: 149, in Medina López, 1996:16), invece, con una definizione più
precisa, ritiene che l’anglicismo sia:
tanto la palabra cuya forma – ya sea adaptada fonéticamente al español o en su forma original –
proviene del inglés, como el significado que se le atribuye a una voz debidamente aceptada en el idioma
español, el cual proviene de una voz inglesa.
12
Negli anni ’80, poi, viene pubblicato uno dei lavori più accurati ed approfonditi sul tema
dell’anglicismo, ad opera di Chris Pratt (1980:115), secondo il quale:
Un anglicismo es un elemento lingüístico, o grupo de los mismos, que se emplea en el castellano
peninsular contemporáneo y que tiene como étimo inmediato un model inglés.
In questa definizione viene introdotto, oltre al concetto di anglicismo, anche quello di étimo
inmediato, che riprenderemo in maniera più approfondita nei prossimi paragrafi.
Lopez Morales (1987: 303, in Medina López, 1996:16), d’altra parte, propone anch’egli una
definizione:
[los anglicismos son] no sólo palabras que proceden del inglés, independientemente de que sean ya
generales en español y de que hayan sido aceptadas por la Academia, sino también aquellas que
proceden de otras lenguas, pero que han entrado al español a través del inglés.
Latorre Caballos (1991:768, in Medina López, 1996: 16) modifica la proposta di Pratt e
ritiene che gli anglicismi siano:
formas léxicas cuya ortografía incluye combinaciones ausentes o desusadas en castellano, aun cuando
ellas hayan sufrido un proceso de aclimatación que haya alterado la ortografía original e incluso las
haya hecho objeto de procesos derivacionales castellanos. Este es el caso de football “fútbol”
“fútbolista”, entre muchos otros.
Infine, citiamo la definizione proposta da Rodríguez Segura (1999: 29, in Chun Wan, 2004:
41), secondo la quale:
un anglicismo es un elemento lingüístico tomado del inglés que tiene uso en español y que puede estar
adaptado en grado variable al sistema de la lengua española; además, es anglicismo la creación en
español de palabras y giros empleados con material del inglés y la imitación con material español de un
modelo inglés.
Questa definizione è probabilmente la più elastica ed è ampia e generica a sufficienza per
permetterci la particolarizzazione del problema. Come si nota dalla sua definizione, per
Rodríguez Segura (1999:30, in Chun Wan, 2004: 41), quindi, un anglicismo, oltre ad essere
materiale lessicale semantico preso dall’inglese, è anche il risultato dell’imitazione di un
modello inglese con materiale linguistico propriamente spagnolo, nonché il risultato della
creazione in spagnolo di parole ed espressioni alle quali viene data un’apparenza inglese (i
cosiddetti “pseudo anglicismi
1
”), utilizzando la forma tipica di alcune parole inglesi.
2.2. Anglicismi lessicali: definizione e classificazioni
Prima di iniziare qualsiasi trattazione, è opportuno precisare che alla base di questo lavoro vi
è la distinzione fondamentale tra anglicismi lessicali e anglicismi sintattici. Anzitutto, è
necessario fornire una definizione di anglicismo lessicale, per la quale ci rifacciamo alla
proposta di Medina López (1996: 20), il quale intende per anglicismo lessicale:
1
Vedi nota 11, pag. 10.