Prefazione
VI
il board of directors delle società quotate italiane rappresenta un feudo gestito
dalla proprietà e nel quale i diritti degli azionisti di minoranza e degli altri
portatori di interessi non trovano sufficiente spazio.
Il problema non può essere banalizzato esclusivamente all’impossibilità
delle minoranze azionarie di partecipare ai processi decisionali, tramite un loro
rappresentate, ma deve essere allargato anche alle difficoltà, che le stesse, troppo
spesso incontrano nel reperire informazioni circa le operazioni di gestione.
Gli amministratori indipendenti costituiscono una tra le più importanti
innovazioni in tema di governo societario, un passo verso la trasparenza
gestionale e verso l’allargamento del consiglio di amministrazione a soggetti che
fino ad oggi non vi potevano avere accesso.
Assodato che la frantumazione dell’azionariato non è l’unica via da
percorrere per incrementare la tutela delle minoranze e la stabilità del sistema 1, il
problema più impegnativo che si affronta in questo lavoro riguarda la valutazione
della reale efficacia degli amministratori indipendenti ed il ruolo che i codici di
autoregolamentazione, di iniziativa privata, possono ricoprire al fine di
incrementare la fiducia che l’intero sistema economico può riporre negli stessi.
1
Luigi Spaventa, Presidente della CONSOB, nella relazione sulla attività della Commissione
nel 2001, ha dichiarato: “La presenza di un azionista forte, in alternativa al modello anglosassone
della proprietà diffusa, non rappresenta di per sé un connotato negativo: pregi e difetti dei due
sistemi sono in qualche modo speculari”.
VII
Introduzione
I meccanismi di amministrazione e controllo delle società quotate
rivestono un ruolo fondamentale nello scenario economico mondiale. La
globalizzazione della finanza e l’evoluzione degli strumenti e delle tecniche di
finanziamento, impongono sostanziali requisiti di trasparenza per le imprese che
intendono affacciarsi ai mercati regolamentati. Pertanto, l’esigenza di facilitare
l’accesso ai capitali, attraverso il mercato finanziario, rende necessario garantire
agli investitori modelli di tutela adeguati. I recenti scandali finanziari: Enron2,
WorldCom3, Vivendi4, hanno riacceso il dibattito sulla corporate governance e, in
particolare, sul ruolo degli amministratori non esecutivi nei consigli di
amministrazione.
Il sistema con il quale le imprese sono dirette e controllate e la struttura
2
L’impresa ha dovuto dichiararsi fallita in tribunale con un crack da 63 miliardi di dollari
(allora un record, successivamente superato da Worldcom), per motivi legati al cattivo andamento
della sua gestione operativa, cogliendo gli operatori di sorpresa perché l’entità reale del suo debito
era stata occultata, concentrandone larga parte in particolari unità giuridiche del gruppo (special
purpose vehicles, generalmente società di persone create dai top manager). Il dissesto di Enron ha
causato quello del revisore Arthur Andersen che, pur essendo del tutto al corrente della pratica,
l’ha totalmente avvallata; immediatamente prima dello scoppio dello scandalo, Arthur Andersen
distrusse tutta la documentazione del suo rapporto con Enron. Tra il 1999 e il 2001 il Ceo Kenneth
Lay ha guadagnato 246,7 milioni di dollari, di cui solo 25,3 per stipendi e bonus, essendo il resto
dovuto a vendite di azioni e profitti sull’esercizio di opzioni; altri sette dirigenti della società
ottennero guadagni superiori a 50 milioni.
3
Il fallimento di Worldcom, determinatosi nel 2002, è attualmente il record di tutti i tempi dato
che ammonta ad oltre 103 miliardi di dollari. Lo scandalo ruota attorno alla discussa personalità
del suo fondatore e Ceo Bernie Ebbers, accusato di avere creato un sistema di gestione
completamente incentrato sulla sua figura e priva di adeguati contrappesi in termini di
responsabilità e poteri gestionali. Quando nel 2000 e 2001 la redditività iniziò non corrispondere
alle attese degli analisti, lo stesso Bernie Ebbers si adoperò per produrre uno smaccato falso in
bilancio, capitalizzando come attivo fisso alcuni costi operativi correnti. Dopo scoperta della frode,
gli utili dei due esercizi sono stati rideterminati (diminuiti) per oltre 9 miliardi di dollari.
4
Il caso Vivendi è quello di maggior dissesto in ambito europeo; esso presenta alcuni punti di
analogia con i precedenti, come l’identificazione della società con il carismatico Ceo J.M.Messier;
manca però completamente l’aspetto della frode contabile o della distrazione di beni aziendali.
Queste si sono manifestate in Europa, ma solo nel caso di imprese di minore dimensione (alcune
piccole società tedesche del Neuer Markt, Lernout & Hauspie in Belgio, Freedomland in Italia).
Introduzione
VIII
proprietaria influenzano il valore delle azioni. Pertanto, la stretta relazione tra
efficienza dell’impresa, tutela degli azionisti e interesse generale della collettività,
ci conduce ad evidenziare che ciò che danneggia gli azionisti, pregiudica
l’interesse generale. Per questi motivi, l’obiettivo del lavoro è stato quello di
evidenziare la centralità del ruolo degli amministratori indipendenti, all’interno
del più ampio quadro della corporate governance, quali garanti dell’interesse
della collettività.
L’esigenza di trovare strutture proprietarie e di controllo adeguate a
garantire un’efficiente allocazione delle risorse è alla base della ricerca di un
sistema di governo societario che tiene conto dei diversi interessi di coloro i quali
compongono la compagine azionaria. Dunque, il fine ultimo di ogni modello di
governance deve essere quello di riuscire a trovare il giusto equilibrio di potere tra
maggioranza e minoranza, nei casi di struttura proprietaria concentrata, e tra
azionisti e management, nei casi di public company.
L’influenza che la struttura proprietaria ha sui rapporti fra proprietà e
controllo è diversa, come differenti sono gli approcci in tema di corporate
governance. Secondo una schematizzazione largament e citata nella letteratura in
materia, si possono distinguere almeno quattro differenti modelli corrispondenti
ad altrettanti assetti proprietari: il modello anglosassone, il modello renano, il
modello italiano ed il modello giapponese. Le differenze fra i diversi sistemi di
governo riflettono altrettanti modi di percepire l’interesse sociale nell’ambito
della compagine societaria.
Lo scopo centrale dei principi di governo societario è quello di riuscire a
minimizzare i comportamenti opportunistici degli amministratori ed impedire loro
Introduzione
IX
di agire in contrasto con l’interesse sociale. Nel corso di questo lavoro si è messa
in evidenza, all’interno del sistema dei presidi posti a tutela degli azionisti di
minoranza e degli stakeholders, la figura dell’amministratore indipendente,
descrivendo tutti gli aspetti che caratterizzano questo nuovo istituto della
corporate governance.
Il lavoro è articolato in cinque parti, concernenti rispettivamente i profili
internazionali di corporate governance, il controllo interno indipendente in Italia,
gli amministratori indipendenti nel codice di autodisciplina e l’indagine sul ruolo
degli amministratori indipendenti all’interno del consiglio di amministrazione.
Nel primo capitolo, si introduce il tema della governance analizzando il
trade-off tra shareholders e stakeholders ed il ruolo degli organismi interni di
controllo, quali garanti della trasparenza gestionale. Successivamente ci si occupa
dell’analisi dei principali sistemi di corporate governance, spiegando quali sono i
caratteri distintivi e qual è il ruolo riservato ai consiglieri indipendenti all’interno
di ciascun modello. Infine, si parla del sistema di governo societario adottato dalle
società quotate italiane, evidenziandone le contraddizioni e le peculiarità che ne
caratterizzano la debolezza.
Il secondo capitolo, contiene un’analisi delle diverse risposte normative e
regolamentari, prodotte in ambito internazionale, in risposta al crescente bisogno
di fornire una più adeguata struttura agli organi interni di controllo. Attraverso
l’esame delle diverse produzioni legislative, si comprendono quali sono le
caratteristiche strutturali che determinano differenti approcci alla soluzione di uno
stesso problema. Il luogo del contendere, infatti, è lo stesso in tutti i paesi
considerati. Tuttavia, una diversa struttura proprietaria e le differenti culture
Introduzione
X
imprenditoriali presenti in ciascuna nazione determinano, molto spesso, scenari
differenti.
Nel terzo capitolo, ci si occupa esclusivamente della situazione italiana,
introducendo il tema del controllo indipendente nelle società attraverso una
ricerca sul significato storicamente assegnato dal legislatore alla qualifica di
indipendente. Successivamente, vengono trattati i contenuti delle
raccomandazioni Consob del 1997 e del D.lgs 58/1998 che riguardano da vicino il
tema centrale del nostro lavoro. Infine, si sviluppano i temi di governance
contenuti nella recente riforma del diritto societario, concentrando la nostra
attenzione sui diversi modelli di amministrazione e controllo proposti dal
legislatore e sul ruolo occupato, al loro interno, dagli amministratori indipendenti.
Il quarto capitolo contiene un’analisi particolareggiata dei contenuti del
Codice di Autodisciplina redatto da Borsa Italiana S.p.A.. In questa parte del
lavoro si considerano non solo dei contenuti del Codice nella sua recente versione
del 2002, ma si opera un confronto fra questi e quelli della precedente versione
del 1999. Si analizza il ruolo assegnato ai consiglieri indipendenti dall’iniziativa
autoregolamentare, sia all’interno del consiglio di amministrazione che nei
comitati, attraverso l’esame dei dati raccolti e riferiti a tutte le società quotate nei
principali segmenti del mercato italiano.
Nell’ultimo capitolo, infine, si illustrano i risultati dell’indagine condotta,
attraverso questionari anonimi, sul ruolo degli amministratori indipendenti
all’interno dei consigli di amministrazione delle società quotate nel segmento
STAR. Si cerca di offrire una rappresentazione empirica della situazione italiana
valutandone i dati. La nostra indagine vuole offrire utili spunt i di riflessione sui
Introduzione
XI
temi più controversi della governance italiana, non muovere critiche, ma proporre
aggiustamenti e, principalmente, individuare i punti di forza e di debolezza
dell’attuale sistema.
- 12 -
I Modelli di Corporate Governance
I.1 La Corporate governance, il trade off Shareholders -
Stakeholders e gli organismi interni di controllo
Il sistema con il quale le imprese sono dirette e controllate5 e l’insieme
delle regole applicabili alla direzione ed al controllo di una società6 proteggono
l’investitore e sono uno strumento per ridurre i costi di agenzia. Le istituzioni e le
regole societarie dovrebbero garantire l’effettiva parità di trattamento agli
azionisti ed a tutti i soggetti che interagiscono o sono comunque direttamente o
indirettamente condizionati dalle attività dell’organizzazione consentendogli di
agire legalmente contro le eventuali malefatte degli amministratori.
I sostenitori della shareholder view sostengono che l’obiettivo principale
degli amministratori dovrebbe essere quello di fare soldi per i proprietari
dell’impresa. Questa responsabilità principale è condizionata solo dagli obblighi
di legge, dai vincoli imposti dai padroni e dal rispetto di un insieme minimo di
valori7. A parte ciò gli amministratori non dovrebbero preoccuparsi di esercitare
5
«Corporate Governance is the system by which businesses are directed and controlled »,
CADBURY REPORT, (U.K).
6
«Corporate Governance refers to the set of rules applicable to the direction and control of a
company » , CARDON REPORT, (Belgium).
7
“In a free-enterprise, private-property system a corporate executive is an employee of the
owners of the business. He has direct responsibility to his employers. That responsibility is to
conduct the business in accordance with their desires, which generally will be to make as much
money as possible while conforming to the basic rules of the society, both those embodied in law
and those embodied in ethical custom ethical”, FRIEDMAN, M., The social responsibility of
business is to increase its profits, Times Magazine, New York, 13 Settembre 1970.
I Modelli di Corporate Governance
- 13 -
una qualsiasi forma di responsabilità sociale per promuovere i benefici o
prevenire problemi sociali; né dovrebbero porsi problemi di obbligazioni verso gli
stakeholders, di cui già tengono conto rispettando la legge e gestendo con
professionalità i loro affari.
Il successo dell’azienda nel lungo periodo non necessariamente è
perseguito massimizzando il valore degli azionisti nel breve né ignorando
sistematicamente i bisogni degli stakeholders non-azionisti e della società in
generale. Partendo da questa premessa, i sostenitori dello stakeholder capitalism
rigettano la visione economica e neoclassica per la spiegazione del
comportamento dell’impresa e si focalizzano sugli aspetti etico-morali. Il dibattito
sull’importanza della tutela degli stakeholders si è sviluppato come un estensione
della dottrina legale della stretta responsabilità fiduciaria del management8. Il
bilanciamento degli interessi di tutte le parti in causa sottolinea il problema della
discrezionalità del management.
Nell’ultimo decennio il dibattito a favore di questa teoria è stato alimentato
da una serie di rapporti sulla corporate governance tutti finalizzati ad
incrementare la responsabilità degli amministratori allo scopo di riconciliare gli
interessi degli stakeholder all’interno di un modello di base di tipo shareholder.
Gli strumenti di controllo sull’operato degli amministratori esecutivi non
possono limitarsi ai voti di assemblea ed ai controlli legali. I recenti scandali
8
Si fa riferimento ad un evento ritenuto di fondamentale rilevanza da Duane Windsor: la
sentenza della Corte Suprema del Michigan nel 1919 nella controversia Dodge verso Ford Motor
Company. Attorno a questo pronunciamento si sono aggregati interessi e gruppi di pressione
tendenti ad ampliarne il concetto e a superarlo con l’attribuzione al management di maggiori
responsabilità sociali. Cfr., WINDSOR, D., Can Stakeholder Interest Be Balanced?, Rice
University, Houston, 1998.
I Modelli di Corporate Governance
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finanziari hanno sottolineato l’incapacità dei meccanismi di controllo esterni di
garantire gestioni manageriali efficienti9. Un controllo permanente deve essere
esercitato da organismi di controllo interni alla società. In generale, il controllo, in
tutte le imprese ed in tutti i Paesi, si divide di fatto tra gli stakeholders con pesi ed
influenze diverse10. Le soluzioni al problema riscontrabili nei vari modelli di
corporate governance sono diverse tra loro, ma ispirate dalla comune esigenza di
rivolgere l’attenzione sull’organizzazione dei controlli interni e sulla suddivisione
di funzioni e poteri tra gli organi sociali. Escludendo dalla nostra analisi il
modello giapponese, poiché non rilevante ai fini del lavoro, dedicheremo i
prossimi paragrafi ad una breve analisi delle rimanenti soluzioni. In Italia, il
codice di autodisciplina delle società quotate in borsa ha introdotto la figura
dell’Amministratore Indipendente. Nei modelli anglosassoni è prevista la
presenza di un comitato di controllo. In Germania, la presenza di un Consiglio di
Sorveglianza distinto dal Consiglio di Gestione.
I.2 Il modello dualistico di derivazione germanica
Storicamente, il modello di corporate governance tedesco pone l’accento
sulle relazioni cooperative tra le banche, gli azionisti, il Consiglio di Gestione, i
dirigenti, e gli impiegati nell’interesse della efficienza gestionale e della serenità
della gestione. La Germania è riuscita a formalizzare la distinzione tra gestione
9
Cfr. LAZZARI, V., in Il controllo indipendente nelle società: amministratori non esecutivi,
sindaci, revisori, AREL-PricewaterhouseCoopers, 2002.
10
Cfr., GUALTRI, L., VICARI, S., Sistemi di impresa e capitalismi a confronto, EGEA,
Milano, 2000.
I Modelli di Corporate Governance
- 15 -
dell’impresa e supervisione del management con l’adozione di una struttura a
doppio livello. Tuttavia, negli anni ’90, a causa di una serie di fallimenti societari,
si è evidenziato il ruolo relativamente debole del Consiglio di Supervisione.
La caratteristica fondamentale del modello di governance tedesco è il
dualismo tra Comitato di Gestione e Consiglio di sorveglianza. In questa realtà il
ruolo assegnato agli amministratori esecutivi è strettamente legato alla gestione
quotidiana dell’impresa. A ciascun membro del Vorstand, composto da dirigenti
che vivono a tempo pieno nell’impresa, sono affidate una o più funzioni aziendali,
anche se le decisioni importanti vengono prese collettivamente11. Mentre l’attività
dell’Aufsichtsrat si sostanzia nella sorveglianza dell’attività degli esecutivi e
nell’approvazione del loro operato.
Il modello dualistico12, di derivazione tedesca, è adatto in particolar modo
per imprese medio-grandi, con un gruppo di comando stabile e con una presenza
di forti componenti esterne, quali i sindacati. Il diverso procedimento di nomina,
infatti, garantisce tendenzialmente la presenza di componenti degli stakeholders
nell’organo di controllo e determina di fatto una supervisione continua, la
negoziazione delle scelte di gestione e la tutela dei diritti dei lavoratori. La forte
propensione alla tutela dei diritti dei dipendenti, in questo modello, si contrappone
alla scarsa attenzione rivolta agli interessi degli azionisti. Questo problema,
insieme all’eccessivo potere delle banche sull’impresa, costituisce il movente
principale delle modifiche in corso al sistema di governance renano.
11
Il Comitato di Gestione (Aufsichtsrat) si riunisce una volta la settimana.
12
Così definito poiché prevede la presenza di due organi separati: Comitato di Gestione e
Consiglio di Sorveglianza.
I Modelli di Corporate Governance
- 16 -
Il modello di corporate governance renano si contraddistingue per la
presenza di una compagine articolata e composita, ma stabile con riguardo allo
zoccolo duro, in cui non sono presenti posizioni dominanti di controllo. Una quota
importante del capitale è in mano alle banche ed agli investitori, che comunque
gestiscono patrimoni in ottica di lungo periodo. L’altra parte del capitale è
posseduta da svariati soggetti, fra i quali: la famiglia fondatrice, i dipendenti, i
clienti o i fornitori importanti, anch’essi interessati alla sopravvivenza
dell’impresa in ottica di lungo periodo.
Nell’esperienza tedesca è importante ricordare la presenza di procedimenti
che permettono di rafforzare lo spirito di appartenenza dei principali stakeholders,
management e lavoratori, che finiscono per sentirsi parte di una comunità:
• Il Consiglio di Sorveglianza13, formato per metà da rappresentanti degli
azionisti e per l’altra da rappresentanti dei lavoratori, che rappresenta il
supremo organo di controllo dell’impresa con il quale il Comitato di
Gestione 14, espressione del management, deve relazionarsi continuamente.
• Il sistema pensionistico, che prevede un tasso di reinvestimento dei fondi
destinati alle pensioni nell’impresa presso cui si lavora.
• La compartecipazione dei lavoratori alla direzione dell’impresa15.
13
“Aufsichtsrat”, GUATRI, L., VICARI, S., Sistemi d’impresa e capitalismi a confronto,
Egea, Milano, 1994.
14
“Vorstand”, GUATRI, L., VICARI, S., Sistemi d’impresa e capitalismi a confronto, Egea,
Milano, 1994.
15
Cfr., MONTALENTI, P., Democrazia industriale e diritto dell’impresa, Milano, 1981.
I Modelli di Corporate Governance
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I.3 Il modello monistico anglosassone: dalla teoria manageriale
ai costi di agenzia
Come tutti i pionieri, la Gran Bretagna ha avuto un lungo periodo di
sperimentazione e di aggiustamenti in risposta agli inevitabili insuccessi della
corporate governance. Negli anni ’90, dopo una serie di fallimenti e di scandali
finanziari, questo paese è riuscito a guadagnarsi la reputazione di leader globale
nella riforma dei principi di governo d’impresa. Insieme all’Irlanda, è stata la
nazione che per prima ha dato vita a codici di “best practice” finalizzati ad
incoraggiare il miglioramento volontario, da parte delle imprese, delle proprie
regole di condotta.
Il Regno Unito è stato descritto come la prima nazione nella quale
l’industrializzazione su larga scala ha fatto della corporate governance un
elemento importante16. Il modello tipico della grande impresa anglosassone è la
public company, caratterizzata dalla polverizzazione del capitale sociale tra un
numero molto elevato di azionisti tra di loro dissimili e per un’alta velocità di
circolazione delle azioni. Nella compagine sociale è spiccata la presenza degli
investitori professionali, in maggioranza fondi pensione, cha partecipano
attivamente alla vita sociale.
La dottrina della separazione tra proprietà e controllo, postulata da Berle e
Means17, afferma che, nonostante le norme riconoscano negli azionisti i
proprietari della società, ai quali la teoria economica classica assegna il controllo
16
CHARKHAM, J., Keeping a good company, Clarendon Press, Oxford, 1994.
17
Cfr. BERLE, A.A., MEANS, G.C., The modern corporation and private property, Hartcourt
Brace & World, Inc. New York, 1933.
I Modelli di Corporate Governance
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dell’impresa, nella realtà economica gli azionisti non controllano l’impresa.
Questa teoria sottolinea la tensione che esiste tra la struttura normativa e la realtà
economica delle operazioni giornaliere di gestione della società. Le conseguenze
della separazione tra proprietà e controllo per la società sono evidenti quando si
considera il ruolo degli azionisti, privati o istituzionali, e quello degli
amministratori, esecutivi e non esecutivi, nel management dell’impresa.
La disgiunzione tra proprietà e controllo dà luogo ad un rapporto
d’agenzia 18 fra un delegante, che è l’azionista non controllante, e un delegato, che
è colui che effettivamente gestisce l’impresa. Nella teoria dell’agenzia, questo tipo
di rapporto si caratterizza per i costi che possono sorgere quando: i manager sono
indotti ad allontanarsi dall’obiettivo di massimizzazione del valore dell’impresa;
oppure quando gli azionisti devono sostenere dei costi per controllare gli agenti ed
influenzare il loro comportamento. Poiché entrambi gli operatori tendono a voler
massimizzare le proprie utilità, si generano diseconomie interne all’impresa
aggravate dalla presenza di asimmetrie informative che favoriscono l’agente.
Nulla garantisce al delegante che le azioni compiute dall’agente siano quelle
ottimali. Questo effettivo conflitto di interessi genera costi d’agenzia, che,
generalmente, si manifestano nella differenza fra scelte ottimali, quando vi è piena
coincidenza fra proprietà e gestione e quelle subottimali, quando proprietà e
gestione sono disgiunte.
L’insorgere dei costi di agenzia non deve essere interpretato come una
18
La relazione di agenzia è definite come “a contract under which one or more persons (the
principal) engage another person (the agent) to perform some service on their behalf which
involves delegatine some decision making authority to the agent”, JENSEN, M.C., MECKLING,
W.H., Theory of the firm, pag.5, Journal of Financial Economics.
I Modelli di Corporate Governance
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patologia del sistema, ma come un accadimento fisiologico dovuto alla
separazione fra proprietà e controllo. Le teorie dell’agenzia sono una risposta alla
teoria manageriale di Berle e Means e consentono di vedere in modo diverso il
rapporto fra proprietari e managers. La conclusione a cui giungono Jensen e
Mckling è che lo svolgimento di qualsiasi funzione, da parte di un agente su
delega del principale, determina il manifestarsi di un costo, al quale nessuna
organizzazione può sottrarsi. Pertanto, il fine ultimo deve essere quello di
minimizzare tali costi19.
Le public company, caratteristiche della realtà economica anglosassone, si
caratterizzano per la dispersione della proprietà azionaria nelle mani di numerosi
azionisti ed il controllo affidato ai managers. In questa situazione il conflitto di
agenzia nasce, inevitabilmente, tra amministratori esecutivi e azionisti.
L’inesistenza di un azionariato di controllo determina una netta separazione fra
chi detiene la proprietà proprietà e chi gestisce l’impresa. In realtà, gli azionisti
nominano il consiglio di amministrazione che li rappresenta e che a sua volta si
incarica della scelta del top management. Ma, chi sorveglia il consiglio di
amministrazione al proprio interno? Chi può garantire che le decisioni dei membri
del board siano prese nell’interesse degli azionisti?
La public company si è sviluppata come un’impresa senza padroni e per
questo finisce molto spesso per trovare nel management un padrone interessato e
19
Secondo la teoria dell’agenzia, l’insanabile divergenza fra proprietari e managers e la
propensione dei manager ad adottare comportamenti opportunistici va gestita attraverso il CdA ed
il sistema premiante. Cfr., HUNGH, H., A Tipology of the Theories of the Roles of Governing
Boards, Corporate Governance, vol.6 n.2, pp. 101-111, Aprile 1998.