2
dell’ufficiale ispirò il giornalista americano John Hersey, corrispondente di
guerra della rivista “Time” al seguito delle truppe in Sicilia, che ambientò
a Licata il suo famoso romanzo “A Bell for Adano” (Una campana per
Adano), col quale vinse il premio Pulitzer nel 1944. Il romanzo descrive
delle situazioni accadute realmente a Licata ed è stato un valido punto di
partenza per il mio lavoro, assai utile per comprendere la soluzione di
governo degli americani durante l’occupazione militare. Il maggiore
Toscani collaborò con un altro ufficiale americano, il capitano Wendell
Phillips, che poi gli sarebbe subentrato alla guida degli Affari Civili.
Prima di addentrarmi nell’esporre gli eventi licatesi durante l’occupazione
militare americana, ho ritenuto opportuno analizzare le tappe salienti dello
sbarco alleato in Sicilia a partire dalla Conferenza di Casablanca, nella
quale fu presa la decisione di attaccare l’isola, e soffermandomi
maggiormente sulle operazioni di sbarco che riguardano Licata. Per quanto
concerne le vicende dell’amministrazione militare americana nella città,
queste saranno trattate ampiamente nella seconda parte del lavoro.
Infine, la terza ed ultima parte è dedicata alla fase di ricostruzione politica
e di transizione verso la democrazia, conseguente alla fine del regime
d’occupazione; per economia di lavoro, ho fissato come punto finale della
mia trattazione le prime elezioni amministrative del dopoguerra, avvenute
il 24 marzo del 1946.
3
CAPITOLO PRIMO
L’OPERAZIONE HUSKY
LO SBARCO DEGLI AMERICANI A LICATA
Nella notte tra il 9 ed il 10 luglio 1943 le Forze Alleate britanniche ed
americane sbarcarono sulle spiagge della Sicilia, ancora controllata dalle
forze dell’Asse, nell’ambito della cosiddetta “Operazione Husky”.
L’ora H, le 02,45, nell’arco di terra tra Licata e Siracusa, su di un fronte di
circa 250 km, si riversarono 160.000 soldati; 3.462 aerei da combattimento
fornirono l’appoggio dal cielo mentre il mare fu solcato da 1.742 navi e
mezzi da sbarco (tra cui i LST, per lo sbarco dei carri armati, e i DUKWS,
camion anfibi a sei ruote, utilizzati per la prima volta proprio in Sicilia),
237 navi da trasporto e 525 unità da guerra. Nel corso di tutta l’operazione,
i soldati Alleati impegnati furono 478.000 (di cui 250.000 britannici e
4
228.000 americani),
1
contro gli appena 230.000 italiani e 60.000 tedeschi
che costituirono le forze dell’Asse a difesa dell’isola; tra l’altro, in queste
cifre erano comprese le truppe addette ai servizi e le vere forze da
combattimento disponevano di un armamento del tutto inefficiente di
fronte a quello nemico.
2
La difesa della Sicilia era affidata alla Sesta Armata del generale Alfredo
Guzzoni (che il 24 maggio aveva sostituito il generale Mario Roatta), il
quale disponeva di due dipendenti Corpi d’Armata: il XII nella zona
occidentale, guidato dal gen. Mario Arisio (ed in seguito allo sbarco, dal
gen. Francesco Zingales), ed il XVI in quella orientale, guidato dal gen.
Carlo Rossi. I due Corpi d’Armata a loro volta erano composti di quattro
divisioni mobili (Aosta ed Assietta del XII, Napoli e Livorno del XVI) e sei
divisioni costiere (più due brigate ed un reggimento autonomo), alle quali
era affidata la difesa delle coste dell’isola. A queste forze si aggiungevano
due divisioni tedesche, la Hermann Goering (che vegliava sulla Sicilia
sudorientale) e la 15^ Panzer Grenadier (dislocata sulla piana di Catania),
poste sotto il controllo del tenente generale Von Senger, ufficiale di
1
Dati citati dallo storico italiano Alberto Santoni (A. Santoni, Le operazioni in Sicilia e in Calabria, a
cura dell’Ufficio storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Roma 1983, pp. 100 – 103). Secondo i dati
dello storico americano dell’invasione, ammiraglio Samuel E. Morison, il 15 luglio la Settima Armata
americana contava già 204.000 uomini e l’Ottava Armata britannica, pochi giorni dopo, ne contava
250.000 (da Gaetano Zingali, L’invasione della Sicilia, Catania 1962, p. 240)
2
Dati citati dal generale Emilio Faldella, capo di Stato Maggiore delle Forze Armate in Sicilia (da
Gaetano Zingali, op. cit., p. 239). Il Santoni cita 175.000 italiani e 67.500 tedeschi combattenti nel corso
dell’intera campagna, più un numero di 57.000 tra italiani e tedeschi addetti ai servizi (A. Santoni, op.
cit., p. 85)
5
collegamento tedesco in Italia tra il maresciallo di campo Albert Kesselring
ed il Guzzoni.
3
Lo sbarco in Sicilia fu la seconda più imponente operazione offensiva
organizzata dagli Alleati nella seconda guerra mondiale; soltanto con
l’invasione della Normandia (“Operazione Overlord”), undici mesi dopo,
si riuscì ad impiegare un numero maggiore d’uomini. Nella fase iniziale
dell’operazione Husky furono sbarcate ben otto divisioni contro le cinque
sbarcate nel corso della corrispondente fase in Normandia; la flotta navale
riunita per Husky fu in realtà la più gigantesca della storia mondiale.
4
3
Alberto Santoni, op. cit., p. 85
4
Carlo D’Este, Lo sbarco in Sicilia, Milano 1990, pag. 119
6
1. La conferenza di Casablanca ed il piano d’invasione della Sicilia
L’idea di invadere la Sicilia era emersa dapprima a Londra durante l’estate
del 1942, quando furono fissati due importanti obiettivi strategici nel
Mediterraneo per le forze inglesi: Sicilia e Sardegna, alle quali furono
assegnati rispettivamente i nomi in codice di Husky e Brimstone.
Tra i due obiettivi, fu scelta la Sicilia proprio per la sua posizione strategica
sul Mediterraneo, vicina all’Africa settentrionale, dove era stato aperto il
primo fronte contro i tedeschi; la possibilità di un’invasione tutta britannica
della Sicilia fu però immediatamente esclusa.
5
Dopo aver sconfitto le truppe italo-tedesche ad El Alamein, in Egitto, e
dopo il successo dell’invasione del Marocco e dell’Algeria (novembre
1942, “Operazione Torch”), le truppe alleate anglo-americane si
accingevano a conquistare il Mediterraneo.
Dopo la vittoria in Nordafrica, bisognava preparare la mossa successiva: la
Conferenza di Casablanca, chiamata in codice “Operazione Symbol”, fu
organizzata il 12 gennaio del 1943 proprio per prendere una decisione
comune sul seguito delle operazioni. E la risposta fu: invadere la Sicilia, la
più grande isola del Mediterraneo, che rappresentava la porta d’ingresso
per la Campagna d’Italia, roccaforte dell’Asse, ed una base sicura per le
5
Carlo D’Este, op. cit., pag. 25
7
ulteriori operazioni contro la “Fortezza Europa”.
6
L’accordo che fu raggiunto a Casablanca, dopo forti contrasti tra i
comandanti delle due potenze alleate, fu in realtà un compromesso fra le
due rispettive concezioni della guerra: gli americani erano più propensi ad
un attacco diretto contro i tedeschi, che comportava l’apertura di un
secondo fronte in Francia mentre gli inglesi preferivano continuare la
strategia sul Mediterraneo, con l’occupazione strategica della Sicilia e,
quindi, un attacco meno frontale. A prevalere fu, in ogni modo, la strategia
complessiva degli inglesi: gli americani finirono per appoggiare le loro
richieste di continuare le operazioni sul Mediterraneo, volte a far uscire
dalla scena l’Italia attraverso la conquista della Sicilia, in cambio
dell’impegno inglese per un’invasione della Francia del nord attraverso il
Canale della Manica, da attuarsi l’anno successivo. L’occupazione
dell’isola era finalizzata non solo alla sconfitta militare dell’Italia ma
soprattutto al raggiungimento di obiettivi strategico-politici; gli scopi
generali dell’operazione, infatti, erano quelli di causare il crollo politico del
fascismo e di costringere l’Italia a staccarsi dalla Germania ed a
sottoscrivere la “resa incondizionata”.
7
Fu proprio a Casablanca che fu
deciso, per la prima volta nella storia, il principio della resa senza
6
La Conferenza di Casablanca si tenne dal 12 al 26 gennaio 1943, con la partecipazione del Presidente
americano Roosevelt, del Primo Ministro inglese Churchill e dei rispettivi stati maggiori (Elena Aga-
Rossi, La politica degli Alleati verso l’Italia nel 1943, in L’Italia fra tedeschi e Alleati, a cura di Renzo
De Felice, Bologna 1973, p. 182)
7
Francesco Renda, Dall’occupazione militare alleata al centrosinistra in Storia della Sicilia, III° vol.,
Palermo 1987, pp. 23 -28
8
condizioni (fortemente voluto dal Presidente U.S.A. Roosevelt nei
confronti delle potenze dell’Asse), e questa formula fu poi adottata dagli
Alleati nell’Armistizio di Cassibile, concluso con l’Italia il 3 settembre
1943.
8
In seguito all’accordo di Casablanca, il generale Dwight D. Eisenhower,
già comandante delle forze alleate in Nordafrica, ebbe il comando supremo
dell’operazione Husky. Sotto di lui, il generale Sir Harold Alexander fu
designato comandante di tutte le forze di terra (ed una volta occupata
l’isola, ne sarebbe diventato il Governatore militare), l’ammiraglio Andrew
B. Cunningham ebbe la responsabilità delle forze navali mentre il comando
delle forze aeree alleate fu assegnato al maresciallo dell’aria Sir Arthur
Tedder. Lo Stato maggiore unificato (JPS-Joint Planning Staff) affidò ad
Eisenhower il compito di formare un quartier generale per organizzare il
piano d’invasione e, alla fine di gennaio, fu creato un gruppo di
programmazione ad Algeri che prese il nome di “Task Force 141”. Due
distinte unità operative avrebbero dovuto agire in modo autonomo in
Sicilia: un’orientale, britannica, chiamata “Force 545” ed un’occidentale,
americana, chiamata “Force 343”. Come comandanti dell’esercito,
Eisenhower scelse il generale Sir Bernard Montgomery a capo dell’Ottava
8
Sui problemi relativi all’adozione della formula di resa incondizionata si veda Elena Aga-Rossi, op. cit.,
pp. 182 ss. L’Armistizio di Cassibile fu firmato il 3 settembre 1943 dal generale italiano Giuseppe
Castellano e dall’omologo Alleato Walter Bedell Smith, alla presenza del Comandante dell’operazione
Husky Eisenhower. L’accordo era articolato in 12 punti e prevedeva che l’Italia si ritirasse dalla guerra e
dall’alleanza con la Germania, consegnando la flotta navale e gli aerei in mano agli Alleati. L’armistizio
fu divulgato al popolo italiano ed al mondo intero solo cinque giorni più tardi, l’otto settembre.
9
Armata inglese ed il tenente generale George Patton per la Settima Armata
americana; il comando navale e dell’aviazione sarebbero invece andati
rispettivamente all’ammiraglio Ramsay ed al vice maresciallo dell’aria
Broadhurst per l’unità orientale, al vice ammiraglio Hewitt ed al generale
House per quell’occidentale. In ogni modo, i comandanti Alleati erano
impegnati in Africa settentrionale contro le truppe dell’Asse e fino ad
aprile non dedicarono molta attenzione all’operazione Husky.
Il primo tentativo di piano proponeva atterraggi degli inglesi tra Siracusa e
Gela, seguiti da una divisione d’assalto su Catania mentre gli americani
dovevano far sbarcare una divisione nel golfo di Castellammare, seguita da
un assalto su Palermo, per catturare il suo porto. Montgomery espresse le
sue preoccupazioni sul piano della force 141 direttamente al quartier
generale di Algeri, dinanzi ad Eisenhower ed Alexander.
9
Egli riteneva più
appropriato che gli americani sbarcassero sulla costa meridionale per
prendere gli aerodromi e rinunciassero allo sbarco a Palermo; il
comandante dell’Ottava Armata si aspettava una forte resistenza delle forze
dell’Asse in Sicilia, perciò chiedeva un atterraggio iniziale più forte e più
concentrato. Il 2 maggio ad Algeri, nel corso di una riunione di guerra tra
tutti i comandanti, Montgomery riuscì a far valere le sue ragioni militari
per far cancellare l’operazione su Palermo e dirottare lo sforzo americano
solo sul golfo di Gela, allo scopo di proteggere il fianco sinistro delle
9
Carlo D’Este, op. cit., p. 83
10
truppe inglesi; questo, ovviamente, relegava gli americani ad un ruolo
secondario in tutta l’operazione mentre gli inglesi avrebbero compiuto le
imprese maggiori, con la conquista dei tre principali porti della Sicilia
orientale: Catania, Siracusa ed Augusta. Eisenhower, rendendosi conto che
bisognava arrivare al più presto ad una conclusione, il 3 maggio prese la
decisione di accettare la versione di Montgomery,
10
adottata poi come
piano definitivo per la presa della Sicilia. Il 19 maggio, il comandante della
Force 141 sir Alexander diramò l’ordine d’operazione generale N. 1, per
l’esecuzione di Husky; obiettivi prioritari della prima fase sarebbero stati i
porti di Licata e Siracusa.
11
Il 29 maggio, nella sua villa ad Algeri, il
comandante Eisenhower illustrò dettagliatamente il piano d’invasione della
Sicilia al Premier inglese Churchill ed ai Capi di Stato Maggiore Alleati; il
primo argomento all’ordine del giorno era però la conquista dell’isola di
Pantelleria per l’undici giugno, il cui aeroporto rappresentava un vantaggio
militare per il successivo attacco alla Sicilia meridionale
12
(il 12 ed il 13
giugno furono poi conquistate le isole di Lampedusa e Linosa).
Nel piano, l’Ottava Armata avrebbe assalito quella parte di costa situata tra
Siracusa e Pozzallo, con quattro divisioni (la 5^ e la 50^ del XIII Corpo
d’Armata, la 1^ canadese e la 51^ Highland del XXX Corpo d’Armata) ed
una brigata indipendente (la 231^ di fanteria) con il compito di catturare il
10
Carlo D’Este, op. cit., pp. 90 - 92
11
Alberto Santoni, op. cit., p. 35. I più importanti obiettivi immediati furono i porti, necessari per
rifornire le forze di invasione, e i campi di volo, che sarebbero stati utilizzati dalle forze aeree Alleate.
12
Lamberto Mercuri, La Sicilia e gli Alleati in L’Italia fra tedeschi e Alleati, cit., p. 223
11
porto di Siracusa e le zone di sbarco intorno a Pachino, per poi prendere
contatto con la Settima Armata di Patton a Ragusa.
13
Le forze avrebbero
proseguito verso nord per impadronirsi dei porti di Augusta e di Catania e
dei campi di aviazione di Gerbini, tutti importanti obiettivi strategici, per
poi spingersi alla cattura di Messina ed isolare le truppe dell’Asse
dall’Italia continentale. La Settima Armata sarebbe sbarcata nell’area del
Golfo di Gela, su di un fronte di circa 80 km tra Licata e Punta Braccetto,
con due divisioni del II Corpo d’Armata, la 1^ (chiamata Dime Force, che
doveva attaccare Gela) e la 45^ (chiamata Cent Force, che avrebbe
attaccato Scoglitti), più una sotto task force separata (Joss Force) composta
dalla 3^ divisione rinforzata che doveva dirigere un assalto simultaneo
contro Licata, operando in modo indipendente. Le forze di terra erano
appoggiate al largo dalle navi della 2^ divisione corazzata. I principali
obiettivi della Task Force americana erano il porto di Licata e i campi
d’aviazione di Ponte Olivo, Biscari e Comiso, per poi prendere contatto a
Ragusa con le truppe dell’Ottava Armata e difendere il loro fianco sinistro.
Erano previste delle operazioni preliminari allo sbarco delle due Armate,
consistenti in atterraggi d’alianti e di paracadutisti della 1^ Brigata di
sbarco aereo inglese e dell’82^ divisione aviotrasportata statunitense, al
fine di ostacolare i movimenti e le comunicazioni nemiche ed aiutare a
catturare i campi d’aviazione nel settore di Gela e l’importante ponte sul
13
Carlo D’Este, op. cit., p. 113
12
fiume Anapo a sud di Siracusa.
14
L’imponente flotta navale, infine, era
suddivisa anch’essa in due task forces separate (orientale e occidentale) che
avrebbero trasportato le truppe sino alle coste della Sicilia; il loro compito
principale era quello di appoggiare gli sbarchi delle due Armate,
sostenendole con il cannoneggiamento navale.
La Sicilia fu liberata in soli 38 giorni quando, il 17 agosto, le truppe
Alleate entrarono a Messina dopo aver conquistato tutte le altre importanti
città (Palermo il 22 luglio, Catania il 5 agosto) e gli obiettivi strategici
dell’operazione Husky, costringendo le truppe dell’Asse ad un imponente
ripiegamento su Reggio Calabria. La conquista dell’isola fu relativamente
facile per le truppe Alleate che, come visto, disponevano di risorse militari
di gran lunga superiori rispetto a quelle dell’Asse; tuttavia, non mancarono
momenti di dura battaglia per le forze angloamericane.
15
Il prossimo paragrafo verterà sulle operazioni militari nel settore di Licata,
cosiddetta zona “Joss”, che più c’interessa da vicino; qui, il 10 luglio,
sbarcarono gli uomini della Settima Armata di Patton e vi stabilirono una
testa di ponte.
14
La relazione ufficiale della Marina Militare USA, scritta dall’ammiraglio Morison, prevedeva cinque
punti per il piano iniziale: 1) Misure preliminari per conquistare il dominio del mare e dell’aria; 2)
Assalto anfibio per conquistare delle teste di sbarco; 3) Ampliamento della base per ulteriori operazioni;
4) Conquista delle località di Catania, Augusta e Gerbini; 5) Occupazione dell’isola (da Gaetano Zingali,
op. cit., p. 207)
15
Tra il 10 e l’11 luglio le divisioni “Hermann Goering” e “Livorno” contrattaccarono gli americani nella
piana di Gela, dove fu combattuta una terribile battaglia; sul ponte Primosole (che attraversa il Simeto) fu
combattuta un’altra durissima battaglia che impegnò gli inglesi dell’Ottava Armata, i quali furono
bloccati nella loro avanzata su Catania; gli americani a Troina ed i canadesi ad Agira dovettero subire la
strenua difesa da parte delle truppe dell’Asse. Le perdite Alleate in azione furono più di 5000, tra i soldati
della VII ed VIII Armata ed i marinai della US e della Royal Navy (cifre tratte da Carlo D’Este, op. cit.,
Appendice B – Perdite Alleate)
13
2. Lo sbarco a Licata
Lo sbarco degli americani sulle coste licatesi fu un evento molto
importante nell’ambito dell’operazione Husky, poiché il settore di Licata
era uno dei tre punti strategici prescelti per l’approdo della Settima Armata
americana (gli altri due, come abbiamo visto, erano Gela e Scoglitti) e
rappresentava il margine sinistro di tutta l’operazione anfibia.
A Licata sbarcò la Joss Force formata dalla 3^ divisione di fanteria, al
comando del generale Lucian K. Truscott, rinforzata da un battaglione
rangers e da una rappresentanza di 900 marocchini goumiers; la Task
Force disponeva inoltre di una riserva costituita dalla 2^ divisione
corazzata del generale Hugh Gaffey. I convogli della Colonna Joss
partirono da Biserta (Tunisia) e comprendevano: 2 incrociatori, 9
cacciatorpedinieri, 1 nave comando, 8 dragamine, 33 navi pattuglia e 202
mezzi da sbarco;
16
fu proprio la Joss Force ad essere equipaggiata con i
moderni DUKWS, mezzi anfibi che riuscivano a muoversi anche sulle
spiagge per depositare soldati ed attrezzature militari. Quest’imponente
flotta riversò, sui ventuno chilometri di costa licatese, un totale di ben
20.470 uomini.
17
16
Alberto Santoni, op. cit., p. 101
17
Secondo il Report of Operations della Settima Armata USA (da Sandro Attanasio, Sicilia senza Italia,
Milano 1976, p. 76)
14
Il territorio di Licata, il quale rientrava sotto il comando del XII C.A., era
difeso dai battaglioni 390° e 538° (quest’ultimo in riserva) del 139°
reggimento, facente parte della 207^ divisione costiera di fanteria
(schierata da Gela a Sciacca, agli ordini del generale Ottorino Schreiber);
solo due battaglioni, con tre batterie d’artiglieria ed un treno armato,
18
contro i ben nove battaglioni americani che sbarcarono in quella zona,
supportati dal potente fuoco navale.
19
In previsione dello sbarco, la città di Licata fu colpita duramente dalle
incursioni dei bombardieri alleati. Il 25 aprile, un forte attacco aereo prese
di mira il centro abitato, causando quattro morti tra la popolazione;
20
le
incursioni degli Alleati s’intensificarono dal mese di maggio in poi, una
volta adottato a Casablanca il piano definitivo per l’operazione Husky, che
faceva della città (ed in particolare del suo porto) un importante obiettivo
militare.
21
Questi ripetuti bombardamenti ponevano la popolazione in
continuo allarme e tale stato d’emergenza portò, ad esempio, alla
costruzione di nuovi rifugi antiaerei, che si andarono ad aggiungere a quelli
18
La batteria della MILMART, Milizia Artiglieria Marittima, aveva la sua postazione nella centrale Via
Garibaldi mentre il treno armato si trovava al porto (da “Momenti della battaglia nell’entroterra di
Licata”, in La Vedetta, luglio 2003, p. 7)
19
Gaetano Zingali, op. cit., p. 259
20
Archivio storico di Licata (d’ora in poi ASL), cartella n. 437, raccomandata del 28 aprile 1943
indirizzata al Comitato Prov/le di protezione antiaerea di Agrigento, riguardante le schede relative alle
vittime dell’incursione aerea del 25 aprile ’43 sull’abitato di Licata.
21
All’Archivio storico sono documentate anche le incursioni aeree del 25 maggio e del 28 giugno, che
causarono delle vittime tra la popolazione La Deliberazione n. 384 del 31 dicembre 1943 che riguarda il
pagamento di spese per vitto e alloggio fornito alle famiglie danneggiate dall’incursione aerea del 25
maggio; la stessa delibera cita il pagamento dei lavori per fornitura di marmo da destinare alle tombe
delle vittime e per il seppellimento delle medesime, causate dal bombardamento aereo del 28 giugno
precedente (citata da Carmela Zangara, 60 anni fa lo sbarco degli americani a Licata, in La Vedetta,
luglio 2003)
15
già esistenti dal precedente conflitto mondiale e che dovevano servire a
tutti quei licatesi non sfollati altrove e rimasti nelle loro case in città.
22
Il pomeriggio del nove luglio fu per Licata abbastanza tranquillo e nulla
lasciava prevedere che di lì a poche ore si sarebbe scatenata una delle più
grandi operazioni anfibie della storia; nella settimana precedente, invece, i
bombardamenti erano avvenuti quasi giornalmente ed anche a più riprese
nella stessa giornata.
23
Lo scopo generale di queste massicce incursioni era
quello di sfiancare la resistenza italiana in tutte le città e di provocare un
collasso interno, anche attraverso una campagna di propaganda che
portasse gli italiani ad abbandonare gli alleati tedeschi.
24
22
ASL, Del. n. 113 riguardante il pagamento di spese per il servizio di custodia e pulizia dei ricoveri
antiaerei di Via Grangela, Piano Quartiere e Piazza dell’Impero (l’odierna Piazza Progresso, dove sorge il
Palazzo di Città). Inoltre, su questo punto vi è pure la Del. n. 148 del 20 maggio 1943 concernente
l’impegno di spesa per la costruzione di rifugi nei plessi scolastici, lavori che furono affidati alla
direzione del geometra Alfredo Quignones, capo dell’Ufficio tecnico comunale (citata da Carmela
Zangara, ult. op. cit.)
23
Carmela Zangara, ult. op. cit.
24
Elena Aga-Rossi, op. cit., pp. 178-180