Introduzione La civiltà umana ha prodotto, nella sua lunghissima storia, una varietà immensa di culture,
ognuna delle quali completamente diversa l'una dalle altre. Ogni singolo popolo si è trovato di fronte
a determinate caratteristiche ambientali, sociali e culturali che lo hanno modellato, creando così la
propria specifica identità attraverso elementi comuni come la lingua, la religione, gli usi, i costumi e
le tradizioni, una cultura quindi che accomuna una particolare popolazione invece che un'altra.
La pluralità porta inevitabilmente al confronto e la storia dell'uomo è stato un continuo
susseguirsi di lotte per la conquista di un territorio. Alcune culture hanno prevalso su altre, in alcuni
casi la scomparsa di altre culture è da imputare alle avversità dell'ambiente circostante. A volte nuove
istituzioni statali nascono in seguito all'immigrazione o al colonialismo, ma in ogni caso la presenza
di più culture all'interno di uno stesso spazio ha determinato un rapporto, spesso contrastante, tra
minoranze e maggioranze.
Oggi il problema etnico è molto sentito perché il concetto di nazione è stato generalizzato,
intendendosi con questo anche una comunità composta da un gran numero di etnie. Sorgono per
questo delle posizioni diverse rispetto alla questione. C'è chi considera degno di tutela qualsiasi
minoranza e che quindi la varietà sia necessaria, compiendo ogni sforzo per conservare e preservare
le differenze e lasciando esprimere tutti i segni caratteristici delle culture: questa è detta teoria
protezionista. Dal lato opposto, contro chi crede che ogni cultura abbia apportato il suo contributo
alla storia, c'è invece chi appoggia la teoria abolizionista secondo la quale solo una cultura ha
conseguito il modello ideale di sviluppo che deve essere seguito anche dalle altre, premendo per
un'assimilazione forzata di ogni cultura.
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Una delle questioni centrali è la competizione che verte sulle risorse, distribuite su uno spazio
geografico: nascono così molti conflitti oppure altri modi di distribuzione delle risorse come il
commercio. La teoria evoluzionistica prevede proprio la competizione e la selezione delle specie che
hanno imparato ad adattarsi all'ambiente e al corso degli eventi, ma nella specie umana si ragiona in
termini di varietà culturale e non biologica, il che comporta che ogni differenza sia fondamentale
all'evoluzione e il mescolarsi delle diverse culture porta ad un maggiore sviluppo.
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1- Cerreti C., Geografia e minoranze , Roma, Carocci, 2007, pp. 9-22
2- Cerreti C., op. cit., 2007, pp. 11-18
Definire una minoranza etnica è cosa difficile e ancor più arduo è il compito di dare un
significato preciso alla parola etnia. In generale si definisce la minoranza come un sottogruppo
caratterizzato da uno o più caratteri differenti rispetto a quelli della propria maggioranza, e l'etnia
come una comunità che si riconosca in una medesima lingua e cultura, spirituale e materiale, distinta
da altri.
Un gruppo etnico o etnia è una popolazione di esseri umani i cui membri si identificano in un
comune ramo genealogico o in una stessa stirpe, differenziandosi dagli altri come un gruppo distinto.
Gli individui hanno spesso in comune cultura, lingua, religione e caratteristiche fisiche (tramandate
geneticamente e dovute in parte anche all'adattamento al territorio in cui il gruppo vive). Ma a partire
dagli anni Sessanta si è cominciato a pensare all'etnia come a un gruppo che non si distingue per tratti
culturali oggettivi, bensì come qualcosa di arbitrario definito dagli stessi attori sociali all'interno del
gruppo. L'identità culturale è quindi contestuale e relativa alla maggioranza con la quale si trova a
dover dividere un territorio.
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Le minoranze etniche sono in totale 3 milioni e sono sparse in 70 paesi del mondo. Come
afferma (art. 2) la Dichiarazione Universale sui Diritti dell'Uomo (1948), il fatto di appartenere a un
gruppo etnico, religioso o sociale definito non deve comportare il mancato godimento dei diritti
fondamentali. Tuttavia, nella maggior parte dei paesi del mondo (anche se sono molti i casi opposti) il
legame tra povertà e minoranza etnica è inscindibile. Essere parte di una minoranza etnica significa
troppo spesso non avere accesso all'istruzione, perché non si comprende la lingua ufficiale del paese,
non avere la possibilità di acquistare o possedere terra, non avere una casa né il diritto all'assistenza
sanitaria.
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Questa tesi, in particolare, vuole affrontare la delicata questione delle minoranze etniche
composte da popoli indigeni sparsi ancora in molte parti del mondo.
I gruppi indigeni rappresentano il 10% circa della popolazione dei continenti. I livelli di reddito
di questi gruppi, così come gli indicatori di sviluppo riferiti all'istruzione e alla sanità, sono molto più
bassi rispetto al resto della popolazione, nonostante che negli ultimi decenni si sia verificato una
maggiore attenzione internazionale alla condizione dei popoli indigeni. Molte sono le associazioni
che si battono per permettere agli indigeni di avere una propria vita culturale, di professare e di
praticare la propria religione o di far uso della propria lingua insieme agli altri membri del loro
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3- Bianchi E., Etnia e cultura in Israele. Gli Ebrei etiopi tra assimilazione e integrazione, Milano, Guerini, 1997, pp. 10-11
4- Rapporto sulla condizione delle minoranze e dei popoli indigeni nel mondo, a cura dell'UNICEF, 2009, www.unicef.it
gruppo, senza perciò essere emarginati, cercando di favorire la nascita di una società interculturale
dove le diverse tradizioni e culture dei gruppi presenti dialoghino tra loro e lavorino per
l'integrazione. Gli indigeni subiscono le condizioni peggiori, i problemi maggiori che devono
affrontare questi popoli sono la malnutrizione, la difficoltà di accesso alle strutture sanitarie di base e
l'abbandono scolastico in tenera età.
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Ma cosa spinge l'uomo a non accettare un altro suo simile? La percezione della diversità e
quindi la paura nei confronti di qualcosa che non si conosce può essere una spiegazione. Così come
ogni sentimento umano la paura spinge a comportamenti estremi. L'uomo passa gran parte della sua
esistenza alla ricerca dell'auto-identificazione di se stesso all'interno del proprio ambiente, cerca un
senso di appartenenza e lo cerca dentro una comunità nella quale trovare delle caratteristiche comuni
agli altri. Si creano dicotomie “noi” e “loro” per poter stabilire dei confini e trovare la propria
identità.
Sono stati stabiliti quindi dei criteri oggettivi nelle diverse sedi internazionali, secondo cui un
insieme di individui è identificabile come minoranza se condivide una identità culturale, etnica,
religiosa e/o linguistica e, soprattutto, se lamenta una posizione socio-economica di svantaggio. A
questo proposito è intervenuta anche l'ONU con la Dichiarazione sui diritti delle persone appartenenti
a minoranza nazionale o etnica, religiosa e linguistica che proclama in 9 articoli la protezione e il
rispetto per le minoranze etniche nonché il diritto di beneficiare della propria cultura,di professare e
praticare la propria religione e di usare il proprio linguaggio, in privato e in pubblico, liberamente e
senza interferenza o qualsiasi altra forma di discriminazione in ottemperanza ai principi espressi nella
Carta delle Nazioni Unite. Molti forum internazionali si sono occupati del problema come la ILO
(Organizzazione internazionale del lavoro) che nel 1989 ha stabilito una nuova Convenzione che
stabilisce gli standard internazionali dei diritti umani su cui si baseranno i rapporti tra i governi e le
popolazioni indigene.
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L'argomento principale di questa tesi è quindi la questione degli Ainu, l'unico popolo indigeno
rimasto all'interno del Giappone, un paese che possiede caratteristiche peculiari per quanto riguarda
la sua storia e le sue origini. Sin dai tempi antichi, il Giappone ha importato le culture avanzate dalla
Cina e dalla Corea inizialmente, dall'Europa e dall'America nella età moderna. Comunque non è mai
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5- Angeli A., Salvini S., Popolazione e sviluppo nelle regioni del mondo, Bologna, Il Mulino, 2007, pp. 199-200
6- Ceinos P., Atlante illustrato delle minoranze etniche. Le popolazioni indigene dei cinque continenti, Como, Red edizioni,
1992, pp. 18-19
stato governato da altre nazioni. La posizione geografica del Giappone come arcipelago isolato dal
resto del continente, dava al paese una grande importanza. La storia del Giappone è stata da sempre
caratterizzata dal mantenimento dell'equilibrio tra l'assorbimento delle culture straniere e il
mantenimento dell'individualità nazionale. Questo pone in risalto il problema degli Ainu, gli antichi e
originari abitanti del paese, tenuti quasi nascosti dal governo giapponese e costretti a perdere gran
parte della propria cultura tradizionale per pagare il prezzo di un assimilazione forzata.
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Capitolo 1
Cenni sul Giappone Il Giappone è un caso piuttosto controverso per quanto riguarda il suo sviluppo e il crescente
ruolo che sta acquisendo all'interno della scena internazionale ma anche per le origini dei suoi
abitanti e della lingua, non ancora del tutto chiare.
L' arcipelago del Giappone è situato al largo delle coste orientali asiatiche, fra il Mar del
Giappone, il Mar Cinese orientale e l' oceano Pacifico. Ha quattro isole principali: Hokkaido,
Honshu, Shikoku e Kyushu, ma sono presenti tremila isole minori. La maggior parte del territorio è
montuoso ma grazie ad un clima umido favorevole e ad un terreno di origine vulcanica molto fertile
gode, in alcune zone, di una vegetazione rigogliosa e soprattutto di una quantità enorme di risorse
marine. L'agricoltura infatti soddisfa una minima parte del fabbisogno a causa della conformazione
del terreno; le colture principali sono il riso e pochi altri cereali; il suolo è povero di materie prime e
di fonti energetiche, questo però non ha impedito che il paese diventasse una della più importanti
potenze mondiali. L' espansione commerciale del Giappone ha raggiunto il massimo livello negli
anni Ottanta, nel Novecento, quando i mercati occidentali sono stati invasi dalle auto, dai computers e
da altri prodotti nipponici.
Il paese nipponico che oggi gode di una struttura forte e gerarchizzata, ha alle sue spalle una
storia molto lunga di cui ancora oggi archeologi, antropologi e altri studiosi non sono riusciti a
scoprirne pienamente le origini.
Il Giappone è un paese insulare e ha tratto buona parte del suo patrimonio culturale dai paesi
vicini dell’Asia, ma vi sono evidenti differenze che gli conferiscono caratteristiche proprie. Ha
sempre avuto una delle culture più sofisticate del mondo. In passato fu il paese più isolato di tutti. A
differenza dei 35 km della Manica che separano la Francia dall’Inghilterra, il Giappone è separato
dalla Corea da ben 160 km e dalle coste cinesi da oltre 800 km, quindi possiamo dire che il suo
splendido isolamento lo allontanò dalle varie invasioni asiatiche, ma allo stesso tempo fece sì che si
richiuse su se stesso. Il suo isolamento ne ha definito la struttura tradizionale, psicologica e
caratteriale.
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1- Sandri Fioroni G., Giappone full immersion, Rimini, Il Cerchio, 2001
Questa nazione ha una storia lunga, affascinante e complessa. Il paese è passato attraverso
alterne fasi di chiusura e di apertura verso il mondo esterno e la sua cultura è il risultato della
stratificazione di elementi autoctoni, della tradizione cinese e di quella occidentale. Anche se alcuni
aspetti della storia di questo paese sono noti in Occidente, come la tradizione guerriera dei samurai,
molti altri restano ignoti e incompresi.
1.1 La mitologia e le testimonianze scritte Non ci sono molte testimonianze dirette delle origini dei Giapponesi. Le uniche cronache
presenti sono le Kojiki e le Nihon shoki che risalgono rispettivamente al 712 e al 720 d.C. Esse
raccontano della leggenda della dea del Sole (Amaterasu), della discesa di suo nipote sulla terra e
della fondazione dello stato giapponese da parte di questi nel 660 a.C. con l’intenzione di dare al
Giappone origini antiche come quelle della Cina. Andò emergendo in questo periodo l’egemonia del
clan Yamato, che intorno al 300 d.C., aveva unificato più o meno tutta la nazione con accordi
diplomatici e con azioni militari. La loro stirpe si fa discendere direttamente da Amaterasu, la dea del
sole e intorno al V° sec. la famiglia Yamato introdusse la carica di Tenno (imperatore).
Esistono tre differenti leggende sulla sua nascita. Secondo quanto narrato nel Kojiki ("Memorie
degli eventi antichi") ed in un testo alternativo del Nihonshoki ("Annali del Giappone"), Amaterasu,
la prima dei tre figli nobili di Izanagi, nacque dal suo occhio sinistro mentre questi stava purificando
sé stesso in un fiume dopo la sua visita al mondo sotterraneo (Yomi-Tsu-Kumi).
La seconda versione prevede che Izanagi le affidò il governo delle Alte Pianure Celestiali
(Takamagahara) ed il gioiello Mikuratana no Kami. Il testo principale del Nihonshoki racconta invece
che Izanagi e Izanami crearono tutti i kami (dei) della terra, quindi per dare loro un "Signore di tutti"
crearono insieme Taiyo no Kami ("Kami del Sole"), a cui affidarono il compito di governare sugli
affari dei cieli.
In una terza versione (contenuta sempre nel Nihonshoki) Amaterasu viene creata da uno
specchio di rame bianco tenuto in mano da Izanagi. Il Kojiki riporta un antico racconto che è
chiaramente un esempio del tema della scomparsa del Sole. In seguito ad una discussione con il suo
indisciplinato fratello, il dio della tempesta Susanoo, questi distrusse gli argini delle risaie piantate da
Amaterasu e ne ostruì i fossati. Amaterasu ne fu così imbarazzata da ritirarsi nella caverna Ama-no-
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