4
superati dall’aeroplano, che oltretutto si rivelava in grado di attaccare navi alla fonda
o protette da sbarramenti di reti e/o mine
3
.
La direzione tecnica del progetto del 1914 venne affidata al Capitano del
Genio Navale Alessandro Guidoni
4
. La realizzazione pratica del velivolo affrontò
ostacoli che vennero superati grazie ad ardimentose soluzioni costruttive ed alla
fiducia nell’intrinseca bontà dell’idea. Basti pensare che, quando cominciarono gli
studi sull’apparecchio, due anni prima della fattiva realizzazione, i massimi pesi
lanciati dagli aerei non superavano i 10 kg (bombe a mano e rudimentali ordigni
esplosivi).
Per balzare di colpo ad un carico utile di 450 kg fu necessario adottare una
struttura completamente metallica, grande novità per quei tempi in cui legno e tela
imperavano nelle costruzioni aeronautiche, e sopperire alla scarsa potenza dei motori
prevedendone l’installazione di due “in tandem”, ma contrapposti, al centro della
fusoliera con eliche ravvicinate. Essendo in tal modo la fusoliera stessa divisa in due
parti (per permettere alle eliche di girare liberamente), fu necessario adottare un
sistema di cavi, tiranti e controventature molto complicato per assicurare la
necessaria rigidità del collegamento fra ali, galleggianti, e i due tronconi di fusoliera.
I rotativi Gnome – Rhône prescelti (18 cilindri per 160 HP l’uno) non furono
disponibili prima del 1914, ma già il 26 febbraio di quell’anno venne effettuato il
primo lancio di prova di un simulacro di siluro pesante 375 kg e fissato al di sotto
della fusoliera. La notizia ebbe vasta eco sulla stampa internazionale, tanto che nel
suo tour statunitense il Capitano Guidoni venne trionfalmente accolto quale “primo
3
AA. VV., Whitehead - La Storia del siluro 1860 – 1936, Stabilimento Tipografico A. Pesce, Genova
1936, p. 170. Presso U.S. (S.M.A.), fondo SIL.
4
C. Unia, op. cit., p. 5.
5
idrosilurante del mondo
5
.” Circa una ventina di altri lanci vennero effettuati da quote
variabili fra 80 cm (sic) e 3 m. È importante tenere a mente queste cifre per poter
meglio comprendere l’evoluzione tecnica, dottrinale ed operativa della neonata
specialità. Inizialmente, infatti, non si ritenne necessario alterare la forma del siluro
navale al fine di migliorarne il comportamento aerodinamico
6
.
Col sopraggiungere del conflitto, questi importantissimi studi vennero
abbandonati in Italia a causa dello scarso interesse manifestato dalle autorità
competenti, mentre Inglesi e Tedeschi credettero maggiormente nella possibilità di
un impiego pratico di tale arma e collaudarono positivamente l’idrosilurante in
battaglia.
I Britannici adottarono l’idro Short 184, con motori Sumbeam da 220 HP, e
tre di questi vennero destinati alla nave appoggio idrovolanti Ben – My – Chree
operante nei Dardanelli. Il 12 agosto 1915 uno di questi idrosiluranti colpì un
piroscafo turco carico di munizioni, ripetendo l’impresa il 17 dello stesso mese,
quando ad esser affondato fu un rimorchiatore. Queste due vittorie furono le uniche
conseguite dai siluranti inglesi nel corso del conflitto
7
.
I Tedeschi investirono ben maggiori risorse nella promettente specialità.
Vennero costituite due squadriglie, l’una dotata di bombardieri Hansa – Brandeburgo
(estremamente fragili) che vantò l’affondamento di un cacciatorpediniere russo nel
Baltico nel 1916, e l’altra equipaggiata con idro Gotha (mossi da due motori
Mercedes da 160 HP), che ebbe al suo attivo quattro piroscafi silurati fra il novembre
del ’16 e il novembre del ’17
8
.
5
Ivi, p. 5.
6
AA.VV., Whitehead - La Storia del siluro 1860 – 1936, op. cit., p. 171.
7
C. Unia, op. cit., pp. 9 – 10.
8
Ivi, p. 10.
6
Nel frattempo in Italia fu intrapreso un programma destinato a colmare il gap
tecnologico che si era venuto a creare con le altre Potenze belligeranti, e nell’agosto
del 1917 sull’aeroporto di La Comina vennero approntati due trimotori Caproni da
450 HP (inquadrati nella 201° sq. Caproni) capaci di trasportare un siluro da 600 kg.
Le prove di siluramento diedero risultati così soddisfacenti da portare alla
pianificazione e alla successiva esecuzione di una missione contro una corazzata
austriaca ormeggiata che, però, non fu coronata da successo per lo sgancio prematuro
del siluro da parte dell’osservatore preposto al compito
9
.
Tuttavia, nonostante il fallimento dell’operazione, alea tracta est tanto che
D’Annunzio stesso si prodigò in favore della nuova specialità. L’insistenza con cui
tempestò di missive le più importanti personalità politico – militari dell’epoca (fra
cui il Commissario dell’Aviazione On. Chiesa, il Generale Diaz, il Duca D’Aosta) e
un cambiamento di vedute nelle alte sfere fecero si che nel marzo 1918 venisse
costituita la Prima Squadriglia Navale Siluranti Aeree “San Marco” al comando di
D’Annunzio stesso sino all’armistizio (il poeta creò anche il motto della squadriglia:
Sufficit animus)
10
.
Inizialmente, il problema maggiore con cui dovette fare i conti il nuovo
Comandante fu la scarsa potenza dei due bombardieri trimotori Caproni da 450 HP
(complessivi), inadatti all’impiego quali siluranti. Per risolvere tale inconveniente,
egli si proponeva di sostituire tali apparecchi con i nuovi Caproni da 600 HP, appena
messi in produzione.
Tuttavia numerose problematiche tecniche affliggevano questi mezzi, facendo
conseguentemente slittare la data di consegna come risultava evidente dalle accorate
9
Ivi, pp. 7 – 8.
10
S. L. de Mendoza, Gabriele D’Annunzio aviatore di guerra, Impresa Editoriale Italiana in Milano,
Milano 1931, p. 95.
7
missive tramite cui il Vate tempestava varie personalità militari e l’ing. Caproni
stesso chiedendo di accelerare i tempi per la distribuzione dei 4 velivoli richiesti
11
. In
aggiunta egli pretese anche una sostituzione di motori, passando dai FIAT agli Isotta
Fraschini V 8 di pari potenza unitaria, essendo questi ultimi assai più performanti.
Finalmente i nuovi aerei giunsero in linea ad estate inoltrata, ma nei primi
giorni di settembre l’Ispettore dei Sommergibili e dell’Aviazione (presso lo S.M.
della Marina) dispose la trasformazione di detti velivoli in normali bombardieri in
vista dell’offensiva finale, decisione questa che provocò grande risentimento in
D’Annunzio che per dieci mesi si era battuto per rendere operativa la nuova
squadriglia
12
.
Nel dopoguerra l’interesse per la specialità si andò notevolmente
affievolendo, nonostante la lungimiranza di alcuni esponenti di spicco
dell’imprenditoria e della politica. Una lettera riservata inviata il 18 luglio 1919 dal
Presidente della soc. Ansaldo, Pio Perrone, all’On. De Vito, ministro dei trasporti,
aveva ad oggetto proprio l’impiego pratico della silurante aerea, studiata dal Guidoni
di cui sopra e dal Col. del Genio Gaetano Arturo Crocco (uno dei massimi studiosi di
scienze aeronautiche, valentissimo precursore e innovatore della disciplina, nonché
professore universitario alla Scuola di Ingegneria Aeronautica presso l’Università di
Roma
13
).
Il Perrone ne auspicava un massiccio utilizzo, adducendo motivazioni di
natura militare ma soprattutto geopolitica per nulla scontate
14
. Probabilmente non
erano estranei ai suoi calcoli anche interessi di natura prettamente economica, dal
11
Ivi, pp. 228 – 230.
12
Ivi, pp. 244 – 247. Eloquente al riguardo la sua accorata relazione all’Ispettore dei Sommergibili e
dell’Aviazione in data 7 settembre 1918.
13
C. Falessi, Storia del volo a Roma, Tascabili Newton, Roma 1996, p. 21.
14
C. Unia, op. cit., p. 10.
8
momento che l’Ansaldo versava in gravi difficoltà a causa della difficile
riconversione postbellica – era infatti sull’orlo del fallimento – e abbisognava di
nuove commesse che potessero alleviare la drammatica situazione societaria.
Un risveglio di interesse per la materia in questione si poté riscontrare a
partire dal 1923, quando venne costituita la Regia Aeronautica quale arma
indipendente.
Le dottrine dell’epoca vedevano l’idrovolante maggiormente idoneo ad
operare in mare aperto rispetto al velivolo terrestre, quindi venne bandito un
concorso per un idro che fosse anche atto al trasporto del siluro. Vincitore risultò,
dopo alcune incertezze e ripensamenti della commissione giudicatrice del
Commissariato dell’Aviazione (che lo riteneva di concezione troppo innovativa), il
Savoia – Marchetti S. 55. Questo apparecchio costruito a partire dall’agosto del 1924
venne progettato dall’ing. Alessandro Marchetti, il quale adottò soluzioni
anticonvenzionali quali la formula bimotore con eliche “in tandem” (una traente,
l’altra spingente) in un’unica gondola motore posta sopra il cassone alare centrale, e
soprattutto il doppio scafo (dove trovavano posto i membri dell’equipaggio) costruito
sfruttando una struttura cellulare che ne garantiva il galleggiamento anche in
condizioni critiche. Il siluro poteva esser agganciato fra i due scafi e lanciato in
condizioni ideali.
Un altro apparecchio di recente entrata in servizio era l’idro bimotore Macchi
M. 24, anch’esso capace di trasportare un siluro. Quest’ultimo venne impiegato per
le esercitazioni di aerosiluramento da parte dell’86° gruppo appartenente all’8°
stormo B.N., riuscendo ad accumulare un discreto know – how
15
.
15
Ivi, p. 11.
9
Nel frattempo, venne risolta la sottomotorizzazione che affliggeva l’S. 55
tramite l’adozione di motori più potenti, che diedero buona prova di sé durante le
numerose prove compiute dopo il 1925 dal 91° gruppo autonomo bombardamento.
Esperimenti vennero effettuati ad Orbetello, a Cadimare e al Siluripedio di
Fiume, utilizzando il siluro navale A. 130 con impennaggi sganciabili all’urto in
mare. I parametri di lancio, in pochi anni, avevano visto la velocità dell’aereo
crescere fino a 180 km\h e la quota passare a 30 m.
Nonostante i risultati già conseguiti, rimaneva ancora molto da imparare (e
soprattutto da migliorare) per rendere l’accoppiata aereo – siluro quello strumento di
guerra che sarebbe stato di li a pochi anni. Si andavano profilando anche tensioni fra
R. Aeronautica e R. Marina che avrebbero avuto effetti importanti sullo sviluppo di
tale, complessa, specialità.